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Economia

Franco: “A Venezia per il suo storico equilibrio delicato con la natura”

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E’ stato il ministro dell’Economia Daniele Franco a chiudere la presentazione della Fondazione “Venezia capitale mondiale della sostenibilità” nella cornice della Sala del Consiglio, nel Palazzo della Prefettura a Ca’ Corner. Impegnato fino all’ultimo con i lavori del G20 Economia, che si è svolto in questi giorni proprio nella Laguna.

“Quella del clima è una gestione che ormai tutti riconoscono essere fondamentale – ha esordito l’esponente del governo Draghi, che proprio nel summit internazionale ha posto il tema ambientale e quello economico in simbiosi – e se non si farà nulla, il riscaldamento globale causerà situazioni molto critiche. Dobbiamo assolutamente cambiare il nostro modo di produrre, consumare e viaggiare. Ora la Commissione europea propone di arrivare a emissioni zero entro il 2050, sarà un percorso difficilissimo. Ma prima iniziamo, meglio sarà. Questa è anche una sfida per il nostro sistema produttivo e offre grande opportunità alle nostre imprese. Nei lavori del G20 di quest’anno, la questione del clima è fondamentale e abbiamo spinto affinché venisse inclusa nell’agenda dei lavori, così come il tema della tassazione ai colossi del web e della distribuzione dei vaccini. Uno dei motivi per venire a Venezia, aldilà del fatto che sono veneto, è il fatto che questa è sempre stata una città con un equilibrio delicato con l’ambiente. Volevo che questa conferenza si tenesse qui proprio per questa dimensione di sostenibilità”.

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Trasporto marittimo, Acampora: “Sistema Confcommercio è centrale per nuove politiche”

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Il nostro Paese ha una vocazione marittima naturale: siamo secondi solo alla Grecia per km di costa; il 34% della popolazione, pari ad oltre 20 milioni di abitanti, vive nelle zone costiere

Trasporto marittimo, Acampora:

“In una fase così importante per il nostro Paese, che sta vivendo una nuova stagione con l’istituzione del Ministero del Mare, che abbiamo chiesto a gran voce, e che, a luglio scorso, ha licenziato il suo primo Piano Triennale del Mare approvato dal Cipom, l’importanza delle analisi, dell’approccio metodologico e delle fonti utilizzate è fondamentale per avere un quadro esaustivo e chiaro delle dimensioni dell’Economia del Mare. In questo momento nel quale c’è grande attenzione sul tema, si corre il rischio di generare una disinformazione sui dati reali di questo settore, che credetemi non è utile a nessuno”. Così ha sottolineato Giovanni Acampora, coordinando i lavori di Confcommercio Nazionale sulla Blue Economy alla Conferenza di Sistema a Villasimius, in Sardegna. Alla sessione ‘Blue Economy: appunti per una strategia marittima italiana’, sono intervenuti Andrea Appetecchia, Responsabile Osservatorio Trasporti e logistica, Isfort, e Gian Paolo Manzella, Vice Presidente dello Smimez.

“Il Piano del Mare – sottolinea – è un lavoro frutto di una grande partecipazione, con l’audizione di circa 200 fra stakeholder e Associazioni e a cui io stesso ho avuto l’onore di partecipare come componente del Comitato di esperti della Struttura Tecnica di Missione. Per questo voglio ringraziare il Ministro Nello Musumeci per la fiducia e per essere sempre al nostro fianco. Anche oggi ha voluto far sentire il suo pieno sostegno alla nostra Confederazione. Ora occorre, però armonizzare i dati con l’Europa per far comprendere ancora meglio il vero valore e l’unicità dell’Italia nell’economia del mare, che oggi tra componente diretta è indiretta arriva quasi a 143 miliardi di euro, quasi il 9% del complesso del valore aggiunto prodotto a livello nazionale”.

Nell’evidenziare la centralità della nostra nazione, Acampora ha aggiunto: “Il nostro Paese ha una vocazione marittima naturale: siamo secondi solo alla Grecia per km di costa; il 34% della popolazione, pari ad oltre 20 milioni di abitanti, vive nelle zone costiere; il Mediterraneo rappresenta l’1% della superficie marina del mondo e vi transita il 20% del traffico marittimo mondiale. Il mare è la nostra prima infrastruttura naturale e strategica”.

