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Debito Usa, Biden: “Con accordo su tetto evitato collasso economico”

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"Nessuno ha ottenuto tutto quello che voleva, ma il popolo americano ha avuto quello di cui aveva bisogno", ha detto il presidente americano

“Era cruciale raggiungere un accordo” sul debito Usa e il via libera del Congresso “è una buona notizia per il popolo americano”. “Nessuno ha ottenuto tutto quello che voleva, ma il popolo americano ha avuto quello di cui aveva bisogno. Abbiamo evitato una crisi economica ed un collasso economico”. Così, nella notte, in una dichiarazione dallo Studio Ovale della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha commentato l’accordo sul debito approvato prima della Camera e poi dal Senato e che lui firmerà oggi.

Biden ha lodato lo speaker della Camera Kevin McCarthy, con cui nelle settimane scorse aveva avuto duri negoziati, conclusi con un’intesa nella notte tra sabato e domenica scorsi. “Lui e io e i nostri team siamo riusciti a metterci d’accordo e a portare a termine le cose – ha riconosciuto il presidente – Siamo stati diretti l’uno con l’altro, completamente onesti l’uno con l’altro, rispettosi l’uno dell’altro. Entrambe le parti hanno operato in buona fede, entrambe le parti hanno mantenuto la parola data”.

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Migranti, raid in Germania: arrestati trafficanti esseri umani

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Operazione in Bassa Sassonia, NordReno Westfalia, Assia, città-stato di Brema e Baviera

Blitz contro il traffico di migranti in Germania oggi, 26 settembre 2023. La polizia tedesca ha arrestato cinque trafficanti di esseri umani, sospettati di aver introdotto clandestinamente in Germania un centinaio di cittadini siriani. I raid sono scattati in cinque diversi Land, Bassa Sassonia, NordReno Westfalia, Assia, città-stato di Brema e Baviera. I cinque trafficanti sono cittadini siriani: ai loro connazionali hanno chiesto tra i tremila ed i settemila Euro per garantire l’ingresso clandestino nel paese.

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Ucraina, droni contro Odessa. Missili su città Zelensky

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Russia: "Respinti 4 attacchi con droni su regione Kursk". Gb: Flotta Mar Nero indebolita dopo attacchi ma ancora offensiva

Guerra Ucraina Russia, macerie dopo bombardamento - (Afp)


Nuovo attacco contro la città di origine del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Kryvyi Rih. A darne notizia è stato su Telegram il capo dell’amministrazione militare della città, Oleksandr Vilkul. Queste le ultime news sulla guerra Ucraina Russia di oggi martedì 26 settembre 2023. “Il nemico continua con le sue vili tattiche terrorizzanti contro le città pacifiche. Alle prime ore di oggi gli occupanti hanno attaccato Kryvyi Rih con un missile. Hanno colpito la sede di una delle imprese locali”. Non si registrano vittime o feriti.

Due feriti e danni alle infrastrutture portuali di Izmail, a Odessa. E’ il bilancio di un attacco con droni durato due ore e sferrato contro la città ucraina. “Per due ore i terroristi russi hanno attaccato la regione di Odessa con droni”, ha scritto il governatore della regione, Oleg Kiper, su Telegram. “La maggior parte dei droni è stata abbattuta”, ha aggiunto precisando però che le infrastrutture portuali del distretto di Izmail hanno riportato danni e due autisti di camion sono rimasti feriti”, uno dei quali in modo grave. Ad essere danneggiati un certo numero di depositi, circa 30 camion e sei furgoni.

La difesa aerea russa ha reso noto di aver respinto quattro attacchi “terroristici” con droni ucraini sulla regione di confine di Kursk. Secondo quanto comunicato in una nota dal ministero della Difesa, due droni sono stati distrutti intorno alle 22.30 ora locale di ieri e altri due circa un’ora e mezzo dopo. Già domenica la capitale regionale Kursk era stata attaccata con droni, uno dei quali avrebbe colpito l’edificio del servizio segreto interno russo (Fsb) e un altro una raffineria di petrolio, secondo quanto sostenuto dai media di Kiev.

