Salute e Benessere
Covid e influenza, Natale a letto per un milione di...
Covid e influenza, Natale a letto per un milione di italiani: cosa fare, i consigli degli esperti
Pregliasco: "No eccesso farmaci pur di festeggiare". Lopalco: "Con i sintomi stare a casa"
Covid, influenza e vari virus respiratori mettono a letto circa un milione di italiani a Natale. Secondo i dati dell'ultimo bollettino del ministero della Salute, sono stati oltre 60mila i casi Covid registrati nell'ultima settimana, con una variazione +7,2% rispetto a 7 giorni fa. Sono invece circa 884.000 i contagi stimati di sindrome simil-influenzale.
"Dall'influenza, quella vera che sta crescendo solo ora, a raffreddori, tosse e altri virus respiratori, a tanto Covid, con sintomi variegati, più o meno accentuati, saranno circa un milione gli italiani che trascorreranno le vacanze di Natale a letto o alle prese con malanni di stagione", sottolinea il virologo dell'università di Milano Fabrizio Pregliasco che, sentito dall'Adnkronos Salute, lancia un monito a poche ore dall'inizio di pranzi, cenoni, scambio di auguri e regali: per tutti la raccomandazione 'principe' è "non fate gli eroi, non vi imbottite di farmaci fino ad azzerare i sintomi pur di partecipare a tavolate e riunioni di famiglia perché fate male voi stessi e soprattutto agli altri".
Pregliasco: "No eccesso farmaci pur di festeggiare"
Pregliasco ricorda come l'elevato numero di persone malate, durante questo Natale, dipende da una serie di fattori: "Innanzitutto perché quest'anno c'è stato il ritorno a una 'nuova' normalità che ci ha portati tutti ad abbassare la guardia rispetto al passato, e poi perché abbiamo avuto grandi sbalzi termici che favoriscono alla grande questi virus". Secondo l'esperto, si tratta di "patologie da non sottovalutare", anche se - sottolinea - "questa normalità ce la dobbiamo godere perché ce la meritiamo, e per far sì che ciò avvenga in serenità ci sono delle raccomandazioni di buonsenso da rispettare: dal ventilare gli ambienti in casa quando ci sono tante persone riunite, alle norme essenziali di igiene, lavaggio delle mani e non solo, all'usare la mascherina quando ci sono i fragili".
Quanto alle 'cure' per chi qualche virus se lo è già preso, Pregliasco raccomanda innanzitutto il "riposo per quanto possibile, e solo per i fragili, laddove indicato, l'aggiunta dell'antivirale per bocca Paxlovid. Per gli altri - spiega - si possono assumere farmaci antinfiammatori, anti-tosse ecc. a patto che si faccia un'automedicazione responsabile. No assoluto all'antibiotico autoprescritto", ammonisce il virologo, "e sempre rispettando i dosaggi prescritti per attenuare i sintomi senza azzerarli, perché - spiega - questi farmaci modulano la risposta infiammatoria: se noi azzeriamo i sintomi facciamo il gioco del virus, intanto perché, imbottiti di medicine facciamo tutto quello che non dovremmo fare", cioè partecipiamo alla convivialità natalizia "che mette a rischio noi e gli altri. Ricordiamo poi che la febbre stessa è un sintomo positivo dell'organismo, dell'infiammazione intesa come risposta immunitaria per colpire il virus. Quindi, ciò non significa stare con il febbrone da cavallo, ma neanche fare gli eroi ignorando la malattia. Infine, se si ha un qualche sintomo si può indossare una mascherina chirurgica che, come abbiamo imparato, protegge gli altri a differenza della FFp2 che ci protegge anche dagli altri", conclude.
Lopalco: "Con sintomi stare a casa per non rovinare feste ad altri"
"Le migliori feste si vivono senza dubbio godendo della compagnia di amici e parenti. Ma se si hanno sintomi influenzali restiamo a casa: non roviniamo le feste agli altri". E' il consiglio, riferito all'Adnkronos Salute, di Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'Università del Salento.
