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Sostenibilità

In Italia si potrà produrre energia elettrica guidando in...

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In Italia si potrà produrre energia elettrica guidando in autostrada: ecco il progetto Lybra

Un singolo modulo può produrre energia elettrica pari al fabbisogno annuo di 10 famiglie

Pedana Lybra  - www.20energy.it

Immaginate di produrre energia elettrica mentre guidate. E che questo succeda mentre siete su un’autostrada italiana. Come raramente accade, il Belpaese non deve guardare all’estero per trovare un progetto che trasformi il traffico da nemico a (quasi) alleato dell’ambiente.

Nasce infatti dalla start up umbra 20energy il meccanismo Lybra, che sfrutta il transito delle auto, o meglio il loro stazionamento, per produrre energia elettrica che verrà poi utilizzata nell’area di servizio e nel casello autostradale, incluse le colonnine di ricarica per i veicoli elettrici.

Il meccanismo si inserisce nel più ampio contesto del progetto Kehv (Kinetic energy harvesting from vehicles), promosso da Autostrade per l’Italia, per catturare l’energia dispersa durante le frenate dei veicoli e rendere sempre più sostenibili i percorsi autostradali in Italia. I test sono già iniziati sulla A1, Autostrada del Sole, nell’area di servizio di Arno Est e continueranno in questi mesi anche con la sperimentazione in una pista di un casello per pagare il pedaggio.

Come funziona il sistema Lybra

In pratica, le auto passano su Lybra, una pedana di 3x3,5 metri composta da pannelli piatti rivestiti di gomma vulcanizzata, collocati direttamente sul manto stradale. Questi pannelli rallentano i veicoli in modo impercettibile, e la pedana si abbassa di 2-3 cm al passaggio di automobili e mezzi pesanti. Un generatore molto compatto trasforma questo movimento meccanico in energia elettrica, che viene poi trasferita nella rete da un convertitore elettronico.

Il rallentamento dei veicoli avviene in modo automatico sfruttando l’attrito del rivestimento di gomma vulcanizzata con gli pneumatici. In questo modo, lo stazionamento dei veicoli dura abbastanza da attivare il sistema e generare energia pulita.

In un’area di servizio, ad esempio, l’energia elettrica così prodotta potrebbe essere utilizzata per alimentare l’illuminazione, la cartellonistica pubblicitaria e simili.

[Fonte immagine: sito ufficiale di 20energy]

Quanta energia produce

Si stima che un singolo modulo Lybra possa produrre fino a 30 Megawattora di energia all’anno, con un risparmio stimato di 11 tonnellate di CO2. Questa quantità di energia è paragonabile al consumo annuo di 10 famiglie e potrebbe coprire il fabbisogno energetico di alcune stazioni autostradali, come la Firenze Ovest, che consumano circa 60 MWh all’anno.

Se si considera che è possibile installare più pedane in serie, spaziati di 15-20 metri, gli scenari diventano particolarmente interessanti.

Secondo le stime elaborate da Movyon nelle barriere di Milano Nord e Milano Sud, con un traffico giornaliero medio di circa 8mila veicoli pesanti e 63mila veicoli leggeri, gli impianti distribuiti sulle piste potrebbero raggiungere una produzione annua complessiva per ognuna delle due stazioni di oltre 200 MWh, con un risparmio di 70 tonnellate di CO2/anno. Nella seconda fase del progetto sono previste altre installazioni sulla rete autostradale.

Oltre a generare energia pulita, rallentando i veicoli per un po’, il sistema Lybra consente di migliorare la sicurezza stradale e ridurre l’usura dei freni, con le relative emissioni inquinanti di CO2.

La pista ciclabile fotovoltaica SolaRoad in Olanda

Il progetto ricorda più lontanamente i tornelli green della metro a Parigi e più da vicino quello olandese di SolaRoad. Si tratta di una rivoluzionaria pista ciclabile nel panorama della sostenibilità, che negli ultimi anni si è rivelata molto efficace e ha fornito energia pulita sufficiente a coprire il fabbisogno annuale di tre famiglie. Questa innovazione sfrutta lo spazio urbano delle strade per generare energia solare attraverso l'installazione di pannelli fotovoltaici direttamente sulla superficie stradale.

Nata nel 2010 come progetto sperimentale, la pista ciclabile fotovoltaica SolaRoad, con i suoi circa 70 metri, ha preso vita nelle strade di Krommenie, nella periferia di Amsterdam.

La pista è equipaggiata con griglie di pannelli solari di dimensioni comprese tra 2,5 e 3,5 metri. La superficie ciclabile è costituita da sezioni di vetro temperato trasparente spesse circa 1 cm, posate direttamente sopra le griglie solari. La pista è leggermente inclinata per facilitare lo scolo delle acque piovane e presenta una superficie traslucida progettata per massimizzare l'assorbimento della luce solare. Inoltre, il vetro è progettato per essere antiscivolo e resistente, in grado di sopportare pesi considerevoli.

