Cultura
‘Concetto spaziale’ di Lucio Fontana in cerca...
‘Concetto spaziale’ di Lucio Fontana in cerca di record a New York
Un'opera fondamentale del più famoso corpus di opere dell'artista sarà offerta il 13 maggio con una stima di 20 - 30 milioni di dollari
Un'opera fondamentale del più famoso corpus di opere di Lucio Fontana (1899-1968), "Concetto spaziale, La fine di Dio", Verrà offerta da Sotheby’s a New York il 13 maggio con una stima di 20 - 30 milioni di dollari (circa 18,5 - 27,7 milioni di euro) e secondo la stessa casa d'aste potrebbe essere destinata a stabilire il nuovo record per l'artista.
Il capolavoro dipinto in un vivido giallo cadmio proviene dalla collezione di Cindy e Howard Rachofsky, collezionisti statunitensi appassionati, visionari e, non da ultimo, filantropi di prim'ordine, il cui prezioso sostegno ha completamente trasformato il panorama artistico della loro città natale Dallas e non solo. La tela ovoidale densamente traforata sarà presentata come highlight della Contemporary Evening Auction, rendendola con la sua alta stima una delle opere più preziose di Fontana mai apparse sul mercato.
La sua apparizione in questa stagione primaverile segnerà la prima volta che un "Concetto spaziale, La fine di Dio", di questo colore viene messo all'asta dal 2015, quando un'altra tela gialla stabilì l'attuale record d'asta dell'artista, pari a 29,2 milioni di dollari. Attualmente, tutti e sei i prezzi più alti di Fontana in asta sono detenuti da opere di questa serie in una varietà di audaci monocromie. Nel 2003, quando Cindy e Howard Rachofsky lo acquistarono, questo quadro fu a sua volta un record d'asta per l'artista.
Dei 38 dipinti che compongono questa serie, "Concetto Spaziale, La fine di Dio" è uno dei soli quattro che Fontana ha realizzato in giallo, gli altri tre sono conservati in stimate collezioni private in tutto il mondo. Questa versione in particolare, tuttavia, è senza dubbio una delle più importanti e compiute dell'intera serie, essendo stata uno dei punti salienti della retrospettiva dell'artista al Metropolitan Museum of Art nel 2019. L'opera si distingue per la densità delle sue perforazioni, attorno alle quali si accumulano strati spessi di impasto, dando vita a una composizione che si tinge di drammaticità visiva e di forte intensità.
Lucio Fontana ha realizzato queste opere tra il 1963 e il 1964 in occasione di tre mostre fondamentali a Zurigo, Milano e Parigi. Gli anni Sessanta videro importanti scoperte e sviluppi scientifici in tutto il mondo, in particolare per quanto riguarda i viaggi nello spazio, un tema che affascinava profondamente il sessantatreenne Fontana. Nel 1961, infatti, il cosmonauta russo Yuri Gagarin orbita per la prima volta intorno alla Terra e gli Stati Uniti proclamano pubblicamente l'obiettivo di far atterrare un uomo sulla Luna prima della fine del decennio (cosa che avviene nel 1969).
Pensando allo spazio, Fontana cercò di esplorare nella sua arte alcune delle nozioni più ampie sollevate da queste scoperte. Per Fontana, i fori e le perforazioni irregolari sulla tela - che creano una sorta di superficie lunare - non solo infrangono il piano dell'immagine, ma aprono anche dei portali attraverso i quali lo spettatore può accedere a un nuovo concetto di spazio. In un momento in cui i progressi tecnologici stavano distruggendo le visioni dell'universo che erano state a lungo diffuse, Fontana riteneva che questa nuova comprensione dello spazio e della materia avesse dato alla spiritualità un nuovo contesto, proclamando: "Oggi è certo, perché l'uomo parla di miliardi di anni da raggiungere, e allora, ecco il vuoto, l'uomo è ridotto a niente... L'uomo diventerà come Dio, diventerà spirito". La decisione di inserire queste perforazioni in una forma a uovo potrebbe essere stata implicitamente associata all'idea di rigenerazione, rinascita e cosmo.
