Salute e Benessere
Cancro alle ovaie, studio apre a test delle urine per...
Cancro alle ovaie, studio apre a test delle urine per scoprirlo
La ricerca è stata condotta da Joseph Reiner e colleghi della Virginia Commonwealth University
Un test delle urine per scoprire il cancro ovarico quando la malattia è agli inizi. Uno studio americano apre allo sviluppo di un esame semplice che, in combinazione con le informazioni raccolte attraverso il classico dosaggio di marcatori come il Ca-125 nel sangue, l'ecografia transvaginale e l'anamnesi familiare, potrebbe aiutare la diagnosi precoce di un tumore oggi difficile da individuare nelle primissime fasi. La ricerca è stata condotta da Joseph Reiner e colleghi della Virginia Commonwealth University, e sarà presentata negli Usa durante il 68esimo meeting annuale della Biophysical Society (Philadelphia, 10-14 febbraio).
Gli studi, la tecnica Usa
Studi precedenti avevano dimostrato che nelle urine delle donne colpite da un cancro alle ovaie viaggiano migliaia di piccole molecole proteiche o peptidi. Sebbene sia possibile rilevarle utilizzando tecniche già esistenti e consolidate, queste metodiche sono complesse e dispendiose. Reiner ha cercato un nuovo approccio per captare e riconoscere i peptidi spia, concentrandosi su una tecnologia potenzialmente in grado di rilevarne diversi simultaneamente. La metodica si basa sulla misurazione dei cambiamenti di corrente elettrica o di altre proprietà, determinati dal passaggio di molecole attraverso pori minuscoli o nanopori. Il team statunitense ha usato nanoparticelle d'oro che possono bloccare parzialmente questi nanopori. I peptidi, al loro passaggio, si attaccano alle nanoparticelle e 'danzandovi' attorno produrranno una firma molecolare unica.
Con questa tecnica il gruppo di Reiner è riuscito a identificare e analizzare 13 peptidi, compresi quelli derivati dal biomarcatore Lrg-1 trovato nelle urine di pazienti con cancro ovarico. "Di questi 13 peptidi ora conosciamo le firme - afferma il ricercatore - sappiamo come queste firme appaiono e come potrebbero essere utilizzate in questo schema di rilevamento. E' come avere un''impronta digitale' che ci dice cos'è il peptide. I dati clinici - sottolinea Reiner - mostrano un miglioramento del 50-75% nella sopravvivenza a 5 anni quando i tumori vengono rilevati nelle fasi iniziali. Questo è vero per numerosi tipi di cancro", incluso probabilmente quello dell'ovaio.
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Longevità e giovani, cresce il consumo dell”elisir di...
Indagine presentata al Milan Longevity Summit: possibile 'hackerare' il nostro organismo riportando indietro le lancette dell'orologio biologico
Può sembrare controintuitivo, ma la longevità appartiene ai giovani, cioè a coloro che hanno decine e decine di anni di vita davanti. Almeno secondo un'indagine presentata al Milan Longevity Summit, evento internazionale dedicato alla longevità che si è chiuso ieri. La ricerca, promossa da SirtLife, ha scoperto che tra i consumatori di integratori della longevità uno su 3 ha meno di 35 anni. "Il crescente interesse che i giovani mostrano verso la longevità riflette perfettamente quanto emerso con chiarezza negli ultimi 10 anni di ricerca scientifica sull'argomento", spiega Marco Menichelli, Ceo di SirtLife. "Oramai è dimostrato che l'invecchiamento è una malattia - sottolinea - una sorta di cancro: quanto più gli permettiamo di danneggiare il nostro organismo, tanto più è difficile riparare ai danni che causa. Quindi prima agiamo per contrastare attivamente il processo di invecchiamento, maggiori sono le chance si rallentarlo e addirittura invertirlo".
Con il giusto stile di vita e un'integrazione mirata è dunque possibile 'hackerare' il nostro organismo, riportando indietro le lancette dell'orologio biologico. Questo significa che, se sulla carta d'identità si hanno 35 anni d'età, biologicamente se ne possono avere 25. O se sono già passati 50 compleanni, per il nostro organismo è come se ne fossero trascorsi solo 35 o 40. "L'invecchiamento è una condizione per gli esseri umani ineluttabile, è vero. Ma oggi la scienza ci dice che possiamo fermarlo, rallentarlo, procrastinarlo", rimarca Menichelli. "Numerose evidenze scientifiche, promulgate anche da illustri scienziati come Camillo Ricordi, David della Morte Canosci, David Sinclair, indicano infatti che la longevità è determinata solo per il 15% dalla genetica - precisa - Il restante 85 % è invece influenzato da fattori epigenetici modificabili".
