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Sostenibilità

La transizione energetica accelera, Italia seconda in...

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La transizione energetica accelera, Italia seconda in Europa per numero di B-Corp

+41% di aziende certificate, boom nel Mezzogiorno

Transizione aziende - Canva

Nel 2023, il numero delle B Corp in Italia è aumentato del 41%, raggiungendo quota 266 aziende. Un’impennata che pone le aziende italiane al secondo posto in Europa per impegno verso la sostenibilità, a pari merito con l’Olanda. Al primo posto si conferma la Francia con 376 aziende certificate B Corp.

I dati incoraggianti per il Belpaese emergono dal report pubblicato da B Lab Italia, organizzazione non profit che coordina il movimento delle B Corp nel Paese.

L’indagine è stata rilasciata in concomitanza con il B Corp Month, un mese dedicato a una campagna globale che valorizza le aziende impegnate nel miglioramento del loro impatto ambientale, sociale e di governance. Quest’anno sono coinvolte nell’iniziativa oltre 8.000 aziende a livello mondiale, nella consapevolezza che le imprese hanno un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico.

I settori più certificati

Tra i diversi settori industriali, i beni manifatturieri emergono al primo posto con 82 aziende certificate come B Corp, seguiti dai servizi professionali e tecnici con 53 aziende, e dall’informazione, comunicazione e tecnologia con 31 imprese certificate.

Se si analizzano invece i settori che hanno registrato la maggiore crescita in termini di nuove B Corp certificate, il podio è popolato dai beni manifatturieri (B Corp il 64% delle aziende), dal commercio all’ingrosso (60%) e dall’area della salute e dell’assistenza sociale (50%). Questi dati riflettono un impegno crescente verso la sostenibilità e l’integrazione di criteri Esg nei diversi ambiti dell’attività economica.

L’analisi regionale

Ma come sono diffuse le B Corp lungo la penisola? Anche su questo fronte emerge il divario territoriale tra Nord e Sud: il 77% delle B Corp ha sede nel Nord Italia, ma la buona notizia è che il gap sta diminuendo. Nel 2023, infatti, le aziende certificate del Centro-Sud sono cresciute del 44%, rispetto al 41% delle regioni del settentrione.

A livello regionale, la Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di B Corp (95), seguita dall’Emilia-Romagna (39), dal Veneto (33) e dal Lazio (24).

L’Italia è un buon esempio

L’espansione delle B Corp nel Mezzogiorno evidenzia e consolida in linea la crescita del Belpaese: l’Italia continua a rappresentare un Paese particolarmente virtuoso in termini di innovazione verso la sostenibilità. Durante questo mese, marzo 2024, infatti, il movimento italiano delle B Corp è arrivato a contare 279 aziende (già +13 rispetto a dicembre 2023) che occupano oltre 25.000 persone in 74 settori, generando un fatturato che supera i 14 miliardi di euro.

Dati accolti con entusiasmo da Anna Puccio, Managing Director di B Lab Italia: “Siamo orgogliosi che l’Italia si confermi tra i Paesi europei più virtuosi e votati a impegnarsi sempre di più a favore di un impatto realmente positivo per l’ambiente, le persone e la comunità”.

Anna Puccio spiega come la sostenibilità sia anche un fattore culturale presente nelle imprese italiane:

“Non è un caso – dice la Managing Director – che, tra le aziende che si sono ricertificate nel 2023, il 55% abbia registrato punteggi più alti delle proprie performance ambientali, sociali e di governance rispetto alla precedente certificazione. Nel nostro Paese, più che altrove, vantiamo un tessuto imprenditoriale di piccole e medie imprese che nel proprio DNA nutrono una visione improntata alla sostenibilità, avvicinandosi ai valori e ai principi, anche operativi e organizzativi, del movimento delle B Corp”.

Made green in Italy

In quest’ottica si inserisce lo schema “Made Green in Italy”, una certificazione che coniuga la dimensione delle prestazioni ambientali con la dimensione dei beni prodotti in Italia.

Lo schema nasce con la legge 221 del 2015 e si basa sulla metodologia europea Pef, realizzata per mettere ordine tra le iniziative volontarie nate negli anni per il calcolo dell’impronta ambientale, di cui considera 16 indicatori.

