Cultura
Isabella Valente: “numeri confermano successo di...
Isabella Valente: “numeri confermano successo di ‘Napoli Ottocento’ alle Scuderie del Quirinale”
Co-curatrice della mostra: "Polo d'attrazione di artisti provenienti da tutta Europa, soprattutto dal Nord e dalla Penisola Scandinava invaghiti della luce e del 'plein air''
I numeri non smentiscono il successo della mostra 'Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner' aperta a Roma alla Scuderie del Quirinale fino al 16 giugno che, ad una settimana dall'apertura, ha già totalizzato circa 7mila ingressi. A cura di Sylvain Bellenger con Jean-Loup Champion, Carmine Romano e Isabella Valente, l'esposizione vede riuniti 250 capolavori che 'fotografano' una Napoli colta, affascinante, capitale delle arti di quel 'secolo lungo' che prende le mosse dall'Illuminismo di fine Settecento e si estende fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
"Una Napoli al centro del mondo - spiega all'Adnkronos Isabella Valente - soprattutto dopo le scoperte di Pompei ed Ercolano, una città che sapeva dialogare con le grandi capitali europee. Da Parigi a Londra, dalla Germania alla Mitteleuropa, c'era insomma un ponte diretto tra Napoli e il vecchio continente". Alle Scuderie in mostra capolavori firmati Hansen, Scedrin, William Turner, Eduard Hildebrandt, John Singer Sargent, ma anche gli italianissimi Salvatore Fregola, Giuseppe De Nittis, Ercole e Giacinto Gigante che ritraggono il mare e la montagna, il folclore, il Vesuvio, vegetazioni lussureggianti.
"Una città che si era trasformata tra il 700 e l'800 in un polo di attrazione per tutti quegli artisti che provenivano soprattutto dal Nord Europa, dalla Penisola scandinava, ma anche dalla Francia, dall'Inghilterra, con la loro cultura visionaria, con i loro modo di intendere e concepire la pittura - continua Isabella Valente - Si invaghirono della città, ne furono letteralmente conquistati, le eruzioni del Vesuvio, la forza e la potenza della luce, che un critico scrisse 'poteva essere paragonata solo a quella dell'Africa mediterranea'. E poi la moda del plein-air. La grande rivoluzione della pittura 'all'aperto' parte prorio da Napoli".
Uno spaccato storico- artistico, ma anche una riflessione socio-politica per 'Napoli Ottocento'. "L'Unità d'Italia è storia - spiega ancora Isabella Valente - Indubbiamente in quegli anni Napoli ha perso il suo ruolo di capitale politica, ma ha rilanciato il suo ruolo di capitale della cultura. Per tutta la seconda metà dell'Ottocento è infatti al centro dell'universo scientifico e delle arti figurative, terza città d'Europa dopo Londra e Parigi". E nel capoluogo campano ha sede una delle più antiche università italiane, la prima scuola di lingue orientali in Europa fondata nel 1732 e il primo museo di mineralogia. Contribuì alla 'gloria' di Napoli anche la dinastia dei Borboni. "In particolare il primo, Carlo, sovrano illuminato - spiega la Valente - rilancia la città dal punto di vista delle scienze e delle arti. Quasi un secolo dopo cominciarono a cambiare i tempi, impossibile arrestare i mutamenti politici, gli aneliti libertari e risorgimentali che porteranno all'Unità del Paese".
Una mostra come spunto di riflessione sull'attualità politica del nostro Sud? "La questione meridionale, che si affacciò politicamente negli anni '60 dell'800, è ancora presente oggi - prosegue Isabella Valente - Importante il lavoro svolto dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano legato alla riscoperta e alla valorizzazione del patrimonio culturale del sud. E' quello che, del resto, facciamo anche noi studiosi e storici, riportiamo alla luce ciò che era stato dimenticato o ignorato. Una mostra sull'Ottocento napoletano non si realizzava dal 1997".
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‘Roma madre dell’Arte’, maison Bvlgari...
I 'futuristi' Balla e Depero, Dorazio e Perilli esponenti della corrente astrattista, Tano Festa 'simbolo' della Scuola di Piazza del Popolo. Sono alcuni dei 'protagonisti' della mostra aperta nella capitale nei saloni della boutique di via Condotti dello storico marchio realizzata in collaborazione con la galleria d’arte Futurism&Co. Un'esposizione -evento in programma fino al 26 aprile, nata per festeggiare il Natale di Roma (21 aprile).