I recenti attacchi alla flotta russa del Mar Nero, tra i quali quello missilistico in cui, secondo quanto riportato, è stato ucciso il suo leader, ne hanno ridotto forza e potenzialità, senza però privarla della capacità di svolgere i compiti che è chiamata ad assolvere in tempo di guerra. A scriverlo è il ministero della Difesa di Londra, che aggiorna su X il rapporto dell’intelligence britannica sulla situazione in Ucraina.

“La flotta russa del Mar Nero – vi si legge – ha subito una serie di gravi attacchi nelle ultime settimane, culminati in quelli sferrati contro il suo quartier generale il 20 e 22 settembre 2023. Questi attacchi sono stati più dannosi di quanto sia mai avvenuto finora e il danno fisico risulta grave, anche se localizzato. La flotta rimane quasi certamente in grado di svolgere le sue principali missioni in tempo di guerra, quali attacchi con missili da crociera e pattugliamenti di sicurezza locali”.

“È tuttavia probabile – si legge ancora nel rapporto – che sia ridotta la sua capacità di continuare ad ampliare i pattugliamenti di sicurezza regionali e di imporre il blocco di fatto dei porti ucraini. Probabilmente ha anche una capacità ridotta nel difendere le proprie risorse in porto. Nel Mar Nero è in corso una battaglia dinamica. Ciò probabilmente costringerà la Russia ad assumere un atteggiamento reattivo”, conclude il rapporto, sottolineando come i recenti attacchi sono serviti anche a minare l’influenza del Cremlino in uno dei porti su cui ha il controllo diretto in territorio occupato, Sebastopoli.

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Nagorno Karabakh, esplode deposito di carburante: 20 morti e centinaia di feriti

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Al momento dell'incidente molte persone erano in fila per fare benzina sul posto perché volevano andare in Armenia per fuggire dagli azeri

Militari in Nagorno Karabakh - (Afp)

E’ di almeno venti morti e circa 290 feriti il bilancio dell’esplosione di un deposito di carburante vicino Stepanakert, in Nagorno-Karabakh. A darne notizia è stato il ministero della Salute della regione.

Secondo quanto riportato da diverse fonti, al momento dell’esplosione – avvenuta nel sobborgo di Aykazov – vicino al serbatoio si trovavano molte persone in fila per fare benzina per lasciare la regione contesa, nel Caucaso meridionale, e andare in Armenia e fuggire dagli azeri.

Sono 13.350 gli sfollati in fuga dalla regione del Nagorno karabakh che hanno raggiunto il territorio armeno. Ad aggiornare le cifre è il governo di Erevan, impegnato nelle operazioni di registrazione delle persone in arrivo. Il governo – assicurano le autorità – fornirà un alloggio a tutti coloro che non hanno un posto dove vivere.

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Canada, onori a 98enne soldato ucraino: ma era schierato con i nazisti

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L'episodio, durante la visita di Zelensky, scatena polemiche

Yaroslav Hunka

Era stato salutato come “un eroe” che aveva combattuto per l’indipendenza ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale, con una standing ovation durante la visita al Parlamento di Ottawa di Volodymyr Zelensky la scorsa settimana. Ma poi è emerso che il 98enne Yaroslav Hunka in realtà aveva combattuto in una famigerata unità nazista, provocando un’ondata di polemiche e le immediate scuse del presidente del Parlamento, Anthony Rota.

Il politico canadese ha detto di “essere venuto a conoscenza solo in un secondo momento” della verità del passato di Hunka che aveva combattuto contro l’Unione Sovietica con la 14esima divisione Waffen delle SS, “un’unità militare nazista i cui crimini contro l’umanità durante l’Olocausto sono ben documentati”, riferisce l’associazione Friends of Simon Wiesenthal Center che si è dichiarata “profondamente shoccata” e “oltraggiata” dal riconoscimento conferito a Hunka in Parlamento.

Anche altre associazioni ebraiche canadesi hanno espresso il loro oltraggio e la loro protesta. Nel presentare le sue scuse, Rota si è assunto l’intera responsabilità dell’invito a Hunka, che risiede nel suo distretto elettorale, affermano che né Zelensky né il premier Justin Trudeau erano al corrente. “Io voglio scusarmi in modo particolare con le comunità ebraiche in Canada e nel mondo e accetto la piena responsabilità per le mie azioni”, ha detto.