Per questo, aggiunge, “il lavoro associativo e conseguentemente il sistema camerale lavora sull’economia del mare, con l’obiettivo di dare la giusta importanza a tutto l’insieme di filiere che la compongono. La sintesi la facciamo con il Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare, giunto alla sua XI edizione, realizzato con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne di Unioncamere che, lo voglio sottolineare, è tra i pochi soggetti riconosciuti dal Sistema Statistico Nazionale. E, lo dico con una punta di orgoglio, le nostre metodologie sono state riconosciute una best practice dalla Commissione e dal Parlamento Europeo”.

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Economia

Nadef, Giorgetti: “Dismissioni per l’1% del Pil”

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Il ministro dell'Economia: "Debito al 140% fino al 2026"

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Fotogramma)

“Il nuovo scenario programmatico prevede proventi da dismissioni pari ad almeno l’1 per cento del Pil nell’arco del triennio 2024-2026”. Lo scrive il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, nella premessa alla Nadef. “Per quanto riguarda il rapporto tra debito pubblico e Pil, la recente revisione al rialzo della stima Istat del Pil nominale dello scorso biennio, pari all’1,9 per cento per il 2021 e al 2,0 per cento per il 2022, ha portato a una riduzione del rapporto debito/Pil, che si attesta a fine 2022 al 141,7 per cento dal 144,4 stimato in precedenza. Tuttavia, in prospettiva, i livelli più elevati del fabbisogno di cassa, ora attesi nel periodo 2023-2026” per il Superbonus “incidono sfavorevolmente sulla dinamica prevista del rapporto debito/Pil, facendo sì che nello scenario tendenziale quest’ultimo resti al disopra del 140 per cento fino a tutto il 2026”.

“Per quanto riguarda la finanza pubblica gli andamenti dell’indebitamento netto della pubblica amministrazione e del fabbisogno di cassa del settore pubblico nell’anno in corso hanno fortemente risentito dell’impatto dei crediti di imposta legati, agli incentivi edilizi introdotti durante la pandemia, in particolare del Superbonus” segnala il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. “A tale impatto si è aggiunto l’effetto del rialzo dei tassi di interesse sul costo del finanziamento del debito pubblico e della discesa dei prezzi all’importazione sul gettito delle imposte indirette”. “La revisione al rialzo delle stime di erogazione degli incentivi edilizi comporta – ricorda Giorgetti – maggiori compensazioni fiscali e, pertanto, un fabbisogno di cassa del settore pubblico che resterà elevato lungo tutto il triennio coperto dalla prossima legge di bilancio. A loro volta, proiezioni più elevate del fabbisogno di cassa comportano un’accumulazione di debito pubblico che rende più arduo conseguire una significativa discesa del rapporto debito/Pil”.

“La revisione al rialzo dell’impatto di bilancio dei crediti d’imposta, legati al Superbonus (1,1 per cento del Pil), causa una revisione in aumento dell’indebitamento netto tendenziale, previsto per quest’anno, dal 4,5 per cento al 5,2 per cento del Pil. Cionondimeno- continua il ministro – il governo conferma la propria determinazione a perseguire una graduale, ma significativa, discesa dell’indebitamento netto della pubblica amministrazione e un ritorno del rapporto debito/Pil al di sotto del livello precrisi pandemica entro la fine del decennio”.

La riduzione del debito pubblico “sarà possibile attraverso la dismissione di partecipazioni societarie pubbliche, rispetto alle quali esistono impegni nei confronti della Commissione europea legati alla disciplina degli aiuti di Stato, oppure la cui quota di possesso del settore pubblico eccede quella necessaria a mantenere un’opportuna coerenza e unitarietà di indirizzo strategico”. Ma “il governo – aggiunge – ha in programma non solo di dismettere asset, ma anche di acquisire partecipazioni strategiche in settori chiave per la modernizzazione e digitalizzazione della nostra economia, quali le reti di telecomunicazione, nonché di adottare politiche innovative per lo sviluppo delle infrastrutture”.

La Nadef “”vede la luce in una situazione economica e di finanza pubblica più delicata di quanto prefigurato in primavera” con una serie di fattori che “portano a rivedere al ribasso la previsione di crescita annuale del prodotto interno lordo (Pil) in termini reali del 2023 dall’1,0 per cento del Def allo 0,8 per cento e la proiezione tendenziale a legislazione vigente per il 2024, dall’1,5 per cento all’1,0 per cento. Resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al Def, la proiezione tendenziale di crescita del Pil per il 2025, all’1,3 per cento, mentre quella per il 2026 migliora marginalmente, dall’1,1 per cento all’1,2 per cento”.

