

Politica
Governo, Draghi lavora a mix tecnico-politico
Inizia le consultazioni nel pomeriggio, ma alle spalle ha una mattinata di lavoro piena. Con tante mine lungo la via, ma anche tanta determinazione. Il premier incaricato Mario Draghi disegna il governo che dovrebbe nascere nei prossimi giorni, domani e sabato ha altri due giorni per sondare le forze politiche e capire come comporre la squadra. Che tuttavia, dovrebbe avere al suo interno non solo tecnici ma anche ministri con la casacca di partito, “uno per ogni forza politica, al massimo due per i partiti maggiori”, riferiscono fonti beninformate all’Adnkronos. Mentre il rebus delle forze politiche che lo sosterranno non è ancora sciolto. Anche se oggi si registrano decisi passi avanti.
La destra va in ordine sparso, il M5S accelera il processo di metamorfosi interna, complici Giuseppe Conte -che veste i panni del ‘facilitatore’ per il suo successore- e Beppe Grillo. Il garante del Movimento, dopo il no a Draghi, inverte la rotta: chiama parlamentari, ministri uscenti, sindaci e volti storici del Movimento per dire che sì un esecutivo guidato dall’ex numero 1 della Bce si può tentare, l’importante è che sia politico e che porti avanti anche le battaglie grilline. Intanto le consultazioni nella sala della Lupa vanno avanti, proseguiranno fino a sabato. Anche se c’è fretta di chiudere, Draghi si prenderà il tempo che serve. Tanto che Maurizio Lupi, dopo le consultazioni, annuncia che “ci sarà un secondo incontro, ci sarà un secondo giro” prima di chiudere.
Da chi ha parlato con lui emerge qualche elemento del ‘Draghi-pensiero’, illustrato alle forze che ha consultato in un discorso di 5 minuti, preciso e lucido. “Ci ha evidenziato che il processo di ripresa non sarà rapidissimo, sarà abbastanza lento – spiega Bruno Tabacci, del Centro democratico – ma che il problema è che infondere fiducia al Paese è una delle condizioni perché questo processo si avvii”.
Il Recovery plan, che tanto ha fatto litigare al suo interno il governo uscente fino a provocarne la rottura, “secondo me, lo riscriverà… e nessuno potrà certo dettargli condizioni perché lui è Mario Draghi”, dice ancora l’esponente centrista. Nell’esecutivo che verrà, le priorità saranno dunque “la pandemia e il piano vaccini”, due elementi “intimamente connessi alle condizioni per la ripresa economica e la tenuta sociale” del Paese, illustra ancora Tabacci, anticipando la contrarietà dell’ex numero uno della Bce, come noto, a una politica basata sui soli “contributi a pioggia”.
Il Recovery con ogni probabilità verrà riscritto, “con uno sguardo lungo a progetti ad alto rendimento”, come spiegava lo stesso Draghi il 15 dicembre scorso, in un colloquio al Corriere della Sera in cui, sommessamente, cercava di dare qualche consiglio al Paese. Ma ora, prima di mettere mano a quel piano che consentirà all’Italia di disporre di ben 209 miliardi di euro, Draghi dovrà comporre la maggioranza che gli consentirà di affrontare una nuova sfida. E non sarà affatto semplice. Poi mettere in piedi la squadra.
E se sui ‘tecnici’ avrà più o meno già in mente il suo gabinetto ideale -tra gli altri girano i nomi di Marta Cartabia, Fabio Panetta (che però occupa un posto strategico nel board della Bce), Carlo Cottarelli, Enrico Giovannini, Dario Scannapieco, Lucrezia Reichlin- sul fronte politico le cose sono destinate a complicarsi. Intanto perché serve discontinuità con il governo precedente se si vuole allargare la base parlamentare, ma preservando i lavori in corso, vedi l’azione del ministero della Salute in piena emergenza. Ma anche nel ‘pesare’ l’ingresso dei partiti: con i big o meno. Intanto, due pesi massimi oggi si tirano fuori: non sarà della partita Matteo Renzi, a sentire le sue parole; e lo stesso premier uscente Conte sarebbe orientato a non fare parte della squadra, per puntare al ruolo di ‘federatore’ dell’alleanza tra M5S e Pd-Leu.
Politica
Governo, Meloni: “Ho maggioranza solida, mi do 5 anni d’orizzonte”