Dai 'futuristi' Balla e Depero a Dorazio e Perilli esponenti della corrente astrattista, fino a Tano Festa 'simbolo' della Scuola di Piazza del Popolo accanto ad opere dei maggiori artisti del '900. Sono alcuni dei 'protagonisti' della Mostra 'Roma madre dell'Arte' aperta nella capitale nei saloni della boutique Bvlgari di via Condotti, realizzata in collaborazione con la galleria d’arte Futurism&Co. Un'esposizione -evento (si potrà visitare fino al 26 aprile) nata in occasione dei festeggiamenti per il Natale di Roma (21 aprile) per celebrare la capitale come culla delle arti.
"Bvlgari e Giacomo Balla hanno un legame particolare con la città eterna- si legge in una nota dello storico marchio - I tre millenni di arte e civiltà della città eterna sono stati per la maison una costante fonte di ispirazione per la creazione di gioielli straordinari. L’artista vi si trasferisce nel 1895, appena un anno dopo l’apertura della boutique Bvlgari in via Condotti 28, da parte del capostipite Sotirio. Il pittore si lascia ispirare sia dalla bellezza paesaggistica sia dall’avanguardia che si respira nella città nei primi anni del ‘900".
"Bvlgari e Balla possono essere considerati due veri pionieri - aggiunge ancora la nota - il gioielliere romano ha rivoluzionato la gioielleria con accostamenti audaci di colore e il pittore ha aperto la strada verso una moderna metodologia sperimentale del colore". Nel percorso espositivo all’interno della boutique il pubblico verrà rapito dalla bellezza delle sue opere 'Linee di velocità + cielo e rumore' veri e propri slanci rivolti al progresso e all’innovazione tipici del contesto romano dell’epoca.
Di Fortunato Depero in mostra 'Scomposizione + volumi di danza', opera -emblema di un aspetto rivoluzionario e innovatore tipico dei primi anni del ‘900. Interprete del moderno concetto di design e grande utilizzatore di colori audaci, Depero fu un artista poliedrico ed un profondo sperimentatore, la cui arte ha attraversato e influenzato una vasta gamma di discipline. Anche Bvlgari è considerato un pioniere nel mondo della gioielleria per l’utilizzo di tagli e colori di pietre, negli anni ha introdotto nuovi materiali e nuovi design, guardando al futuro ma celebrando al contempo la tradizione e avendo sempre come musa la città di Roma.
Infine Tano Festa, artista fortemente legato alla capitale, che conosce ed esalta in modo profondo e trasversale. Da questa intimità sviscerale nascono le sue opere più belle e iconiche come 'Paesaggio con maniglia' che ne è un esempio. Particolarmente attratto dal mistero e dalla molteplicità dietro la pura realtà degli oggetti dipinge con colori forti e accosta al dipinto una maniglia in metallo.
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Musa tv n. 16 del 17 aprile 2024
Torna a Roma fino al 12 maggio 2024 per la seconda edizione “I AM IO SONO” In occasione di Vinitaly è stata presentata “Sorsi d’Autore” Da 25 anni unisce Cultura, attualità, gusto e convivialità nella magica atmosfera delle Ville Venete
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Simone Viola: “Vi racconto mio nonno Scalfari...
Aneddoti, cazziatoni, risate e cocktail: il nipote del fondatore di "Repubblica" ha raccolto le testimonianze di chi ha vissuto a stretto contatto con lui
La gaffe di Christian De Sica sulla bigamia di una vita, la procace vicina di casa che sconvolgeva i viaggi in ascensore, le lunghe nuotate al Pellicano, le feste nella casa di Velletri il 14 luglio, i capodanni a casa di Bianchina Riccio, Luca Barbarossa che fa il menestrello, le canzoni al piano con Arbore, le governanti che sapevano a memoria le storie su Calvino, lui e il principe Caracciolo completamente sbronzi. In '100 volte Scalfari', in edicola allegato a 'Repubblica', ci sono decine di storie privatissime del fondatore, che per tutti resta ancora 'il Direttore'. Raccolte dal suo unico e adorato nipote, Simone Viola, 24 anni e un futuro da procuratore sportivo. "Non escludo il giornalismo, ma per ora l’ho praticato per caso", dice all’Adnkronos. Il nonno lo affascinava con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, il giovane Simone rispondeva con il calcio. "Ne capiva poco, anni fa pensava che Silvio Piola fosse alla Roma, quando era una bandiera della Lazio. Lo sport era l’unica materia in cui potevo giocarmela".