Incontrare altre persone quando si "è affetti da una qualsiasi malattia infettiva respiratoria non è un atto eroico. E’ un’imprudenza per sé e per gli altri. Per sé, in quanto qualsiasi malattia virale anche in un soggetto giovane e in buone condizioni fisiche merita la dovuta attenzione per evitare il rischio di complicanze. Per gli altri, in quanto andando in giro con l’influenza, inevitabilmente, per quanto possiamo stare attenti, diffondiamo il contagio".
Salute e Benessere
Disturbi della memoria, scoperto come il cervello distingue...
Lavoro del team di ricerca del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino
Una ricerca condotta da un team di ricerca del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino potrebbe fornire informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche per i disturbi della memoria. Formare ricordi di eventi simili costituisce una vera e propria sfida per il nostro cervello. "È essenziale che ogni evento venga memorizzato in maniera separata per preservarne la specificità. Tuttavia, è altrettanto importante riconoscere e ricordare gli aspetti comuni tra gli eventi. Se questo delicato processo viene compromesso, le persone rischiano di confondere un evento con un altro, perdendo così la chiarezza e la specificità dei propri ricordi". Lo ha rilevato un nuovo studio pubblicato su 'Cell Reports' che ha identificato un intricato processo cerebrale che consente di distinguere e memorizzare eventi simili in maniera separata, mantenendo al contempo le somiglianze tra di essi. La ricerca è stata condotta principalmente dalle ricercatrici Giulia Concina, Luisella Milano e Annamaria Renna coordinate dal professor Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.
I ricercatori hanno studiato l’attività cerebrale durante l'apprendimento di due eventi distinti ma con elementi in comune, scoprendo che nell'amigdala, una regione cerebrale chiave per la formazione dei ricordi, gruppi separati di neuroni si attivano per memorizzare separatamente eventi distinti. "Tuttavia, alcuni neuroni rispondono a entrambi gli eventi, aiutando a ricordarne le somiglianze. Il numero di questi neuroni comuni - sottolinea lo studio - è regolato da un particolare tipo di cellule chiamate neuroni inibitori. Bloccando queste cellule, i ricercatori hanno notato come il numero di neuroni comuni aumentasse notevolmente causando la confusione e sovrapposizione dei due eventi. Secondo i ricercatori, in conclusione, i neuroni inibitori contribuiscono quindi a mantenere distinti i ricordi di eventi simili".
La ricerca è stata condotta adottando un approccio multidisciplinare che ha integrato metodologie di analisi comportamentale, biologia molecolare, microscopia ad alta risoluzione e modulazione dell'attività cerebrale. In particolare, grazie all'utilizzo della tecnica innovativa della 'marcatura chemogenetica', i ricercatori hanno potuto visualizzare i neuroni coinvolti nella percezione sia degli aspetti distintivi di due eventi, sia delle loro caratteristiche comuni. Questa analisi ha permesso anche di individuare le cellule in grado di limitare il numero di neuroni condivisi, ovvero i neuroni inibitori. Infine, combinando le tecniche di marcatura chemogenetica e di inattivazione dell'attività neuronale, i ricercatori hanno selettivamente bloccato queste cellule, notando che ciò portava i soggetti a confondere gli eventi tra di loro.
"Questa ricerca - spiega Sacchetti - riveste un'importanza significativa poiché mette in luce l'esistenza di neuroni il cui ruolo è quello di mantenere separate le memorie di eventi distinti ma con aspetti in comune, consentendo così di conservare i ricordi di tali eventi in modo preciso e nitido. Considerando che una delle caratteristiche tipiche dei disturbi della memoria, come le demenze e il disturbo post-traumatico da stress, è la tendenza a confondere gli eventi passati, questa ricerca potrebbe fornire nuove informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche".
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Università, Gesualdo (Fism): “Nettamente contrari a...
"D'accordo con Ordine medici e Anaao. Serve programmazione razionale, le Scuole di Medicina non possono accogliere 70mila iscritti per mancanza di spazi e risorse"
"La decisione di eliminare il numero chiuso per l'iscrizione alla Facoltà di Medicina, Medicina veterinaria e Odontoiatria e protesi dentaria rappresenta una minaccia alla qualità della formazione medica e prelude un grave rischio di sovraffollamento del mercato del lavoro medico. Come l'Ordine dei medici e Anaao anche la Fism è nettamente contraria a stop al numero chiuso". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Federazione italiana società medico-scientifiche (Fism) Loreto Gesualdo commenta l'adozione da parte della Commissione Istruzione del Senato del testo base che elimina il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina.
