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Attacco Iran, l’esperto Litvak: “Israele ha...
Attacco Iran, l’esperto Litvak: “Israele ha paura di mostrarsi debole se non risponde”
Il professore dell'università di Tel Aviv: "Difficile capire come poter reagire senza innescare escalation su larga scala"
Israele ha paura di proiettare “un’immagine di debolezza” qualora decidesse di non rispondere all’attacco iraniano della scorsa notte, ma è difficile capire come poter reagire senza innescare “un’escalation su larga scala”. Meir Litvak, professore di storia del Medio Oriente all’università di Tel Aviv e grande esperto di Iran, risponde così all’Adnkronos mentre non è ancora chiaro cosa il governo di Benjamin Netanyau deciderà di fare, stretto dall’ala oltranzista del suo governo da una parte e degli Stati Uniti dall’altra.
L’escalation è inevitabile? “Non lo so – ammette Litvak, che nei giorni scorsi, dopo il raid israeliano contro il consolato iraniano a Damasco, aveva paventato il rischio di una situazione “fuori controllo” nel caso di una risposta forte da parte di Teheran - Dipende dalla rappresaglia di Israele e dalla risposta iraniana. Dipende anche dalle pressioni americane su Israele e dalle pressioni parallele sull'Iran affinché non provochi un’ulteriore escalation”.
La scorsa notte, sottolinea poi l’esperto, in un riferimento a quel 99% di droni e missili iraniani intercettati rivendicato dalle Idf insieme agli alleati, “Israele ha ottenuto un successo tattico e operativo”.
Ma, è la sua analisi, “dal punto di vista strategico, la nostra situazione nei confronti dell'Iran non è buona. Israele teme che la mancata risposta all'attacco possa proiettare debolezza, cosa molto problematica in Medio Oriente”. “Come reagire senza portare a un'escalation su larga scala è molto complicato”, chiosa Litvak.
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Israele Iran, la risposta di Tel Aviv a Teheran, colpita...
La tanto attesa risposta israeliana nei confronti di Teheran per gli oltre trecento missili e droni iraniani lanciati verso Israele sabato scorso si è consumata nella notte con un attacco che ha colpito una base aerea militare vicino alla città di Esfahan, nell'Iran centrale. La base ospita da tempo la flotta aerea iraniana di F-14 Tomcat di fabbricazione americana, acquistati prima della rivoluzione islamica del 1979.
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Biennale Arte, Arabia Saudita, il canto di battaglia delle...
Le voci di oltre mille donne saudite riunite dal'artista Manal AlDowayan per una serie di seminari organizzati a Khobar, Gedda e Riad e registrate per l'installazione multimediale "Shifting Sands: A Battle Song" è stata presentata al Padiglione dell'Arabia Saudita della 60/a Esposizione internazionale d'Arte della Biennale di Venezia che aprirà al pubblico da domani fino al 24 novembre.
"Un'espressione collettiva che sfida anche i pregiudizi sulle loro vite". Per Andare oltre "l'ossessione per la presenza o assenza del velo, per ciò che le donne possono o non possono fare, oltre a molteplici supposizioni sulle loro richieste e desideri mentre molto poco viene detto su come esse si identificano". Come ha sottolineato l'artista, il lavoro è ispirato "al ruolo in evoluzione delle donne nella sfera pubblica in Arbia Saudita e al viaggio che hanno intrapreso per definire lo spazio fisico in cui abitano e le narrazioni che storicamente le hanno definite".
Le loro voci sono cadenzate dal rumore della sabbia nel deserto, suono in arrivo in cuffia nel momento della registrazione che risuona nel Padiglione nazionale all'Arsenale, fra sagome imponenti di seta stampata a rappresentare rose del deserto, con incisi disegni e scritti delle partecipanti ai seminari o con testi di donne saudite estratti dai quotidiani locali e internazionali.
Attraverso i seminari, AlDowayan, "ha offerto alle donne e alle ragazze una piattaforma per far sentire la propria voce, sia individualmente che collettivamente", anche con il caratteristico "canto delle sabbie" del Rub al-Khali, il deserto in cui le dune mormorano e rombano allo spostarsi della sabbia", usato anche come metafora, con "il suono dei minuscoli granelli di sabbia che interagiscono fra loro che cresce fino a diventare un boato collettivo".
Scultura e suono quindi "raccontano una storia che trascende le culture e le geografie e rivendica una autonomia e una solidarietà fra le donne dell'Arabia Saudita che trova risonanza in tutto il mondo", sottolineano gli organizzatori della Mostra "Sussurra il deserto e si leva la voce" - questa è il titolo scelto n italiano - curata da Jessica Cerasi e Maya El Khalil, e l'assistente Shadin AlBulaihed.
L'Arabia Saudita partecipa alla Biennale Arte per la Quarta volta e per la terza volta il Padiglione nazionale espone opere di artiste donne.