Oggi i Concetti spaziali, La fine di Dio rappresentano un'incarnazione non solo dell'opera di Fontana, ma anche del movimento dello Spazialismo in generale, di cui Fontana è stato fondatore e figura di riferimento. Lo Spazialismo gli ha permesso di ridefinire il concetto di pittura, rompendo la superficie della tela per esplorare lo spazio come concetto sia fisico che psicologico.
Fontana ha perforato la tela per la prima volta nel 1949, colpendo una superficie monocromatica altrimenti ininterrotta. Passando prima per i buchi, i tagli e gli olii, i suoi colpi divennero sempre più viscerali e corporei, rompendo non solo la tela stessa, ma anche il tradizionale confine tra pittura e scultura stabilendo una nuova dimensione del fare arte.
Per la loro importanza, altre opere della serie sono conservate in prestigiose collezioni museali, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid e il Centre Pompidou di Parigi.
Cindy e Howard Rachofsky acquistarono Concetto spaziale, La fine di Dio di Lucio Fontana nel 2003. Negli anni precedenti, era diventato sempre più chiaro per loro che la conoscenza approfondita dell'arte europea del dopoguerra - in particolare di questa importante generazione di artisti italiani - sarebbe stata centrale per la configurazione e gli obiettivi della loro collezione. Essendo Fontana al centro di questa narrativa, la ricerca di un capolavoro dell'artista è diventata una sorta di sfida. La missione principale di Cindy e Howard era quella di costruire una collezione con una narrazione diversa da quella delle altre collezioni americane dell'epoca, sia pubbliche che private. Per la coppia, questo significava guardare al di fuori degli Stati Uniti e verso i movimenti artistici internazionali più significativi, che non avevano ancora ricevuto un ampio riconoscimento globale: dall'Arte Povera in Italia al movimento Gutai in Giappone, al Dansaekhwa coreano. L'acquisizione di questo Concetto spaziale, La fine di Dio ha segnato un momento fondamentale per Cindy e Howard Rachofsky. La ricerca di un esemplare di questo calibro ha richiesto anni; la sua acquisizione ha portato la loro collezione a un livello superiore inalzando l'asticella per le acquisizioni future.
Per Cindy e Howard Rachofsky, la gioia del collezionismo è sempre stata accompagnata da quella della condivisione. Negli anni Ottanta, dopo aver conosciuto Richard Meier, Howard commissionò all'architetto modernista la costruzione di The Rachofsky House, uno spazio che divenne presto meta di studenti e appassionati d'arte per esplorare la loro collezione. Nel 2012, insieme al collega Vernon Faulconer, hanno fondato The Warehouse, uno spazio all'avanguardia che consente l'accesso alle rispettive collezioni. Questa apertura e questo entusiasmo per l'educazione, in particolare per l'arte contemporanea, hanno influenzato profondamente il corpo collezionistico di Dallas e hanno gettato le basi per la Dallas Art Fair, ora alla sua quindicesima edizione.
(di Paolo Martini)
Cultura
Biennale Arte, Leone d’oro all’Australia e alla...
Consegnati oggi i premi della 60/a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, intitolata "Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere" a cura di Adriano Pedrosa
(dall'inviato Paolo Martini)
E' nel segno del più lontano dei continenti, l'Oceania, l'albo d'onore della Biennale Arte 2024. Va all'Australia, con l'artista Archie Moore, il Leone d'Oro per la miglior Partecipazione Nazionale della 60/a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, intitolata "Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere" a cura di Adriano Pedrosa, mentre il Leone d'oro per il miglior partecipante è stato assegnato al Metaaho Collective della Nuova Zelanda.