"Sirt500 Plus rappresenta uno strumento utile per manipolare e in qualche modo 'piegare' il tempo, riducendo gli effetti dell'invecchiamento sull'organismo. E' un potente mix di molecole naturali, tra cui polidatina, pterostilbene, onochiolo, acido ellagico, zinco ed altri minerali e vitamine, che agendo sinergicamente attivano le sirtuine, proteine che hanno una forte azione antinfiammatoria e antiossidante che ha importanti ricadute sull'organismo", riferisce l'azienda produttrice. "Diversi studi scientifici condotti sul nostro composto e pubblicate su riviste internazionali ad alto impact factor - prosegue Menichelli - hanno dimostrato in vitro e in vivo che Sirt500 Plus migliora il metabolismo e rallenta l'invecchiamento. Questo significa che il nostro composto, l'unico vero 'attivatore delle sirtuine' in commercio, favorisce il rinnovamento cellulare, migliora i tempi di recupero, la resistenza allo stress e rinforza le difese immunitarie".
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Virus respiratori, gli infettivologi: “Con Pasqua e...
Mascherina? "In altri paesi è normale portarla, da noi soffre del retaggio Covid"
"Soprattuto lo scorso anno l'influenza ha circolato fino ad aprirle, quindi c'è e circola ancora come sono presenti anche diversi virus respiratori aiutati anche dalla temperature ancor non primaverili. Il freddo infatti crea le condizioni, o meglio predispone, alle infezioni delle vie respiratorie. I tanti casi che ancora si vedono di influenza (soprattutto influenza di tipo B) con anche qualche ricovero in ospedale, i raffreddori e anche il virus sinciziale negli adulti, sono dovuti anche alla bassa copertura vaccinale. E' chiaro che una Pasqua all'insegna del cattivo tempo faciliterà le riunioni familiari in casa e non all'aperto e questo mette più a rischio i fragili, ricordiamoci di fare un minimo di attenzione con loro e con gli anziani". Lo spiega all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali.
Mascherina? In altri paesi è normale usarla in primavera per i pollini e anche per la coda di virus respiratori, da noi invece soffre del retaggio del Covid. Molti si farebbero tagliare un dito pur di non indossarla".
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Dengue, record di casi nelle Americhe: “Oltre 3...
L'80% circa dei contagiati dal virus, veicolato dalle zanzare, si concentra in Brasile. L'isola caraibica di Porto Rico dichiara l'epidemia
Hanno superato quota 3 milioni i casi di Dengue, registrati nella regione americana dall'inizio di quest'anno, riferisce l'Organizzazione mondiale della sanità. L'80% circa dei contagiati dal virus veicolato dalle zanzare si concentra in Brasile.
Nel 2023 - ricorda l'Oms - la regione delle Americhe ha riportato il maggior numero di casi di Dengue da quando vengono conteggiati, con 4,5 milioni di contagiati, inclusi 7.665 casi gravi e 2.363 decessi. Nel 2024 la regione registra un nuovo record: oltre 3 milioni di casi al 25 marzo. La maggior parte è stata segnalata in Brasile (l'81% dei casi), seguito da Paraguay (6%), Argentina (3,4%), Perù (2,6%) e Colombia (2,2%).
La Paho, Organizzazione panamericana della sanità, sta lavorando insieme ai ministeri della Salute dei vari Paesi in due direzioni principali: il controllo delle zanzare e la prevenzione delle morti.
Porto Rico dichiara l'epidemia di Dengue
Il governo di Porto Rico ha dichiarato un'epidemia di Dengue, dopo che un picco di casi dell'infezione trasmessa dalle zanzare ha colpito l'isola caraibica, territorio non incorporato Usa. Dall'inizio del 2024 al 10 marzo scorso, secondo i dati più recenti forniti dal locale Dipartimento della Salute, a Porto Rico sono stati registrati 549 casi di Dengue, di cui 29 gravi, con 341 ricoveri in ospedale. I contagi si concentrano nelle città, come San Juan, Bayamon, Guaynabo e Carolina.
Tra il 2010 e il 2020 sono stati segnalati oltre 30mila casi di Dengue in 4 territori degli Stati Uniti, tra cui Porto Rico che ha avuto il maggior numero di infezioni. Nel 2012 sono stati riportati nell'isola 199 morti, l'ultima volta che il Commonwealth ha dichiarato un'epidemia di Dengue.
I Cdc, Centers for Disease Control and Prevention, hanno spiegato che stanno collaborando con il Dipartimento della Salute di Porto Rico e la locale Unità di controllo degli insetti vettori per la sorveglianza del virus e la formazione degli operatori sanitari. I Cdc sono anche impegnati in campagne di disinfestazione, usando insetticidi dove necessario, e iniziative educazionali. Il Dipartimento della Salute di Porto Rico si è detto al lavoro per migliorare la sorveglianza, le attività di laboratorio, il controllo dei vettori e gli interventi di sensibilizzazione.