

Ultima ora
Esperti: “Punti nascita con anestesista e pediatra, mai meno di 500 parti l’anno”
Per garantire standard di sicurezza a madre e bambino “i punti nascita devono essere di almeno 1000 parti all’anno e mai meno di 500”, nell’organico “anche un anestesista e un pediatra con competenze specifiche neonatologiche”, è “impensabile che non si possa intervenire in caso di emergenza”. Così gli esperti delle associazioni dei medici ginecologi (Sigo) neonatologi (Sin) e degli Anestesisti-rianimatori (Siaarti) in Audizione alla Camera concernente “Iniziative per aggiornare gli standard per la distribuzione dei punti nascita” che si è svolta oggi nell’Aula della XII Commissione Affari sociali.
Molte le società scientifiche affiliate alla Federazione delle società medico-scientifiche italiane (Fism) che hanno portato un importante contributo, anche in questo contesto, al comparto legislativo, in rappresentanza delle varie specialità coinvolte nella gestione della salute di madre e bambino al momento del parto. “E’ importante il dialogo con il legislatore – ha dichiarato Loreto Gesualdo presidente Fism – Ringrazio l’onorevole Cappellacci per l’ascolto offerto alle Società scientifiche che restano a disposizione della commissione per ulteriori audizioni”.
Nell’audizione “portiamo quanto contenuto in un documento presentato poco più di un anno a fa, sugli ‘Standard organizzativi per l’assistenza perinatale in Italia’, realizzato con la collaborazione delle principali organizzazioni e società scientifiche che si interessano di punti nascita”, ha dichiarato Luigi Orfeo, Presidente Società italiana di neonatologia (Sin).
“Innanzitutto -ha continuato Orfeo – partiamo dal concetto che l’assistenza di ostetricia e neonatologia debba essere omogenea sui 2 livelli previsti: laddove è attiva un reparto di ostetricia di primo livello, ci sia una neonatologia per la piccola patologia neonatologica; a un secondo livello di ostetricia, in grado cioè di gestire la patologia materna ostetrica, corrisponda una neonatologia in grado di gestire anche un neonato patologico”.
Sulla numerosità dei parti necessari a un centro per garantire gli standard di sicurezza, si resta su “almeno 1000 nati all’anno e mai meno di 500 – ha ricordato il presidente Sin – Ricordiamoci che almeno 500 parti all’anno garantiscono lo standard minimo di competenza, sicurezza e qualità di assistenza. Nel caso di situazioni orografiche difficili si può scendere come numero, ma garantendo sempre i requisiti qualitativi e di salvaguardia. Nella scarsa numerosità le competenze sono più difficili da garantire, per questo i centri devono essere sottoposti a valutazione periodica degli esiti”.
La realtà è che “200 su 400 punti nascita, cioè il 50%, sono sotto gli 800 parti l’anno e 96, il 24%, ne hanno meno della soglia minima dei 500 – ha spiegato Orfeo – C’è una resistenza a chiudere questi punti nascita che non sempre possono garantire la stessa competenza di quelli dove nascono più bambini. Inoltre, purtroppo, questi centri con pochi parti, lavorano con personale a cottimo, a gettone, con cooperative, personale pensionato – si veda il decreto Calabria – operatori che non sempre hanno la competenza e il percorso formativo adeguato per la neonatologia”.
Per mantenere centri con volumi inferiori allo standard, oltre alla valutazione, tra le soluzioni proposte, c’è quella di “associare il centro più piccolo con uno più grande (hub) – ha osservato il neonatologo – Questo implica che l’organizzazione del centro hub sia adeguata. In alcune Regioni viene fatto, ma non senza difficoltà, perché partiamo sempre dal presupposto che non ci sono medici e specialisti in numero adeguato per le effettive necessità. È interessante – ha concluso Orfeo – il fatto che negli ospedali di montagna non nascono bambini patologici: questo significa che chi ha una gravidanza a rischio, va in un centro più grande. Chi ha una gravidanza fisiologica non può spostarsi?”