La cerimonia di inaugurazione e premiazione si è svolta questa mattina a Ca' Giustinian, sede della Biennale di Venezia, dove a fare gli onori di casa è stato il presidente Pietrangelo Buttafuoco, che ha dato il benvenuto agli ospiti giunti da ogni parte del mondo con queste parole: "L'arte è un'avventura dell'anima, che conduce a cercare il chiarore della luce". Da parte sua, il curatore Adriano Pedrosa ha definito l'esperienza veneziana "un viaggio straordinario: spero che sia un viaggio trasformativo anche per gli artisti e per i visitatori".
Il padiglione australiano dal titolo "Kith and kin" realizzato dall'artista Archie Moore è stato scelto dalla giuria presieduta da Julia Bryan-Wilson, che ha voluto premiato un'installazione di "grande impatto", dove Archie Moore "ha lavorato per mesi per disegnare a mano con il gesso un monumentale albero genealogico della First Nation. Così 65.000 anni di storia (sia registrata che perduta) sono iscritti sulle pareti scure e sul soffitto, invitando gli spettatori a riempire gli spazi vuoti e a cogliere la fragilità intrinseca di questo archivio carico di lutto".
All'interno del padiglione in un fossato d'acqua galleggiano i documenti ufficiali redatti dallo Stato. Risultato dell'intensa ricerca di Moore, "questi documenti riflettono gli alti tassi di incarcerazione delle persone delle Prime Nazioni". "Questa installazione si distingue per la sua forte estetica, il suo lirismo e la sua invocazione per una perdita condivisa di un passato occluso - sottolinea a giuria nella motivazione - Con il suo inventario di migliaia di nomi, Moore offre anche un barlume alla possibilità di recupero".
Premiato dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, Archie Moore ha ringraziato l'Italia "per questo grande, straordinario onore". "Credo in un sistema di relazioni che coinvolge tutto il mondo: dobbiamo prenderci cura di tutte le cose viventi oggi e nel futuro", ha aggiunto l'artista australiano.
Il ministro Sangiuliano ha colto l'occasione per un breve intervento, dichiarando tra l'altro: "Il nostro dovere è di consentire sempre agli artisti di esprimersi liberamente. E ringrazio il curatore Adriano Pedrosa che pochi giorni fa in un'intervista a 'New York Times' ha detto che lui ha potuto agire alla Biennale in piena libertà: era scontato ma sarà sempre così; la libertà va garantita sempre agli artisti".
Il Leone d'Oro per il miglior partecipante alla Biennale Arte è stato consegnato al collettivo Maori Mataaho, perchè "ha creato una luminosa struttura intrecciata di cinghie che attraversano poeticamente lo spazio espositivo. Facendo riferimento alle tradizioni matrilineari dei tessuti, con la sua culla simile a un grembo, l'installazione è sia una cosmologia che un rifugio. Le sue impressionanti dimensioni sono una prodezza ingegneristica che è stata resa possibile solo dalla forza e dalla creatività collettiva del gruppo. L'abbagliante modello di ombre proiettate sulle pareti e sul pavimento rimanda a tecniche ancestrali e fa pensare a usi futuri delle stesse". Le artiste neozelandesi hanno ringraziato "per questo premio che significa tanto per noi artisti indigeni queer: per il futuro possiamo contare su una piattaforma straordinaria come la Biennale".
Una menzione speciale è stata attribuita alla Partecipazione Nazionale della Repubblica del Kosovo per l'esposizione "The Echoing Silences of Metal and Skin" per "la piccola ma potente installazione di Doruntina Kastrati che fa riferimento al lavoro industriale femminilizzato e all'usura del corpo delle donne lavoratrici".
Il Leone d’Argento per un promettente giovane è stato conferito all'artista nigeriana Karimah Ashadu, 39 anni, che vive ad Amburgo, per il suo video "Machine Boys" e la relativa scultura in ottone, "Wreath", che "stravolge le ipotesi di genere sullo sguardo e su ciò che è considerato appropriato commemorare: con un'intimità bruciante, cattura la vulnerabilità di giovani uomini provenienti dal nord agrario della Nigeria, emigrati a Lagos e finiti a bordo di mototaxi illegali. La sua lente femminista è straordinariamente sensibile e intima e cattura l'esperienza subculturale dei motociclisti e la loro precarietà economica. Montato con maestria per mettere in evidenza e criticare sottilmente la performance della mascolinità in mostra, il video rivela l'esistenza marginale dei motociclisti attraverso l’attenzione sensuale dell’artista alle superfici della macchina, della pelle e della stoffa".