L’ufficio di Trudeau ha fatto sapere che le scuse di Rota sono state accolte: “Era questa la cosa giusta da fare”, riferisce confermando che non era stato informato dell’invito, come la delegazione ucraina. La gaffe dei canadese è particolarmente grave anche perché la questione dei rapporti tra Ucraina e nazisti è usata dalla Russia come una delle principali giustificazioni dell’invasione tesa, ha affermato più volte Vladimir Putin, a ‘denazificare’ il Paese, rivolgendo accuse infondate di nazismo all’attuale governo di Kiev.

Mosca quindi non ha aspettato un attimo per dichiarare “rivoltante” lo spettacolo al Parlamento canadese: “Un’intera generazione è cresciuta in Canada non conoscendo i crimini di fascismo e nazismo e possiamo vede il nazismo che resuscita da tutte le parti, come per esempio in Ucraina”, ha detto il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.

Ancora più dura la reazione dell’ambasciatore russo in Canada, Oleg Stepanov, che ha affermato che l’invito all’anziano nazista al Parlamento non è stato un incidente e accusato il governo di Ottawa di essere “la personificazione del fascismo neoliberista”.

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Serbia-Kosovo, Crosetto: “Convivenza non facile ma imprescindibile”

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Il Ministro della Difesa: "Italia impegnata da anni a cercare di portare pace e sicurezza in questa regione e continuerà a fare la sua parte per favorire allentamento tensioni"

Scontro in Kosovo - (Afp)

Ieri mattina l’attacco di una banda armata criminale contro gli agenti di polizia del Kosovo a Banjska ha provocato la morte di un agente e il ferimento di altri due. Riaccendendo una tensione tra la comunità serba e kosovara mai davvero sopita. “Tutte le parti e le nazioni in campo, serbi e kosovari, militari e civili, devono impegnarsi per bloccare ogni focolaio di tensione nell’area” commenta il Ministro della Difesa Guido Crosetto, che all’Adnkronos spiega: “C’erano stati già degli scontri che, il 23 maggio scorso, avevano coinvolto 25 militari Kfor (Kosovo Force), di cui 11 italiani, che hanno riportato diverse ferite. Proprio per questo motivo, in particolare nella regione balcanica, le nostre direttive impongono alla missione Nato Kfor, attualmente a guida italiana, di essere sempre pronta a fronteggiare ogni possibile sviluppo della situazione”.

La forza Nato in Kosovo, a luglio scorso, ha avviato un’esercitazione militare nella parte occidentale del Paese. “Periodicamente le nostre Forze Armate, impegnate al di fuori dei confini nazionali e non solo in Kosovo – spiega Crosetto – svolgono esercitazioni necessarie a garantire la preparazione e l’addestramento dei nostri militari. Le attività di esercitazione devono ricalcare il più possibile le situazioni in cui potrebbero essere chiamati ad intervenire i nostri militari. Garantire un ambiente sicuro e protetto, nonché la libertà di movimento a tutte le comunità che vivono in Kosovo, è previsto dallo stesso mandato della Missione Kfor, che si fonda sulla Risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.

A novembre scorso, la visita in Kosovo e a Belgrado di Crosetto e del ministro degli Esteri Antonio Tajani sembrava aver aperto concreti spiragli di appianamento di una crisi ormai decennale. “L’Italia e la Comunità Internazionale sono costantemente impegnate per ripristinate il dialogo e, con la mediazione dell’Unione Europea, mirano alla normalizzazione delle relazioni tra Pristina e Belgrado – aggiunge – oltre che a soluzioni condivise per una convivenza pacifica, anche attraverso l’attuazione di quanto stabilito nei recenti accordi di Ohrid di aprile 2023. Continuiamo a lavorare per il dialogo e la pacifica convivenza tra le due comunità, quella serba e quella kosovara, un compito di certo non facile e delicato, ma per noi imprescindibile”.

“La missione Kfor ha un mandato chiaro in cui si riflettono gli interessi delle nazioni partecipanti e che si esaurirà solo quando sussisteranno condizioni tali da assicurare, in modo irreversibile, la sicurezza e la libertà di movimento di tutte le comunità del Kosovo – ricorda all’Adnkronos il Ministro della Difesa Guido Crosetto – In tale ottica, eventuali ulteriori ridimensionamenti e riconfigurazioni della missione saranno possibili esclusivamente in relazione al raggiungimento degli obiettivi e non a una agenda temporale prestabilita. Come dimostrato dall’operato della missione Kfor nell’intero 2023, una presenza militare credibile, numericamente commisurata alla situazione sul terreno ed equipaggiata per fronteggiare eventuali minacce, è comunque necessaria”.

