Politica
Ucraina, Meloni condanna elezioni farsa Putin e gela...
Ucraina, Meloni condanna elezioni farsa Putin e gela Macron: “No invio truppe”
La premier: "Il sacrificio di Navalny non verrà dimenticato". L'assenza di Salvini diventa un caso: "Impegni al Mit"
Giorgia Meloni nell'Aula del Senato tenta di spegnere l'incendio divampato dopo le parole di Matteo Salvini sulle elezioni in Russia. La premier non la tocca piano, blinda la posizione del suo governo rivendicando quanto fatto dall'Italia per l'Ucraina e puntando il dito contro il verdetto delle urne arrivato da Mosca: "Ribadiamo la nostra condanna allo svolgimento di elezioni farsa in territori ucraini - mette in chiaro - e alle vicende e che hanno portato al decesso in carcere di Aleksei Navalny. Il suo sacrificio in nome della libertà non sarà dimenticato", dice tra gli applausi dell'emiciclo. Al suo fianco Antonio Tajani annuisce convinto. L'altro vicepremier però non siede sui banchi del governo: Salvini non c'è, e anche il ministro Giancarlo Giorgetti, seppur presente in Aula, diserta gli scranni dell'esecutivo e siede, solo, a pochi metri, salvo poi lasciare l'Aula al fianco della presidente del Consiglio.
"Salvini non c'era, immagino avrà avuto qualche impegno...", taglia corto il capogruppo leghista Massimiliano Romeo rispondendo ai cronisti, mentre le opposizioni pungono in Aula: "Ognuno ha il suo Orban", l'affondo, tra i tanti, del dem Filippo Sensi. A stretto giro di posta, una nota del Mit chiarisce che il leader della Lega era assente in Aula perché impegnato al ministero: dopo la mattinata a Palazzo Chigi per la cabina di regia sull'emergenza idrica, Salvini ha raggiunto Porta Pia per prendere parte a una serie di incontri e riunioni.
Ma a Palazzo Madama la sua assenza non passa inosservata, mentre in tanti si interrogano se la posizione ambigua sulla Russia possa spostare voti alle europee. Dove Meloni svela per la prima volta il suo obiettivo, puntando sotto quell'asticella del 30% che in tanti vedono a portata di mano: "Per me una vittoria sarebbe confermare i voti che mi hanno portato a Palazzo Chigi un anno e mezzo fa, e sarebbe cosa non facile: non accade spesso che dopo un anno e mezzo chi è il governo possa confermare quel consenso. Ma è sicuramente un obiettivo al quale punto", dice nell'intervista trasmessa ieri mattina da Agorà, su Rai3. Nel mirino c'è dunque quel 26% che l'ha condotta alla guida del Paese, che timona ormai da 17 mesi. Senza mai discostarsi dalla rotta del sostegno a Kiev, senza se e senza ma. Segnando tuttavia la distanza -ed è la prima volta che lo chiarisce in un'Aula del Parlamento - dalla proposta targata Emmanuel Macron sull'invio di truppe sul territorio ucraino.
"In questi giorni si è molto discusso di un intervento diretto, approfitto per ribadire, come fatto dal ministro Tajani, che la nostra posizione non è affatto favorevole, si rischia infatti una pericolosa escalation", mette in guardia la premier. Che subito incassa il placet della Lega: "Piena sintonia" con Salvini, rimarcano fonti Lega, riconoscendo responsabilità e buonsenso alle parole di Meloni. Si marcia a tratti distanti ma come un sol uomo quando è il Presidente francese da rimettere al suo posto, con la Lega pronta a 'bacchettare' l'Eliseo. E anche dalle file di Fdi si attacca a muso duro: il senatore Roberto Menia, intervenendo in Aula, arriva a parlare "di pruriti muscolari da parte di uno che di solito si dimostra piuttosto femmineo", subito richiamato a più miti parole da Pier Ferdinando Casini.