La giuria ha, inoltre, deciso di assegnare due menzioni speciali ai partecipanti: alla palestinese Samia Halaby, 88 anni, residente a New York, e all'argentina La Chola Poblete, 35 anni, che vive a Buenos Aires.
"L'impegno nella politica dell'astrazione" di Halaby "si è sposato con la sua costante attenzione alla sofferenza del popolo palestinese". Il suo dipinto modernista, intitolato "Black is Beautiful", splendidamente reso nel 'Nucleo Storico' di "Foreigners Everywhere", "suggerisce non solo la sovranità dell'immaginazione, ma anche l'importanza delle solidarietà globali". Halaby, in un collegamento video, ha ringraziato "i giovani giornalisti di Gaza per il lavoro che fanno ogni giorno nel raccontare quello che accade e l'esperienza di tutti i popoli senza terra nel mondo"
La Chola Poblete, per la giuria, "si impegna con un certo umorismo in un lavoro critico sulle storie di rappresentazione coloniale da una prospettiva trans-indigena. La sua arte polivalente - che include acquerello, tessuto e fotografia - resiste all'esotizzazione delle donne indigene, mentre sottolinea il potere della sessualità. Approccia l'iconografia religiosa occidentale e le pratiche spirituali indigene con un tocco trans e queer, invertendo le relazioni di potere con opere che fanno riferimento alle conoscenze ancestrali del Sud America". La Chola Poblete si è detta "commossa" per il premio: "sono la prima artista queer, trans, scura e non bianca argentina a riceverlo; spero che le etichette un giorno scompaiano. Grazie all'Italia che mi fa sentire come a casa mia".
Nel corso della cerimonia di premiazione a Ca' Giustinian, su proposta del curatore Adriano Pedrosa, il presidente Buttafuoco ha consegnato il Leone d'oro alla carriera all'artista brasiliana (italiana di nascita) Anna Maria Maiolino, 82 anni, e all'artista turca (residente a Parigi) Nil Yalter, 85 anni.
"Come ha detto il presidente Buttafuoco, anch'io ho sempre creduto che l'arte è un'avventura dell'anima. Io sento che questa Biennale è un atto politico, metaforico, poetico per unire gli 'stranieri' ovunque siano sparpagliati. Ora che la pulsione di morte è così forte e presente tra di noi, l'arte è davvero un'avventura dell'anima necessaria", ha commentato Maiolino.
Nil Yalter ha dichiarato: "Dedico questo premio, questo leone alato, alla pace nel mondo. Oggi serve la pace nel modo, subito. Sono alla Biennale con un'opera da me creata mezzo secolo fa per denunciare le condizioni dei migranti costretti a lasciare i loro paesi per motivi economici. Dopo 50 anni, purtroppo, non è cambiato nulla. E' un grande onore per me essere a Venezia, mai avrei pensato di essere premiata dalla Biennale".
Cultura
A Cartoons On The Bay ‘Stefano Bessoni. Stop-motion e...
Aprirà al pubblico all’Aurum di Pescara dal 30 maggio al 1° giugno 2024
L’arte di Stefano Bessoni protagonista a Cartoons On The Bay 2024 con la mostra 'Stefano Bessoni. Stop-motion e altre scienze inesatte' a cura di Lorenza Fruci. Regista cinematografico, scrittore, illustratore e animatore, appassionato di entomologia, anatomia, fiabe e storia della scienza, Bessoni affonda la sua poetica nel concetto di wunderkammer e si nutre di suggestioni macabre che richiamano il perturbante. Al centro, la tecnica dello stop-motion, anima nera dell’animazione, sia per i temi che affronta, che sconfinano spesso nel gotico e nel misterioso, sia per l’uso di materiali per la creazione dei burattini, come ossa, stracci, vecchi balocchi e oggetti recuperati dalle soffitte polverose. Dal film 'Krokodyle' ai libri illustrati 'Canti della Forca', 'Pinocchio' e 'Le Scienze inesatte', la mostra è un viaggio nell’immaginario dell’artista, fatto di wunderkammer, strambe discipline e scienze anomale, anatomia e zoologia, fiabe nere e procedimenti occulti. La mostra sarà aperta al pubblico dal 30 maggio al 1° giugno (10.00-18.00) presso la sede principale del Festival Aurum-La Fabbrica delle Idee, a Pescara.