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Economia

Condoni, in 50 anni incassati 148 miliardi: target sempre mancati

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Dalle sanatorie alla rottamazione e pacificazione fiscale, l'analisi dell'Ufficio studi Cgia 'boccia' le misure: "Contributo molto modesto al contrasto dell'evasione"

Agenzia delle Entrate - Fotogramma

Negli ultimi 50 anni la politica dei condoni adottata nel nostro Paese ha consentito all’erario di incassare complessivamente 148,1 miliardi di euro (importo rivalutato al 2022). A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia, ricordando che in termini economici, la sanatoria fiscale del 2003 è stata quella più “redditizia” per le casse dello Stato: in 6 anni (2003-2008) tra concordato fiscale, chiusura liti pendenti, definizione ritardi od omessi versamenti, regolarizzazione delle scritture contabili, etc., sono stati ‘recuperati’ 28 miliardi di euro. Seguono il condono tombale introdotto nel 1991 che fino al 1994 ha garantito 10,4 miliardi e il concordato/sanatoria delle scritture contabili istituito nel 1995 che fino al 2000 ha assicurato 8,4 miliardi di euro di gettito.

Per la Cgia “sebbene siano molto discutibili da un punto di vista etico, anche dal lato economico l’applicazione dei condoni non ha garantito grossi risultati economici alle casse dello Stato. Anzi. “Alla luce degli incassi ottenuti a partire dal 1973, possiamo affermare che gli scudi, i concordati, le rottamazioni, i condoni, le sanatorie e le pacificazioni fiscali hanno contribuito in misura molto modesta a contrastare l’evasione fiscale che nel nostro Paese rimane ancora molto elevata e pari a quasi 90 miliardi di euro all’anno. Ricordiamo – continua l’associazione – che nel 2020, ultimo dato disponibile, il peso dell’economia non osservata sul valore aggiunto nazionale era all’11,6 per cento, pari a 174,6 miliardi di euro”.

Di quest’ultimo importo, l’economia sommersa era pari a 157,4 miliardi e le attività illegali 17,3 miliardi. L’evasione fiscale e contributiva, invece, si aggirava attorno ai 90 miliardi di euro (78,9 miliardi imputabili all’evasione tributaria e 10,8 miliardi all’evasione contributiva)”. Applicando al valore aggiunto sommerso un coefficiente determinato dal rapporto del gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dalla contabilità nazionale al netto dell’economia non osservata, l’Ufficio studi della CGIA è riuscito a calcolare anche l’evasione a livello regionale.

Il dato di partenza è che se a ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, gli italiani ne evadessero mediamente 13,2. Se la stessa simulazione la riproduciamo a livello regionale, la situazione più critica la scorgiamo nel Mezzogiorno: nella classifica di euro evasi ogni 100 euro incassati, in Puglia gli evasori se ne trattengono 19,2 euro, in Campania 20 e in Calabria, maglia nera d’Italia, 21,3. Si tratta di cifre doppie rispetto ai 10,6 euro che si registrano in Friuli Venezia Giulia, ai 10,2 euro in Provincia di Trento e ai 9,5 euro in Lombardia. Il territorio nazionale più fedele al fisco è la Provincia di Bolzano che presenta un’evasione di soli 9,3 euro ogni 100 incassati

Dai condoni edilizi introdotti dal legislatore nel 1985, nel 1994 e nel 2003 si stima che i Comuni abbiano incassato poco più di 15 miliardi di euro (importo non attualizzato al 2022). Nel primo il gettito è stato pari a 3,1 miliardi, nel secondo a 5,2 miliardi e nel terzo a poco più di 7 miliardi. Anche in questo caso, così come per le sanatorie di natura fiscale, gli incassi sono stati decisamente più contenuti delle aspettative. Nel condono introdotto dal governo Craxi I fu incassato solo il 58 per cento del gettito previsto, quello approvato dal governo Berlusconi I il 71 per cento e quello istituito dal governo Berlusconi II solo il 34,5 per cento.