La Fism "ribadisce l'importanza di una programmazione razionale e basata sui reali bisogni del Servizio sanitario nazionale - spiega Gesualdo sottolineando "la necessità di una selezione accurata dei futuri medici già durante il percorso scolastico, al fine di garantire una formazione di qualità e una corretta distribuzione sul territorio". Inoltre, "occorre estendere la programmazione non solo al numero dei medici, ma anche a tutte le altre professioni sanitarie, come infermieri, fisioterapisti, dietisti e altre figure professionali - evidenzia il numero uno di Fism - essenziali per supportare i percorsi di intelligenza artificiale e l'evoluzione tecnologica nel settore della salute".
Gesualdo suggerisce di "potenziare i licei con inclinazione biomedica" per preparare "adeguatamente gli studenti interessati a intraprendere percorsi universitari" nel campo della salute. "Tuttavia - avverte - è importante ricordare che attualmente le scuole di medicina non sono in grado di accogliere un numero così elevato di studenti, con circa 70.000 iscrizioni previste, a causa della mancanza di spazi e risorse necessarie".
La programmazione delle professioni sanitarie "deve essere inclusiva e mirata a garantire un equilibrio tra domanda e offerta di competenze specialistiche, al fine di garantire un corretto sviluppo del settore e una gestione ottimale delle risorse umane nel campo della salute". La Fism "si impegna a promuovere una visione olistica della programmazione delle professioni sanitarie, che tenga conto delle nuove sfide e opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale nel campo della salute" conclude.
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25 aprile, il pediatra: “Ecco come spiegarlo ai...
"Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva"
25 aprile data importante per gli italiani. E, come tutti gli anni, al centro in questi giorni di dibattiti, ricordi, commemorazioni. Ma come spiegarlo ai bambini che ci chiedono chiarimenti? "Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva", spiega all'Adnkronos Salute Italo Farnetani, docente di Pediatria dell'Università Ludes-United Campus of Malta.
"Ai bambini di meno di 10 anni, per esempio - suggerisce il medico - direi semplicemente che in questo giorno è finita la guerra che veniva combattuta in Italia. Bisogna tener conto del fatto che in questa fascia di età i bambini ragionano per operazioni concrete, su ciò che vedono e che gli va spiegato nella sua concretezza. Possiamo raccontargli, quindi, che nel nostro Paese c'era una guerra come quelle che vedono in televisione e il 25 aprile se ne festeggia la fine". Dagli 11 anni in poi, soprattutto a chi frequenta le scuole superiori, prosegue Farnetani, "si può parlare con i ragazzi dei contenuti ideali, politici, legati alla Festa della liberazione". Mentre "dai 14 anni in su, cioè quando l'adolescente entra nella fase delle 'operazioni formali', il discorso può ampliarsi ai concetti di pace, guerra, libertà, dittatura, diritti umani, cioè fare un discorso formativo. In questa fase dell'adolescenza, in cui predominano i concetti di bene e male, giustizia e ingiustizia - sottolinea il pediatra - si fa strada una visione utopica della realtà. Gli adulti, considerando questa particolare fase dello sviluppo del ragionamento degli adolescenti, possono aiutare i ragazzi a fare un'analisi oggettiva di ciò che è avvenuto il 25 aprile perché possa partire da una valutazione storica, etica e politica dei fatti per farsi, autonomamente, un'idea precisa dell'origine e delle motivazioni del significato simbolico della data. Successivamente potrà esaminare i decenni successivi della storia della politica italiana".
Un'informazione che tenga conto delle fasi evolutive, conclude Farnetani, è una modalità utile a fornire "all'adolescente strumenti per capire le problematiche alla radice. In caso contrario, si rischia di proporre concetti preconfezionati o di parte che non aiutano lo sviluppo della persona".