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‘Eco-talebano’ tra le parole del 2023, spia di...

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‘Eco-talebano’ tra le parole del 2023, spia di un dibattito sempre più caldo

Tra negazionisti e gente stufa, il fronte di chi minimizza i cambiamenti in atto si arricchisce di una nuova ‘arma’. E tra i neologismi più significativi del 2023 spunta l’attivista che compie azioni estreme per far parlare dell'ambiente

Manifestazione per il clima

La Terra si sta surriscaldando, e di pari passo si surriscaldano anche le reazioni alla questione ambientale. Tra negazionisti, gente stufa ed esasperata, menefreghisti e persone in cattiva fede, il fronte di chi chiude gli occhi o minimizza i cambiamenti in atto si arricchisce di una nuova ‘arma’. Perché la lingua ferisce più della spada e soprattutto le parole, come diceva Nanni Moretti, sono importanti. Ecco allora che, tra i neologismi più significativi emersi nel 2023, certificati dalla Treccani, spunta ‘eco-talebano’, ovvero l’attivista ecologista che compie azioni estreme per far parlare del problema climatico.

Il pensiero va subito ai Fridays for Future e a Greta Thunberg, che ha subìto attacchi di tutti generi, soprattutto personali, e ai ragazzi di Ultima Generazione che con i loro lanci di vernice sui palazzi istituzionali o sui quadri famosi, ma soprattutto con i blocchi stradali, si sono attirati l’odio della gente.

Il risultato è che si finisce a guardare il dito invece della luna (il cambiamento climatico). E si dà vita a un circolo vizioso per cui se non urli o non compi azioni eclatanti si rischia di non parlare del problema, ma se le compi diventa anche facile strumentalizzarle e manipolarle.

Stanchezza da Apocalisse e comunicazione della sostenibilità

È pur vero che negli ultimi anni i temi del global warming e della minaccia ambientale sono diventati preponderanti nel dibattuto pubblico (e a volte anche in quello privato), spesso con toni ansiogeni e colpevolizzanti. Un’atmosfera che invece di spingere all’azione può portare facilmente verso la reazione contraria e verso la ‘stanchezza da Apocalisse’, cioè quella sensazione di esaurimento dovuta a brutte notizie, sfiducia e sensazione di impotenza rispetto alle tantissime scelte morali che ormai ogni giorno ci vengono richieste.

D’altronde a nessuno piace sentirsi dire cosa deve o non deve fare; infatti, molti consumatori rifiutano la loro quota di responsabilità in materia ambientale. C’è indubbiamente un importante tema di comunicazione, di cui si è parlato anche durante l’ultima edizione di Ecomondo, la più grande fiera italiana dedicata alla sostenibilità, di importanza internazionale, che Adnkronos ha seguito. Durante il Forum dedicato, è emersa soprattutto una necessità: quella di informare e rendere consapevoli le persone, ma senza allarmismi né colpevolizzazioni.

Non a caso da un po’ di tempo si parla di ‘nudging’, traducibile in italiano con ‘gomitata’, per intendere una ‘spinta gentile’ a compiere determinate azioni senza imporle ma influenzando le decisioni e creando le condizioni adatte a realizzarle, soprattutto nell’ambito della salute e del benessere. Potrebbe sembrare una manipolazione, ma anche qui potremmo aprire una riflessione su quanto la nostra società attuale sia manipolatoria per altri fini, molto lontani dal bene comune o individuale.

Il ruolo delle classi politiche

Da una parte la classe politica è espressione del popolo (o almeno di chi vota), ma dall’altra dovrebbe avere una visione di lungo periodo e indirizzare le prospettive future su basi di prosperità e, ancor prima, di sopravvivenza.

Tutto questo richiede un governo che abbia a cuore l’ambiente. Ma paradossalmente, mentre aumentano i disastri ambientali in tutto il mondo e anche in zone come la Germania e l’Italia che si sono sempre raccontate che ‘a me non riguarda’, allo stesso tempo abbiamo assistito alla presidenza Trump negli Stati Uniti (oggi tornato alla carica) e a quella Bolsonaro in Brasile, che ha provocato infiniti danni al polmone verde del pianeta, la Foresta Amazzonica.

Anche in Italia ci sono voci negazioniste, che più o meno in mala fede arrivano fino a confondere ‘meteo (se oggi piove o c’è il Sole)’ con ‘clima (un fenomeno articolato e globale, che vive di tendenze, per le quali un inverno freddo non cambia nulla rispetto al trend di riscaldamento in atto)’, giusto per tirare acqua al mulino del populismo. Usare il temine ‘eco-talebano’ diventa allora un modo per ‘girare la frittata’ e screditare l’ecologista come esagerato, pazzo, moralizzatore.

