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Ucraina, Macron come Draghi? “Parigi non ha i mezzi...
Ucraina, Macron come Draghi? “Parigi non ha i mezzi per fare ‘whatever it takes'”
Il Financial Times definisce 'non plausibile' lo scenario proposto dal presidente francese di inviare truppe di terra in aiuto a Kiev
Emmanuel Macron ha tentato di creare un momento analogo a quello in cui Mario Draghi promise di fare 'whatever it takes' per salvare l'Euro durante la crisi finanziaria: "Faremo tutto il necessario per garantire che la Russia non vinca questa guerra", ha dichiarato al termine della Conferenza per l'Ucraina ospitata all'Eliseo. Convinto che l’Europa abbia fatto troppo poco e troppo tardi per aiutare l’Ucraina, e che le serva liberarsi da vincoli autoimposti e modificare le certezze di Mosca. Il problema per Macron è che, a differenza di Draghi, la Francia non ha i mezzi per fare “tutto il necessario” per proteggere l’Ucraina.
Così il Financial Times descrive la scelta di Macron di proporre uno scenario 'non plausibile', quello di non escludere l'invio di truppe di terra in Ucraina. La Francia - osserva - ha un esercito di medie dimensioni ed è l’unico paese dell’Ue dotato di armi nucleari ma le sue finanze pubbliche ristrette gli danno poca capacità di investire nella difesa a meno di non tagliare la spesa altrove.
Macron - continua il Ft - manca anche di coerenza. Per mesi, la Francia ha bloccato l’uso di fondi Ue per acquistare munizioni per l’Ucraina dall’esterno del blocco, sulla base del fatto che tale spesa non farebbe nulla per rilanciare l’industria della difesa europea. Solo lunedì Macron ha sostenuto un piano ceco che prevederebbe acquisti anche da paesi extra-UE. La Francia è stata anche criticata per aver fornito all’Ucraina meno armi rispetto ad altri alleati occidentali, come la Germania, i paesi nordici e il Regno Unito. Gli aiuti militari promessi all’Ucraina quest’anno sono meno della metà di quelli della Germania.
Macron è arrivato a considerare le ambizioni imperialiste di Putin come una minaccia esistenziale per l’Europa, non solo per l’Ucraina, prosegue Ft. Mosca è impegnata in una “guerra ibrida” contro la Francia, in particolare con attacchi informatici e campagne di disinformazione online, nonché tattiche di intimidazione in cielo e in mare, affermano i funzionari di Parigi. Il ministro della Difesa di Macron ha recentemente affermato che la Russia sta “testando nuove soglie in termini di aggressività” e ha minacciato di abbattere gli aerei francesi sul Mar Nero.
Siamo ben lontani dal febbraio 2022, quando Macron tenne negoziati disperati con Putin attorno ad un tavolo enorme al Cremlino. Anche dopo il sanguinoso attacco russo, il leader francese ha insistito sul fatto che la Russia non doveva “essere umiliata” e aveva bisogno di “garanzie” di sicurezza da parte dell’Occidente in cambio della pace. L’incessante aggressione della Russia contro l’Ucraina ha trasformato il pensiero di Macron che è arrivato a concepire l'idea dell’adesione - un giorno - dell’Ucraina alla Nato e ha lanciato un raro mea culpa ai paesi dell’Europa orientale dicendo che avevano ragione riguardo alla minaccia di Putin.
Ora - se per Macron il fatto di non escludere l’invio di truppe occidentali in Ucraina mira a ristabilire 'l’ambiguità strategica' e indurre la Russia a riconsiderare le sue certezze su un sostegno occidentale destinato a vacillare, l’episodio potrebbe aver messo in luce qualcosa di più preoccupante: gli alleati sono divisi su quanto lontano siano disposti a spingersi per aiutare l’Ucraina.
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Scholz in Cina, l’esperta tedesca: “Non ottiene...