Lo schema Made Green in Italy è ad adesione volontaria e si può applicare a tutti i prodotti, quindi beni e servizi ma anche prodotti intermedi e semilavorati che hanno origine in Italia. Una direzione sostenibile che aumenta anche la competitività internazionale del Belpaese.

Le scelte dei consumatori

L’aumento delle aziende certificate B Corp incontra anche la sensibilità dei consumatori. Per il 71% degli italiani, inoltre, le scelte sostenibili porterebbero alle imprese non solo un ritorno di immagine ma anche un tangibile ritorno economico. Questo è emerso dall’indagine “Gli italiani, la sostenibilità e le imprese” (effettuata su un campione di 1.000 italiani maggiori di 18 anni), commissionata da FpS e presentata in occasione del lancio del progetto Sustrain, agenzia specializzata nell’accompagnare le imprese lungo il loro percorso di transizione sostenibile.

L’84% degli intervistati dichiara che sarebbe disposto a pagare di più rispetto per un prodotto che sia davvero più sostenibile rispetto ai concorrenti. Questo è vero soprattutto per gli alimentari freschi (62%), seguiti da infrastrutture domestiche, come riscaldamento, condizionamento, infissi (36%), prodotti per la salute (35%) e prodotti per la casa (35%).

Il progresso dell’Italia nelle certificazioni B Corp fa ben sperare per il futuro e dimostra, ancora una volta, che le aziende italiane possono fare la differenza nel contrastare i problemi che minacciano la società. Scelte costruttive, infatti, arrivano anche per contrastare la crisi demografica e le difficoltà degli italiani: sempre più imprese lungo la penisola stanno declinando il proprio welfare aziendale sulle nuove esigenze dei lavoratori.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del...

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del policy-making

Non c’è organizzazione, governo nazionale o locale che negli ultimi anni non abbia promesso di piantare degli alberi per combattere il riscaldamento globale. Gli esperti di The Nature Conservancy, ente non profit con sede ad Arlington, negli Stati Uniti, li mettono in guardia: non tutte queste iniziative contribuiscono al benessere del Pianeta. I progetti che non tengono conto dell’albedo, il potere riflettente di una superficie, rischiano di sovrastimare i loro effetti positivi del 20-80%. Lo riporta Agence France-Presse.

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Contrastare il cambiamento climatico è una priorità per gli...

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I dati del sondaggio Euronews-Ipsos

cambiamento climatico - storyblocks

Si avvicina la data delle elezioni europee, che in Italia si svolgeranno l’8 e il 9 giugno 2024, ma quali sono i temi più sentiti dagli elettori europei? Agire per contrastare il cambiamento climatico è una delle priorità per oltre la metà dei cittadini del Vecchio Continente. Per contro, meno di un terzo di essi ritiene che sinora l’UE abbia avuto un impatto positivo in difesa dell’ambiente. È quanto emerge dal primo sondaggio paneuropeo di questo genere svolto da Euronews e Ipsos su un campione di quasi 26 mila persone di 18 diversi Paesi. Dunque, se da un lato i cittadini sentono forte la necessità di dover fare qualcosa di concreto per limitare i danni degli eventi climatici sempre più disastrosi, dall’altro emergono non poche perplessità circa l’operato dell’UE in difesa dell’ambiente e delle persone.

I dati dei singoli Paesi

Contrastare il cambiamento climatico non è però sentito come una priorità allo stesso modo dai cittadini dei diversi Stati membri dell’UE. Sono soprattutto danesi (69% degli interpellati) portoghesi (67%) e svedesi (62%) a considerarlo come un tema centrale di cui dovrebbe occuparsi maggiormente il Governo centrale europeo. Al contrario, polacchi, cechi e finlandesi ritengono la questione non prioritaria: nel complesso solo il 34% del totale degli elettori di questi tre Paesi pensano sia un tema fondamentale. In particolare, in Polonia il 35% degli intervistati ritiene che la lotta al cambiamento climatico sia una questione secondaria. A livello di genere e fascia d’età, le donne europee sono più propense a pensare che le questioni inerenti al cambiamento climatico siano prioritarie, il 55% contro il 45% degli uomini. Il sondaggio sottolinea che, invece, l’età non rappresenta un elemento fondamentale nelle scelte dei cittadini europei, infatti, circa la metà di tutte le fasce ritiene la questione del clima prioritaria, circa un terzo la considera “solo” importante.