La presidente del Consiglio a Quarta Repubblica: "Niente cavallette, hedge fund hanno smesso di scommettere contro l'Italia"

Restando fedeli a se stessi si rischia di perdere seguito? “Io spero di avere un vantaggio, il tempo. Io sono a capo di una maggioranza solida, mi do 5 anni di orizzonte. Questo significa che non sto governando guardando al consenso immediato, posso permettermelo. Quando si ha questa fortuna si possono fare scelte che magari nell’immediato comprimono il consenso, ma poi sulla lunga distanza verranno lette per quello che meritano”. Lo dice la premier Giorgia Meloni, in un’intervista a Quarta Repubblica, su Rete 4, in onda questa sera.
A Nicola Porro che le chiede se in questi mesi a Palazzo Chigi sia scesa a ‘patto con i diavoletti’, “dipende da quel che si intende – risponde – se per privilegiare me stessa devo svendere me stessa o la nazione, io non sono disposta a farlo. Certo, poi devi cercare soluzioni praticabili nei problemi che affronti ogni giorno, ci sono delle cose che pensavi potessero andare in un determinato modo ma poi studiando il dossier ti accorgi che va diversamente. Ma ancor oggi, come ieri, preferisco andare a casa che diventare diversa della persona che considero di essere”.
“C’è una solidità, una credibilità e serietà nel lavoro che si fa che anche per l’economia liberano le energie. In campagna elettorale si diceva che con la Meloni sarebbero arrivate le cavallette, la Borsa sarebbe crollata. La Borsa sta andando molto bene, lo spread è più basso rispetto al precedente Governo, gli hedge fund hanno smesso di scommettere contro il debito pubblico italiano, il Btp valore è andato strabene”, dice ancora la premier, che continua: “Lo so benissimo che c’è un problema di debito – riconosce Meloni – e stiamo facendo una politica prudente e seria, siamo guardinghi e prudenti nelle stime ma c’è una solidità distante anni luce dal racconto che è stato fatto e questo è un problema per la sinistra italiana, e anche a livello internazionale è un problema perché il dibattito internazionale che ruota sul governo italiano non è figlio di una nostra debolezza, se mai di una nostra forza”.
E ancora: “Non stiamo precarizzando il lavoro e lo dimostrano i dati: l’aumento del numero degli occupati è dato per il 70% da occupati stabili”.
“E c’è un altro dato che mi sta a cuore, quello sull’occupazione femminile: stiamo colmando soprattutto il gap grazie ai contratti stabili delle donne – rimarca la presidente del Consiglio -, questo è storicamente il nostro problema rispetto alla media europea. Questo è un dato straordinario”.
Politica
Roma Pride, Pro Vita Famiglia: “Bene ritiro patrocinio dopo nostra denuncia”