Nel libro, cento ricordi di altrettanti giornalisti, politici, attori, musicisti, collaboratori, amici, le definizioni di Scalfari vanno molto oltre l'ormai frusto soprannome 'Barbapapà': personaggio fiabesco, un attore, terribilmente simpatico, pronto all'immortalità come premio alla carriera, una leggenda, il massimo dello chic, conservatore sempre pronto a ricominciare, il solo capitano, "Voltaire, Pericle e Pannunzio in una sola barba". Secondo Roberto Benigni, "poteva parlare, con la stessa intensità, di De Mita e di Rilke, della Confindustria e dell’Illuminismo", e Simone Viola conferma: "In casa portava il personaggio pubblico, con le telefonate e le visite dei grandi della Storia, ma sapeva essere giocoso e molto affettuoso, allegro e scanzonato".
Amato e temuto sul lavoro, conquistava uomini e donne con fascino e mosse inaspettate, come quando si sdraiò a terra davanti a Paolo Guzzanti: per lasciare 'Repubblica' e andare al 'Corriere' doveva passare sul suo corpo (non lo fece).
Simone Viola nel 2011 si è trasferito a Parigi con la madre Donata, che era diventata corrispondente per il Tg5, e il padre Ettore, che lavorò come grafico a 'Repubblica' ed è nipote di Sandro, uno dei fondatori del giornale nel 1976. “Tornavamo spesso a Roma, e nella casa in campagna di Velletri. Per me il nonno aveva un affetto smisurato, ma in generale amava parlare con i giovani e capire come vedevano il mondo”, commenta con l’Adnkronos l’autore del libro, uscito nell’anno in cui Scalfari ne avrebbe compiuti 100. Vissuti fino all’ultimo con la stessa curiosità: “Quando invecchi non è che smetti di desiderare o desideri di meno, hai solo meno forze per realizzarli, tutti quei desideri”, diceva.
Non mancano le cronache della 'messa cantata', la mitica riunione di redazione, né i traumi per i bigliettini scritti da Scalfari e consegnati a chi prendeva buchi o faceva errori negli articoli. Si narrava che al terzo si era licenziati. In generale, tra un certo benevolo 'patriarcato' (copyright Concita De Gregorio) e i metodi bruschi, si capisce perché non potrebbe più esistere un giornale come la 'Repubblica' di Scalfari: al primo cazziatone, i ventenni di oggi correrebbero a denunciarlo alle Risorse Umane e si metterebbero in malattia per sei mesi. Invece gli ex discepoli rimpiangono certe sfuriate che valevano un master di giornalismo: “era una tecnica studiata per tenere sempre alta la nostra attenzione”, secondo Giorgio Dell’Arti.
Chissà cosa sarebbe successo se il progetto del grande gruppo editoriale europeo, con 'Le Monde', 'El Pais' e 'The Independent' fosse andato in porto. "Ne parlano Bernard Guetta e Marc Semo - spiega Viola - nonno aveva una passione per la Francia e per i suoi giornali. D’altronde me ne accorgevo persino io che ero un ragazzino: tra i miei compagni di medie e liceo francesi c’era un maggiore interesse – e partecipazione – per la politica. Lì i quotidiani hanno ancora un ruolo importante nella società, vengono distribuiti nelle università, e anche in termini di copie vendute l’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri Paesi europei".
Giuliano Amato spiega come nasce il suo soprannome, 'Dottor Sottile', negli anni in cui lavorava a stretto contatto con Bettino Craxi, decisamente non amato da Scalfari: "La definizione nasce di fronte alla necessità in cui lo ponevo di distinguere tra i suoi giudizi negativi (a cui non rinunciava) e quel che di positivo gli mettevo davanti, inducendolo tuttavia a far convivere le due cose l'una accanto all'altra".
Tra l'invidia (ricambiata) di Renzo Piano, i ricordi scritti da Ugo Intini ed Ernesto Assante - recentemente scomparsi - ecco l’amico adolescente di Simone Viola che assiste alla scena di una chiamata di Papa Francesco "come fosse lo zio Peppino che telefona a casa". Lo stretto rapporto tra Scalfari e Bergoglio è ormai noto, ed è stato anche oggetto di uno sketch di Maurizio Crozza ("L'ho fatto vedere a mio nonno, non ho mai capito se fosse divertito o contrariato", confida Viola), e nel libro è raccontato dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, dalla segretaria del Direttore e pure dalla loro corrispondenza, pubblicata integralmente: "Carissima Santità, ho ricevuto il suo graditissimo regalo per il mio compleanno. Lei sa quanto io Le sia affezionato. Mi cruccio di non poterla incontrare ma come sa, non esco più da casa. Le ricordo che il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi è per Lei e continuerà a essere così finché vivrò. Un fraterno abbraccio. Eugenio Scalfari".
(di Giorgio Rutelli)