E nonostante queste misure fossero state approvate anche con l’obbiettivo di porre fine al fenomeno dell’abusivismo edilizio, i risultati ottenuti sono stati insignificanti. Sebbene negli ultimi in anni sia in leggero calo, nel 2022 l’abusivismo edilizio ha registrato il suo picco massimo in Basilicata e in Calabria, entrambe con una percentuale del 54,1 per cento. Seguono la Campania con il 50,4 per cento, la Sicilia con il 48,2 per cento e la Puglia con il 34,8 per cento. Le regioni, infine, meno interessate dalla “piaga” dell’abusivismo edilizio sono state il Piemonte e la Valle d’Aosta, tutte e due con il 4,2 per cento, e, in particolar modo, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, ambedue con un livello del 3,3 per cento. Il dato medio nazionale si è attestato al 15,1 per cento.

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Economia

Stufa a pellet, ecco i bonus per uno sconto sull’acquisto

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Quali sono le possibilità ancora in campo per ammortizzare i costi

Stufa a pellet - 123RF

Con la fine del gran caldo e con i primi sentori di un autunno in procinto di coglierci, il pensiero vola al freddo inverno che presto arriverà, soprattutto nelle Regioni del nord Italia. Dopo la notizia che il bonus riscaldamento non sarà varato e che il bonus sociale riguarderà non tutta la popolazione, inevitabilmente si inizia a pensare a come risparmiare sul costo del riscaldamento per la stagione fredda.

Uno dei modi più concorrenziali per riscaldare la casa negli ultimi anni è stato rappresentato dal pellet, anche se lo scorso anno, complice il conflitto russo – ucraino, anche i prezzi di questo combustibile sono lievitati non poco.

Per chi desidera acquistare una stufa a pellet il problema più immediato è rappresentato dai costi non propriamente bassi che bisogna sostenere. La stufa a pellet ha un prezzo che può variare dai 700 euro fino a superare i 2.000 euro. Considerando, poi, che deve essere un complemento d’arredo con cui convivere per diversi anni, oltre che un sistema di riscaldamento, va da sé che la cura estetica ha il suo peso, insieme alla potenza e alla versatilità. Più è grande l’ambiente da riscaldare e più, ovviamente, salgono le spese da affrontare: per una casa di 100 metri quadri, ad esempio, la spesa varia dai 1.500 ai 3.000 euro.

Proprio perché la spesa è tutt’altro che a buon mercato e perché per ammortizzare l’investimento si impiegherà qualche anno, è bene sapere – spiega Money – che esistono ancora diversi bonus in vigore per poter risparmiare, attraverso le detrazioni fiscali, su questa importante spesa. Oltre al Superbonus al 110%, a cui possono accedere ormai davvero in pochissimi, su quali altre agevolazioni si può contare per risparmiare sull’acquisto della stufa a pellet? Il bonus ristrutturazioni permette ancora di poter fruire sulla detrazione al 50% sugli interventi di manutenzione straordinaria finalizzati all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile. L’installazione di una stufa a pellet vi rientra e si può fruire di una detrazione al 50% su una spesa massima di 96.000 euro, recuperando lo sconto in 10 quote di pari importo suddivise in 10 anni.

Altra misura di cui si può fruire è l’ecobonus che permette di avere una scontistica che varia dal 50% all’85%. Per la stufa a pellet il limite di spesa su cui sfruttare la detrazione, recuperabile sempre in 10 quote in 10 anni, è di 30.000 euro mentre la spesa massima detraibile in caso di lavori condominiali (sempre riferiti alla singola unità abitativa) è più alta.

In ultimo è possibile godere del Bonus al 65% riconosciuto dal Gestore dei Servizi Energetici in questo caso la domanda si presenta direttamente al GSE al termine dei lavori. Se il beneficio si fruisce su una somma fino a 5.000 euro si riceve il bonifico della detrazione entro 2 mesi, se è di importo superiore si beneficerà del rimborso in rate annuali spalmate in 5 anni.

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Economia

Prezzi e tassi alti bloccano economia, soffre l’industria: previsioni Csc a tinte fosche

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Le prospettive economiche del Paese nel bollettino del Centro studi Confindustria: il punto su imprese, inflazione e mutui

Industria, operai al lavoro - Afp

Se non è rischio recessione poco ci manca, con il Centro studi di Confindustria che disegna a tinte fosche le prospettive economiche del Paese nel consueto bollettino ‘Congiuntura flash’. “Dopo la caduta nel 2° trimestre – si legge -, il Pil italiano infatti è stimato debole anche nel 3° e le attese sul 4° non sono migliori: al calo di industria e costruzioni si affianca la battuta d’arresto nei servizi. E non si fermano i rialzi dei tassi Bce mentre il credito è in caduta assieme alla liquidità e il costo dell’energia torna a salire”, con contraccolpi sui consumi e gli investimenti. Latita la domanda estera”.