Italiani popolo di scienziati climatici

E mentre il mondo scientifico è in sostanza unanime circa i cambiamenti climatici e le loro cause, gli italiani si tolgono momentaneamente i panni da allenatori di calcio o da virologi per indossare quelli da esperti del clima. Questo nonostante, secondo le statistiche Ocse, quasi tre concittadini su 10 siano analfabeti funzionali, ovvero sono incapaci di comprendere un testo e in generale le informazioni che ricevono nella vita quotidiana. Un terreno fertile per la nascita delle più varie sfumature anche sul tema ambientale, dove c’è molto di pancia e molto poco di scientifico: ecco allora menefreghisti, complottisti, fatalisti, negazionisti, approfittatori, ambientalisti moderati e infine ecotalebani.

Cugino del termine ‘radical chic’, che ormai sembra passato di moda, il termine ‘eco-talebano’ ha però un pregio, quello di farci riflettere sulle contraddizioni di un ambientalismo spesso molto difficile da applicare. Impossibile, infatti, non parlare di privilegio: se sei giovane, in salute, istruito e con i soldi è sicuramente più facile essere ecologici… o credere di esserlo.

Un cambio radicale

Spesso le persone non hanno i mezzi economici o le risorse mentali per adottare uno stile di vita sostenibile. L’inflazione galoppante, che sta erodendo il potere d’acquisto, non ha certamente aiutato. Il risultato è che essere sostenibili viene percepito sempre di più come un lusso, una ‘cosa da ricchi’. Non a caso il costo dei beni ‘virtuosi’ è il principale ostacolo al loro acquisto.

In generale, cambiare i nostri comportamenti in un’ottica sostenibile non è facile, e spesso l’ambientalista stesso si autoinganna, ignorando le tante contraddizioni di cui anche lui è portatore. Perché essere sostenibili richiede un cambiamento radicale di mentalità e di abitudini: per mantenere lo stile di vita occidentale servono risorse enormi, eppure tornare a 150 anni fa non sembra praticabile né desiderabile.

Insomma, il termine eco-talebano è solo la punta di un iceberg, forse l’unico che invece di sciogliersi alla velocità della luce si consolida e si struttura. È la spia di un retroterra complesso e sfaccettato, che tuttavia alcune certezze le ha: il cambiamento climatico è una realtà e dipende da noi fare qualcosa. Senza ignorare la complessità del problema, che va affrontato partendo dalla speranza e non dalla paura: la prima dà motivazione, la seconda porta agli estremismi, in un senso e nell’altro.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Economia

Peste suina: Canada blocca export prosciutti Parma,...

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Il grido d'allarme del Consorzio del Prosciutto di Parma e Assica, interpellati dall'Adnkronos, alla luce della nuova zona II in Italia nel parmense e per le conseguenze sull'export extra Ue.

Alessandro Utini, presidente del Consorzio del prosciutto di Parma

"C'è tanta, tanta preoccupazione. Da oggi il Canada è un mercato chiuso per tutti i prosciutti e salumi che provengono dalla zona di restrizione II che comprende tra gli altri i comuni di Collecchio, Felino, Fornovo, Varano, in provincia di Parma, ad alta vocazione suinicola mentre gli Stati Uniti hanno una misura simile ma solo per i prodotti a breve stagionature e quindi sono salvi i prosciutti crudi stagionati, quindi il prosciutto di Parma è salvo per gli Usa". E' quanto afferma Davide Calderone, direttore di Assica, l'Associazione industriali delle carni e dei salumi di Confindustria, interpellato dall'Adnkronos sulla questione della peste suina africana e sulla sua diffusione in Italia tra i cinghiali.

"Ci raggiungono ulteriori limitazioni a quelle già in atto e questo preoccupa molto. -afferma Calderone - Il problema diventa più urgente ora perché le zone sottoposte a restrizione cominciano ad essere quelle dove ci sono tanti salumifici, inizialmente riguardavano l'Alta Liguria e il Piemonte dove ci sono pochissimi salumifici e pochi allevamenti, ora invece sono coinvolte anche le zone ad altissima vocazione di prosciuttifici e salumifici (Parma)". "Riteniamo sia ancora possibile intervenire e chiediamo che il governo e la struttura commissariale decidano di intervenire ponendo recinzioni per salvaguardare le zone ad alta vocazione suinicola e produttiva. E' fondamentale recintare. Chiediamo dunque che ci sia un cambio di passo, dopo il peggioramento della situazione con le nuove zone di restrizione che si stanno allargando. E' una situazione economica molto problematica".