Che, insieme a quasi tutti gli altri parlamentari intervenuti in Aula, condanna il gesto di uno studente in visita con la sua scolaresca in Senato, reo di aver fatto con la mano il segno della pistola puntando dritto alla premier. Un gesto grave, tanto più nel giorno in cui cade l'anniversario dell'omicidio, per mano delle Br, del giuslavorista Marco Biagi, come verrà ricordato dalla stessa premier in Aula commentando l'accaduto che l'ha vista protagonista suo malgrado.
"Uniti su Kiev"
Ed è proprio nella replica alle osservazioni mosse dai senatori che Meloni risponde agli attacchi sulle presunte divisioni che animano la maggioranza sull'Ucraina, rinviando le accuse ai mittenti. E ricordando che, se c'è qualcuno che risulta diviso su Kiev, quella è proprio l'opposizione, a partire dai dem. Sul tema dell'Ucraina, rivendica, "questo governo ha dimostrato sempre la stessa posizione e coesione, qualche tentennamento sta da altre parti, il Pd si è per esempio astenuto sull'invio delle armi", punge. Senza dimenticare di tirare in ballo Giuseppe Conte: per lui "la soluzione - attacca Meloni - è che Zelensky indossi la cravatta: glielo dica a chi vede ogni giorno morire i suoi cittadini, ma certo Conte governava con la pochette...".
"Non sto qui a sopravvivere"
Alla vigilia di un Consiglio europeo che si preannuncia impegnativo, Meloni rivendica l'accordo targato al Cairo con la presidente Ursula Von der Leyen al suo fianco. E richiama anche le polemiche nate attorno al caso Regeni, che su quell'intesa tra Europa-Egitto dal valore di ben 7,4 miliardi di euro ha gettato più di un'ombra. "A differenza di quanto sostenuto da alcuni - rimarca -, non abbiamo interrotto, e non intendiamo interrompere, la ricerca della verità sul caso di Giulio Regeni, come dimostra il processo in corso in Italia, che il Governo segue con molta attenzione e rispetto al quale ci siamo costituiti parte civile".
Applausi dagli scranni della maggioranza, mentre le opposizioni rumoreggiano. E lo fanno ancor più quando la premier rivendica il lavoro portato avanti sull'emergenza migranti, con un cambio di passo che il suo governo, afferma a più riprese, ha impresso all'agenda europea.
Un'agenda a cui lei contribuisce, afferma, dialogando con tutti, contraria alla divisione -che rimprovera a chi l'ha preceduta- tra buoni e cattivi, "tra Paesi di serie A e B". Ed è con questo registro che risponde alle critiche sull'amicizia con Viktor Orban. "Trattare alcuni come condomini antipatici, come paria - rimprovera - finisce per indebolire l'Europa. Io dialogo con tutti ma faccio gli interessi del mio Paese". Rivendica il suo lavoro, Meloni, decisa ad andare avanti "finché avrò il consenso degli italiani", come ribadito nell'intervista ad Agorà. Ci sono solo due cose che potrebbero convincerla a mollare: la mancanza della "libertà di incidere" perché "non sto qua a sopravvivere", e la figlia Ginevra "se dovessi rendermi conto che lei sta pagando un prezzo troppo alto". E' una domanda che a volte mi faccio - confessa - ma lei è una bambina forte, intelligente e comprensiva, stiamo facendo del nostro meglio per non perderci in questa tempesta".
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Meloni in Libano, visita al contingente italiano a Shama
La premier ai militari: "La pace non si costruisce con le parole comodamente seduti in poltrona"
Giorgia Meloni in Libano ha fato visita al contingente italiano a Shama per esprimere, in vista delle festività pasquali, la vicinanza e gratitudine del governo. "l'Italia vi è grata, la pace non si costruisce con le parole comodamente seduti in poltrona", ha detto Meloni che ha sottolineato con la visita al confine sud con Israele l'impegno dell'Italia per evitare una escalation del conflitto".
