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Elezioni presidenziali in Russia, oggi terzo e ultimo giorno di voto
Il voto è destinato a garantire al presidente un altro mandato di 6 anni
Vladimir Putin ha vinto le elezioni presidenziali in Russia, conquistando il quinto mandato e con esso il diritto a guidare la Russia dal Cremlino per i prossimi sei anni. Lo ha indicato l'agenzia di stampa ufficiale Tass, precisando che dai dati ancora parziali dello scrutinio è certa la vittoria di Putin nelle consultazioni 2024 senza la necessità di un secondo turno. Quando è stato conteggiato il 60% delle schede, precisa la Commissione elettorale centrale, Putin è largamente in testa con l'87,2% dei consensi.
Secondo exit poll e dati ancora provvisori il secondo candidato a ricevere più voti è stato Nikolay Kharitonov, del Partito comunista, con il 4,7%. A seguire Vladislav Davankov, del Partito dei nuovi popolari, con il 3,6% e Leonid Slutsky, del partito Liberal democratico, con il 2,5%.
Nell'ultimo dei tre giorni di voto c'è stato un record di affluenza alle urne. Ha votato il 74,3% dei 112,3 milioni di aventi diritto. Lo riferiscono i media locali, ricordando che alle precedenti presidenziali nel 2018 aveva votato il 67,5%. Intanto la Commissione elettorale ha riferito che oltre otto milioni di voti, tra cui quello dello stesso presidente Putin, sono stati espressi online.
Navalnaya e Volkov
Vladimir Putin è "un assassino" e un "gangster", ha detto ai giornalisti davanti all'ambasciata russa a Berlino la leader dell'opposizione Yulia Navalnaya, vedova di Alexei Navalny.
"Le percentuali fake di Putin non hanno nulla a che fare con la realtà, ovviamente. Non vale la pena discuterne", ha commentato su Telegram il braccio destro del defunto dissidente russo, Leonid Volkov.
Mezzogiorno contro Putin, migliaia in fila ai seggi e oltre 70 arresti
Migliaia di persone in tutta la Russia, non solo a Mosca e San Pietroburgo, ma anche a Ekaterinburg, Voronezh, Irkutsk, Vladivostok, Novosibirk, si sono presentate ai seggi a mezzogiorno, aderendo all'appello lanciato da Yulia Navalnaya per protestare contro Putin. Sono state arrestate 74 persone in 17 città diverse del Paese, registra Ovd-Info.
Anche all'estero si sono formate lunghe code di fronte alle sedi diplomatiche russe in cui erano stati allestiti seggi: in particolare, a Vilnius a mezzogiorno almeno 700 persone erano in coda di fronte all'ambasciata russa. Navalnaya è apparsa di fronte all'ambasciata a Berlino, dove è stata accolta dagli abbracci di numerosi russi che avevano accolto il suo appello a votare a mezzogiorno.
Mosca: "Gli oppositori non ci hanno fermato"
Gli "oppositori" della Russia in Occidente non sono riusciti a interrompere le elezioni presidenziali russe all'estero e a scoraggiare i cittadini russi dall'esercitare i loro diritti, ha affermato in un briefing presso la Commissione elettorale centrale russa il vice ministro degli Esteri, Evgeny Ivanov.
"Possiamo affermare con sicurezza che i nostri oppositori non sono riusciti a indebolire le elezioni presidenziali russe tra i nostri cittadini all'estero e a scoraggiarli dall'esercitare il loro diritto costituzionale di scegliere la via dello sviluppo del nostro Paese", ha detto Ivanov, citato dall'agenzia Ria Novosti.
E il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, si è congratulato con i "nemici della Russia" per la vittoria di Putin alle elezioni presidenziali russe. "Ci congratuliamo con tutti i nemici della Russia per la vittoria brillante di Vladimir Putin alle elezioni presidenziali della Federazione Russa! E grazie ai nostri amici per il loro sostegno", ha scritto sul social X.
Zelensky
"È chiaro a tutti nel mondo che questa figura - come è accaduto spesso nella storia - è semplicemente malata di potere e sta facendo tutto il possibile per governare per sempre. Non c'è male che non commetterà per prolungare il suo potere". Lo ha detto il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, definendo Vladimir Putin un "dittatore" mentre dalla Russia arrivano i primi risultati delle elezioni presidenziali. Putin "ha paura di una sola cosa: la giustizia", ha aggiunto Zelensky, secondo cui "non c'è legittimità in questa imitazione delle elezioni".