Anche la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), non è favorevole alla riapertura dei punti nascita con meno di 500 parti, già chiusi con il precedente Accordo Stato Regioni, e nel corso dell’audizione ha chiesto, soprattutto, “la rivalutazione degli standard di sicurezza di quelli tra i 500 e i 1000 parti, in quanto in questo momento lo standard di sicurezza previsto dalle attuali Buone Pratiche Cliniche potrebbe non essere garantito”, ha affermato Antonino Giarratano, presidente Siaarti.
“In questa nostra proposta ci sono varie tematiche già presentate al Ministero della Salute, nella bozza di revisione del Dm 70/2015 sui punti nascita e la sicurezza materno infantile. È impensabile – ha continuato Giarratano – che non ci sia un anestesista che possa intervenire in caso di emergenza. La gravidanza è quella che noi definiamo una situazione parafisiologica sia materna che infantile: ci sono situazioni di emergenza, come ad esempio un’emorragia ostetrica, che devono essere trattate tempestivamente perché sono fattori di mortalità”.
L’analisi dei registri di sorveglianza della mortalità materna (Itoss) dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) “indicano in 8.9/100mila maternità, la mortalità complessiva – ha chiarito il presidente Siaarti – e identificano nell’emorragia, la prima causa diretta di morte, evento peraltro evitabile nel 50% dei casi ed espressione di una substandard care. Per questo serve un’organizzazione adeguata, che significa anche avere un servizio trasfusionale: non è pensabile che sia a distanza”.
“Dobbiamo prevedere la tutela della madre e del bambino h24 – ha aggiunto – Il medico specialista in Anestesista rianimazione terapia intensiva e del dolore (Artid) deve essere innanzitutto presente in un modello organizzativo che preveda la gestione della paziente in emergenza (Uo di Anestesia e rianimazione) e il supporto alle funzioni vitali (Terapia intensiva) e poi, non secondariamente, altamente qualificato e formato sulle peculiarità, fisiologiche e non, legate alla gravidanza, alla gestione del dolore in travaglio e a tutti gli eventi avversi frequenti o rari che si può trovare ad affrontare”.
La realtà dei “dati Cedap del 2020 rivelano che il medico Artid è presente solo nel 44% dei parti, contando il 32% circa dei tagli cesarei – ha sottolineato Giarratano – ed è presente solo nel 12 % circa dei parti spontanei, troppo poco per parlare di sicurezza del percorso e non in grado quindi di assolvere ad un Lea quello della partoanalgesia che in Italia è un diritto negato. Per questo serve un’organizzazione adeguata, che significa anche avere un servizio trasfusionale: non è pensabile che sia a distanza”.
Per i punti nascita “il presupposto fondamentale è la sicurezza, che significa avere a disposizione nell’organico anche un’anestesista e un pediatra con competenze specifiche neonatologiche”, ha ribadito, nel suo intervento, Nicola Colacurci, presidente della Sigo, Società italiana di ginecologia e ostetricia. Come Sigo “siamo a disposizione – ha aggiunto – sia della formazione, sia di un sistema di certificazione, che ovviamente deve essere validato dal ministero della Salute, così che avrebbe un valore anche medico legale”.
Economia
Condoni, in 50 anni incassati 148 miliardi: target sempre mancati