E ribadisce: “Bisogna mettere in campo ogni azione di dialogo per abbassare le tensioni tra Kosovo e Serbia. È necessario uno sforzo corale da parte di tutti i Paesi dell’area in quanto si tratta di un quadrante strategico per la stabilità dell’Europa. L’Italia è impegnata da anni a cercare di portare pace e sicurezza in questa regione e continuerà a fare la sua parte per favorire un allentamento delle tensioni in Kosovo”.

“Le soluzioni che si potranno mettere in campo dovranno essere individuate soprattutto sul piano politico e basarsi, fondamentalmente, su un efficace dialogo tra Pristina e Belgrado. L’obiettivo che ci prefiggiamo – conclude Crosetto – è quello di assicurare le condizioni di stabilità che consentano ad entrambe le parti e alla Comunità Internazionale di individuare soluzioni condivise per una convivenza pacifica e uno sviluppo comune. L’Italia, questo Governo, il mio Ministero, la Difesa, come quello degli Esteri, lavorano, nella regione balcanica e altrove, per mantenere e consolidare i processi di pace”.

(di Silvia Mancinelli)

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Poletti (Odessa Journal): ”Grazie ai russi, hanno distrutto hotel ecomostro”

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Il commento sarcastico del direttore del giornale online: ''Ci hanno fatto un favore, tutta la città odiava quella struttura abbandonata da anni. L'attacco è stato forte, dal mio palazzo sono caduti per la prima volta dei calcinacci''

Poletti (Odessa Journal): ''Grazie ai russi, hanno distrutto hotel ecomostro''

Era ”un ecomostro” l’hotel di Odessa distrutto nella notte in un raid russo. Una struttura abbandonata ”che da anni doveva essere smantellata” e che ora non c’è più, ”i russi non volendolo ci hanno fatto un regalo”. E’ il commento sarcastico di Ugo Poletti, direttore del giornale online in lingua inglese ‘The Odessa Journal’, che ad Adnkronos afferma che ”da cittadino di Odessa dico che era da anni che si aspettava di demolirlo. Tutta la città di Odessa odiava quel palazzo tanto grande che si vedeva dagli aerei e i russi ci hanno dato una mano a distruggerlo”.

Non ha ragione di esistere, afferma Poletti, l’accusa russa secondo la quale nell’hotel ci fossero armi. ”I russi cercavano un obiettivo che fosse mediaticamente clamoroso e le immagini del fuoco notturno sono notevoli, perché l’hotel aveva ancora mobilio e arredi che sono bruciati facendo grandi fiamme”, spiega l’imprenditore milanese. I russi, però, ”sosterranno che c’erano depositi di armi e munizioni, ma era inutile metterle lì perché la struttura non è accessibile e poco pratica”. Inoltre lì ”non c’era nessuno dei comandi ucraini”.

Poletti spiega quindi che ”l’Hotel Odessa, che era in cima al Molo delle Crociere, era stato costruito agli inizi degli anni Duemila per approfittare del settore delle crociere, che si pensava esplodesse, ma non è mai successo”. La struttura era quindi ”fallita, chiusa da dieci anni, in attesa di essere demolita”, d’altronde ”c’erano già diversi progetti per farlo” e l’attacco ”ha accelerato la procedura”.

Certo, commenta l’autore del saggio ‘Nel cuore di Odessa’ edito da Rizzoli, ”l’attacco della notte è stato forte, massiccio” e ”in anticipo rispetto al solito, hanno iniziato ad attaccare alle 23 e 30 mentre di solito lo fanno tra l’una e le due”. Poletti spiega che ”per la prima volta dal mio palazzo sono caduti calcinacci”, ma ”oggi dopo la paura notturna la città è tornata a vivere come sempre. La gente va al ristorante, al Teatro dell’opera si tengono i concerti”. Certo, la città piange le ”due persone che purtroppo sono morte nell’attacco al deposito di grano del porto” dove si ritiene fossero ”conservate mille tonnellate di grano”.