Casa Bianca
Quelle in Russia sono state "ovviamente" elezioni "né libere né regolari" in quanto il presidente, Vladimir Putin, ha imprigionato i suoi oppositori e ha impedito ad altri di competere con lui, la reazione della Casa Bianca ai primi risultati delle presidenziali in Russia che indicano Putin nettamente avanti.
Cameron
Di elezioni in Russia "né libere né regolari" ha parlato il ministro degli Esteri britannico, David Cameron. In un post su X, il ministro ha denunciato "lo svolgimento illegale delle elezioni sul territorio ucraino", oltre alla "mancanza di scelta" per gli elettori e "l'assenza di un monitoraggio indipendente da parte dell'Osce".
Esteri
Russia, 2mila mercenari dal Nepal in guerra:...
Spinti a combattere dalla povertà, ora cercano disperatamente di tornare
Circa 2mila nepalesi sono stati reclutati dalla Russia per combattere nella guerra in Ucraina. Alcuni di loro, spinti dalla povertà e dalla promessa di stipendi da favola per i loro standard, hanno denunciato di aver subito un trattamento pessimo al fronte e ora cercano disperatamente di tornare a casa. Ganesh, 35 anni, è uno dei pochi ad esserci riuscito.
In un'intervista a Sky News ha dichiarato di aver combattuto quattro mesi e mezzo nel Donetsk e ha sostenuto che i nepalesi venissero "trattati come cani". Nel periodo al fronte, ha detto da Kathmandu, "siamo stati attaccati dai droni ed è stato terrificante".
L'uomo, che si dice sollevato ma traumatizzato dalla sua esperienza in prima linea, ha raccontato che all'inizio è stato portato nel centro di addestramento Avangard, un'accademia militare fuori Mosca, dove è rimasto per due settimane. Ganesh aveva già un'esperienza di 10 anni nell'esercito indiano, ma molti altri al suo fianco erano giovani e inesperti. Alcuni non avevano mai impugnato un'arma prima.
Finito l'addestramento, ha proseguito, c'è stato un cambiamento netto nel modo in cui venivano trattati i mercenari stranieri, che sono stati improvvisamente gettati nel conflitto. "Durante le prime due settimane di addestramento, la vita andava bene - ha affermato - Ma una volta mandati in Ucraina, non avevamo abbastanza cibo e siamo stati picchiati dai russi. È stato davvero brutto".
Il destino dei mercenari
Secondo Ganesh, i nepalesi erano considerati carne da cannone. "I soldati russi erano dietro di noi. In prima linea c'erano i mercenari", ha aggiunto, descrivendo come al fronte ci fossero criminali russi, nepalesi e indiani davanti all'esercito. Il mercenario ha visto tre nepalesi uccisi sul campo di battaglia, ma ha sentito parlare di molte altre vittime.
Ganesh ha quindi spiegato come è finito a combattere in Ucraina, dicendo che faceva fatica a trovare lavoro e quando è andato da un agente per un posto in Lussemburgo, quello gli ha suggerito di andare invece in Russia perché era "piena di opportunità".
Ganesh ha quindi dovuto chiedere un prestito e pagarsi un milione di rupie nepalesi (quasi 7mila euro) per viaggiare fino a Mosca via Dubai con un visto turistico. Lo stipendio medio mensile nepalese equivale a meno di 175 euro. Ma l'agente gli aveva promesso che ne avrebbe potuti guadagnare quasi 2mila se si fosse unito alla campagna del Cremlino. Una volta in Russia ha dovuto pagare un altro agente quasi mille euro solo per essere portato al campo di addestramento.
Sky precisa che la cifra di 2mila nepalesi reclutati dall'esercito russo si basa sulle testimonianze dei soldati di ritorno, nonché sui dati dell'immigrazione russa. Molti nepalesi hanno riferito di aver ricevuto visti per studenti o turisti per raggiungere la Russia e il governo di Kathmandu è stato costretto a intervenire dato che per i cittadini del Paese himalayano è illegale combattere per gli eserciti stranieri.
A gennaio il governo ha vietato ai suoi cittadini di recarsi in Russia o Ucraina per lavoro e ha chiesto a Mosca di rimpatriare tutti i nepalesi reclutati. Inoltre ha dichiarato 'guerra' agli agenti che favoriscono il reclutamento e l'ingresso in Russia, con la polizia che ha già arrestato 22 sospetti.