Dalle sanatorie alla rottamazione e pacificazione fiscale, l'analisi dell'Ufficio studi Cgia 'boccia' le misure: "Contributo molto modesto al contrasto dell'evasione"

Negli ultimi 50 anni la politica dei condoni adottata nel nostro Paese ha consentito all’erario di incassare complessivamente 148,1 miliardi di euro (importo rivalutato al 2022). A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia, ricordando che in termini economici, la sanatoria fiscale del 2003 è stata quella più “redditizia” per le casse dello Stato: in 6 anni (2003-2008) tra concordato fiscale, chiusura liti pendenti, definizione ritardi od omessi versamenti, regolarizzazione delle scritture contabili, etc., sono stati ‘recuperati’ 28 miliardi di euro. Seguono il condono tombale introdotto nel 1991 che fino al 1994 ha garantito 10,4 miliardi e il concordato/sanatoria delle scritture contabili istituito nel 1995 che fino al 2000 ha assicurato 8,4 miliardi di euro di gettito.
Per la Cgia “sebbene siano molto discutibili da un punto di vista etico, anche dal lato economico l’applicazione dei condoni non ha garantito grossi risultati economici alle casse dello Stato. Anzi. “Alla luce degli incassi ottenuti a partire dal 1973, possiamo affermare che gli scudi, i concordati, le rottamazioni, i condoni, le sanatorie e le pacificazioni fiscali hanno contribuito in misura molto modesta a contrastare l’evasione fiscale che nel nostro Paese rimane ancora molto elevata e pari a quasi 90 miliardi di euro all’anno. Ricordiamo – continua l’associazione – che nel 2020, ultimo dato disponibile, il peso dell’economia non osservata sul valore aggiunto nazionale era all’11,6 per cento, pari a 174,6 miliardi di euro”.
Di quest’ultimo importo, l’economia sommersa era pari a 157,4 miliardi e le attività illegali 17,3 miliardi. L’evasione fiscale e contributiva, invece, si aggirava attorno ai 90 miliardi di euro (78,9 miliardi imputabili all’evasione tributaria e 10,8 miliardi all’evasione contributiva)”. Applicando al valore aggiunto sommerso un coefficiente determinato dal rapporto del gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dalla contabilità nazionale al netto dell’economia non osservata, l’Ufficio studi della CGIA è riuscito a calcolare anche l’evasione a livello regionale.
Il dato di partenza è che se a ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, gli italiani ne evadessero mediamente 13,2. Se la stessa simulazione la riproduciamo a livello regionale, la situazione più critica la scorgiamo nel Mezzogiorno: nella classifica di euro evasi ogni 100 euro incassati, in Puglia gli evasori se ne trattengono 19,2 euro, in Campania 20 e in Calabria, maglia nera d’Italia, 21,3. Si tratta di cifre doppie rispetto ai 10,6 euro che si registrano in Friuli Venezia Giulia, ai 10,2 euro in Provincia di Trento e ai 9,5 euro in Lombardia. Il territorio nazionale più fedele al fisco è la Provincia di Bolzano che presenta un’evasione di soli 9,3 euro ogni 100 incassati
Dai condoni edilizi introdotti dal legislatore nel 1985, nel 1994 e nel 2003 si stima che i Comuni abbiano incassato poco più di 15 miliardi di euro (importo non attualizzato al 2022). Nel primo il gettito è stato pari a 3,1 miliardi, nel secondo a 5,2 miliardi e nel terzo a poco più di 7 miliardi. Anche in questo caso, così come per le sanatorie di natura fiscale, gli incassi sono stati decisamente più contenuti delle aspettative. Nel condono introdotto dal governo Craxi I fu incassato solo il 58 per cento del gettito previsto, quello approvato dal governo Berlusconi I il 71 per cento e quello istituito dal governo Berlusconi II solo il 34,5 per cento.
E nonostante queste misure fossero state approvate anche con l’obbiettivo di porre fine al fenomeno dell’abusivismo edilizio, i risultati ottenuti sono stati insignificanti. Sebbene negli ultimi in anni sia in leggero calo, nel 2022 l’abusivismo edilizio ha registrato il suo picco massimo in Basilicata e in Calabria, entrambe con una percentuale del 54,1 per cento. Seguono la Campania con il 50,4 per cento, la Sicilia con il 48,2 per cento e la Puglia con il 34,8 per cento. Le regioni, infine, meno interessate dalla “piaga” dell’abusivismo edilizio sono state il Piemonte e la Valle d’Aosta, tutte e due con il 4,2 per cento, e, in particolar modo, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, ambedue con un livello del 3,3 per cento. Il dato medio nazionale si è attestato al 15,1 per cento.
Ultima ora
Incidente sulla statale Sorrentina, un morto in scontro auto-moto

Un'altra persona è rimasta ferita nello scontro all’altezza di Castellamare di Stabia, in provincia di Napoli
Incidente mortale sulla statale ‘Sorrentina’, dove a causa di uno scontro tra un’auto e una moto un uomo ha perso la vita e un’altra persona è rimasta ferita per cause ancora da accertare. A causa dell’incidente, la statale 145 è temporaneamente chiusa al traffico in corrispondenza del km 3,550 all’altezza di Castellamare di Stabia, in provincia di Napoli.
Al momento il traffico veicolare proveniente da Sorrento viene deviato all’uscita obbligatoria di Gragnano, mentre i veicoli che provengono dall’Autostrada vengono deviati all’uscita di Castellamare. Sul posto sono intervenute le squadre Anas, le Forze dell’Ordine e il 118 per la gestione dell’emergenza e per il ripristino della normale circolazione nel più breve tempo possibile.
Economia
Stufa a pellet, ecco i bonus per uno sconto sull’acquisto