Nell’attacco, le forze armate russe hanno utilizzato ”19 droni kamikaze iraniani e 14 missili di cui 12 Onyx che sono quasi impossibili da intercettare”, tanto che ”due di questi sono andati a destinazione e hanno colpito il Molo delle crociere, il centro del porto commerciale che è completamente deserto ora”. Poletti spiega che questo molo ”era usato per far approdare le navi da crociera”.

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Infermiera killer in Inghilterra, nuovo processo

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L'accusa: tentò di uccidere un'altra bambina

Dovrà affrontare un nuovo processo l’infermiera britannica Lucy Letby, condannata all’ergastolo lo scorso 21 agosto perché riconosciuta colpevole di aver ucciso sette bambini e di aver tentato di ucciderne altri sei nel periodo in cui lavorava al Chester Hospital, tra giugno 2015 e giugno 2016. Lo ha comunicato il procuratore Nick Johnson del tribunale di Manchester. Letby, 33 anni, sarà processata il 10 giugno dell’anno prossimo con l’accusa di aver tentato di uccidere un’altra bambina nel febbraio del 2016 mentre lavorava nell’unità neonatale dell’ospedale. Gli avvocati di Letby hanno presentato ricorso contro la condanna all’ergastolo, ma non è ancora stata fissata una data.

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Migranti, ambasciatore Valensise: “Ragionare con Berlino, non contro”

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"Gli interessi, nel fondo, non sono divergenti. L'accoglienza indiscriminata e non regolata è una linea rossa per l'Italia come per la Germania".

Olaf Scholz - Afp

Sui migranti “Italia e Germania possono cercare di ragionare insieme, perché gli interessi, nel fondo, non sono divergenti. L’accoglienza indiscriminata e non regolata è una linea rossa per l’Italia come per la Germania”. A guardare avanti, invitando a ritrovare il filo del dialogo dopo le polemiche che hanno diviso Roma e Berlino nei giorni scorsi, è Michele Valensise, già ambasciatore d’Italia a Berlino e presidente di Villa Vigoni.

“La questione delle migrazioni e degli aiuti, in particolare alle vittime dei naufragi, è all’ordine del giorno in Germania da anni. Il provvedimento che ha suscitato le critiche da parte italiana non data oggi ma dall’autunno del 2022 e oggi viene attuato”, ricorda Valensise, sottolineando che “fa parte di una linea consolidata della politica tedesca, nella consapevolezza – anche da parte loro – che la quota di salvataggi operata dalle Ong è minima rispetto a quella operata dagli Stati”.

Come in Italia “anche in Germania – che si trova con due importanti elezioni regionali alle porte, in Assia e in Baviera e con la preoccupazione di tenere a freno le forze che soffiano sul fuoco, come l’Afd – la politica interna ha il suo rilievo”, fa poi notare il presidente del Centro italo-tedesco per il dialogo europeo, parlando con l’Adnkronos. “In Germania si sta sviluppando in quest’ultimo periodo un dibattito molto acceso sui limiti dell’accoglienza, con un sostanziale ripensamento sulla Willkommenskultur, la cultura dell’accoglienza. L’opinione pubblica e varie forze politiche, comprese quelle maggiormente portate alla solidarietà, come per esempio i Verdi, stanno ragionando sui possibili limiti da porre all’ingresso dei rifugiati”.

“In definitiva, i tedeschi hanno esigenze analoghe alle nostre e le polemiche bilaterali vanno inquadrate in questo contesto di sensibilità comune”, sottolinea poi l’ex segretario generale della Farnesina, ricordando come in Germania è diffusa la richiesta di distinguere con maggiore rigore tra chi va accolto perché perseguitato, e i rifugiati economici. “il confronto in atto è aspro, al punto che ieri il segretario generale della Fdp – il partito liberale al governo a Berlino con Spd ed ecologisti – ha detto che il partito dei Verdi costituirà un rischio di sicurezza per il paese se non modificherà la sua impostazione, considerata eccessivamente aperturista nei confronti dei rifugiati”.