E se la parabola dei prezzi registra un calo lento e differenziato, la Bce “ha deciso un altro aumento, a 4,50%, perché prevede un’inflazione troppo alta troppo a lungo” anche se “ha ammorbidito il tono su eventuali ulteriori mosse”. Anche la Fed a settembre ha tenuto fermo il tasso Usa a 5,50%, non escludendo nuovi rialzi e i mercati ora, annotano ancora gli economisti di viale dell’Astronomia “ritengono altri rialzi negli Usa e nell’Eurozona possibili, ma non probabili, intravedendo i primi tagli entro il 2024”.

Ma la situazione sul fronte del credito resta difficile: “Prosegue la corsa del costo del credito (5,09% a luglio) per le imprese italiane e peggiora la caduta dei prestiti (-4,0% annuo)”. Una quota crescente di imprese non ottiene credito (8,2% a settembre), denuncia il Csc: “La domanda è frenata da condizioni troppo onerose ma pesano anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1% in un anno i depositi), mentre aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti”.

Non meglio la situazione nei servizi che ha “esaurito la ripresa”, spiega il Centro Studi. “A settembre, la fiducia delle imprese del settore è scesa ancora. Non basta più il buon andamento del turismo: a luglio, +10,0% sul 2022 la spesa degli stranieri in Italia (+20,4% sul 2019) e anche i passeggeri in aeroporto si mantengono oltre i volumi pre-crisi (+3,7%)”. E soffre anche l’industria.

“A luglio la produzione ha subito una nuova caduta (-0,7%; da inizio anno -1,9%), dopo il recupero di maggio-giugno (+0,2% acquisito nel 3° trimestre). La flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio)”, annota ancora viale dell’Astronomia che ricorda come al miglioramento di agosto abbia fatto però riscontro a settembre una nuova caduta della fiducia delle imprese. “Anche nel settore edile forte calo a luglio (-1,6%, -4,3% da inizio anno) e in agosto l’RTT traccia una timida risalita del fatturato”.

Giù infine la domanda interna. “Il calo degli investimenti nel 2° trimestre (-1,8%) è dovuto alle costruzioni (-3,6%) e, in parte, agli impianti-macchinari (-0,2%). I segnali più recenti dai beni strumentali sono negativi: produzione in calo a luglio, meno fiducia a settembre. Per i consumi, fermi nel 2° trimestre, si è avuto un continuo calo del sentiment nel 3°. I beni restano penalizzati rispetto ai servizi: a luglio meno vendite al dettaglio (-0,2% in volume) e in agosto l’Icc rileva un’ulteriore flessione, dovuta ai beni”, continua ad elencare Confindustria che indica anche come, “dopo mesi di crescita a luglio si sia registrata la prima incertezza nel mercato del lavoro” che si è tradotto in 73mila occupati in meno: “un freno ai redditi” spiega. In calo anche l’export sia nei mercati Ue che in quelli extra-Ue: “alla debolezza delle vendite in Germania, si è aggiunta una battuta d’arresto di quelle negli Stati Uniti”, conclude Congiuntura flash.

E’ lento quindi il calo dell’inflazione italiana scesa al +5,3% annuo a settembre, spiega ancora il Centro studi di Confindustria che disegna una parabola al rallentatore per la dinamica dei prezzi made in Italy. “I prezzi core di beni e servizi rallentano (+3,9%), mentre per gli alimentari la moderazione è ancora agli inizi (+8,6%) grazie alla flessione recente delle materie prime”, si legge in Congiuntura flash. “I prezzi energetici al consumo crescono poco (+1,7% annuo), ma a settembre le quotazioni di gas e petrolio sono risalite (35euro/mwh e 93 dollari/barile)”, annota ancora.

Ammonta a 4,6 miliardi annui – in totale – l’aggravio di interessi che grava sulle famiglie italiane per via di una stretta sui tassi che ha un impatto considerevole., segnala ancora il Centro Studi Confindustria, evidenziando come l’aumento dei tassi è di +2,84 punti percentuali fino a luglio 2023, che pesano su uno stock di mutui di 425 miliardi di euro, di cui pero’ vanno considerati solo quelli a tasso variabile, stimati al 38% del totale (162 miliardi). Al momento, continua il Csc, il maggiore onere connesso all’aumento degli interessi è abbastanza concentrato, perché riguarda solo le famiglie che hanno comprato casa con un mutuo variabile, una quota che è stimata pari al 4,9% delle famiglie italiane (1,2 milioni, su 25,6 totali). Cioè i 4,6 miliardi di interessi in più nel 2023 sono pagati solo da queste famiglie, per le quali i maggiori tassi corrispondono a +3.683 euro di interessi nell’anno (+307 al mese, un aumento consistente della rata per una famiglia con un mutuo residuo medio di circa 130mila euro).

