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2023, dai comici russi al caso Giambruno: per la politica...

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2023, dai comici russi al caso Giambruno: per la politica un anno di polemiche

Tante, tantissime le querelle che hanno caratterizzato il primo anno di vita del governo Meloni e della maggioranza di centrodestra. Ma anche l'opposizione non si è fatta mancare nulla

Giambruno - (Fotogramma)

Dacci oggi la nostra polemica quotidiana. Tra risse verbali, botta e risposta in Aula e sui social, scherzi telefonici e scivoloni governativi, non si può dire che il 2023 della politica italiana sia stato noioso. Tante, tantissime le querelle che hanno caratterizzato il primo anno di vita del governo Meloni e della maggioranza di centrodestra. Ma anche l'opposizione non si è fatta mancare nulla.

La macchina del tempo ci riporta al 31 gennaio, quando nell'Aula di Montecitorio scoppia la prima grande bufera politica di questo pazzo 2023. Durante l'esame del progetto di legge per istituire la Commissione Antimafia, Giovanni Donzelli di Fratelli d'Italia prende la parola e attacca alcuni parlamentari del Pd per aver fatto visita in carcere ad Alfredo Cospito, detenuto al 41bis, citando conversazioni carpite tra l'anarchico e due esponenti di 'Ndrangheta e Camorra. Il vicepresidente del Copasir cita come fonte "documenti che sono presenti al Ministero della Giustizia". Poi il sottosegretario a Via Arenula Andrea Delmastro, collega di partito nonché coinquilino di Donzelli, rivela di aver fornito lui al deputato di Fdi le informazioni su Cospito riportate nell'intervento alla Camera. "Nulla di secretato", puntualizza Delmastro. Non la pensa così il Gup di Roma che rinvia il sottosegretario a giudizio con l'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio, nonostante la Procura avesse reiterato la richiesta di non luogo a procedere.

La vicenda avrà ricadute sul piano politico, oltre che su quello giudiziario. I dem si sentono offesi dalle parole di Donzelli ("il Pd dichiari se sta con lo Stato o con i mafiosi") e chiede la costituzione di un Giurì d'onore. La Commissione speciale presieduta dal pentastellato Sergio Costa si esprime a marzo, decretando che le affermazioni di Donzelli non hanno leso l'onorabilità dei deputati Pd. Ma la bagarre si placa solo in parte.

Con un balzo temporale arriviamo a pochi giorni fa, quando a invocare il Giurì d'onore - questa volta contro la premier Giorgia Meloni - è il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, adirato con la presidente del Consiglio per quanto dichiarato da lei in Aula alla Camera nella seduta del 12 dicembre. In merito al procedimento di ratifica del Mes, Meloni aveva accusato l'ex inquilino di Palazzo Chigi di aver dato il suo assenso "senza mandato parlamentare" e "un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solamente per gli affari correnti". Affermazioni "lesive della mia personale onorabilità", denuncia Conte, che prende carta e penna e scrive al presidente della Camera Lorenzo Fontana chiedendo una censura delle parole di Meloni.

Ma la strada del governo da gennaio a dicembre è lastricata di polemiche. Le prime dimissioni nell'esecutivo Meloni si registrano a febbraio con il tempestivo passo indietro della sottosegretaria di Fdi all'Università, Augusta Montaruli, dopo la condanna per le cosiddette "spese pazze" in Piemonte. La deputata si consolerà successivamente con la poltrona di vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai. Il drammatico naufragio al largo di Cutro nella notte tra il 25 e il 26 febbraio rappresenta uno dei momenti più difficili del governo Meloni, accusato di non aver fatto abbastanza per salvare i 94 migranti morti annegati. Sul banco degli 'imputati' finisce il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, di cui le opposizioni chiedono la 'testa'. La leader di Fdi blinda il titolare del Viminale, punta il dito contro Frontex ("da loro non è arrivata alcuna comunicazione di emergenza") e convoca un Cdm straordinario proprio a Cutro, dove sarà varata una ulteriore stretta anti-scafisti.

