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Salute e Benessere

Kinsella e il cancro al cervello, cos’è il...

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Kinsella e il cancro al cervello, cos’è il glioblastoma che l’ha colpita

Sintomi e sopravvivenza del tumore che in Italia colpisce circa 1.500 persone ogni anno

Kinsella e il cancro al cervello, cos'è il glioblastoma che l'ha colpita

"Alla fine del 2022 mi è stato diagnosticato il glioblastoma, una forma di cancro al cervello aggressivo. Non l'ho condiviso prima perché volevo assicurarmi che i miei figli fossero in grado di ascoltare ed elaborare queste notizie nella privacy e adattarsi alla nostra 'nuova normalità'". Inizia così il racconto affidato ai social dalla scrittrice britannica Sophie Kinsella, che ha voluto rendere pubblica la sua malattia spiegando di essere stata presa in carico da un team dell'University College Hospital di Londra e di aver subito un intervento chirurgico che è andato bene. A seguire "radioterapia e chemioterapia, che è ancora in corso", ha aggiunto l'autrice di 'I Love Shopping'.

 

Che tipo di tumore è il glioblastoma

Il glioblastoma è il più comune dei tumori maligni del cervello e in Italia colpisce circa 1.500 persone ogni anno, riferisce l'Osservatorio malattie rare (Omar). Questa neoplasia si sviluppa a partire dalle cellule gliali, che svolgono importanti funzioni di sostegno e nutrizione delle cellule nervose, approfondisce una scheda pubblicata online sul sito dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano. Questo tumore può insorgere in qualsiasi parte del cervello "ed è generalmente caratterizzato da un rapido accrescimento e dalla capacità di infiltrare il tessuto circostante", si legge. Anche gli esperti dell'Istituto clinico Humanitas ne evidenziano l'aggressività. Nella 'famiglia' dei tumori gliali, fa parte della classe degli astrocitomi, che sono l'85% circa di tutti i gliomi dell'adulto. Nel mondo i nuovi casi ogni anno sono circa 40mila.

Quali sono i sintomi?

I sintomi del glioblastoma, elenca il San Raffaele, variano a seconda della posizione nel cervello: mal di testa; nausea; vomito; debolezza; difficoltà di equilibrio; problemi di vista o udito; difficoltà di memoria e di linguaggio; crisi epilettiche; cambiamenti di personalità. E' possibile inoltre che il glioblastoma esordisca in maniera simile ad un ictus, con un deficit neurologico improvviso, solitamente secondario al sanguinamento acuto della lesione. I fattori di rischio del glioblastoma includono l'età avanzata, l'esposizione a radiazioni ionizzanti, la presenza di determinate mutazioni geniche, la storia familiare di tumori cerebrali. Tuttavia, la maggior parte dei casi si verificano in assenza di fattori di rischio noti. Il sospetto di una lesione gliale di alto grado viene posto solitamente con la risonanza magnetica. La diagnosi è istologica e richiede un prelievo del tumore mediante un intervento neurochirurgico.

Trattamenti

La ricerca è al lavoro per migliorare i trattamenti disponibili per questo tumore. Attualmente il glioblastoma può essere affrontato con un triplice approccio: chirurgia per rimuovere il tumore, chemioterapia con temozolomide e radioterapia, spiega la Fondazione Veronesi, che aggiunge: "Ultimamente alcuni studi hanno dimostrato, in un sottogruppo di tumori, l'efficacia seppur parziale dell'immunoterapia. Strategie di cura che comunque non hanno mai migliorato sensibilmente il dato della sopravvivenza".

Questa è una malattia che colpisce prevalentemente le persone dopo i 50 anni. E purtroppo, nonostante le terapie, l'aspettativa di vita resta bassa. Ciò accade perché il glioblastoma presenta tassi di recidiva molto elevati. E quando il tumore si ripresenta è spesso resistente alle terapie. Gli scienziati puntano ad approfondire proprio a cosa è dovuta la scarsa risposta alle terapie che caratterizza molti casi, con l'obiettivo di arrivare a trattamenti più mirati e di allungare la sopravvivenza. E si lavora a terapie sperimentali, che è la missione anche di scienziati italiani attivi sia nel Belpaese che all'estero. Scienziati come Antonio Iavarone e Angelo Vescovi, che hanno all'attivo diverse pubblicazioni scientifiche al riguardo.

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Dengue e malaria, boom di casi: è colpa del clima, allarme...