Ipotizzando un rinnovo completo dello stock di mutui, ai tassi attuali, l’aggravio di interessi annui per le famiglie italiane salirebbe a +12,1 mld; questo coinvolgerebbe anche le famiglie che ora sono al riparo, perché tutti i nuovi prestiti saranno più cari, anche quelli a tasso fisso. Inoltre, per una famiglia con mutuo variabile oggi e altri 5 anni di rate da pagare, a tassi invariati, l’aggravio complessivo di interessi è di circa 11mila euro (l’acquisto della casa costa molto di più, il 9% del mutuo residuo nel 2023); per 10 e 15 anni di rate l’aggravio arriva a +20mila e +29mila a famiglia. Si tratta comunque di stime ipotetiche visto che ci si attende una discesa dei tassi nei prossimi due anni, riconsoce il Csc.

Quanto però all’impatto sul reddito spendibile (al netto della rata di mutuo) e sui consumi nel 2023 la parte di famiglie colpite, che hanno scelto il mutuo variabile perché inizialmente meno oneroso, lo è in modo marcato, tanto da essere quasi certo che saranno costrette a tagliare la spesa in altri beni e servizi. Peraltro per le famiglie, il rialzo dei tassi colpisce anche il credito al consumo utilizzato per l’acquisto di beni durevoli (es. automobili, elettrodomestici). L’aumento dei tassi è stato identico a quelli sui mutui (+2,84 punti percentuali), ma lo stock di tali crediti è decisamente inferiore (circa 120 miliardi di euro). La differenza cruciale è che per questo tipo di prestiti tipicamente la rata è fissa, per cui non si ha un impatto sui debiti in essere. Ma per le nuove operazioni il rialzo dei tassi pesa e potrebbe abbattere la domanda.

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Economia

Mediobanca, da eredità a lista per cda sale tensione in Delfin

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Attesa decisione su consiglieri

Piazzetta Cuccia (Fotogramma)

Sale il livello dello scontro in casa Delfin. A far aumentare le fibrillazioni nella grande famiglia Del Vecchio, già alle prese con la spinosa questione dell’eredità di Leonardo, il fondatore dell’impero deceduto nel giugno del 2022, è ora anche il dossier Mediobanca sul quale nelle ultime ore si è consumata una spaccatura tra i fratelli. Paola, Luca e Clemente Del Vecchio sono scesi in campo chiedendo in una lettera chiarimenti al cda della cassaforte lussemburghese sulle mosse intraprese nella partita sulla governance di Piazzetta Cuccia e, soprattutto, lamentandone la mancata informazione. In particolare i tre figli hanno chiesto se il ceo Francesco Milleri si stesse muovendo in autonomia o con il consenso del board. A sua volta, il cda ha risposto che Milleri si è mosso con il voto unanime del board.

Ora, alla luce del nuovo colpo di scena, fonti interpellate assicurano che non dovrebbero esserci, comunque, impatti e contraccolpi sulle decisioni sulla lista che Delfin dovrà presentare entro il 3 ottobre prossimo. L’orientamento, salvo cambiamenti, sarebbe quello di presentare una lista di 5 consiglieri con nomi di peso.

La mossa dei tre figli va di certo ad alimentare le tensioni innescate dalle vicende ereditarie. Ad oggi sembra che la chiusura del capitolo della successione del patron di Luxottica slitterà ai primi mesi del 2024. Tempi più lunghi del previsto non tanto per la stima del patrimonio che è stata completata ma per la possibilità di alcune cessioni. Intanto quattro dei sei figli del fondatore avrebbero accettato l’eredità con beneficio di inventario. Alcuni degli eredi come il primogenito Claudio e Leonardo Maria (avuto da Nicoletta Zampillo che Leonardo Del Vecchio sposò due volte e che è sua erede) partecipano alla vita dell’azienda, così come il figlio avuto da Zampillo nel suo primo matrimonio, Rocco Basilico, mentre altri non sono operativi nel gruppo anche per la giovane età: è il caso dei due figli nati dall’unione con Sabina Grossi, Clemente Del Vecchio, oggi diciannovenne, e Luca Del Vecchio, classe 2001.