Quali sono le possibilità ancora in campo per ammortizzare i costi

Con la fine del gran caldo e con i primi sentori di un autunno in procinto di coglierci, il pensiero vola al freddo inverno che presto arriverà, soprattutto nelle Regioni del nord Italia. Dopo la notizia che il bonus riscaldamento non sarà varato e che il bonus sociale riguarderà non tutta la popolazione, inevitabilmente si inizia a pensare a come risparmiare sul costo del riscaldamento per la stagione fredda.
Uno dei modi più concorrenziali per riscaldare la casa negli ultimi anni è stato rappresentato dal pellet, anche se lo scorso anno, complice il conflitto russo – ucraino, anche i prezzi di questo combustibile sono lievitati non poco.
Per chi desidera acquistare una stufa a pellet il problema più immediato è rappresentato dai costi non propriamente bassi che bisogna sostenere. La stufa a pellet ha un prezzo che può variare dai 700 euro fino a superare i 2.000 euro. Considerando, poi, che deve essere un complemento d’arredo con cui convivere per diversi anni, oltre che un sistema di riscaldamento, va da sé che la cura estetica ha il suo peso, insieme alla potenza e alla versatilità. Più è grande l’ambiente da riscaldare e più, ovviamente, salgono le spese da affrontare: per una casa di 100 metri quadri, ad esempio, la spesa varia dai 1.500 ai 3.000 euro.
Proprio perché la spesa è tutt’altro che a buon mercato e perché per ammortizzare l’investimento si impiegherà qualche anno, è bene sapere – spiega Money – che esistono ancora diversi bonus in vigore per poter risparmiare, attraverso le detrazioni fiscali, su questa importante spesa. Oltre al Superbonus al 110%, a cui possono accedere ormai davvero in pochissimi, su quali altre agevolazioni si può contare per risparmiare sull’acquisto della stufa a pellet? Il bonus ristrutturazioni permette ancora di poter fruire sulla detrazione al 50% sugli interventi di manutenzione straordinaria finalizzati all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile. L’installazione di una stufa a pellet vi rientra e si può fruire di una detrazione al 50% su una spesa massima di 96.000 euro, recuperando lo sconto in 10 quote di pari importo suddivise in 10 anni.
Altra misura di cui si può fruire è l’ecobonus che permette di avere una scontistica che varia dal 50% all’85%. Per la stufa a pellet il limite di spesa su cui sfruttare la detrazione, recuperabile sempre in 10 quote in 10 anni, è di 30.000 euro mentre la spesa massima detraibile in caso di lavori condominiali (sempre riferiti alla singola unità abitativa) è più alta.
In ultimo è possibile godere del Bonus al 65% riconosciuto dal Gestore dei Servizi Energetici in questo caso la domanda si presenta direttamente al GSE al termine dei lavori. Se il beneficio si fruisce su una somma fino a 5.000 euro si riceve il bonifico della detrazione entro 2 mesi, se è di importo superiore si beneficerà del rimborso in rate annuali spalmate in 5 anni.
Cronaca
Giustizia, Nordio: “Intercettazioni su mafia e terrorismo non si toccano”

Così il ministro intervenendo a Palermo al congresso nazionale di Area democratica per la Giustizia: "Intercettazioni su mafia e terrorismo non si toccano. Lentezza processi ci costa due punti del Pil, necessario velocizzare"

“Quando parlo di intercettazioni non solo lascio sempre da parte il problema del terrorismo e della mafia su cui non solo non si tocca nulla, ma proprio con il Procuratore nazionale antimafia Melillo stiamo progettando una serie di interventi nuovi, perché la grande delinquenza non comunica coi mezzi tradizionali”. A dirlo è il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo a Palermo al congresso nazionale di Area democratica per la Giustizia. “Quando ho detto che la mafia non parla al telefono, alludevo al fatto che sappiamo perfettamente che oggi le grandi organizzazioni comunicano con mezzi che non siamo in grado di interpretare perché costano tanti soldi”, ha detto.
“La lentezza dei processi ci costa due punti di Pil, lo sappiamo. Dunque, c’è la necessità di rendere i processi più veloci”, ha aggiunto il ministro.
“Nessuno ha mai pensato né penserà mai che vi possa essere un domani una soggezione della magistratura, sia giudicante che requirente, al potere esecutivo né di qualsiasi altra forma di controllo estranea alla indipendenza della magistratura”, ha assicurato quindi il ministro.
“Ho fatto il magistrato e lo rifarei e mi sento con la toga addosso. Perciò – sottolinea – mi preme dire che, quali che siano le riforme, per me sarebbe una eresia pensare che la magistratura possa finire sotto il controllo dell’esecutivo”.
“Ho scelto questa professione perché è la più libera e importante nell’attuazione del dettato costituzionale, vincolata come è solo alla legge. Mai l’avrei scelta se avessi pensato che da pm avrei avuto sopra di me un potere gerarchico rappresentato da un partito”, ha detto.
“Io ho cercato di annunciare le riforme secondo noi essenziali e prioritarie che riguardano l’efficientamento della giustizia, di cui nessuno parla mai, colgo anzi questa occasione per ribadire questo concetto. Noi stiamo lavorando alacremente, diciamo che quasi due terzi della nostra attività è dedicata all’efficientamento della giustizia ai fini di attuare i piani del Pnrr, e soprattutto velocizzare i processi, soprattutto quelli civili. Perché la lentezza della giustizia ci costa circa 2 punti di Pil”, ha detto il ministro della Giustizia lasciando il congresso. “Poi nessuno si nasconde, lo sappiamo – dice – siamo persone reali e mature, che ci sono differenti idee di concepire alcune soluzioni per quanto riguarda soprattutto il diritto penale, ma io ho cercato di mettere in evidenza le cose che ci uniscono. E tra queste c’è sicuramente quella di rendere la giustizia più efficiente e più rapida”, conclude.
Spettacolo
Morta Ketty Roselli, l’attrice aveva 51 anni: il dolore del mondo dello spettacolo