"Supportare i Pride significa infatti dare man forte a chi vuole legalizzare l’utero in affitto, il matrimonio egualitario, le adozioni per coppie dello stesso sesso"
“Accogliamo con favore il ritiro del patrocinio della Regione Lazio al gay Pride dopo la denuncia di Pro Vita & Famiglia”. Lo afferma Jacopo Coghe, portavoce di ‘Pro Vita & Famiglia Onlus’.
“Supportare i Pride significa infatti dare man forte a chi vuole legalizzare l’utero in affitto, il matrimonio egualitario, le adozioni per coppie dello stesso sesso, le trascrizioni anagrafiche per i ‘figli’ delle coppie gay, ma anche legittimare l’identità di genere, il self-id, i progetti gender nelle scuole di ogni ordine e grado, e ‘la carriera alias in tutti gli istituti di istruzione – conclude – Auspichiamo che non si ripetano più errori che potrebbero costar caro in termini di salute, benessere e rispetto dei diritti di donne, bambini, adolescenti e delle famiglie italiane. Da parte nostra continueremo a monitorare attentamente ogni atto amministrativo e politico della giunta presieduta da Rocca perché non sia mai veicolo dell’ideologia gender e Lgbt”.
Politica
Roma Pride, Regione Lazio revoca patrocinio: scoppia la polemica

Dal Pd a +Europa e Azione, opposizione all'attacco del governatore Rocca tra accuse di omofobia e oscurantismo

Dopo il ritiro del patrocinio al Roma Pride 2023 da parte della Regione Lazio scoppia la polemica politica, con l’opposizione – dal Pd a +Europa e Azione – all’attacco del governatore Rocca tra accuse di omofobia e oscurantismo.
“Sabato sarò al Pride di Roma come ho sempre fatto da Presidente di Regione. Non bisogna mai aver paura di chi difende e rivendica i diritti della persona. Bisogna combattere chi li nega”, scrive su Twitter Nicola Zingaretti, deputato del Pd ed ex governatore del Lazio. Per la senatrice dem Cecilia D’Elia, “la revoca del patrocinio al Pride di Roma da parte della Regione Lazio è atto grave, un passo indietro sul terreno dell’impegno dei diritti, della lotta alle discriminazioni. Inutile agitare lo spettro della GPA, il Pride è da sempre il momento in cui la comunità lgbtq+ si mostra con tutto l’orgoglio delle sue battaglie per una piena cittadinanza, a partire dal doveroso riconoscimento dei diritti delle bambine e dei bambini delle famiglie arcobaleno”, dice.
“Dopo averlo concesso, oggi Regione Lazio ritira il patrocinio a Roma Pride. Una schizofrenia di odio e discriminazione che la destra vuole diffondere usando le istituzioni. Non permetteremo che continui questa crociata contro la cittadinanza lgbtqia+. Tuttə al Roma Pride!”, il commento su Twitter del deputato del Pd Alessandro Zan, responsabile Diritti dem.
“Non c’entra nulla l’utero in affitto, non c’entrano nulla i presunti comportamenti illegali cui fa riferimento la Giunta: la revoca del patrocinio al Roma Pride da parte della Regione Lazio dimostra ancora una volta che con Fratelli d’Italia al governo l’omofobia è istituzionalizzata, è una omofobia di Stato. Ed è sconvolgente come il presidente Rocca si ponga come cane da guardia dei pro-vita che proprio oggi avevano chiesto il ritiro del patrocinio. Rocca se ne frega di tutti i cittadini del Lazio che invece credono nei diritti Lgbti+”, l’accusa del segretario di Più Europa Riccardo Magi.
E per la capogruppo della Lista Calenda Sindaco in Assemblea Capitolina, Flavia De Gregorio, “la decisione della Regione Lazio di revocare il patrocinio al Roma Pride è una scelta dal chiaro sapore oscurantista. Una volontà, quella della Regione, che non sorprende ma che lascia l’amaro in bocca. L’ennesimo segnale di diritti civili messi sotto attacco”.
“La Regione Lazio che definisce il Pride una ‘manifestazione volta a promuovere comportamenti illegali’ sancisce con questo la propria uscita dal mondo civile. Non una cosa di cui andar fieri”. Cosi Ivan Scalfarotto, senatore di Azione-Italia Viva in un tweet.
“La revoca del patrocinio al Roma Pride ha tutta l’aria di essere il primo atto ufficiale di attacco ai diritti e alle libertà da parte della destra che governa la Regione Lazio”, affermano poi in una nota Alessandro Capriccioli e Massimo Farinella, rispettivamente segretario e membro di direzione di Radicali Roma.
“Utilizzando una serie di motivazioni contorte e pretestuose, tra cui spicca per ipocrisia e surrealtà la supposta mancanza di ‘rispetto delle sensibilità dei cittadini del Lazio’ (quali, esattamente, non è dato sapere), il presidente Rocca afferma quello che in molti temevamo: nel Lazio a maggioranza Fratelli d’Italia e Lega, al di là di inconsistenti e generiche rassicurazioni, l’obiettivo è smontare, pezzo dopo pezzo, conquiste civili e politiche rese possibili da anni di lavoro, di militanza e di lotte – continuano – Il fatto che la Regione della capitale del Paese neghi il patrocinio al Pride per la prima volta dopo più di dieci anni (il patrocinio fu accordato anche dalla giunta di destra presieduta da Renata Polverini) è un segnale sconcertante, che apre la strada a una vergognosa stagione illiberale e che sabato 10 giugno ci porterà a essere in piazza con convinzione, se possibile, ancora maggiore”.
Politica
Roma Pride: “Revoca patrocinio Regione Lazio? Pro Vita ordina, politica esegue”