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La previsione dal congresso europeo: "Malattie da zanzare minacceranno fino a 4,7 miliardi di persone in più entro il 2100"

Una zanzara - (Fotogramma)

"In un mondo sempre più caldo e popolato, le infezioni trasmesse dalle zanzare stanno diventando malattie globali", presenti anche in parti del pianeta che prima d'ora registravano al massimo casi di importazione. "Se le emissioni di carbonio e la crescita della popolazione continueranno ad aumentare ai ritmi attuali, entro il 2100 saranno a rischio di malaria e Dengue 4,7 miliardi di persone in più nel mondo". Lanciano l'allarme gli esperti che dal 27 al 30 aprile si riuniranno a Barcellona, in Spagna, per il Congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid). Il riscaldamento globale, avvertono, moltiplicherà anche la minaccia dell'antimicrobico-resistenza. Con un boom di superbatteri resistenti agli antibiotici.

Due studi 'in vetrina' al meeting Escmid spiegano come l'emergenza climate change è di fatto un'emergenza sanitaria. Il primo sarà presentato da Rachel Lowe dell'Icrea di Barcellona, l'Istituto catalano per la ricerca e gli studi avanzati. "La mappa geografica delle malattie trasmesse da vettori si è allargata rapidamente negli ultimi 80 anni, con oltre la metà della popolazione mondiale a rischio. Ma sotto la spinta del riscaldamento globale e dell'urbanizzazione - prospettano gli infettivologi - nei prossimi decenni le epidemie di patologie veicolate dalle zanzare sono destinate a diffondersi in aree di Europa, Asia, Nord America e Australia ancora non interessate da queste infezioni". Afferma Lowe: "La dura realtà è che stagioni calde più lunghe allargheranno la finestra temporale per la diffusione delle infezioni trasmesse dalle zanzare, favorendo epidemie sempre più frequenti e sempre più complesse da affrontare", specialmente in zone del pianeta con "abitanti immunologicamente indifesi e sistemi sanitari impreparati".

I dati

Gli esperti snocciolano dati. Dal 2000 in poi, ricordano, il mondo ha vissuto 9 dei 10 anni più 'caldi' per diffusione della Dengue: le zanzare vettrici del virus hanno invaso 13 Paesi europei, con focolai autoctoni registrati nel 2023 anche in Francia, Italia e Spagna. Negli ultimi 2 decenni il numero di casi di Dengue segnalati all'Organizzazione mondiale della sanità è aumentato di 8 volte, da 500mila nel 2000 a oltre 5 milioni nel 2019. Le proiezioni suggeriscono due scenari: "Se verrà raggiunto l'ambizioso obiettivo di contenere il riscaldamento globale a 1°C, entro il 2100, rispetto al periodo 1970-1999, nel mondo avremo 2,4 miliardi di persone in più a rischio di malaria e Dengue. Ma saranno il doppio, qualcosa come 4,7 miliardi, se le emissioni e la popolazione del pianeta continueranno a crescere seguendo i trend attuali".

Analizzando gli eventi climatici estremi nei Caraibi, Lowe ha scoperto che periodi di siccità, seguiti 4-5 mesi dopo da precipitazioni eccessive con temperature più calde del solito, aumentano la probabilità di epidemie di Dengue. "Gli eventi di El Niño", il fenomeno climatico periodico associato a un forte riscaldamento delle acque superficiali dell'Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale, "che si verificano ogni 2-7 anni - illustra la ricercatrice - rendono il clima più caldo e umido, predisponendo le condizioni ideali per epidemie di malattie portate dall'acqua e dalle zanzare, con il proliferare di specie Aedes aegypti e Aedes albopictus", la nostra 'tigre', "che diffondono i virus di Zika e Dengue". E' collegata a El Niño, ad esempio, la pandemia di Zika che ha colpito il Brasile nel 2015, con 1,5 milioni di persone contagiate. E i timori crescono considerando che "l'attuale El Niño è uno dei più forti mai registrati", un raro esempio di "super El Niño".

"Con il cambiamento climatico che sembra così difficile da gestire, possiamo aspettarci di vedere più casi, e forse più morti, per malattie come Dengue e malaria in tutta l'Europa continentale", prevede Lowe. "Dobbiamo anticipare le epidemie e intervenire tempestivamente per prevenirle", esorta. "Gli sforzi devono concentrarsi sul rafforzamento della sorveglianza, con sistemi di allarme rapido e di risposta in grado di indirizzare in modo più efficace le risorse a disposizione verso le aree più a rischio, per controllare e prevenire epidemie e salvare vite umane".