“Ci sono preoccupazioni di tipo elettorale, ma anche consapevolezza del fatto che la Germania non ce la fa ad accogliere tutti. Solo dall’Ucraina è arrivato più di un milione di persone, oltre agli arrivi da Balcani, Afghanistan, Siria, Iraq – sottolinea Valensise. Insomma, dovrebbe esserci spazio per ragionare su misure concrete e possibilmente finalmente europee, non solo nazionali”.

Infine, fa notare il presidente di Villa Vigoni, c’è il problema delle migrazioni secondarie e il fatto che da parte tedesca si lamenti che siano troppo consistenti. “Occorre valutarle in maniera obiettiva. Giovedì il ministro degli Esteri Tajani sarà a Berlino: una buona occasione per il governo italiano per uno scambio di idee di sostanza con, non contro, i tedeschi, in particolare con Annalena Baerbock, importante personalità del partito verde. Tenendo appunto presente che per ragioni sia elettorali sia oggettive – di contenimento – i tedeschi hanno un problema analogo al nostro: non possono sopportare un’accoglienza indiscriminata”.

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Le mille avventure di Cirillo, oligarca italiano a Mosca: “Siamo diventati tutti pedine”

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Il primo italiano a ricevere la cittadinanza onoraria per decreto di Putin racconta, in un'intervista all'Adnkronos, la nuova vita dell'élite russa. A Mosca arrivano bufala dalla Campania, auto di lusso e vestiti firmati 'Made in Italy' ma le valute straniere sono yuan e rupia

Le mille avventure di Cirillo, oligarca italiano a Mosca:

Sciamano. Pilota di aereo e di elicottero. Esploratore polare. Armatore e velista. Rappresentante di mobili. Imprenditore. Cittadino russo onorario dal 2014, per decreto del Presidente Putin, “primo italiano, e tra i primi occidentali, ad avere questo onore”. Con “il chiodo fisso” di diventare “il nuovo Rastrelli, l’architetto italiano che costruì Pietroburgo”. La versione di Lanfranco Cirillo, nell’autobiografia dal titolo non veritiero “L’architetto di Putin”, appena pubblicata da edizioni Piemme, vuole che il palazzo di Gelendzhik, sul Mar Nero, non sia di proprietà del Presidente russo come aveva denunciato Aleksei Navalny all’inizio del 2021, nel documentario che porta a Cirillo la fama non desiderata della cronaca. La residenza “è di proprietà di una società a cui è stata ceduta dal gruppo” che aveva affidato al professionista italiano l’incarico “per la progettazione degli interni” di una “lussuosa foresteria destinata ad accogliere congressi e ospiti di riguardo anche stranieri”, spiega in una intervista all’Adnkronos.

Accusato in Italia di infedele dichiarazione dei redditi e autoriciclaggio, con un mandato di arresto internazionale nei suoi confronti, da un anno e mezzo non si muove da Mosca. Una città dove, racconta, malgrado le sanzioni nel menu dei ristoranti, continua a esserci la mozzarella di bufala arrivata in giornata dalla Campania o il branzino dall’Adriatico. Dove anche dopo l’inizio della guerra contro l’Ucraina sono rimaste la maggior parte delle aziende e i grandi marchi continuano a vendere. “Non è cambiata neanche l’insegna del negozio, o la merce. Solo la proprietà”. Hanno chiuso o ceduto, ma “piano piano”, solo grandi realtà come Enel Russia.

“La merce viaggia, via Turchia. I camion continuano a partire dall’Italia, verso la Lituania, come prima”. Il grande cambiamento è che oramai le valute dei Paesi non amici, il dollaro e l’euro sono introvabili. Le transazioni avvengono in rupie, yuan, rial iraniano. Sono rimasti più del 90 per cento degli italiani. “Fra loro c’è la grande consapevolezza che il mondo sta cambiando e il sentimento che quello che viene raccontato non sia quello che si vive qui”, spiega.

Cirillo è stato architetto da tremila dollari l’ora per i nuovi ricchi di epoca post sovietica, una classe che ha visto nascere, che ha seguito negli anni e che ha conosciuto intimamente. Per seguire i progetti delle loro case aveva fondato una azienda, anzi una Masterskaja, officina del design cresciuta “in modo esponenziale”, in cui hanno lavorato decine di professionisti (marmisti, ingegneri, architetti, esperti di tende o di sanitari). Come sono cambiati gli oligarchi russi dopo l’inizio della guerra? “Il 90 per cento di loro sono stati colpiti da sanzioni, non possono più viaggiare” in Occidente, anche se poi le frontiere non sono sigillate e “il mondo è grande”: le loro nuove destinazioni sono le Maldive, gli Emirati, l’Estremo oriente, il Vietnam. Nell’ultimo anno, i gusti, gli interessi e l’economia “si sono spostati velocemente. Tutto è girato a 180 gradi, da ovest a est”.