Il portavoce Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli: "E' soltanto una vergogna. La Regione non è di tutti i cittadini?"

“Che la Regione Lazio abbia revocato oggi il patrocinio alla manifestazione ‘Roma Pride 2023′ è soltanto una vergogna. Pro Vita ordina e la politica esegue”. Così all’Adnkronos Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli e portavoce del Roma Pride. “Eravamo entusiasti che la Regione Lazio avesse deciso di continuare a sostenere la nostra manifestazione, poi all’improvviso hanno visto il documento politico sulla nostra piattaforma e hanno deciso di revocare il patrocinio. E’ avvenuto – spiega il portavoce di Roma Pride – dopo che Pro Vita ha lanciato dei post sui social in cui si chiedeva il ritiro del sostegno alla manifestazione”.
“Ma la Regione Lazio non è di tutti i cittadini? Da una parte, la Giunta asserisce che vuole difendere i diritti di tutti, poi però revocano il patrocinio su una manifestazione che rivendica i diritti di una intera comunità”, sottolinea Colamarino.
Manifestazione pro utero in affitto? “La ritengo una strumentalizzazione: il fenomeno della gestazione per altri riguarda il 90% coppie eterosessuali e come al solito la parte dell’ultradestra, dei talebani cattolici utilizza il tema, come un’arma, per attaccare la nostra comunità”, spiega ancora.
“Con l’ironia che ci contraddistingue ringraziamo Pro vita per averci offerto un servizio di ufficio stampa gratuito. Grazie a loro siamo certo che sabato 10 giugno alla grande parata che partirà da Piazza della Repubblica alle ore 15.00 ci sarà una folla oceanica che crede nei diritti, nell’uguaglianza e nella laicità”, sottolinea poi Colamarino in una nota. “Per quanto riguarda il Governatore Francesco Rocca, lo rassicuriamo che visto che la Regione Lazio è delle cittadine e dei cittadini, quindi anche nostra e non di un manipolo di talebani cattolici, non toglieremo il logo della Regione Lazio dal nostro sito”.
“Il Governatore può tranquillamente rivolgersi a Pro Vita, che viste le affinità sicuramente potrà consigliargli qualche hacker russo, ungherese o polacco per farlo rimuovere. Con la generosità che ci contraddistingue concediamo il patrocinio speciale del Roma Pride, creato apposta per il Governatore. Quello dell’ignavia”, conclude il portavoce di Roma Pride.
Politica
Roma Pride, Regione Lazio revoca patrocinio: “Promuove utero in affitto”

"Contenuti proposti nel manifesto dell'evento violano condizioni con rivendicazioni di azioni illegali e vietate da ordinamento italiano". Roma assicura il patrocinio, il sindaco Gualtieri: "Sabato ci sarò"