Incrociando previsioni meteorologiche e sorveglianza sugli insetti vettori, la scienza sta sviluppando dei metodi per prevedere quando e dove potrebbero verificarsi epidemie, così da poter concentrare in quelle aree gli interventi preventivi. Lowe guida uno di questi progetti: con l'aiuto di un potente supercomputer e di droni 'sguinzagliati' a caccia dei siti più remoti di riproduzione delle zanzare, l'obiettivo è anticipare epidemie in 12 Paesi. "Speriamo di dare alle comunità il tempo di prepararsi e proteggersi. Ma il modo più efficace per ridurre il rischio che queste patologie si diffondano in nuove zone - chiosa la ricercatrice - resta ridurre drasticamente le emissioni".

C'è anche un altra via attraverso cui l'emergenza climatica può impattare sulle malattie infettive. Passa dai superbug: "Il cambiamento climatico sta moltiplicando la minaccia causata dalla resistenza antimicrobica, amplificandone il rischio crescente attraverso l'aumento delle temperature globali, le emissioni di gas serra e l'innalzamento del livello del mare", sentenziano gli infettivologi in summit. Lo studio sul tema sarà presentato da Sabiha Essack dell'università di KwaZulu-Natal a Durban, Sud Africa.

"Il cambiamento climatico - descrive - compromette l'integrità ecologica e ambientale dei sistemi viventi e permette agli agenti patogeni di causare sempre più malattie". In sintesi, "con l'incremento delle temperature" associato al riscaldamento globale "i tassi di infezione batterica possono aumentare e le malattie possono diffondersi ad altitudini e latitudini più elevate, dove prima non colpivano". Qualche esempio: "L'aumento delle temperature nei sistemi idrici contribuisce a una migliore sopravvivenza di Campylobacter, Salmonella e Vibrio", specie batteriche "che causano patologie veicolate da acqua e alimenti". Ancora: "La Candida auris", il cosiddetto 'fungo killer' che spaventa anche in Italia, "ha acquisito tolleranza al calore e alla salinità negli ecosistemi delle zone umide. L'Escherichia coli e alcuni dei batteri Eskape" - acronimo che raggruppa Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa ed Enterobacter - già di per sé "crescono in modo ottimale a 32-36°C" e si sa che "possono sfuggire agli antibiotici".

"L'aumento delle temperature, dell'incidenza e della prevalenza di malattie infettive - osserva inoltre Essack - aumenterà l'uso dei farmaci antimicrobici e accrescerà di conseguenza la pressione selettiva che favorisce lo sviluppo di specie resistenti". Continua il ricercatore: "Il cambiamento climatico sta poi causando uno spostamento delle correnti oceaniche, e con esse si muoveranno anche i geni della resistenza antimicrobica. Pure le acque di zavorra delle navi sono un possibile veicolo di resistenza antimicrobica attraverso i mari". A preoccupare l'esperto sono soprattutto i vibrioni, batteri marini che causano infezioni in crescita come il colera: "Un incremento della temperatura superficiale del mare, dovuto al cambiamento climatico, può alterarne l'abbondanza, la distribuzione e i modelli di infezione". Insomma, "per far fronte a questa minaccia - ammonisce Essack - servono una leadership politica e un impegno inequivocabili, nuove strategie One Health basate sull'evidenza e interventi mirati da adattare ai contesti nazionali".

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Green pass, Ricciardi: “Il no dell’Italia è una...

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"'Dopo voto di ieri tagliati fuori da rete di sorveglianza, brutta pagina per salute pubblica"

Walter Ricciardi

"Considero molto grave quello che è successo ieri in Parlamento, con un voto che ha sancito come l'Italia sarà l'unico Paese che non aderisce alla rete globale di sorveglianza sanitaria, attraverso il no al cosiddetto Green pass dell'Organizzazione mondiale della sanità. In questo modo verrà tagliata fuori da tutti i meccanismi informativi di controllo. Questo ci isola notevolmente nei già non facili tentativi di sorveglianza e di prevenzione sanitaria" Lo spiega all'Adnkronos Salute Walter Ricciardi, docente di Igiene all'università Cattolica di Roma, in merito al via libera al decreto Pnrr che conteneva, tra le altre cose, anche la cancellazione della partecipazione del nostro Paese al sistema di certificazione sanitaria digitale che l'Oms sta costruendo.

Ricciardi sottolinea le connessioni che la sanità pubblica ha con il resto del mondo, ricordando le preoccupazioni legate ad esempio all'epidemia di aviaria in corso negli Stati Uniti. "Sembra che non abbiamo imparato niente dal Covid", aggiunge e ricorda anche come la sorveglianza sanitaria abbia un'importanza strategica anche sul piano economico. "Lo vediamo con quello che sta succedendo in questo momento a Parma, con la peste suina. Ora sono tutti allarmati, ma l'allarme era stato lanciato dagli addetti ai lavori settimane fa. Conseguenze? Tutte le esportazioni di prosciutto di Parma sono bloccate. Una catastrofe economica legata, purtroppo, alla mancata sorveglianza e prevenzione".