Il messaggio sul profilo Instagram dell'artista: "E' partita per il suo nuovo viaggio dopo aver lottato fino all'ultimo". L'addio di Massimiliano Bruno: "Ti dedicheremo un sorriso di fronte al mare". Tanti i messaggi di cordoglio

E’ morta a Roma Ketty Roselli, l’attrice, cantante e ballerina – volto di tv, cinema e soprattutto teatro con una lunga carriera nei musical – aveva 51 anni. L’annuncio in un messaggio sull’account Instagram dell’artista. “Ketty si legge – è partita per il suo nuovo viaggio, dopo aver lottato fino all’ultimo senza mai mollare per la vita che tanto amava. Ricorderemo sempre il suo sorriso, la sua risata, la sua comicità, il suo talento, la sua empatia, il suo preoccuparsi per gli amici, la sua voglia di vivere, di viaggiare e di scoprire nuove cose”.
“Questa era Ketty – si legge ancora -, la migliore amica del mondo. Quando guarderete il mare che tanto amava, ricordatevi di lei. Buon viaggio tesoro”. Poi le indicazioni sui funerali, che si terranno con cerimonia buddista presso il Teatro Marconi di Roma, lunedì 2 ottobre alle ore 11:00.
Tra i tanti messaggi di cordoglio, anche quello del regista, attore e sceneggiatore Massimiliano Bruno: “Addio Ketty Roselli – scrive – ci porteremo la tua simpatia nel cuore e ti dedicheremo un sorriso di fronte al mare”. Al messaggio del regista si aggiungono i commenti di attori e showgirl, increduli e addolorati dalla scomparsa della collega. Il “ciao Ketty” di Laura Freddi, il “mi dispiace” di Vittoria Belvedere, il saluto di Matilde Brandi: “Ciao ketty ci siamo conosciute tanti anni fa eri anche una bravissima ballerina”, scrive. Quindi l’addio di Stefano Fresi con il post “buon viaggio Ketty”. Incredula Flora Canto: “Senza parole.. solo un grande dolore..ciao Ketty..”
Esteri
Usa, Biden contro Speaker Camera: “Accordo terribile, sarà shutdown”

Il presidente degli Stati Uniti accusa il repubblicano Kevin McCarthy di aver ceduto al ricatto dei "repubblicani Maga"
“Lo Speaker ha fatto un accordo terribile, per mantenere il suo posto è disposto a fare cose che credo sappia siano in contrasto con il processo costituzionale”. Così Joe Biden accusa il repubblicano Kevin McCarthy di aver ceduto al ricatto dei “repubblicani Maga”, gli esponenti dell’estrema destra fedeli a Donald Trump, portando così allo shutdown del governo che ormai inevitabilmente scatterà alla mezzanotte di oggi.
“C’è un gruppo di repubblicani Maga che veramente vuole un cambiamento fondamentale del modo in cui funzione il sistema, e questo mi preoccupa”, ha aggiunto il presidente nell’intervista a ProPublica che andrà in onda integralmente domani.
Ultima ora
Prezzi bloccati e sconti a Milano, ecco negozi e supermercati nel patto salva spesa

Esselunga, Sigma, Crai, Coop ma anche farmacie: l'elenco delle attività che hanno aderito all'iniziativa

Da Esselunga a Sigma, Crai e Coop passando per le farmacie, sono centinaia i negozi e i supermercati di Milano e provincia che hanno aderito al Patto anti inflazione, proponendo sconti su beni e articoli dal 1 ottobre al prossimo 31 dicembre 2023.
Beni di prima necessità alimentari ma non solo. Tra i prodotti compresi nel paniere del patto anti inflazione ci dovrebbero essere, in linea di massima, pasta, latte Uht, biscotti, uova, pannolini, pelati, olio, saponi per la casa e per le persone. Non ci saranno, secondo quanto si apprende, i prodotti freschissimi come ortofrutta e carne. Il trimestre anti inflazione si applicherà genericamente ad una “selezione di articoli rientranti nel cd. ‘carrello della spesa’ e di prima necessità, nel rispetto della libertà di impresa e delle strategie di mercato delle singole aziende che aderiranno all’iniziativa”, si legge nel protocollo d’intesa.
Dunque, non c’è un elenco dettagliato dei generi di prodotti da “offrire a prezzi calmierati dal 1 ottobre al 31 dicembre” ma si fa riferimento a “beni di prima necessità alimentari e non alimentari di largo consumo, ivi compresi quelli rientranti nel cd. ‘carrello della spesa'”, laddove si spiega che lo scopo del protocollo è quello di “favorire il contenimento dei prezzi” di tali beni. Nel ‘carrello della spesa’ viene poi spiegato, “rientrano anche i prodotti per l’infanzia e per la cura della persona”.
Nelle more del protocollo, che si dipana in 13 articoli, viene esplicitamente scritto che “il paniere su cui applicare prezzi calmierati” nel trimestre preso in considerazione, “viene definito da ciascuna impresa distributiva anche sulla base del concreto supporto delle imprese delle filiere, ricomprendendo quanto più possibile prodotti di prima necessità alimentari e non, ad esclusione degli alcolici”.
Conad, Esselunga, Farmacie Unite, e ancora Coop, Sigma e Crai tra i nomi noti nell’elenco pubblicato sul sito del ministero del made in Italy che, a Milano e provincia, aderiscono all’iniziativa. La lista comprende esercizi di grandi e piccoli commercianti.
Economia
Prezzi e tassi alti bloccano economia, soffre l’industria: previsioni Csc a tinte fosche