Nella galleria delle polemiche annata '23 un posto d'onore spetta al ministro dell'Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, finito sotto una pioggia di critiche per una serie di gaffe memorabili. Su tutte, il riferimento alla "sostituzione etnica" in un discorso durante un convegno della Cisal incentrato sul tema della denatalità - posizione messa in relazione, dagli esponenti dell'opposizione, con le teorie del suprematismo bianco - ma soprattutto il caso della "fermata speciale" a Ciampino del treno Frecciarossa sul quale il cognato della Meloni viaggiava a novembre, richiesta che rientrava secondo Lollobrigida nella "normale attività" del suo dicastero, come dirà in Aula lo stesso ministro replicando a un'interrogazione parlamentare.

Nel mirino delle opposizioni finisce un altro ministro di Fdi, la titolare del Turismo Daniela Santanchè, dopo il servizio di Report sulla gestione delle società Visibilia e Ki Group: della prima Santanchè è fondatrice, della seconda è stata socia. Per alcune di queste vicende, legate in particolare a Visibilia, la Procura di Milano apre un'indagine per falso in bilancio e bancarotta su Santanchè, la quale respinge al mittente tutte le accuse e intervenendo in Senato a luglio parla di "campagna d'odio" nei suoi confronti. Il romanzo sul burrascoso rapporto tra governo e magistratura si arricchisce di un nuovo, cruciale capitolo quando il 26 novembre in un'intervista al Corriere della Sera il ministro della Difesa Guido Crosetto lancia l'allarme sull'"opposizione giudiziaria", che a giudizio del co-fondatore di Fdi rappresenterebbe "l'unico grande pericolo" per l'esecutivo del centrodestra. Chiamato a riferire in Aula, Crosetto ribadisce le sue preoccupazioni "riguardo ad alcune tendenze" nella magistratura "che vedo emergere non in modo carbonaro ma in modo molto evidente".

Un piccolo passo indietro temporale ci riporta a ottobre, quando scoppia il caso di Iolanda Apostolico, giudice civile del tribunale di Catania 'rea' di non aver convalidato il trattenimento di un migrante nel Cpr, disapplicando così il decreto delegato del governo che prevedeva il pagamento di una cauzione di 5mila euro. In un post su Facebook Meloni si dice "basita" dalla sentenza, poi ci pensa il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini a mettere il carico da 90: il segretario della Lega prima rispolvera vecchi post social di Apostolico a sostegno della Ong Open Arms, poi pubblica un video del 2018 in cui si vede il magistrato partecipare a un corteo di protesta contro l'allora governo 'gialloverde' che stava impedendo lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti.

Ma l'elenco delle polemiche non si esaurisce certo qui. A marzo fanno discutere le esternazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa, che al podcast di Libero definisce Via Rasella "una pagina tutt'altro che nobile della Resistenza" perché "quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS". Si scatena un putiferio che costringe la seconda carica dello Stato a scusarsi. Passa qualche settimana e ad aprile, con la Festa della Liberazione alle porte, La Russa ci ricasca, affermando che "nella Costituzione non c'è l'antifascismo". Anche in questo caso le opposizioni insorgono e l'ex Alleanza nazionale deve rettificare. Alla 'collezione' si aggiungono le recenti riflessioni del Presidente del Senato sul ridimensionamento dei poteri del Capo dello Stato "non previsti dalla Carta". Lo schema è simile ai precedenti: lo scontro si infiamma e La Russa se la prende con chi ha frainteso il senso del suo ragionamento per "analfabetismo costituzionale".

A inizio novembre fa il giro del mondo l'audio dello scherzo telefonico organizzato da due comici russi, Vovan e Lexus, ai danni della premier Meloni. Nella conversazione - che risale al 18 settembre - i due buontemponi (accusati di essere vicini ai servizi segreti del Cremlino) si fingono il leader dell'Unione africana, mostrando tutte le falle del sistema di sicurezza della diplomazia italiana. La beffa manda su tutte le furie Meloni e ricopre di imbarazzo Palazzo Chigi: a rimetterci il posto è il capo dell'ufficio diplomatico, Francesco Maria Talò, che si assume la responsabilità di quanto accaduto facendo un passo indietro.

Come non citare, poi, la 'telenovela' tra Matteo Renzi e Carlo Calenda sfociata nello strappo tra i gruppi parlamentari di Italia Viva e Azione; o gli strali di Beppe Grillo contro Giulia Bongiorno, senatrice leghista e avvocato della ragazza che accusa il figlio del comico, Ciro, di violenza sessuale: "Fa comizietti davanti ai tribunali dove c'è una causa a porte chiuse", l'attacco del garante M5S, ospite di Fabio Fazio a 'Che tempo che fa'.

