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Mar Rosso, Rizzi (Ecfr): “Effetti ancora limitati, task force tampone ma non soluzione”

Il rischio principale per i porti italiani, che non è diverso rispetto ai principali paesi europei, spiega all'Adnkronos l'esperto di geo-economia dell'European Council on Foreign Relations, "è un perdurare della crisi" nel Mar Rosso

(Fotogramma)

La crisi nel Mar Rosso "in questo momento non ha ancora effetti pesantissimi" sull'economia globale ma se gli attacchi degli Houthi, la milizia filoiraniana dello Yemen, dovessero continuare per diversi mesi e se iniziassero a prendere di mira le navi che trasportano gas naturale liquefatto e petrolio che per ora sono stati risparmiati "inizierebbero problemi alla catena degli approvvigionamenti" e l'Europa sarebbe particolarmente colpita. Ad affermarlo all'Adnkronos è Alberto Rizzi, esperto di geo-economia dell'European Council on Foreign Relations (Ecfr) sottolineando che la task force anti-Houthi "è solo un tampone ma non è una soluzione alla crisi".

In questo momento, spiega Rizzi, "non stiamo avendo degli effetti pesantissimi derivanti da questi attacchi sia perché ci sono diversi fattori di mitigazione esterni a questa crisi sia perché il Canale di Suez - dove passa circa il 12% del commercio a livello globale - non è bloccato. Il traffico si è ridotto di un terzo e riguarda prevalentemente il traffico di navi portacontainer mentre le navi che trasportano gas e petrolio stanno continuando in larga parte, anche se con qualche eccezione, ad utilizzare questa rotta".

Per quanto riguarda le ripercussioni a livello economico, sottolinea Rizzi, "stiamo osservando un aumento dei costi dei noli dei container, di viaggi per quanto riguarda il costo del carburante e del personale e anche una forte crescita per quanto riguarda i costi delle assicurazioni per le navi sia per quelle che attraversano il Canale di Suez - che è la principale rotta che collega l'Europa all'Asia - ma a cascata vale anche per altre rotte".

Gli effetti della crisi "sono ancora limitati" per quanto riguarda la pressione inflazionistica o i prezzi del petrolio anche perché "questo primo trimestre tradizionalmente è quello più tranquillo per quanto riguarda il commercio marittimo ed è quello in cui è più facile che ci sia capacità e surplus". Secondo l'esperto dell'Ecfr, i prezzi del greggio "non stanno aumentando nonostante questi attacchi fondamentalmente perché nel 2024 la previsione è che la produzione dei paesi non Opec possa più che compensare il taglio di produzione" e "infine siamo in una fase in cui il rialzo dei tassi ha contribuito sicuramente alla frenata dell'inflazione ma anche ridotto la domanda in Europa e siamo in una fase di rallentamento della produzione industriale".

La riposta della comunità internazionale agli attacchi degli Houthi, spiega ancora Rizzi, "è una risposta limitata che può avere un effetto solo parziale: non si può proteggere completamente un mare così esteso come il Mar Rosso anche se può sembrare piccolo; la task force, come quella messa in atto nell'ambito dell'operazione Prosperity Guardian ha dei costi di gestione molto elevati e richiede un alto livello di coordinamento tra i partecipanti e soprattutto non è pensabile uno scenario a lungo termine in cui si abbatte un drone che costa 10 o 20 mila dollari con un missile che ne costa 1 milione" .

La risposta messa in campo finora, poi, osserva l'esperto dell'Ecfr, "non va ad affrontare le cause all'origine di questa crisi che sono legate ai comportamenti degli Houthi in relazione sia alla crisi di Gaza e alla guerra portata avanti da Israele e sia alle negoziazioni ancora in atto in Yemen per quanto riguarda un cessate il fuoco e degli accordi politici di più ampio spettro. E' solo un tampone la task force non è una soluzione alla crisi".

La fine del conflitto tra Israele e Hamas "potrebbe ridurre la spinta a questo tipo di comportamento" da parte dei ribelli dello Yemen "ma non sappiamo in questo momento se farebbe rientrare la crisi, gli stessi Houthi hanno i loro propri obiettivi, hanno una propria agenda legata allo Yemen e al loro ruolo poi come membri della galassia di attori su cui l'Iran fa affidamento e che non dipende strettamente dal contesto di Gaza". L'Iran, rileva Rizzi, al momento "non sembra intenzionato ad una escalation e ad un allargamento del conflitto anche se sicuramente gli interessa mantenere una minaccia costante sul fronte libanese e siriano. Tuttavia dipenderà anche dal comportamento israeliano e dagli altri attori presenti nell'area".