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Rai, per il Cda giochi quasi chiusi: incertezza per Pd e Fdi
Si tratta anche su Dg e su un rimpasto di alcune direzioni aziendali. Intanto il bilancio chiude in pareggio e con un + 7% di pubblicità
Mentre su Camera e Senato piovono candidature molto eterogenee per aree culturali, formazione ed esperienze, comincia a profilarsi quella che potrebbe essere la composizione del nuovo Cda Rai. In attesa di sapere se il consigliere eletto dai dipendenti sarà di nuovo Davide Di Pietro, che comunque si ricandiderà, sono praticamente certi i due nomi che verranno indicati da Palazzo Chigi (attraverso l’azionista Mef) e che saranno destinati a diventare presidente (dopo il voto di una maggioranza qualificata della Vigilanza) e amministratore delegato, e che dovrebbero essere, rispettivamente, Simona Agnes e Giampaolo Rossi. Gli altri quattro consiglieri andranno eletti per metà dalla Camera e per metà dal Senato e saranno dunque necessariamente frutto di un accordo tra le forze politiche e dei partiti al loro interno. Su questo fronte vengono dati ormai per assodate la riconferma di Alessandro Di Majo (in quota 5 Stelle) e l'arrivo di Alessandro Casarin (in quota Lega).
Mentre, a quanto apprende l'Adnkrono rimangono delle incertezze sul fronte dei candidati vicini al Pd e a Fdi. I democratci sarebbero divisi tra l'ipotesi della scrittrice Chiara Valerio e dell'ex dirigente Rai Antonio Di Bella mentre Fdi sarebbe orientato su una candidata: negli ultimi giorni sono circolati con insistenza i nomi della vicedirettrice del 'Secolo d'Italia' Annalisa Terranova e dell'ex dg Rai Lorenza Lei ma nessuno dei due nomi avrebbe ancora ottenuto un'investitura ufficiale. Mentre la ricerca di una quota rosa avrebbe fatto tramontare la candidatura di un altro ex dirigente Rai, quella di Mauro Mazza.
D'altronde, come sempre nei ricambi al vertice Rai, la partita in corso va ben oltre la scelta dei consiglieri e di presidente e ad. Nella trattativa sul voto per eleggere i consiglieri e soprattutto sul voto della Vigilanza per il via libera al presidente (che deve ottenere un placet vincolante dei due terzi della commissione bicamerale) in ballo ci sarebbero anche le ambizioni delle diverse aree politiche su alcune direzioni, giornalistiche e non.
Intanto nella struttura di vertice ci sarà da scegliere anche un dg e pare che difficilmente sarà l'attuale ad Roberto Sergio, del quale si vocifera di un ritorno alla radiofonia, settore di cui ha mantenuto l'interim anche nell'ultimo anno da ad. Intanto i rumors di stampa accennano anche alla possibilità che i Cinque Stelle votino a favore della nomina alla presidenza di Simona Agnes a patto che gli venga assicurata una direzione giornalistica di una certa importanza. E quindi non è escluso che all'arrivo del nuovo vertice seguirà un 'rimpasto' di alcune direzione giornalistiche.
Il tutto mentre la presidente della commissione di Vigilanza, dalle colonne del 'Fatto', mette in guardia: “Dopo il via libera del Parlamento europeo al Media freedom act, la legittimità del prossimo Cda Rai sarà a rischio. Va approvata con urgenza una nuova legge sulla governance, che sottragga la tv pubblica al controllo della politica". Ma la strada appare ancora lunga.
Bilancio 2023 in pareggio, verso ticket Rossi-Sergio?
Intanto trapelano le prime notizie sul bilancio 2023 della Rai, che Viale Mazzini dovrebbe approvare nella seduta del 17 aprile, secondo quanto anticipato qualche settimana fa dall'ad Roberto Sergio. E sono notizie positive. L'indebitamento finanziario netto dell'azienda - a quanto apprende l'Adnkronos - si riduce di 90 milioni. E il bilancio si chiuderà in pareggio, con un risultato decisamente migliore di quello indicato nel bilancio previsionale che prevedeva una chiusura a -30 milioni. Ma non solo. C'è un altro dato indubbiamente positivo: la raccolta pubblicitaria nel primo trimestre 2024, che sta per chiudersi, fa segnare un +7% rispetto al primo trimestre 2023.