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Economia

Dopo critiche Ivass a governance Leone, attesa per risposta Generali

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Il gruppo ha 30 giorni di tempo per le controdeduzioni ai rilievi contenuti nell'ispezione condotta dall'Istituto, ma potrebbe chiedere una proroga

La sede di Generali

Mentre si avvicina la scadenza del 3 ottobre, in cui saranno definite le candidature per il cda Mediobanca, gli occhi sono puntati sul dossier ‘parallelo’ Generali, alla luce del risultato dell’ispezione sulla governance del Leone condotta dall’Ivass tra ottobre 2022 e marzo 2023. Un’attività che l’istituto ha deciso di avviare un anno fa dopo “l’accesa dialettica” che ha caratterizzato il processo di nomina del nuovo vertice, con due liste contrapposte in occasione dell’assemblea di bilancio dell’aprile 2022 e il confronto sulla sostituzione del membro dimissionario del Cda Caltagirone. Troppo importante il gruppo triestino per il sistema assicurativo italiano per non approfondire gestione e governance in una analisi durata sei mesi e caratterizzata da una interlocuzione costante fra istituto e management.

Se sul fronte gestionale Generali è uscita ‘promossa’ dall’attività ispettiva, sul piano del governo societario sono emersi punti critici. Una governance “non soddisfacente” sulla quale si sono appuntate le osservazioni dell’Ivass, con criticità che non sono state giudicate così robuste da giustificare sanzioni ma che vanno comunque corrette, o perlomeno giustificate.

A questo punto l’attenzione è per le controdeduzioni che il Leone dovrà presentare entro 30 giorni dalla consegna del Rapporto, avvenuta a inizio settimana: un mese che però andrà a scadere proprio alla vigilia dell’assemblea di Mediobanca, in calendario il prossimo 28 ottobre. Ma a questo punto, per evitare di aggiungere altra carne al fuoco, da Generali potrebbe partire un richiesta di proroga.

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Economia

Sud, Romano: “Investimenti vanno coniugati a visione strategica”

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"Senza una ricucitura del sistema sociale non può esserci sviluppo"

Saverio Romano  - (Fotogramma/Ipa)

“Gli investimenti se non sono strategici e coordinati possono anche essere dannosi”, dichiara Saverio Romano deputato e vicepresidente della Fondazione Magna Grecia, alla seconda giornata della V edizione di ” ‘SUDeFUTURI’, energie al sud tra storia e innovazione. Risorse, ostacoli e opportunità” . Il meeting internazionale organizzato dalla Fondazione Magna Grecia nell’ottocentesca Villa Matarazzo di Santa Maria di Castellabate, rappresenta un importante momento di confronto sui possibili futuri del Mezzogiorno, vede la partecipazione come media partnership del gruppo Pubbliemme–Diemmecom–LaC Network–ViaCondotti21, la collaborazione di AdnKronos e della Fondazione Pio Alferano, il patrocinio dei Comuni di Castellabate, Capaccio Paestum e del Parco nazionale del Cilento.

“Gli investimenti vanno coniugati necessariamente ad una visione strategica – continua Romano – ad un programma di sviluppo per il territorio ed oggi stiamo parlando di questo di come affrontare il tema degli investimenti ora che attraverso il piano nazionale di ripresa e resilienza, attraverso i fondi di coesione questo sud può avere veramente le risorse che però se non spese bene diventano un danno”.

“Senza una ricucitura del sistema sociale non può esserci sviluppo noi abbiamo una necessità di rimettere in piedi una società che purtroppo nel corso degli anni si è degradata. Abbiamo la necessità di formare i giovani di tenerli nel territorio incentivando la loro presenza, dobbiamo dare risposta immediata alle esigenze abitative non solo delle famiglie ma anche dei giovani che studiano, dobbiamo dare risposte in termini di qualità di formazione. Il nostro compito è investire sulla formazione”.