La Regione Lazio ha revocato oggi il patrocinio alla manifestazione ‘Roma Pride 2023’. La decisione, fa sapere la Regione, si è resa necessaria e inevitabile a seguito delle affermazioni, dei toni e dei propositi contenuti nel manifesto dell’evento intitolato ‘Queeresistenza’, consultabile pubblicamente sul sito della kermesse. Tali affermazioni violano le condizioni esplicitamente richieste per la concessione del patrocinio precedentemente accordato in buona fede da parte di Regione Lazio. In particolare, osserva la Regione, il testo viola le condizioni di rispetto esplicitamente richieste nei confronti delle sensibilità dei cittadini del Lazio e rivendica l’imposizione della legalizzazione di azioni illegali e vietate dall’ordinamento italiano. La firma istituzionale della Regione Lazio non può, né potrà mai, essere utilizzata a sostegno di manifestazioni volte a promuovere comportamenti illegali, con specifico riferimento alla pratica del cosiddetto utero in affitto. E ciò anche alla luce di quanto dichiarato da Mario Colamarino, presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride.
La Regione Lazio esprime “altresì rammarico per il fatto che il patrocinio, concesso in buona fede da Regione Lazio, sia stato strumentalizzato. Quanto avvenuto rappresenta un’occasione persa per costruire un dialogo maturo e scevro da ogni ideologia – fortemente voluto e sentito da questa amministrazione – per promuovere una reale inclusione e combattere ogni forma di stigma e discriminazione”. La Giunta del Lazio ribadisce “il proprio impegno sui diritti civili, come dimostra, del resto, l’operato pluriennale del presidente Francesco Rocca su temi fondamentali che però nulla hanno a che vedere con la maternità surrogata”.
ROMA ASSICURA IL PATROCINIO, SABATO AL PRIDE IL SINDACO GUALTIERI – “Il Roma Pride è una manifestazione importante per la comunità Lgbt+ e per tutti i cittadini che combattono le discriminazioni e sostengono i diritti. Per questo Roma Capitale ha assicurato il proprio patrocinio e per questo sabato sarò in piazza per il Pride”, scrive in un tweet il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.
Politica
Milano, blitz in campo nomadi. Assessore Granelli: “Li chiuderemo tutti”

"Non favoriscono integrazione ma illegalità", afferma il responsabile alla Sicurezza del Comune dopo l'operazione della Polizia locale che ha portato all'esecuzione di 10 misure cautelari