Le prospettive economiche del Paese nel bollettino del Centro studi Confindustria: il punto su imprese, inflazione e mutui

Se non è rischio recessione poco ci manca, con il Centro studi di Confindustria che disegna a tinte fosche le prospettive economiche del Paese nel consueto bollettino ‘Congiuntura flash’. “Dopo la caduta nel 2° trimestre – si legge -, il Pil italiano infatti è stimato debole anche nel 3° e le attese sul 4° non sono migliori: al calo di industria e costruzioni si affianca la battuta d’arresto nei servizi. E non si fermano i rialzi dei tassi Bce mentre il credito è in caduta assieme alla liquidità e il costo dell’energia torna a salire”, con contraccolpi sui consumi e gli investimenti. Latita la domanda estera”.
E se la parabola dei prezzi registra un calo lento e differenziato, la Bce “ha deciso un altro aumento, a 4,50%, perché prevede un’inflazione troppo alta troppo a lungo” anche se “ha ammorbidito il tono su eventuali ulteriori mosse”. Anche la Fed a settembre ha tenuto fermo il tasso Usa a 5,50%, non escludendo nuovi rialzi e i mercati ora, annotano ancora gli economisti di viale dell’Astronomia “ritengono altri rialzi negli Usa e nell’Eurozona possibili, ma non probabili, intravedendo i primi tagli entro il 2024”.
Ma la situazione sul fronte del credito resta difficile: “Prosegue la corsa del costo del credito (5,09% a luglio) per le imprese italiane e peggiora la caduta dei prestiti (-4,0% annuo)”. Una quota crescente di imprese non ottiene credito (8,2% a settembre), denuncia il Csc: “La domanda è frenata da condizioni troppo onerose ma pesano anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1% in un anno i depositi), mentre aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti”.
Non meglio la situazione nei servizi che ha “esaurito la ripresa”, spiega il Centro Studi. “A settembre, la fiducia delle imprese del settore è scesa ancora. Non basta più il buon andamento del turismo: a luglio, +10,0% sul 2022 la spesa degli stranieri in Italia (+20,4% sul 2019) e anche i passeggeri in aeroporto si mantengono oltre i volumi pre-crisi (+3,7%)”. E soffre anche l’industria.
“A luglio la produzione ha subito una nuova caduta (-0,7%; da inizio anno -1,9%), dopo il recupero di maggio-giugno (+0,2% acquisito nel 3° trimestre). La flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio)”, annota ancora viale dell’Astronomia che ricorda come al miglioramento di agosto abbia fatto però riscontro a settembre una nuova caduta della fiducia delle imprese. “Anche nel settore edile forte calo a luglio (-1,6%, -4,3% da inizio anno) e in agosto l’RTT traccia una timida risalita del fatturato”.
Giù infine la domanda interna. “Il calo degli investimenti nel 2° trimestre (-1,8%) è dovuto alle costruzioni (-3,6%) e, in parte, agli impianti-macchinari (-0,2%). I segnali più recenti dai beni strumentali sono negativi: produzione in calo a luglio, meno fiducia a settembre. Per i consumi, fermi nel 2° trimestre, si è avuto un continuo calo del sentiment nel 3°. I beni restano penalizzati rispetto ai servizi: a luglio meno vendite al dettaglio (-0,2% in volume) e in agosto l’Icc rileva un’ulteriore flessione, dovuta ai beni”, continua ad elencare Confindustria che indica anche come, “dopo mesi di crescita a luglio si sia registrata la prima incertezza nel mercato del lavoro” che si è tradotto in 73mila occupati in meno: “un freno ai redditi” spiega. In calo anche l’export sia nei mercati Ue che in quelli extra-Ue: “alla debolezza delle vendite in Germania, si è aggiunta una battuta d’arresto di quelle negli Stati Uniti”, conclude Congiuntura flash.