Forte preoccupazione anche dal Consorzio del Prosciutto di Parma. "Segnaliamo che le elevate garanzie sanitarie fornite dalla lunga stagionatura del nostro prodotto permettono di mantenere aperti importanti sbocchi per le nostre esportazioni come gli Stati Uniti e l’Australia. L’unico cambiamento di rilievo riguarda il Canada, Paese che rappresenta il 2,5% del nostro export, verso il quale le aziende produttrici di Prosciutto di Parma situate in zona di restrizione II (ovvero quelle in cui la Psa è presente nel cinghiale) non possono spedire il loro prodotto". E' quanto afferma Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma. "Il nostro auspicio è che tutte le iniziative intraprese dal Ministero della Salute, dal Commissario Straordinario alla Peste Suina Africana, dal Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e dalle Regioni competenti portino al contenimento ed eradicazione del virus, e a tutti va l’invito a compiere un ulteriore sforzo per raggiungere al più presto questo fondamentale obiettivo" conclude Utini.

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Gioco responsabile, Fondazione FAIR presenta la sua ricerca...

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È stata presentata a Roma, a IGE-Italian Gaming Expo, nell’ambito della tavola rotonda “Un Nuovo Approccio al Gioco Responsabile" la prima ricerca condotta da Fondazione FAIR, la Fondazione per l’Ascolto, l’Innovazione e la Ricerca nata su iniziativa di Sisal per promuovere un nuovo approccio al Gioco Responsabile.

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Fondazione Fair: “Avere anche in Italia modello...

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L'obiettivo di identificare e studiare le migliori pratiche internazionali e valutare potenziali opportunità per il mercato italiano

Fondazione Fair:

La Fondazione Fair, nata recentemente su iniziativa di Sisal per promuovere un nuovo approccio al Gioco Responsabile basato su studi e ricerca, presenta oggi i risultati della sua prima ricerca in una tavola rotonda dal titolo 'Un Nuovo Approccio al Gioco Responsabile' nell'ambito di Ige – Italian Gaming Expo, in corso in questi giorni a Roma (18-19 aprile). Realizzata dalla società di consulenza Oc&c, la ricerca ha esaminato il panorama globale del mercato e gli strumenti del Gioco Responsabile, con l'obiettivo di identificare e studiare le migliori pratiche internazionali e valutare potenziali opportunità per il mercato italiano. (VIDEO)

Durante la presentazione Luigi Nicola Serravalle, Partner e Giorgio Crainz, Associate Partner di Oc&c, hanno illustrato i risultati dello studio che ha identificato le migliori pratiche internazionali nel campo del Gioco Responsabile. Quest'analisi ha evidenziato la mancanza in Italia di un modello unico e accessibile di ricerca e studio indipendente, comune e accessibile a tutti, considerando il panorama attuale come estremamente frammentato, caratterizzato da iniziative parziali e isolate. A commentare i risultati della ricerca sono intervenuti la Sen. Elena Murelli (Lega); l’On. Alessandro Cattaneo (Forza Italia) e l’On. Mauro Del Barba (Italia Viva).

“Come primo passo abbiamo sentito la necessità di colmare gli attuali divari conoscitivi nel campo del Gioco Responsabile per fornire dati e know-how condivisi” ha dichiarato Matteo Caroli, Presidente della Fondazione Fair. "In Italia non esistono Fondazioni indipendenti dedicate al Gioco Responsabile: con la Fondazione Fair vogliamo promuovere una cultura del gioco che metta al centro la prevenzione, nonché il rispetto e la tutela delle persone, attraverso lo sviluppo di filoni di ricerca scientifica, studi e ricerche. Abbiamo poi l’obiettivo di promuovere collaborazioni e attività di studio con soggetti terzi qualificati, adottando così un approccio multidisciplinare e aperto al confronto con tutti".

La partecipazione di Fair alla due giorni di Ige ribadisce l'impegno della Fondazione nel creare cultura e consapevolezza sul Gioco Responsabile, oltre a promuovere un dialogo costruttivo con istituzioni pubbliche, operatori del settore, e attori sociali riguardo all'ascolto, alla ricerca e all'innovazione nel campo del Gioco Responsabile. Domani, venerdì 19 aprile, la Fondazione Fair sarà di nuovo protagonista a Ige con un panel dal titolo “Gioco Responsabile, tra Innovazione Digitale e Intelligenza Artificiale”. Questo evento esaminerà l'intersezione tra innovazione digitale e intelligenza artificiale nel contesto del Gioco Responsabile, mettendo in luce le implicazioni etiche, le sfide regolamentari e le potenzialità per la protezione dei giocatori in un ambiente di gioco evoluto e consapevole.

A moderare ci sarà Daniele Chieffi, giornalista, reputation manager, docente, Ceo The Magician, Co-founder Ailyn e interverranno Maurizio Benzi, Head of Digital Strategy Casaleggio Associati; Stefano Mainetti, Co-direttore Osservatorio Cloud Transformation School of Management Politecnico Milano; Emanuela Girardi, presidente PopAi e Stefano De Vita, Direttore Generale Fondazione Fair.

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