Il bando ai viaggi in Occidente è però “una limitazione materiale molto importante”, soprattutto considerando che “il sogno di questi miliardari dall’inizio degli anni Duemila era quello di essere accettati dalla comunità internazionale, non come parvenu, ma come classe europea”. Non c’è più “l’ostentazione di prima. I loro gusti sono molto meno eccentrici, sono più sobri, più moderni”.

E per dare un’idea dell’andamento dell’economia, Cirillo, proprietario anche di 10mila metri quadri di uffici nel complesso di Moscow City, testimonia che “se prima gli affittuari erano occidentali, ora al loro posto sono arrivati i cinesi, gli iraniani. I canoni di affitto rimangono da capitali europee. I piani alti viaggiano su 6-700 dollari al metro quadro l’anno, anche 800. Gli ultimi contratti che sto firmando valgono il dieci per cento in più rispetto al 2022 e gli uffici sono affittati al 95 per cento”.

L’architetto è stato artefice delle residenze di centinaia di russi, della casa del presidente della Lukoil, Vagit Alekperov – che parla di lui come di uno “sciamano”- della sua dacia e della casa del figlio, “di otto abitazioni in vari luoghi della Siberia, una casa in Crimea, che a quel tempo era ancora Ucraina”, del piano con gli uffici del presidente nella sede moscovita del gruppo. Poi, per il presidente di Novatec, di Alfa Bank e di Gazprom. Suoi i marmi e i decori della chiesa del monastero Sretenskij, davanti al palazzo della Lubjanka, la sede dei servizi segreti sovietici e poi di quelli russi, dove regna il Metropolita Tikhon, confessore di Putin e “amico fraterno” di Cirillo. Ha effettuato “qualche lavoro per il Cremlino” di Mosca, “anche se non come primo destinatario dell’appalto, ma semplicemente collaborando con una società jugoslava che aveva avuto l’incarico” e prima dell’arrivo di Putin. “Fornii una parte dei materiali per quel grande lavoro. Circa trent’anni fa. In seguito ho fatto lì altre piccole cose”, ammette.

L’architetto italiano ha anche restaurato il Museo Nazionale di Tamerlano a Tashkent, ha firmato progetti per il palazzo del Presidente uzbeko. Per decine di dacie alla Rublevka, il quartiere residenziale ed esclusivo alle porte di Mosca: “case magnifiche, improbabili, impensabili”. Dopo l’annessione alla Russia della Crimea del 2014, di nuove abitazioni, o della ristrutturazione di vecchi edifici a picco sul mare sul Mar Nero. Cirillo – “oligarca italiano a Mosca” – ha lavorato “per 44 miliardari russi della lista di Forbes. E per la moglie di uno di loro ha firmato un bagno da 1.372.000 dollari, “tutto in madreperla, onice e mobili a scomparsa foderati di marmo, vasca massiccia scavata nel marmo anch’essa, cristalli, tv e sistemi audio-video nascosti dietro gli specchi”. “Era bellissimo, certo. Ma la cosa mi faceva molto ridere e cominciai a prendermi in giro da solo: “Sono un architetto da cesso, dicevo”, ironizza.

Proprio dopo aver ristrutturato il Palazzo sul Mar Nero “non di Putin” ha acquistato 400 ettari di terreno nella regione di Krasnodar dove produce 5-600.000 bottiglie di vino l’anno, che ora vende in Russia e nei Paesi dell’Asia centrale. Bottiglie per supermercati di alta gamma e bottiglie più pregiate per i ristoranti. Non è stato l’unico. Molti russi, testimonia, hanno aperto aziende vitivinicole con enologi e botti italiane, sfruttando i finanziamenti a fondo perduto erogati dallo stato russo. E così, la produzione di vini russi è aumentata mentre diminuisce quella di prodotti italiani. La stessa cosa vale per il grano. Nel 2012 il Paese lo importava, e grazie ai finanziamenti del governo per l’agricoltura, “la Russia ora è indipendente a livello alimentare”.