“Il modello del campo rom non aiuta l’integrazione e favorisce l’illegalità. Per questo noi siamo per chiudere questi luoghi, perseguire chi commette e vive di reati e permettere a chi vuole costruirsi un percorso di integrazione di farlo nella legalità. Continueremo così”. Così l’assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Marco Granelli, dopo l’operazione nel campo nomadi di via Bonfadini dove gli agenti della Polizia Locale, dopo mesi di indagini con la direzione della Procura, hanno eseguito 10 ordinanze di misure cautelari per ricettazione, furto di auto e spaccio di droga.
“Complimenti alla polizia locale di Milano e grazie all’autorità giudiziaria che ha effettuato questa mattina un’operazione importante per il rispetto della legalità a Milano, il contrasto ai reati di furti di auto e di spaccio di droga. Questo intervento -sottolinea Granelli- conferma la linea che dal 2012 il Comune di Milano sta perseguendo con la chiusura dei campi rom, che siano essi autorizzati o abusivi. Ormai ne sono stati chiusi più di 12”.
Il campo di via Bonfadini è stato realizzato dal Comune nel 1987 con famiglie presenti a Milano dagli anni 60, rom abruzzesi, circa 120 persone. In questi anni e in precedenza, aggiunge, “ho sentito molti proclami, ma solo queste giunte Pisapia e Sala hanno scelto e agito con determinazione, contrastando illegalità e sostenendo integrazione”. E allora, conclude Granelli, “grazie ancora alle donne e uomini della polizia locale che con passione, competenza, tanto lavoro lontano dai riflettori hanno raggiunto un eccellente risultato”.
Sono state in tutto 10 le ordinanze di applicazione di misure cautelari eseguite: per 7 persone è prevista la custodia cautelare in carcere, per 3 il divieto di dimora nel Comune di Milano. Le accuse sono di associazione a delinquere per furto, ricettazione, combustione illecita di veicoli e traffico di droga.
Il provvedimento è il risultato di un’indagine nata dalla scoperta di numerose carcasse di automobili abbandonate lungo il tratto finale di via Bonfadini a Milano, dalle quali erano state asportate parti come motori, pneumatici, interni e pezzi della carrozzeria di veicoli proventi di furto. Attraverso approfondimenti investigativi, si è scoperta un’associazione a delinquere dedita a diverse attività delittuose, come il furto di veicoli (automobili e ciclomotori), la loro ricettazione e la combustione illecita di rifiuti, consistenti in pezzi smontati dai medesimi veicoli. Nello stesso periodo, è emersa anche una seconda associazione per delinquere, questa volta per il traffico di stupefacenti, che vedrebbe coinvolti tre dei soggetti oggi indagati, di cui due ritenuti responsabili anche di uno dei delitti della prima associazione.
L’attività di indagine ha permesso di ottenere numerosi elementi che portano a pensare ad un’attività sistematica di furti di veicoli e trasporto di questi nel campo nomadi di via Bonfadini, il loro smontaggio e l’impiego per diversi scopi: la rivendita delle componenti sul mercato o l’innesto delle stesse su veicoli incidentati dello stesso modello per farli apparire riparati, o la sostituzione del veicolo incidentato con quello rubato, dopo aver cambiato la targa. I rifiuti derivanti da questa attività – tra cui componenti interne ed esterne dei veicoli e altri materiali di plastica e polistirolo – risultano essere stati bruciati in più occasioni, con l’ipotesi di reato di combustione illecita di rifiuti. Le videoriprese impiegate dalla Polizia Locale hanno fatto emergere, nello stesso contesto, anche un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti come cocaina e hashish, anch’essa commessa in modo organizzato.
Politica
Meloni domani a Tunisi

Mercoledì Cdm, giovedì cancelliere Scholz a Palazzo Chigi. Il 28 giugno premier alla Camera per comunicazioni in vista del Consiglio Ue

Settimana ricca di impegni per la premier Giorgia Meloni, che stasera, alle 19, sarà alla caserma ‘Salvo D’Acquisto’ per la cerimonia commemorativa per il 209° annuale di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri; domani, alle ore 10, confermata la presenza del presidente del Consiglio a Tunisi, in visita ufficiale, mentre alle 16 sarà già a Roma, alla Sede Inaf, per la presentazione della candidatura italiana per l’Einstein Telescope.
Mercoledì 7 giugno, alle 18 a Palazzo Chigi, la riunione del Consiglio dei ministri, mentre l’indomani, giovedì 8 giugno, Meloni riceverà alle ore 12.30 nella sede del governo il cancelliere della Repubblica Federale di Germania, Olaf Scholz. Sempre giovedì, alle ore 15.30, in programma l’incontro a Palazzo Chigi con il presidente dell’Uzbekistan, Shavkat Mirziyoyev.
Secondo quanto stabilito dalla conferenza dei capigruppo della Camera, si terranno il 28 giugno alle 9 le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo.
Politica
+Europa, ex M5S Battelli: “Mi sono iscritto perché è figo”

"Partito piccolo, ma con le idee molto molto chiare, lontano dai compromessi, lontano dalle ambiguità, vero, radicale, davvero progressista e innovativo"