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Israele-Gaza, Cina in campo per mediare: incontro con Hamas
In missione un inviato di Pechino che ha visto Haniyeh
La Cina di Xi Jinping vuole farsi sempre più avanti come mediatore di pace. E' diventata sempre più esplicita nella sua opposizione alla guerra a Gaza. E ha anche sfruttato il conflitto come piattaforma per manifestare la sua solidarietà con il mondo arabo e il Sud Globale, sempre pronta a mostrarsi in opposizione agli Stati Uniti. Anche se non è chiaro quanto spazio abbia il gigante asiatico per giocare un ruolo forte nella regione. La Cnn legge così l'incontro di domenica scorsa in Qatar tra un diplomatico cinese e il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh.
L'incontro dell'inviato di Pechino con un leader di Hamas
E' la prima volta dall'inizio del conflitto a Gaza, che Pechino conferma un faccia a faccia di questo genere. Protagonista con il leader politico di Hamas, è stato Wang Kejian, diplomatico cinese che era già stato in Israele e in Cisgiordania, la prima missione del genere di un inviato di Pechino di cui si ha notizia dall'attacco del 7 ottobre in Israele e dall'inizio delle operazioni militari israeliane nell'enclave palestinese.
Haniyeh e Wang, ex ambasciatore in Libano, "hanno avuto uno scambio di vedute sul conflitto a Gaza e altre questioni", si è limitato a rendere noto stamani il ministero degli Esteri di Pechino. Presente all'incontro l'ambasciatore cinese in Qatar, Cao Xiaolin, evidenzia la Cnn sottolineando come Hamas affermi di aver avuto un incontro con Cao il mese scorso. Del faccia a faccia con Wang il gruppo ha fatto sapere che Haniyeh ha espresso apprezzamento per "il ruolo della Cina al Consiglio di Sicurezza, in seno alle Nazioni Unite e alla Corte internazionale di giustizia".
Haniyeh ha insistito sulla "necessità di fermare rapidamente l'aggressione e i massacri", sulla richiesta di ritiro delle forze israeliane da Gaza, ribandendo la volontà di "raggiungere gli obiettivi politici e le aspirazioni per la creazione di uno stato palestinese indipendente".
La strategia della Cina
Wang, evidenzia la Cnn, si trova nella regione almeno dal 10 marzo, quando ha incontrato interlocutori in Egitto, prima di spostarsi in Cisgiordania, poi in Israele e in Qatar. Un tour che non era stato annunciato da Pechino, che dopo l'attacco del 7 ottobre in Israele non aveva citato né condannato Hamas e che da allora ha denunciato il conflitto e sostenuto a gran voce la necessità di un cessate il fuoco immediato e di concretizzare la soluzione dei due stati.
In Cisgiordania, nei giorni scorsi, Wang ha incontrato il ministro degli Esteri dell'Autorità palestinese, Riyad al-Maliki. Pechino insiste sulla soluzione dei due Stati, una politica ripetuta da Pechino che però, come osserva la Cnn, non è chiaro quante possibilità abbia di giocare un ruolo forte a sostegno di uno stato palestinese indipendente e che critica Israele per le condizioni dei palestinesi mentre viene a sua volta messa sotto accusa per gli abusi dei diritti umani ai danni delle minoranze, in particolare nel Xinjiang (accuse sempre respinte dal gigante asiatico).
In Israele Wang ha visto funzionari del ministero degli Esteri, insistendo - sempre secondo i resoconti ufficiali degli incontri arrivati da Pechino - sulla priorità di un "cessate il fuoco completo, della fine della guerra, della garanzia di aiuti umanitari e protezione per i civili".
Dal 7 ottobre i funzionari cinesi, ricorda la Cnn, avevano avuto altri contatti con interlocutori israeliani e palestinesi, anche quando a novembre Pechino ha ospitato delegazioni di Arabia Saudita, Giordania, Egitto, Autorità nazionale palestinese e Indonesia. Ma, sebbene prima di Wang il Dragone avesse 'spedito' nella regione l'inviato speciale per il Medio Oriente Zhai Jun, non erano mai state confermate ufficialmente tappe nei Territori palestinesi o in Israele. Neanche quando a inizio anno era stato in Egitto per colloqui il capo della diplomazia cinese, Wang Yi.
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Raffinerie in fiamme, Kiev minaccia l’impero petrolifero...
Si sono moltiplicati nelle ultime settimane gli attacchi ucraini a depositi di carburante e raffinerie di petrolio russe. I blitz con droni hanno innescato una guerra del petrolio con ripercussioni sull’economia di Mosca.