In diverse occasioni la segretaria del Pd, Elly Schlein, finisce al centro delle polemiche: per esempio, quando rivela di avvalersi delle consulenze di una armocromista per la scelta degli abiti da indossare e poi quando declina l'invito di Fratelli d'Italia alla festa di Atreju ("non avrei nulla di nero da mettermi..."). Ma la 'palma' di polemica dell'anno probabilmente va all'affaire Andrea Giambruno, ex compagno di Giorgia Meloni lasciato in 'mondovisione' via social dalla presidente del Consiglio dopo gli imbarazzanti fuorionda diffusi da 'Striscia la Notizia'. Una rottura chiacchierata quasi quanto quella tra Francesco Totti e Ilary Blasi.

(di Antonio Atte)

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Politica

Elezioni regionali Basilicata, Bardi fa il bis. Meloni...

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Il governatore rieletto con il 56,63%. Sconfitto il candidato del centrosinistra Marrese che si è fermato al 42,16%

Vito Bardi

Qualcuno l'ha ribattezzata l'Ohio italiana (l'azzurro Paolo Barelli dixit). Dopo l'Abruzzo, il centrodestra 'conferma' anche la Basilicata con Vito Bardi, voluto da Forza Italia, che guiderà la Regione per altri cinque anni.

Bardi è stato riconfermato con il 56,63%, pari a 153.088 voti. Mentre il candidato del centrosinistra Piero Marrese (Pd, Movimento 5 stelle, Basilicata casa comune, Basilicata unita, Avs-Europa verde-Sinistra italiana-Psi-La Basilicata possibile), ha ottenuto il 42,16%, pari a 113.979 voti. Il candidato Eustachio Follia (Volt) è all'1,21%, pari a 3.269 voti.

Il governatore uscente la spunta dunque per la seconda volta dopo le ultime elezioni del 2019 grazie sicuramente alla compattezza della coalizione e alla tenuta del suo 'buon governo' sul territorio, ma anche per merito di un centrosinistra litigioso, che ha bruciato più nomi nel nome del 'campo largo' prima di puntare al fotofinish su Piero Marrese dopo una estenuante trattativa tra Pd e Cinque stelle.

Anche il soccorso di Azione-Italia viva ha avuto tanta parte in questo bis. Con l'apporto dei voti dell'ex dem Marcello Pittella. A esultare è soprattutto Forza Italia con Antonio Tajani che supera nella Regione di gran lunga il 10 per cento e 'vede' realizzarsi il sogno del sorpasso sulla Lega (''Forza Italia cresce, non solo nei sondaggi anche nei risultati, a dimostrazione che non c'è alcuno scioglimento del partito'', un buon viatico per la partita decisiva delle europee ai fini della leadership del secondo partito del centrodestra, dietro Fdi di Giorgia Meloni.

''Ha vinto il candidato di Forza Italia, ha vinto il centrodestra unito, ha vinto il buon governo", scrive sui social il ministro degli Esteri in serata a spoglio ancora in corso (le operazione procedono a rilento) ufficializzando di fatto l'affermazione dell'ex generale della Gdf. ''E' la vittoria dell'intera coalizione, una vittoria chiara, siamo stati sempre uniti, penso che la Basilicata possa essere un modello di allargamento della coalizione al centro basato sulla condivisione dei programmi'', gongola Bardi nella conferenza stampa convocata dopo le 20.30 nel suo quartier generale all'hotel La Primula (stessa location scelta alle precedenti consultazioni per un puro fatto scaramantico, assicurano nell'entourage bardiano).

''Dedico la vittoria a mia moglie e a tutti i lucani'', assicura il neo presidente della Regione assediato da stampa e tv per poi promettere: ''Continueremo il cambiamento iniziato nel 2019, le priorità saranno le infrastrutture, la sanità e l'energia, voglio trasformare questa terra in un hub energetico di tutta la nazione''. Bardi è un fiume in piena, ringrazia alleati e avversari: ''Questo voto rappresenta un trend positivo per il centrodestra, sono molto contento di questa affermazione, voglio ringraziare tutti, mi ha fatto molto piacere la telefonata di congratulazioni di Marrese. Mi ha chiamato anche la Meloni, un grazie a Tajani, Salvini, Lupi, Rotondi, che sono venuti qui, un grazie a Calenda e Renzi'' per il loro sostegno.