"Durante la visita del Cancelliere tedesco Olaf Scholz in Cina non sono stati fatti passi avanti in nessuna area sostanziale di interesse europeo, né sull'Ucraina, né sulla pressante questione delle sovraccapacità cinesi che sfidano il mercato dell'Ue. Tuttavia, è emersa una dichiarazione congiunta sul dialogo e la collaborazione nel campo della guida automatizzata e dei veicoli connessi". Lo dice Janka Oertel, direttrice del Programma Asia di Ecfr, European Council on Foreign Relations.
"La dichiarazione congiunta mette a repentaglio gli sforzi in atto nell'UE per raggiungere una posizione collettiva sul nesso tra tecnologie verdi, dati e sicurezza nazionale. Arriva pochi giorni dopo il discorso della vicepresidente esecutiva della Commissione Vestager a Princeton, che ha chiesto una nuova iniziativa del G7 sui criteri di affidabilità per le tecnologie critiche in ambito "green", e sulla scia di intense discussioni oltreoceano. L'Advanced Notice on Proposed Rule-Making (ANPRM) del governo statunitense sull'aspetto della sicurezza nazionale dei veicoli connessi sta definendo il tono del prossimo approccio statunitense al tema", prosegue l'esperta.
"È un segnale irritante che la Germania sembra non essere in sintonia con i suoi partner e alleati quando si tratta dei rischi di cybersicurezza provenienti dalla Cina. La continua dipendenza dall'infrastruttura 5G è solo un esempio: i veicoli connessi sembrano essere il prossimo assolo. La dichiarazione sembra un ritorno di fiamma all'accordo No-Spy dell'era Obama nel 2015, che non ebbe molto successo, per non dire altro. Da allora le cose sono cambiate radicalmente, ma non in meglio. L'industria automobilistica tedesca ha interesse a facilitare il trasferimento dei dati dai veicoli connessi in Cina e c'è un sincero desiderio di trovare un terreno comune. Se questo sia effettivamente possibile è molto discutibile", conclude Oertel.
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Italia-Tunisia, Saied incontra Meloni: “Slancio...
"Volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici"
L'incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rappresentato "un'occasione attraverso la quale il presidente della Repubblica ha ribadito l'orgoglio della Tunisia per le sue forti relazioni storiche con l'Italia". Lo riferisce una nota della presidenza tunisina diffusa dopo l'incontro di oggi a Tunisi del presidente Kais Saied con la Meloni. Durante l'incontro, Saied ha sottolineato "la volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici".
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Biennale Arte, Bolivia: “Noi presenti per mettere in...
La Russia non partecipa, a Mosca è vivo l'incubo di una mostra del dissenso
La Russia non espone alla 60/a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, come già alla Mostra precedente, inaugurata due mesi dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina. Ma il padiglione aperto nel 1914 su progetto di Aleksei Shchusev, architetto dello zar poi alla corte di Stalin, non è rimasto chiuso, come lo era stato nel 2022, dopo che il curatore Raimundas Malasauskas e gli artisti Aleksandra Sukhareva e Kirill Savchenkov si erano dimessi in segno di protesta per "questa guerra politicamente e umanamente intollerabile".
Lo spazio restaurato di recente come "macchina teatrale per l'arte contemporanea", nelle intenzioni dello studio Kasa (Kovaleva&Sato Architecs) che ne ha curato l'opera, è stato ceduto alla Bolivia. La presenza del Paese sudamericano ai Giardini della Biennale "mette, per una volta, in discussione gerarchie che sembravano immutabili. Ci è consentito adesso di far sentire la nostra voce accanto a quelle nazioni che da sempre sono rappresentati su questo palco", spiegano i curatori della progetto "Qhip Nayra Uñtasis Sarnaqapxañani" (Andiamo avanti guardando al futuro passato) allestito per l'Esposizione Internazionale d'Arte che sarà aperta al pubblico da sabato al 24 novembre, nel "cuore" del luogo in cui hanno progettato e costruito i loro Padiglioni i Paesi che per primi hanno partecipato alla manifestazione, la grande maggioranza dei quali occidentali.