Chiaramente, osserva, "più navi militari incrociano nel Mar rosso, più la campagna di risposta israeliana si allarga e più ci saranno pressioni sull'Iran affinché intervenga in qualche modo. Dall'altro lato Teheran resta il principale canale che si può usare per contenere gli Houthi per cui occorre da un lato mantenere un canale aperto ed essere molti attenti dall'altro a fare in modo che la situazione non sfugga di mano".

Anche la Cina, come l'Europa, ha interesse a fare in modo che il flusso degli interscambi attraverso il Mar Rosso continui ma, osserva Rizzi, "la Cina è tradizionalmente ancora più cauta dell'Europa nell'utilizzare propri asset militari nonostante disponga di una base a Gibuti e punti ad aumentare la presenza nel Mare Rosso proprio per tutelare i suoi traffici commerciali. Pechino, quindi, può recitare un ruolo ma non la vedo particolarmente interessata o disposta a rischiare ad assumersi rischi in quest'area. Vuole mantenere buoni rapporti con tutti gli attori e questo vale per il conflitto a Gaza e per altre regioni".

Nelle ultime settimane anche nella zona intorno alla Somalia si sono registrati tensioni e nuovi attacchi. Con la crisi nel Mar Rosso, rileva Rizzi, "sicuramente passeranno più navi da quell'altra rotta e quindi i potenziali bersagli aumenteranno, al netto del fatto che al largo del Corno di Africa sono presenti diverse missioni internazionali ed europee che contribuiscono a limitare il rischio" pirateria. "C'è tuttavia il rischio di emulazione sia in Somalia che altrove per attaccare coli di bottiglia del commercio marittimo spinti da quello che fanno gli Houthi". In questo momento, tuttavia, "non vediamo un'esplosione di rischi del genere però rimangono significativi".

Insomma il 2024 "si preannuncia un anno che rischia di essere ben più complesso di quello che è appena passato che già è stato particolarmente critico. C'è il tema della disponibilità di risorse che possono essere destinate ad affrontare le varie crisi. Quella sul fronte orientale con la guerra in Ucraina per l'Europa è la principale crisi in questo momento e non è facile pensare di destinare altre risorse ad affrontare il tema del Mare rosso o ad altre aree. La questione delle priorità si porrà". Per l'Europa, comunque, la crisi nel Mar Rosso è un tema delicato "perché a differenza degli Usa che hanno una rotta Pacifica noi dipendiamo per quanto riguarda i nostri approvvigionamenti dall'Asia dipendiamo quasi esclusivamente dalla rotta di Suez".

Il rischio principale per i porti italiani, che non è diverso rispetto ai principali paesi europei, sottolinea ancora Rizzi, "è un perdurare della crisi" nel Mar Rosso. Invece, osserva l'esperto, "se dovesse durare diversi mesi rischiamo di avere una crisi sia da un lato per quanto riguarda la gestione dei carichi in arrivo che diventano sempre meno prevedibili sia dall'altro per i ritardi che fanno aumentare i prezzi per le nostre aziende. Per una paese trasformatore come l'Italia chiaramente questo tipo di rischio è più alto che per altri", aggiunge Rizzi.

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È Meghan l’erede di lady Diana? Cosa dice...

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Tom Quinn: "Davvero significativo che il nuovo brand della duchessa del Sussex sia stato annunciato nel giorno del premio dedicato alla suocera"

Lady D e Meghan  - Fotogramma

Meghan Markle "si considera 'l'erede' della principessa Diana". Lo dice al Mirror un esperto reale, riferendosi in particolare alla data dell'annuncio della sua iniziativa commerciale. La duchessa di Sussex ha infatti pubblicizzato su Instagram il suo nuovo marchio di lifestyle 'American Riviera Orchard' nello stesso giorno dell'evento in memoria di Lady D. 'Diana Legacy Award'. Secondo Tom Quinn, "è davvero significativo che il nuovo brand di Meghan sia stato annunciato nello stesso giorno del premio dedicato a Diana". La moglie di Harry "si è sempre considerata l'erede di Diana. Si considera sofferente a causa dei media, proprio come ritiene che abbia sofferto Diana, ma da questa parte dell'oceano ci sarà un'enorme quantità di critiche sul fatto che lei stia solo cercando di trarne profitto".