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Economia

‘SudeFuturi’, come rigenerare gli immobili pubblici

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Il meeting internazionale organizzato dalla Fondazione Magna Grecia nell’ottocentesca Villa Matarazzo di Santa Maria di Castellabate, rappresenta un importante momento di confronto sui possibili futuri del Mezzogiorno

'SudeFuturi', come rigenerare gli immobili pubblici

La V edizione di “SUDeFUTURI’, energie al sud tra storia e innovazione. Risorse, ostacoli e opportunità” il meeting internazionale organizzato dalla Fondazione Magna Grecia nell’ottocentesca Villa Matarazzo di Santa Maria di Castellabate, rappresenta un importante momento di confronto sui possibili futuri del Mezzogiorno e vede la partecipazione come media partnership del gruppo Pubbliemme–Diemmecom–LaC Network–ViaCondotti21, la collaborazione di AdnKronos e della Fondazione Pio Alferano, il patrocinio dei Comuni di Castellabate, Capaccio Paestum e del Parco nazionale del Cilento.

“Gli immobili non più utilizzati – dice Nuccio Altieri, presidente di Invimit- creano situazioni di degrado e non di sviluppo anzi creano un grande cono d’ombra nei territori dove insistono. È per questo che stiamo chiudendo questo grande bando nazionale sugli studentati. Sono felice che tra gli oltre cento immobili candidati ad ospitare studentati nelle città universitarie ce ne sono una metà nel centro sud e una metà nel centro nord. Questo sicuramente aiuterà i ragazzi a trovare situazioni alloggiative più economiche e più confortevoli e migliorerà l’offerta formativa soprattutto al centro sud dove ci sono grandi eccellenze formative ma necessitano di servizi alloggiativi per gli studenti”.

Il progetto “si sviluppa in tutte le regioni di Italia, in ogni regione abbiamo trovato immobili che si prestano a questo servizio, che siano vicine alle sedi universitarie e che abbiano almeno 2.500 metri quadri per realizzare delle strutture moderne, degli smart hotel con servizi modulari per dare la possibilità ai ragazzi di avere un servizio efficiente contemporaneo ed economico per attrarre anche studenti da fuori Italia”.

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Economia

Focus su ‘Codice unico degli affari’ a Roma, diventi progetto italiano

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L'iniziativa che si è tenuta a Roma nella sede di Europa Experience-David Sassoli, in piazza Venezia, a cura dell’avvocato Antonio Biasi, il presidente dell’Associazione degli Amici del diritto continentale

Focus su 'Codice unico degli affari' a Roma, diventi progetto italiano

Arrivare all’approvazione di un ‘Codice unico degli Affari’ per tutti i Paesi europei, un Codice europeo delle imprese. La richiesta a Paolo Gentiloni, Commissario agli Affari economici della Commissione europea, a Mario Draghi, incaricato dalla Commissione di delineare il futuro della competitività dell’industria Ue e a Enrico Letta, incaricato dal Consiglio Ue di preparare un rapporto sul futuro del mercato unico, arriva dall’iniziativa che si è tenuta a Roma nella sede di Europa Experience-David Sassoli, in piazza Venezia, a cura dell’avvocato Antonio Biasi, il presidente dell’Associazione degli Amici del diritto continentale. Obiettivi: portare il progetto all’attenzione della classe politica italiana e farlo diventare un progetto italiano, con l’appoggio di Francia, Germania e Spagna, dove già è avviato un lavoro politico e accademico.

Il Codice unico, applicabile a tutti gli Stati membri, è un insieme di norme di diritto commerciale, societario, civile, contrattuale, bancario, dell’economia e dei mercati finanziari, fiscale, del lavoro, della concorrenza e della proprietà intellettuale. Il testo è pronto, preparato da 100 esperti di vari Paesi, coordinati dall’Associazione Henri Capitant, che nel 2015 ha fatto nascere il progetto. E’ stato calcolato che le regole unificate potrebbero far crescere il commercio tra Stati membri del 35 per cento, con effetti positivi sull’innovazione, sulla crescita e sul potere d’acquisto degli europei.

“Il Codice unico, vale a dire una reale semplificazione delle norme, può avere un impatto reale sull’integrazione europea”, spiega Stefania Craxi, Presidente della Commissione esteri e difesa del Senato. Il Codice unico, aggiunge Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva alla Camera, “ha come effetti l’attrazione degli investimenti e l’aumento della competitività. E’ un aiuto per i paesi più deboli, con lingue meno diffuse”. Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto ha inviato un messaggio: “Il mercato interno europeo deve essere tutelato e rafforzato contrastando squilibri a favore degli Stati membri che hanno maggiore leva fiscale e garantendo ‘level playing field’, parità di condizioni”.

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