E’ lento quindi il calo dell’inflazione italiana scesa al +5,3% annuo a settembre, spiega ancora il Centro studi di Confindustria che disegna una parabola al rallentatore per la dinamica dei prezzi made in Italy. “I prezzi core di beni e servizi rallentano (+3,9%), mentre per gli alimentari la moderazione è ancora agli inizi (+8,6%) grazie alla flessione recente delle materie prime”, si legge in Congiuntura flash. “I prezzi energetici al consumo crescono poco (+1,7% annuo), ma a settembre le quotazioni di gas e petrolio sono risalite (35euro/mwh e 93 dollari/barile)”, annota ancora.
Ammonta a 4,6 miliardi annui – in totale – l’aggravio di interessi che grava sulle famiglie italiane per via di una stretta sui tassi che ha un impatto considerevole., segnala ancora il Centro Studi Confindustria, evidenziando come l’aumento dei tassi è di +2,84 punti percentuali fino a luglio 2023, che pesano su uno stock di mutui di 425 miliardi di euro, di cui pero’ vanno considerati solo quelli a tasso variabile, stimati al 38% del totale (162 miliardi). Al momento, continua il Csc, il maggiore onere connesso all’aumento degli interessi è abbastanza concentrato, perché riguarda solo le famiglie che hanno comprato casa con un mutuo variabile, una quota che è stimata pari al 4,9% delle famiglie italiane (1,2 milioni, su 25,6 totali). Cioè i 4,6 miliardi di interessi in più nel 2023 sono pagati solo da queste famiglie, per le quali i maggiori tassi corrispondono a +3.683 euro di interessi nell’anno (+307 al mese, un aumento consistente della rata per una famiglia con un mutuo residuo medio di circa 130mila euro).
Ipotizzando un rinnovo completo dello stock di mutui, ai tassi attuali, l’aggravio di interessi annui per le famiglie italiane salirebbe a +12,1 mld; questo coinvolgerebbe anche le famiglie che ora sono al riparo, perché tutti i nuovi prestiti saranno più cari, anche quelli a tasso fisso. Inoltre, per una famiglia con mutuo variabile oggi e altri 5 anni di rate da pagare, a tassi invariati, l’aggravio complessivo di interessi è di circa 11mila euro (l’acquisto della casa costa molto di più, il 9% del mutuo residuo nel 2023); per 10 e 15 anni di rate l’aggravio arriva a +20mila e +29mila a famiglia. Si tratta comunque di stime ipotetiche visto che ci si attende una discesa dei tassi nei prossimi due anni, riconsoce il Csc.
Quanto però all’impatto sul reddito spendibile (al netto della rata di mutuo) e sui consumi nel 2023 la parte di famiglie colpite, che hanno scelto il mutuo variabile perché inizialmente meno oneroso, lo è in modo marcato, tanto da essere quasi certo che saranno costrette a tagliare la spesa in altri beni e servizi. Peraltro per le famiglie, il rialzo dei tassi colpisce anche il credito al consumo utilizzato per l’acquisto di beni durevoli (es. automobili, elettrodomestici). L’aumento dei tassi è stato identico a quelli sui mutui (+2,84 punti percentuali), ma lo stock di tali crediti è decisamente inferiore (circa 120 miliardi di euro). La differenza cruciale è che per questo tipo di prestiti tipicamente la rata è fissa, per cui non si ha un impatto sui debiti in essere. Ma per le nuove operazioni il rialzo dei tassi pesa e potrebbe abbattere la domanda.
Cronaca
Meteo, nuova ondata di caldo africano: le previsioni di oggi e domani