Risultati che, a viale Mazzini, vengono letti come una fortificazione dell'asse Sergio-Rossi facendo così risalire nei rumors di queste ore le quotazioni di un 'arrocco' tra i due in occasione del rinnovo del Cda Rai, con Rossi dato come amministratore delegato in pectore e Sergio che prenderebbe il suo posto come direttore generale. Insomma il ticket che era stato annunciato fin dallo scorso anno. Ma le indiscrezioni sulla Rai in queste settimane si rincorrono con un tourbillon di ipotesi. Se infatti dovesse esserci un colpo di scena, c'è una rosa di almeno altri quattro nomi come candidati alla futura direzione generale: Marco Brancadoro, Felice Ventura, Marcello Ciannamea e Angelo Mellone. E c'è anche chi paventa persino un possibile sdoppiamento della direzione generale, con le competenze divise sulle diverse aree aziendali.
Politica
Meloni in Libano: “Mondo in fiamme, evitare che...
Visita del presidente del Consiglio ai militari italiani a Shama: "Riconoscenza per l'impegno a tutela di pace e sicurezza". E sottolinea: "La pace è deterrenza e impegno"
"Sono giorni difficili in medio oriente, in Europa, intere aree del paese si sono improvvisamente incendiate, dobbiamo fare tutto quello che possiamo per evitare il rischio" di propagazione delle fiamme "e voi siete parte di quello che noi possiamo fare, siete il fossato, la barriera di sabbia che aiuta a non far progredire l'incendio". Lo ha detto Giorgia Meloni, in visita a Shama ai contingenti militari italiani. "Quando c'è un incendio il rischio è sempre lo stesso" è quello che le fiamme volino troppo velocemente da un albero all'altro e che alla fine l'incendio non si riesca a domare", ha sottolineato il premier.
"Pace non con belle parole, è soprattutto deterrenza"
Secondo Meloni "la pace non si costruisce con i buoni sentimenti e con le belle parole la pace è soprattutto deterrenza, impegno è sacrificio. Non può esserci pace se non c'è anche rispetto e il rispetto che l'Italia è riuscita a costruire in nazioni e territori come questi". E "buona parte del nome che noi abbiamo in contesti come questo è costruito dal lavoro che voi fate ogni giorno". "L'Italia - aggiunge il premier rivolta ai militari italiani- deve essere consapevole di quello che garantite con i vostri sacrifici, perché non vedete i vostri figli crescere, non ci siete durante le feste quando la famiglia si ritrova si riunisce. Non ci siede per i vostri amici. Non ci siete per le vostre i vostri fidanzati, le vostre mogli, i vostri mariti rinunciate a tutto e rinunciate a tutto per costruire e garantire quella pace della quale in tanti soprattutto in questo momento si riempiono la bocca comodamente seduti sul divano di casa loro".
"Grazie a nome Italia per scelta indossare divisa"
"Sono qui soprattutto a dire grazie, dire grazie a nome dell'Italia per aver scelto di indossare la divisa, grazie per aver capito che indossare quella divisa significa sapere usare la testa e il cuore, per aver accettato di venire fino a qui in Libano, da decenni pezzo fondamentale della missione Unifil, in una terra culla di tante civiltà, per un tempo modello di convivenza". "Il Libano -sottolinea- riveste un ruolo fondamentare nel medio-oriente, voi lo sapete bene".
"Il giorno di Pasqua io sarò con la mia famiglia e voi no. E allora anche per questo sono qui, perché se è vero che la patria è una madre ed è vero, allora qualsiasi madre che possa farlo, se ha un figlio lontano, quando arrivano le feste lo raggiunge per dirgli la tua famiglia c'è, la tua famiglia è fiera di te". "E sono molto contenta di avere l'occasione di pranzare con voi oggi come fanno tutte le famiglie -aggiunge- . Per ricordarci che noi siamo tutti legati indipendentemente da quale sia il nostro compito, indipendentemente da quale sia il nostro ruolo, indipendentemente da quale sia la nostra mansione. Noi operiamo tutti per il buon nome della nostra famiglia".