Il neo governatore smorza pure le polemiche sulla sua residenza a Napoli che gli ha 'impedito' di votare per le regionali lucane: ''Io penso che la residenza non sia un problema se parliamo della mia presenza sul territorio, perché io sul territorio ci sono sempre. Ho il domicilio qui, vivo in Basilicata, i miei nonni erano lucani, i miei genitori erano lucani. Sono lucano da sei generazioni...''.

Dalla Lucania, dunque, il centrodestra ne esce rafforzato e diventa laboratorio politico per una sorta di rassemblement moderato al centro. E tutto lascia ben presagire per la sfida di Bruxelles. Esulta Meloni: ''Vittoria del centrodestra e di tutta la coalizione in Basilicata, i miei auguri di buon lavoro a Vito Bardi, alla giunta che si insedierà e ai consiglieri eletti. Avanti con impegno e determinazione". "Grande soddisfazione" arriva anche dalla Lega che parla di ''ennesimo largo successo del centrodestra unito".

La nuova composizione del Consiglio regionale, Chiorazzo e Pittella i più votati

Secondo i dati del Viminale, il presidente rieletto Vito Bardi avrà una maggioranza di 12 seggi: 4 Fratelli d'Italia (Carmine Cicala, Maddalena Fazzari, Cosimo Latronico, Michele Napoli); 3 Forza Italia (Gianuario Aliandro, Michele Casino, Francesco Cupparo); 2 Lega (Pasquale Pepe, Domenico Raffaele Tataranno); 2 Azione (Marcello Pittella, Nicola Massimo Morea); 1 Orgoglio Lucano (Mario Polese). Entra in Consiglio Piero Marrese, con il seggio in quota Pd a cui vanno tre consiglieri (gli altri due sono Roberto Cifarelli e Piero Lacorazza). Nell'opposizione, inoltre, scattano due seggi per il Movimento 5 stelle (Alessia Araneo, Viviana Verri), 2 Basilicata Casa comune (Angelo Chiorazzo, Giovanni Vizziello), 1 Avs-Si-Psi-Basilicata possibile (Antonio Bochicchio). I più suffragati sono stati Chiorazzo (7284 preferenze) e Marcello Pittella (7157). Non scattano seggi per Udc, La vera Basilicata (coalizione Bardi); Basilicata unita (coalizione Marrese) e Volt (lista a sostegno di Eustachio Follia, non eletto).

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Elezioni Basilicata, il tweet velenoso di Storace:...

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Il post una volta chiuse le urne per scegliere presidente della giunta regionale

Francesco Storace e Serena Bortone

"Effetto Bortone in Basilicata". E' il post velenoso pubblicato da Francesco Storace su X dopo la chiusura dei seggi per le elezioni regionali in Basilicata dove i cittadini sono andati alle urne per scegliere presidente della giunta regionale e per il rinnovo del Consiglio regionale.

Mentre lo spoglio è in corso, con un'affluenza definitiva al 49,80%, secondo i primi Instant Poll di Yoodata, realizzati su un campione rappresentativo di 2.020 elettori, il governatore uscente e candidato del centrodestra Vito Bardi (Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia, Udc, Azione, Orgoglio lucano, La vera Basilicata) è in testa con il 53-57%, seguito dal candidato del centrosinistra Piero Marrese (Pd, Movimento 5 Stelle, Basilicata casa comune, Basilicata unita, Avs-Europa verde-Sinistra italiana-Psi-La Basilicata possibile) al 41-45%.

Bortone e il caso Scurati

In questi giorni è montata la polemica sulla cancellazione del monologo sul 25 aprile dello scrittore Antonio Scurati dalla trasmissione 'Che sarà' su Raitre condotto da Serena Bortone che ha sollevato il caso. Da più parti si è parlato di censura da parte della Rai, ma ancora oggi viale Mazzini non solo ha fatto sapere che è in atto un'istruttoria. Il direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi, ha ribadito che "la narrazione di una Rai che censura è del tutto priva di fondamento".

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Centrodestra, Tajani: “Forza Nord segnale attenzione...

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L’associazione, interna a Forza Italia e fondata dall’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, nasce per dare “un segnale di attenzione” al Nord Italia

L’associazione Forza Nord, interna a Forza Italia e fondata dall’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, già leghista, nasce per dare “un segnale di attenzione” al Nord Italia. Lo sottolinea il segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, a Lussemburgo.

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