L’azione dell’UE in difesa dell’ambiente

Se da un lato le nuove direttive europee introdotte negli ultimi anni hanno portato notevoli cambiamenti anche mediante l’applicazione di misure drastiche per cercare di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, dall’altro la percezione dei cittadini sull’impatto di tali norme non è molto positiva. Solo il 32% degli elettori europei ritiene che l’UE abbia avuto effetti favorevoli sulla protezione dell’ambiente. Tra i cittadini che hanno un parere positivo circa l’operato del Governo europeo su tali temi vi sono al primo posto i rumeni (48%), seguiti dai portoghesi (47%) e dai finlandesi (45%). All’opposto, tra i più critici ci sono i francesi: il 39% di loro ritiene che Bruxelles abbia addirittura avuto un impatto negativo sul contrasto al cambiamento climatico. Molto critici anche gli olandesi, solo uno su quattro ha una visione positiva dell’azione ambientale dell’Unione. Proprio in Francia e Paesi Bassi, infatti, si sono di recente tenute grandi manifestazioni di protesta, specie degli agricoltori, contro il Green Deal che sarebbe la causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti comunitari a discapito di quelli extra UE.

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Sostenibilità

Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e...

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L’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” prosegue la sua attività di monitoraggio denunciando l’aumento di metano e Co2 nel mare

Mar Mediterraneo - - Canva

L’area del Mediterraneo è sempre più a rischio per l’aumento delle emissioni di Co2 e metano. Questo è quanto è emerso dal Report dell’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” che dal 2005 effettua costanti misure della concentrazione dei gas nel mare.

I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

Quali conseguenze

A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

A contribuire particolarmente a questo fenomeno, oltre i danni derivanti dall’attività umana, vi è El Nino, il fenomeno di surriscaldamento che negli ultimi due anni ha avvolto l’area dell’Europa Occidentale e non solo. Questi cambiamenti, però, non sono stati lenti e graduali, ma hanno visto un’accelerata nell’ultimo decennio. Sono proprio le concentrazioni di gas serra che hanno alimentato l’aumento delle temperature su terra e oceani, con conseguente innalzamento delle acque e scioglimento dei ghiacciai.

In altre parole, quello a cui stiamo assistendo è l’aumento del 50% delle concentrazioni di Co2 che hanno raggiunto 417,9 ppm nel 2022 a causa dell’uso di combustibili fossili, della deforestazione e dei cambiamenti nell’uso del suolo. Questo genera l’aumento delle temperature con eventi estremi come ondate di caldo, siccità, incendi, cicloni tropicali

Cosa fare?

In un panorama climatico destinato a peggiorare, le attività di monitoraggio e prevenzione assumono più che in altre occasioni, ruoli di rilevanza indispensabile. Proprio questo tipo di attività, infatti, consente di gestire tempestivamente catastrofi ambientali e danni a persone e oggetti materiali, come si è verificato nel Centro e Nord Italia nell’ultimo anno. I finanziamenti pubblici e privati, secondo gli scienziati internazionali, dovrebbero aumentare di almeno sette volte entro la fine del decennio per raggiungere gli obiettivi climatici imposti dai tavoli tecnici transnazionali.

Un ruolo cruciale, in tal senso, è giocato dalle energie rinnovabili che potrebbero ridurre di molto la produzione di Co2 e far sì che si possa abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Anche le città e aree urbane offrono significative opportunità di riduzione delle emissioni.

L’importanza della ricerca e del confronto

Per le sue specificità l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 2021 ha conferito all’Osservatorio Enea delle Madonie il riconoscimento ufficiale di stazione regionale, rappresentativa per tutta l’area del Mediterraneo centrale, nell’ambito del Global Atmosphere Watch (GAW), la rete mondiale per lo studio del clima globale.

A settembre 2024, grazie a questi dati e a quelli internazionali, l’Onu si riunirà per il Summit del Futuro per accelerare il rispetto degli impegni internazionali intensificando risorse e mezzi e adottare quindi misure volte a rispondere con tempestività alle sfide e alle opportunità emergenti. Il “Patto per il futuro” è atteso per la fine dell’anno.

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