“Mi sono iscritto a @piueuropa. Un partito piccolo, ma con le idee molto molto chiare, lontano dai compromessi, lontano dalle ambiguità, vero, radicale, davvero progressista e innovativo. Ho deciso di dare una mano, di entrare in punta di piedi con rispetto e abnegazione, sapete il motivo? Perché più Europa è figo, parla ai giovani per i giovani, guarda al futuro per migliorarlo, con rispetto per il passato”. Lo annuncia Sergio Battelli, una vita nel M5S e due legislature alle spalle alla Camera, anche da presidente della Commissione Affari europei.
“Più Europa – spiega Battelli, che nella vita ha sempre accompagnato la passione per la politica a quella per la musica – da sempre lotta per i diritti, veri, reali, lotta contro le diseguaglianze, lotta per l’equità, contro le corporazioni che distruggono la concorrenza, contro chi vuole tornare indietro e privarci della libertà, lotta per una cannabis libera e normata, responsabilità, tutela dell’ambiente, protezione dei più deboli, promozione delle diversità. Poi l’Europa, un’Unione progressista e federale, democratica, un’Unione dei popoli europei, concreta, reale, non un ibrido come quello attuale che dimostra e ha dimostrato tutte le sue ambiguità. Tutto questo mi è sempre piaciuto”.
“Sapete in 10 anni di Parlamento ho assistito e mi sono reso artefice di una parabola assurda – scrive Battelli volgendo lo sguardo al M5S – prima opposizione dura, poi compromessi, ingoiare rospi per il bene della maggioranza, programmi stravolti e ideali in cui credevo gettati alle fiamme in onore della ‘stabilità’. In quel momento andava fatto. Oggi faccio la mia vita, faccio un sacco di cose, non so stare fermo, ho un sacco di idee e di progetti in testa. In tutto questo casino della mia vita comunque voglio fare politica per passione, farla davvero con chi la pensa come me. Darò una mano come iscritto, come attivista: farò quello che mi piace perché più Europa è una figata, chiara, moderna e senza compromessi, perché di compromessi, ambiguità, giravolte e salti nel Buio mi sono avvelenato gli ultimi 5 anni. Ora voglio essere chiaro”, conclude.
“Diamo il benvenuto in +Europa a Sergio Battelli, che in Parlamento, pur facendo parte di un gruppo lontano dal nostro, è stato vicino a +Europa su molte battaglie, occupandosi per due legislature di politiche dell’Unione Europea, anche da presidente di Commissione – dice all’Adnkronos Riccardo Magi, segretario di +Europa – Sono soddisfatto del percorso di rafforzamento intrapreso da +Europa dopo lo scorso congresso: con l’arrivo, oltre che di Battelli, anche di molti attivisti e dirigenti dell’ex terzo polo, soprattutto giovani, +Europa si conferma una forza attrattiva che sta crescendo, a riprova che avere posizioni chiare e coerenti, soprattutto su diritti civili, equità generazionale e contrasto a questo governo di destra, paga”.
Politica
FI, Berlusconi: “‘Restyling’ ma senza mortificare nessuno”

Il Cavaliere: "Ho a cuore problemi cittadini non giochetti partito"

“È certamente vero che Forza Italia voglia adeguare la sua organizzazione ai nuovi compiti e alle nuove sfide anche in vista delle prossime elezioni europee. Ma non è vero che lo farà ‘con la rivoluzione’ e mortificando le persone. Al contrario, com’è nella tradizione del partito, lo farà coinvolgendo tutti e valorizzando il talento di ciascuno, in funzione delle capacità e delle vocazioni personali”. Così in una nota Silvio Berlusconi.
“Dispiacciono perciò i continui ‘esercizi di fantasia’ nei quali sono impegnati tanti giornali per disegnare scenari e organigrammi che non hanno alcun riscontro nella realtà e tantomeno nelle mie intenzioni. Fortunatamente lo sanno tutti che a me stanno cuore i problemi dei cittadini, non i giochetti di partito”, conclude l’ex premier.
Politica
Giustizia, Consulta: “Diritto a silenzio esteso anche a domande su qualità personali imputato”