In quest'ottica "la decisione del Parlamento di ieri è stata una brutta pagina, per la scienza e per la sanità pubblica - afferma Ricciardi - perché di fatto siamo tagliati fuori da un sistema informativo globale in cui le epidemie e le pandemie, come stiamo vedendo, sono globali. E rimanere fuori significa isolarci e auto-condannarci a navigare senza la bussola dei collegamenti internazionali".

Ricciardi si sofferma anche su un altro tema: negli Usa tracce di virus aviario sono state trovate in campioni di latte pastorizzato. "Rappresentano un segnale da non sottovalutare", dice. Sul fronte dell'epidemia in corso negli allevamenti statunitensi, si registra infatti "una situazione preoccupante, peraltro in questo momento non gestita bene dalle autorità sanitarie americane che l'hanno sottovalutata, a detta di tutti gli scienziati americani".

"E' una situazione da tenere sotto controllo - continua Ricciardi - che segnala un rischio vero di spillover", il passaggio del patogeno da una specie all'altra con il pericolo di innescare una nuova pandemia. "Dobbiamo essere molto attenti a sorvegliare - sottolinea - e anche, come Paese, a tenerci agganciati al sistema di sorveglianza mondiale. Non aver aderito al cosiddetto 'Green pass globale' dell'Organizzazione mondiale della sanità, come ha sancito il voto al decreto Pnrr ieri Parlamento, non è - in questo contesto - una buona notizia per noi".

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Platinette testimonial di Alice per la prevenzione...

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Platinette testimonial di Alice per la prevenzione dell'ictus

"Era marzo 2023, mi trovavo a casa dove mi stavo preparando per un musical, quando non sono più riuscito ad articolare le parole. E' stato grazie alla prontezza della persona che era con me e alla tempestività dei soccorsi che ho potuto evitare conseguenze ancora più gravi". Mauro Coruzzi, in arte Platinette, ricorda così l'ictus che lo ha colpito un anno fa. "Affrontare e superare un evento traumatico come questo mi ha fatto sentire forte la necessità di dare il mio contributo" per sensibilizzare i cittadini su una malattia che ogni anno cambia la vita a circa 100mila persone solo nel nostro Paese. Il conduttore è il nuovo testimonial di Alice Italia Odv, Associazione italiana per la lotta all'ictus cerebrale, che annuncia la collaborazione nel mese di aprile, dedicato alla prevenzione della patologia.

"Ora posso dire di stare bene, sono autosufficiente, riesco a muovermi, faccio le scale, anche se lentamente. Ho lavorato e continuo a lavorare per recuperare al meglio l'uso della parola che per me, come per Andrea Vianello" presidente di Alice, "è uno strumento fondamentale", racconta Coruzzi che ha deciso di "sostenere, nel mio piccolo, questa associazione che da anni si impegna in campagne di informazione rivolte ai cittadini sulla conoscenza dell'ictus cerebrale, dei fattori di rischio che ne favoriscono l'insorgenza e su cosa fare se si riconoscono i sintomi". Perché, l'ictus cerebrale è una malattia strettamente tempo-dipendente: "Ogni minuto è fondamentale - avverte Alice - Più precocemente si interviene, migliori possono essere i risultati ottenuti grazie alle terapie disponibili".

Tenere sotto controllo fibrillazione atriale, pressione arteriosa, colesterolo e glicemia sono alcune delle prime regole per abbattere il rischio di ictus. Oltre a non fumare, non consumare alcolici in eccesso, non fare uso di droghe, svolgere un'attività fisica moderata e costante, seguire una dieta sana ed equilibrata, riducendo il sale negli alimenti e monitorando il proprio peso. "Modificare il proprio stile di vita, curando alcune patologie che ne possono essere causa - sottolinea Alice - significa effettuare una prevenzione attiva alla portata di tutti, mettendo in atto tutte le strategie necessarie per evitare l'ictus e le sue conseguenze".

Il presidente dell'associazione, 'basta tabù, bisogna parlarne senza paura né vergogna'

"Siamo estremamente grati a Mauro Coruzzi per la disponibilità a sostenere la nostra associazione nella sua costante lotta contro l'ictus cerebrale", dichiara Vianello. "La parola ictus spaventa molto - evidenzia - è ancora considerata tabù nonostante rappresenti, nel nostro Paese, la prima causa di disabilità e la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie".

"Io e Mauro siamo 'colleghi di ictus', condividiamo un percorso di guarigione lungo, faticoso e che spesso può risultare avvilente, ma siamo qui a portare la nostra esperienza, perché di ictus bisogna parlarne - esorta il presidente di Alice - senza paura e senza vergogna".

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