Economia
Nasce il primo Fondo delle Donne per sostenere la lotta di...
Nasce il primo Fondo delle Donne per sostenere la lotta di parità
La Fondazione Semia debutterà il 14 dicembre a Roma alla Casa delle Donne
In Italia organizzazioni e associazioni che si occupano di diritti delle donne e uguaglianza di genere sono parte vitale del terzo settore, ma operano con risorse limitate, in un contesto difficile. Spesso animate dal lavoro volontario, sono 'invisibili' a livello istituzionale, anche per una quasi totale assenza di dati pubblici. La cronica mancanza di risorse le costringe a puntare quasi tutte le energie sull’emergenza del contrasto alla violenza sulle donne, ma resta poco per lavorare sul cambiamento sistemico e sulle sue cause strutturali, prima fra tutte la disoccupazione femminile e la fragilità economica delle donne. A svelarlo è il primo, inedito report sul movimento femminista italiano in occasione del debutto di Semia, nuovo Fondo delle Donne,
Il report, intitolato "Il movimento femminista italiano: analisi conoscitiva, sfide e sostenibilità", verrà presentato il 14 Dicembre (alle 11) alla Casa Internazionale delle Donne in Via della Lungara 19, Roma. Si tratta di un'inedita fotografia delle organizzazioni italiane in sostegno della parità di genere. L’indagine, condotta dalla neonata Fondazione ed ente filantropico, ha identificato oltre mille realtà che si occupano di questioni di genere sul territorio nazionale, localizzate in prevalenza al Nord e a Centro, di cui oltre il 40% nelle aree metropolitane, più ricche e servite, con un’aggregazione considerevole nell’area metropolitana della capitale (15,71%).
Oltre il 50% delle organizzazioni intervistate dichiara che la sua mission è il contrasto alla violenza di genere e quasi l’80% delle entità mappate la include come prioritaria tra le sue attività. Forse perché i fondi, benché pochi e non strutturali, arrivano più facilmente laddove il richiamo alla violenza, collegato spesso alla drammatica spettacolarizzazione nella narrazione dei femminicidi, attira più attenzione (e mobilita più risorse) rispetto ad altre pur complesse e urgenti questioni sociali che affliggono le donne italiane. (Segue)
Barriere d'accesso, discriminazioni e scarsa educazione economica
In pratica, mentre le organizzazioni sono (giustamente) impegnate a occuparsi di contrasto alla violenza, restano invece disattese e ignorate le cause stesse di una violenza sistemica sulle donne. Le barriere all’accesso e la discriminazione sui luoghi di lavoro, la carenza di educazione economico-finanziaria, l’impari distribuzione dei lavori di cura e l’educazione alla leadership, rimangono terreni labili e di nicchia, in un Paese in cui -secondo l’Indice di Uguaglianza di Genere (Gei) del 2023 calcolato dall’European Institute for Gender Equality (Egeu)- l’area più critica è proprio quella della disoccupazione e/o della 'malaoccupazione' femminile, con considerevoli livelli di disuguaglianza tra i generi che relegano il nostro Paese in ultima posizione tra tutti gli Stati membri dell'Ue.
Una nota più positiva è data dall’ampio segmento del movimento (15%) che vede la sua missione primaria nella promozione dei diritti LGBTQI+, mentre il 53,80% di coloro che rispondono al sondaggio, include il supporto alla popolazione LGBTQI+ tra le sue attività. Questo dato misura l’effettiva 'intersezionalità del movimento sui temi delle minoranze di genere. Molto più basso è il numero delle organizzazioni che includono tra le proprie attività altre direttrici intersezionali, come il contrasto al razzismo, la disabilità e il cambiamento climatico, tematiche fatte proprie dal femminismo contemporaneo in altri paesi europei, ma scarsamente presenti nostro.
Oltre il 70% delle associazioni femministe italiane sono di piccole dimensioni, composte da massimo 15 persone, di cui l’85% lavora su base volontaria. D’altronde le associazioni femministe italiane sopravvivono per lo più di autofinanziamento: solo un 15% di esse può contare sul sostegno economico delle fondazioni italiane. La questione è messa in luce proprio dal Rapporto che evidenzia come la filantropia istituzionale nel nostro Paese, nota per la sua generosità in molti ambiti, tenda però a fare scarse donazioni alle organizzazioni che si occupano della tematica femminista. (segue)
Le ragioni della nascita di Semia, primo fondo femminista italiano
"Proprio per questo è nato il primo fondo femminista italiano -sostiene con l'Adnkronos Miriam Mastria, direttrice di Semia- Attualmente, ci sono oltre 40 fondi femministi, in tutto il mondo, che operano in network e partnership con la filantropia privata e le istituzioni pubbliche, ottenendo importanti risultati nel progresso verso la parità di genere. Da ora in poi anche il movimento femminista italiano avrà il suo fondo".
Semia, infatti, "si considera parte integrante del movimento, un’alleata. E' una fondazione giovane, fatta di professioniste del terzo settore, al servizio delle realtà territoriali, a supporto materiale delle organizzazioni che si occupano dei diritti di ragazze, donne, persone trans e non binarie, per l’autodeterminazione di tutte. Perché -conclude Mastria- attraverso la libera espressione di ciascuna, si possa realizzare il progresso corale dell’intera società". (Rossella Guadagnini)
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