Chi è sottoposto a indagini o è imputato in un processo penale deve essere sempre espressamente avvertito del diritto di non rispondere alle domande relative alle proprie condizioni personali. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 111 pubblicata oggi (redattore Francesco Viganò), con cui sono stati dichiarati parzialmente illegittimi gli articoli 64, terzo comma, del codice di procedura penale e l’articolo 495 del codice penale.
Il Tribunale di Firenze doveva decidere sulla responsabilità penale di un imputato per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità o le proprie qualità previsto dall’art. 495 del codice penale, che, accompagnato in Questura per l’identificazione nell’ambito di un procedimento penale, aveva dichiarato alla polizia di non avere mai subito condanne, senza essere stato avvertito della facoltà di non rispondere. Successivamente era emerso che, in realtà, quella persona era stata già condannata due volte in via definitiva. Il giudice rimettente aveva osservato che il codice di procedura penale, così come interpretato dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione, richiede che ogni persona sottoposta a indagini sia avvertita della propria facoltà di non rispondere soltanto alle domande relative al fatto di cui è accusata, ma non alle domande relative alle circostanze personali elencate all’art. 21 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale: e cioè, tra l’altro, se abbia un soprannome, quali siano le sue condizioni patrimoniali, familiari, sociali, se eserciti uffici o servizi pubblici o ricopra cariche pubbliche, e ancora se abbia già riportato condanne penali.
Il Tribunale aveva, allora, chiesto alla Corte costituzionale se questa disciplina fosse compatibile con la dimensione costituzionale del cosiddetto diritto al silenzio, che è parte del diritto di difesa riconosciuto, tra l’altro, dall’art. 24 della Costituzione, dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dall’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato in seno alle Nazioni Unite. Con la sentenza odierna la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittima la disciplina vigente. La Corte ha sottolineato come il diritto al silenzio operi ogniqualvolta l’autorità che procede in relazione alla commissione di un reato “ponga alla persona sospettata o imputata di averlo commesso domande su circostanze che, pur non attenendo direttamente al fatto di reato, possano essere successivamente utilizzate contro di lei nell’ambito del procedimento o del processo penale, e siano comunque suscettibili di avere un impatto sulla condanna o sulla sanzione che le potrebbe essere inflitta”.
È questo, appunto, il caso delle domande previste dall’art. 21 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. La circostanza, ad esempio, che la persona interrogata sia già stata condannata può indurre la polizia a disporre il suo arresto quando questo sia solo facoltativo, può determinare un importante inasprimento della pena, e può essere utilizzata, tra l’altro, per valutare la sua pericolosità sociale ai fini dell’applicazione di misure cautelari, del riconoscimento di circostanze attenuanti o della decisione sulla sospensione condizionale della pena. La conoscenza del soprannome della persona può essere anch’essa di grande importanza a fini investigativi, ad esempio in presenza di intercettazioni in cui il soggetto venga indicato dai propri complici con uno pseudonimo.
La Costituzione e le norme internazionali che tutelano i diritti umani consentono, ha osservato la Corte, che si possa imporre ad una persona sospettata di aver commesso un reato il dovere di indicare all’autorità che procede le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita), ma non anche il dovere di fornire ulteriori informazioni di carattere personale, non essendovi per l’indagato o l’imputato alcun obbligo di collaborare con le indagini e il processo a proprio carico. Per garantire una tutela effettiva a questo diritto, è dunque necessario fornire all’indagato e all’imputato un esplicito avvertimento della facoltà di non rispondere anche a queste domande; ed è altresì necessario escludere la sua punibilità nel caso in cui egli risponda il falso, quando non sia stato debitamente avvertito di questa sua facoltà.
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