La nuova impresa commerciale di Meghan, della quale non è stato ancora ufficializzato il lancio, dovrebbe occuparsi della vendita di un'ampia varietà di prodotti, tra cui articoli per la casa, biancheria da tavola, stoviglie, marmellate. Dovrebbe anche avere una propria linea di cosmetici con il suo nuovo marchio ed espandersi a livello internazionale con una gamma di prodotti per la cura dei capelli, fragranze per la casa e cura degli animali domestici.

Fin dal giorno del suo annuncio, 'American Riviera Orchard' ha fatto registrare un boom di accessi e di iscrizioni e i fan sono impazziti per il video teaser rilasciato per svelare la nuova avventura della duchessa. Si stima che l'ex star di Suits potrebbe incassare profitti milionari fin dalla prima settimana di apertura del sito, ma, secondo Quinn, ci sarebbero comunque delle lamentele a Kensington Palace per la sua nuova impresa, mentre l'ex attrice "semplicemente non riesce a capire" perché fare soldi grazie ai suoi "agganci" sia disapprovato dal Palazzo.

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007 Kiev, a maggio nuova offensiva russa – Ascolta

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(Afp)

Al termine delle esercitazioni della Nato in Nord Europa, a maggio-giugno i russi tenteranno una nuova offensiva, è quanto afferma il presidente Zelensky riportando fonti di intelligence.

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Ucraina, ambasciatrice polacca a Roma: “Debolezza Ue...

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"La paura della Russia non è irrazionale, l'Europa aumenti le forniture a Kiev"

Ucraina, ambasciatrice polacca a Roma:

“La debolezza dell’Europa incoraggia Vladimir Putin a essere ancora più aggressivo, l’Ue aumenti le sue forniture di armi all’Ucraina”. In un’intervista all’Adnkronos, l’ambasciatrice polacca a Roma, Anna Maria Anders, arrivata alla conclusione del suo mandato, parla dell’ipotesi di una guerra tra la Russia ed i Paesi della Nato e del rischio di un’escalation in Ucraina dopo l’attentato a Mosca di una settimana fa. “La guerra continua – dice la figlia del generale Wladyslaw Albert Anders, vincitore della battaglia di Cassino contro i nazifascisti durante a Seconda guerra mondiale- e la paura della Russia non è irrazionale. Credo che conoscere la storia possa aiutare a comprendere il modus operandi della Russia. Possiamo certamente aspettarci un’escalation e una crescente disinformazione”.

L’Europa deve dunque prepararsi alla guerra con la Russia? “Risponderò con il proverbio latino recentemente citato dai politici europei: ‘Si vis pacem, para bellum. Se vuoi la pace, prepara la guerra’. Purtroppo è ancora molto attuale. In Polonia, lo abbiamo già detto molte volte: Vladimir Putin comprende solo il linguaggio della forza – sostiene l’ambasciatrice, in Italia da quasi cinque anni - La debolezza dell'Europa lo incoraggia solo ad essere più aggressivo”.

Anders contesta quanti pensano che “se faremo delle concessioni alla Russia riguardo all’Ucraina, il problema sarà risolto”. “Niente di più sbagliato – replica - per un politico come Vladimir Putin è solo un incoraggiamento a continuare con ulteriori azioni belliche”.

Piuttosto, secondo l’ambasciatrice, “siamo del parere che l’Unione Europea debba aumentare le forniture di armi all’Ucraina, qui c’è ancora spazio per agire: dobbiamo anche essere attivi non solo nel sostenere militarmente l’Ucraina, ma anche nel contrastare la disinformazione russa nell’Ue e nel mondo, che mira a “stancare” le nostre società con il tema dell’Ucraina e indebolire i nostri aiuti”. “Allo stesso tempo – sottolinea ancora - l’Europa dovrebbe espandere il proprio potenziale di deterrenza nei confronti di Mosca, il che significa anche maggiori investimenti nella difesa. In Polonia spendiamo già quasi il 4% del Pil per questo scopo”.

Infine, Anders parla dell’ipotesi di Emmanuel Macron di inviare truppe in Ucraina e della posizione di Varsavia: “Non c'è alcuna decisione della Polonia di inviare truppe nel territorio ucraino – assicura - Riteniamo che oggi non si debba speculare sul futuro, se ci saranno circostanze che cambieranno la nostra posizione. Oggi è cruciale fornire il massimo sostegno possibile allo sforzo militare dell’Ucraina”.

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