Che tempo farà fino a lunedì 2 ottobre

Nuova ondata di caldo africano sull’Italia confermata dalle previsioni meteo di oggi, domani e fino a lunedì 2 ottobre da Milano a Roma, da Napoli a Palermo. Sarà caldo estivo, quindi, con l’Anticiclone Africano Apollo, che porterà nel weekend temperature ancora in aumento. I picchi sono attesi dapprima al Centro-Nord poi da lunedì anche verso il Sud, estendendo la famigerata ‘ottobrata’ di Roma a tutta la penisola.
Nel dettaglio, spiegano gli esperti de iLMeteo.it, nel fine settimana sono previsti 31 gradi a Firenze, 30 gradi a Bologna, Bolzano, Ferrara, Grosseto, Oristano, Pistoia, Prato, Roma, Rovigo e Terni. Con l’inizio della prossima settimana la colonnina di mercurio salirà fino a 30-31 gradi anche ad Agrigento, Benevento e Catania con l’Anticiclone Africano Apollo protagonista su tutta l’Italia.
Per quanto riguarda lo stato del cielo si può segnalare soltanto qualche temporale tra Sicilia e Calabria nelle prossime ore, mentre la prima domenica di ottobre sarà praticamente senza una nuvola.
Questa nuova ondata di caldo nordafricano porterà dunque valori di circa 7-8 gradi superiori alla media: se fossimo stati a luglio, avremmo avuto 38-39 gradi ovunque. A fine settembre – inizio ottobre, con il minor soleggiamento dell’autunno, restiamo sui 30-31 gradi, valori comunque eccezionali per il periodo.
L’Anticiclone Africano Apollo resterà protagonista almeno fino al 10-12 ottobre, disturbato solo in parte dal passaggio di una perturbazione sui Balcani tra mercoledì e giovedì: in seguito, la configurazione sinottica sarà sempre la stessa con il caldo ed il sole protagonisti; l’alta pressione Apollo sarà più robusta tra Spagna, Francia e regioni alpine con lo zero termico che schizzerà in alto, in altissimo, fino a quota 4700-4800 metri circa, toccando la cima del Monte Bianco. Una situazione ancora più estrema per i ghiacciai che continueranno a fondere e perdere massa anche in pieno autunno. Una vera nota dolente in mezzo ad un clima soleggiato e piacevole.
Un’altra nota dolente, un altro rovescio della medaglia dell’Anticiclone africano in Autunno, è il deterioramento della qualità dell’aria: lo smog sta aumentando specie in Pianura Padana a causa della staticità atmosferica, non piove e non c’è vento e di conseguenza le polveri sottili aumentano inesorabilmente.
Infatti, durante l’Estate l’anticiclone africano è spesso accompagnato da qualche temporale di calore e/o da un generale rimescolamento dell’aria per ‘convezione’; durante l’autunno, e ancora di più in inverno con le notti più fredde e le frequenti inversioni termiche a bassa quota, gli inquinanti restano prigionieri proprio nelle zone dove noi viviamo e respiriamo.
Una situazione dunque da monitorare attentamente nei prossimi 10 giorni, attenzione allo smog portato dal caldo anticiclone autunnale.
NEL DETTAGLIO
Sabato 30. Al nord: sole e caldo estivo. Al centro: sole e caldo estivo. Al sud: in gran parte soleggiato salvo isolati acquazzoni in Sicilia.
Domenica 1. Al nord: sole e caldo estivo. Al centro: sole e caldo estivo. Al sud: in gran parte soleggiato.
Lunedì 2. Al nord: sole e caldo estivo. Al centro: sole e caldo estivo. Al sud: sole e caldo estivo.
Tendenza: Anticiclone Africano Apollo ovunque, piena estate con sole prevalente e caldo sopra la media, specie al Centro-Nord.
Sport
MotoGp Giappone 2023, Martin vince gara sprint e Bagnaia terzo

Lo spagnolo conquista la pole e si impone a Motegi

Jorge Martin vince la sprint MotoGp del Gp del Giappone 2023, oggi 30 settembre 2023 sul tracciato di Motegi. Lo spagnolo, autore della pole position con la Pramac Racing, si impone nella gara di 12 giri chiudendo in 21’00”734 davanti alla Ktm del sudafricano Brad Binder e alla Ducati ufficiale di Pecco Bagnaia, campione del mondo e leader del Mondiale. Quarto posto per l’australiano Jack Miller (Ktm), seguito dal francese Johann Zarco (Pramac), da Marco Bezzecchi (Ducati VR46) e dallo spagnolo Marc Marrquez (Honda).
Martin conquista la seconda pole position dell’anno, dopo quella ottenuta a Misano, girando in 1’43”198, nuovo record della pista di Motegi. Secondo tempo per la Ducati di Bagnaia e terza posizione per la Ktm di Miller che chiude la prima fila. Alle loro spalle la Ducati privata di Bezzecchi, la Ktm di Binder e la Ducati Gresini di Fabio Di Giannantonio, sesto in griglia davanti alla Honda di Marquez.
Nella classe Moto2, pole position per il thailandese Somkiat Chantra (1’49”898), che precede il giapponese Ai Ogura (1’50”018), il britannico Jake Dixon (1’50”058) e lo spagnolo Pedro Acosta (1’50”131). Nella Moto3, pole dello spagnolo Jaume Masia (1’56”331) con la Honda, davanti alla Ktm del turco Deniz Oncu (1’56”539) e alla Honda di Marco Bertelle (1’56”651), seguito dalla Ktm di Stefano Nepa (1’56”695).
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