Tra le opere c'è Krokodyle (2011), un lungometraggio in cui il protagonista è Kaspar Toporski, giovane filmaker di origini polacche trasferitosi lontano dalla sua città natale in giovanissima età. Mentre è in attesa di risposte per riuscire a realizzare i suoi progetti cinematografici, trascorre le sue giornate disegnando, scrivendo ed inventando un suo mondo immaginario che, giorno dopo giorno, sembra diventare sempre più reale. Nutre fin da bambino un’ammirazione sfrenata per i coccodrilli, che considera esseri perfetti in grado di controllare lo scorrere del tempo. Con protagonista Lorenzo Pedrotti, il lungometraggio ha vinto diversi premi internazionali, tra i quali una menzione speciale al Festival internazionale del cinema fantastico della Catalogna nel 2011.
Canti della forca (2013) è invece un libro illustrato. Dal patibolo si vede il mondo da una prospettiva diversa, quella dei Fratelli della Forca: assassini, ladri, truffatori, ma anche innocenti, sognatori e puri di spirito che, a forza di penzolare l’uno accanto all’altro, decidono di associarsi in una confraternita. Ancora, c'è Pinocchio (2014), libro illustrato in cui, lungi dal seguire fedelmente le arcinote vicende narrate da Collodi, l’autore mette in scena il burattino e lo stralunato circo di personaggi che gli ruota attorno dotandoli di tutto ciò che la fantasia lo ha portato a immaginare al di là del testo scritto. Il Pinocchio di Bessoni si nutre delle suggestioni del famoso sceneggiato di Luigi Comencini e delle illustrazioni di Enrico Mazzanti e Carlo Chiostri e le contamina con influenze shelleyane e lombrosiane.
In Le scienze inesatte (2017-2019), si disvela una storia in quattro libri illustrati. In tempo di guerra, in un paese sperduto sulle coste dell’oceano, vivevano Giona e Rebecca. Lui era un illustratore, lei era una restauratrice di vecchi balocchi. Un giorno ereditarono una vecchia casa malandata, dove tanti anni prima aveva vissuto un anatomista dedito a strane pratiche mediche che sconfinavano nelle scienze occulte. Durante i lavori per rimettere a posto la casa, Giona cominciò a imbattersi in un piccolo spettro: Rachel, la figlia dell’anatomista, morta in tragiche circostanze. La funerea bambina spinse Giona a realizzare una sua wunderkammer e a intraprendere un astruso esperimento. Rebecca si sforzò di farlo desistere dal pericoloso progetto ma per lei fu l’inizio di un terribile sogno a occhi aperti.
Cultura
Banca Ifis lancia progetto Ifis art per dare valore ad...
Nell’ambito della Biennale d’Arte 2024 di Venezia, Banca Ifis ha presentato Ifis art, progetto voluto e ideato dal Presidente, Ernesto Fürstenberg Fassio, atto a raccogliere tutte le iniziative realizzate dalla Banca per la valorizzazione dell’arte, della cultura, della creatività contemporanea e dei loro valori: dalla collezione d’arte al Parco Internazionale di Scultura, dal progetto di recupero dell’opera di Banksy e di restauro del Palazzo San Pantalon che la ospita, da Economia della Bellezza al sostegno di manifestazioni artistiche e culturali, da programmi di education a prodotti editoriali.