Dopo un periodo di operatività di diciotto mesi, gli studiosi e gli ingegneri hanno esaminato da vicino i risultati per valutare se gli obiettivi prefissati fossero stati raggiunti. Sul fronte della produzione di energia, la risposta è chiaramente positiva: dopo i primi sei mesi SolaRoad ha prodotto 3.000 chilowattora di energia e 9.800 chilowattora dopo un anno dalla sua costruzione, la quantità di energia prodotta in grado, mediamente, di coprire il fabbisogno annuo di tre abitazioni.

Sotto il profilo economico, però, il progetto, che ha richiesto un investimento iniziale di 3,7 milioni di euro, non è scalabile. Con la stessa somma di denaro, si sarebbero potuti acquistare circa 520.000 kilowatt/ora anziché i 3.000 prodotti dalla pista. Tuttavia, le nuove tecnologie e le migliorie apportate nel corso del tempo offrono promettenti prospettive per il futuro di queste infrastrutture.

Ora non resta che aspettare gli ulteriori risultati di Lybra, che, a detta dei progettatori, ha bisogno di una manutenzione molto leggera (circa 4 ore in un anno). I primi test lasciano ben sperare e ora Autostrade per l’Italia vuole realizzare una piattaforma, integrata con i principali sistemi di gestione e monitoraggio dell’infrastruttura autostradale, che possa affiancare i tradizionali impianti fotovoltaici nella produzione di energia pulita.

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Inquinamento, stop alla plastica monouso

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Secondo un sondaggio Ipsos/WWF per l'85% delle persone andrebbe vietata

Plastica in mare - -Brian Yurasits Unsplash

Ogni anno nel mondo vengono prodotte 460 milioni di tonnellate di plastica, di cui il 60% è monouso ovvero usa e getta. Se a ciò si aggiunge che a livello globale il riciclo della plastica raggiunge solo il 9% del totale e che la plastica monouso rappresenta oltre il 70% dei rifiuti plastici che inquinano i mari e gli oceani, risulta piuttosto evidente che sia necessario un cambio di rotta netto e rapido. A cominciare dal vietare globalmente la plastica monouso. Sarà questo uno dei temi al centro del quarto negoziato sul Trattato sull'inquinamento da plastica che svolgerà dal 23 al 29 aprile in Canada, a Ottawa. Sullo stop alla plastica monouso è d'accordo anche la grande maggioranza dei cittadini. Infatti, secondo un recente sondaggio realizzato da Ipsos per il WWF, su un campione di 24 mila persone di 32 Paesi tra cui l'Italia, l'85% delle persone nel mondo ritiene che la plastica monouso debba essere vietata.

Italiani attenti al tema della plastica

A livello nazionale, gli italiani interpellati dal sondaggio di cui sopra, sostengono in particolare il divieto delle sostanze chimiche nocive utilizzate nella produzione della plastica, indicate dall'87% del campione e sui prodotti in plastica che non possono essere facilmente riciclati (84%). Dai risultati emerge anche la diffusa consapevolezza che i divieti non siano sufficienti ad arrestare l'inquinamento da plastica monouso. Infatti, la maggioranza delle persone intervistate sostiene la necessità di una rifondazione dell'attuale sistema della produzione e del riciclo della plastica in modo che siano garantiti il riciclo e il riuso sicuro. Nello specifico, l'83% degli intervistati italiani ha dichiarato necessario imporre l'obbligo per i produttori di investire in sistemi di riutilizzo della plastica, mentre il 67% è d'accordo sul garantire a tutti i Paesi accesso ai finanziamenti, alle tecnologie e alle risorse necessarie per affrontare e risolvere il tema dell'inquinamento da plastica. In tal senso, l'87% degli intervistati a livello globale (l'83% degli italiani) ritiene necessaria una riduzione dellla produzione complessiva di plastica. I risultati del recente sondaggio Ipsos confermano quanto emerso dai due precedenti report sul tema, specie sul fatto di sostenere l'emanazione di norme che siano vincolanti per poter trasformare in maniera radicale l'universo della plastica.

Il Trattato globale sull'inquinamento da plastica

Come anticipato, dal 23 al 29 aprile a Ottawa si svolgerà il nuovo summit per discutere i contenuti del Trattato globale sull'inquinamento da plastica. Un incontro particolarmente importante in quanto si tratta del penultimo appuntamento del ciclo di negoziati delle Nazioni Unite su tale tema. Se da una parte la maggioranza degli Stati è d'accordo sull'introduzione di norme globali vincolanti per tutta la catena del valore della plastica, dall'altra permane l'opposizione di una minoranza che ritiene di difendere il profitto a discapito del delicato equilibrio ambientale del Pianeta. Norme globali vincolanti, infatti, consentirebbero ai Governi e alle aziende di agire seguendo le stesse regole, incrementando allo stesso tempo la messa a punto di soluzioni innovative e mobilitando gli investimenti lungo l'intera catena del valore della plastica, in modo da distribuire più equamente gli oneri necessari per affrontare il tema dell'inquinamento da plastica.

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