"La Russia che ci ha trattato come Paese amico e non come estraneo", si sottolinea, con riferimento al titolo scelto dal curatore della 60/a Esposizione, Adriano Pedrosa, "Foreigners Everywhere. Stranieri Ovunque". La partecipazione della Bolivia a questa Biennale "è l'occasione perfetta per celebrare la nostra diversità, la nostra plurinazionalità, in vista del bicentenario della fondazione del nostro Stato". Molti i russi presenti all'inaugurazione.
La Russia "ha creduto nell'importanza, nella qualità e nel contenuto del nostro progetto", precisano i curatori. Ma la decisione è stata sofferta. Lo scorso autunno, apprende l'Adnkronos, personalità del mondo dell'arte in Russia avevano indagato informalmente, con i loro contatti in Italia, nel tentativo di individuare un possibile progetto adeguato ai tempi con cui partecipare alla 60/a Esposizione.
Una situazione di zugzwang, ha riassunto con immagine scacchistica - posizione in cui qualsiasi mossa porta uno svantaggio - e una serie di eufemismi il quotidiano russo Kommersant: assegnare il padiglione "ad artisti contemporanei con posizione spesso non contemporanea in Russia", opzione pericolosa sia per i responsabili del progetto che per gli stessi partecipanti considerato il rischio di "estremismo" alle porte di ogni espressione, o ad artisti patriottici che avrebbero moltiplicato le critiche all'estero e creato terreno fertile per una ritorsione. Perché a Mosca, a leggere il quotidiano russo, sembra riemerso l'incubo associato alla Biennale del 1977 in cui ai padiglioni nazionali era stata affiancata l'arte del dissenso oltrecortina.
Il ministro della Cultura a Mosca ha comunicato agli organizzatori che il Paese non parteciperà alla 60/a Esposizione internazionale d'arte, ha quindi reso noto la Biennale in un comunicato dello scorso febbraio in cui si ricorda "che la chiusura del Padiglione della Russia alla 59/a Esposizione d'Arte 2022 è stata decisa dal Commissario e dal Curatore" nominati dallo stesso ministro e che "tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica italiana possono in totale autonomia" richiedere di partecipare ufficialmente" alla Esposizione.
La scelta dell'Estado Plurinacional de Bolivia, secondo la dizione ufficiale introdotta con la nuova Costituzione del 2009, che a sua volta ha aperto il padiglione ad artisti di altri Paesi sudamericani, corona sviluppi significativi delle relazioni bilaterali. Il Presidente Luis Arce è atteso a Mosca nei prossimi mesi. La Russia è stata ammessa, al fianco della Cina, allo sfruttamento degli enormi giacimenti di litio sulle Ande. Entro il prossimo anno sarà aperto un reattore di ricerca fornito dalla Russia a una altitudine di più di 4mila metri.
Con l'astensione sulla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del febbraio dello scorso anno, per la fine immediata della guerra e il ritiro delle forze russe dal territorio ucraino, e a quella del marzo del 2022, per la fine immediata delle operazioni militari di Mosca in Ucraina, La Paz ha risposto positivamente alla ricerca di Mosca di alleati nel Sud Globale del mondo, costrutto artificiale, quando si parla di politica, da contrapporre, nelle intenzioni della Russia, all'Occidente collettivo che la retorica del Cremlino identifica con il nemico alle spalle dell'Ucraina.
Così, la Bolivia è stata catapultata dall'Artspace4rent affittato nel 2022 a Cannaregio a uno dei padiglioni più in vista dei Giardini, con l'apertura sulla Laguna voluta originariamente da Shchusev e ripristinata dal restauro di Kasa, così come anche il verde dell'intonaco esterno in sintonia con gli alberi che circondano l'edificio. La macchina teatrale dell'arte ha funzionato: il multinazionalismo che caratterizzava l'Unione sovietica nei suoi primi anni di vita, tornato in voga nel discorso di Putin per tenere a bada lo scontento delle periferie etniche del Paese, ha trovato nell'Estado Plurinacional la soluzione all'impasse.
L'Esposizione Internazionale d'Arte "Stranieri Ovunque. Foreigners Everywhere" curata da Adriano Pedrosa sarà aperta al pubblico da sabato 20 aprile a domenica 24 novembre 2024 ai Giardini e all'Arsenale.