La prima dacia su cui è stato chiamato a intervenire in Russia, nel 1993, non ancora laureato – dopo aver lasciato l’Università di Venezia, infastidito dal clima di contestazione, si laureerà a Mosca nel 1995 – è quella di Aleksandr generale del Kgb reduce dall’Afghanistan. E nel giro di poco tempo, nuovo ricco dopo nuovo ricco, porta “a Mosca anche 15 camion di merci a settimana”. “Tra il 1994 e il 1995 riuscivo a guadagnare qualcosa come 150 milioni di lire al mese solo con le provvigioni”. “Nei primi anni del Duemila mi ritrovai ad avere anche 20 cantieri aperti contemporaneamente, dai cinquanta ai cento operai per cantiere, e non ne lasciavo mai neanche uno senza la mia diretta supervisione”, evoca nell’autobiografia che ha scritto insieme alla giornalista Fiammetta Cucurnia.

“Nel 2005 c’erano oltre cento architetti che lavoravano nel mio studio. Oltre mille persone operavano nei miei cantieri. Avevamo diecimila metri quadrati di magazzino e non ci bastavano, c’erano 280 mezzi meccanici da trasporto tra camion, automobili, autobus, scavatrici, gru”.

I suoi committenti? Negli anni Novanta “cominciavano a disporre di patrimoni sempre più grandi a cui avevano avuto accesso attraverso percorsi tortuosi e spesso molto misteriosi. Così, più entravo nei circoli di questi Nuovi Russi, più ascoltavo le loro storie e più mi accorgevo che non erano mostri, ma solo persone che si erano trovate senza preavviso in quel mondo di mezzo e volevano cambiare la propria vita, in meglio. Un po’ come me”.

“Forse tutti loro, e anche io, siamo danni collaterali di questa guerra. La campagna antirussa e il rifiuto perfino della cultura russa, dal balletto alla musica alla letteratura, hanno cambiato il mondo. Siamo diventati tutti delle pedine da usare e gettare”, è la sua personale ricostruzione dell’attualità, ricostruzione infragilita da quello che definisce il “presunto avvelenamento” di Navalny – invece certificato da più governi occidentali e dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac).

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Esteri

Tank Abrams sono in Ucraina, Zelensky: “Grato ai nostri alleati”

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Potrebbero essere utilizzati per riconquistare il territorio controllato dai russi nelle regioni orientali e meridionali

Carri armati Abrams  - (Fotogramma)

Sono stati consegnati alle forze armate dell’Ucraina i primi dei 31 carri armati Abrams di fabbricazione statunitense promessi a Kiev. A confermarlo il presidente Volodymyr Zelensky. “Buone notizie dal ministro (della Difesa Rustem, ndr) Umerov. Gli ‘Abrams’ sono già in Ucraina e si preparano a rinforzare le nostre brigate”, ha scritto in un post su Telegram. “Sono grato ai nostri alleati per aver rispettato gli accordi! Cerchiamo nuovi contratti per ampliare la geografia delle forniture”, ha aggiunto.

La notizia era stata anticipata nei giorni scorsi dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante la visita di Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca. “La prossima settimana, saranno consegnati all’Ucraina i primi tank Us Abrams”, aveva annunciato, aggiungendo che è stato “approvata una nuova tranche di assistenza di sicurezza” da 325 milioni di dollari.

Non è chiaro il numero dei tank consegnati, ma funzionari americani citati dal New York Times hanno assicurato che nei prossimi mesi saranno forniti altri carri armati.

Gli Abrams potrebbero essere utilizzati per riconquistare il territorio controllato dai russi nelle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina, dove i combattimenti proseguono da mesi senza grandi progressi. Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina, ha avvertito che gli Abrams dovrebbero essere schierati “per operazioni molto specifiche e ben congegnate” altrimenti rischiano di essere distrutti. Se vengono semplicemente mandati in prima linea per cercare di sfondare le difese russe, ha detto la settimana scorsa il generale in un’intervista a un blog militare americano, “non sopravviveranno a lungo sul campo di battaglia”.

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