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“Lei è ebrea?”, bufera su giornalista Rai per la domanda alla senatrice Ester Mieli

Fratelli d'Italia solleva la polemica dopo le parole di Giorgio Zanchini, conduttore di Radio Anch’io su Radio Uno. L'ad Sergio chiama la senatrice per porgere le scuse

La senatrice FdI Ester Mieli

"Lei è ebrea?". E' bufera sulla domanda fatta dal conduttore Giorgio Zanchini alla senatrice di Fratelli d'Italia Ester Mieli durante la trasmissione Radio Anch’io su Radio 1, dedicata oggi agli scontri degli ultimi giorni tra manifestanti pro Palestina e le forze dell'ordine. A sollevare la polemica i componenti di Fratelli d’Italia nella Commissione di Vigilanza sulla Rai in una nota. L’Amministratore Delegato della Rai Roberto Sergio - a quanto apprende l'Adnkronos - ha contattato telefonicamente la Senatrice per porgere le proprie scuse.

Solidarietà anche dalla presidente della commissione di vigilanza Rai Barbara Floridia. "A nome di tutta la commissione di vigilanza, all'unanimità, esprimo piena solidarietà alla senatrice Ester Mieli per quanto accaduto questa mattina in una trasmissione radiofonica della Rai. Sentirsi rivolgere una domanda diretta sulla propria fede religiosa rappresenta una violazione della sfera più intima, resa ancora più grave dall'intenzione, da parte del giornalista, di connettere l'opinione della collega al suo credo religioso".

Secondo l'associazione Giornaliste Italiane, "Ester Mieli ha chiesto al conduttore il perché di questa domanda, che mai avremmo immaginato di dover ascoltare in una rete del servizio pubblico, ricordandogli di essere una cittadina italiana e senatrice della Repubblica. Le spiegazioni di Zanchini per motivare questa surreale scelta, francamente, non le abbiamo proprio capite". "Auspichiamo un intervento tempestivo della Rai, una presa di posizione chiara e immediata da parte degli organi di rappresentanza, a partire dalla Fnsi e dall'Odg, e che venga fatta chiarezza sul caso perché simili episodi non possono passare sotto silenzio. L'associazione Giornaliste Italiane ritiene gravissimo quanto accaduto e ribadisce vicinanza ad Ester Mieli", conclude la nota.

La nota Fdi

“Esprimiamo solidarietà alla senatrice Ester Mieli, che questa mattina in apertura del suo collegamento alla trasmissione Radio Anch’io si è vista chiedere dal conduttore, Giorgio Zanchini, se lei fosse ebrea. Una richiesta che, oltre riportare alla mente lugubri ricordi, è inaccettabile e intollerabile specie in un momento quale questo pervaso da un antisemitismo sempre più dilagante, alimentato all’interno delle Università da estremisti di sinistra verso cui ancora attendiamo parole di condanna da parte della sinistra e in particolare del Pd e di Elly Schlein. Alla collega Mieli rinnoviamo la nostra solidarietà, e ci auguriamo che queste nostre parole siano seguite da quelle di tutte le altre forze politiche”, si legge in una nota degli esponenti di Fratelli d’Italia in Commissione di Vigilanza .

Dal canto suo il presidente di Noi Moderati e componente della Vigilanza, Maurizio Lupi, “invita il conduttore Giorgio Zanchini a scusarsi pubblicamente ed a spiegare le ragioni di quella domanda così inopportuna. Ci auguriamo che la solidarietà ad Ester Mieli sia unanime e senza distinguo da parte della Sinistra”.

Solidarietà della politica

Messaggio di solidarietà anche dal presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, secondo il quale "non si capisce con quale intento" si stata fatta la domanda. "Forse quello di connotare le sue opinioni in merito ai fatti in corso in Italia o in Medio Oriente? Una condotta incredibile, che potrebbe denotare una sorta di pregiudizio o quanto meno una inadeguata professionalità. Un episodio grave ed inquietante. Sul quale la Rai dovrebbe intervenire con immediatezza". "Alla vigilia del 25 aprile - aggiunge Gasparri - si tratta di una vicenda sconcertante. Ora quando si partecipa ad una trasmissione Rai si dovrà indicare prima l’eventuale confessione religiosa o altri dati? E poi se ci sono troppi cristiani, troppi ebrei o troppi musulmani si faranno ‘dosaggi’ o esclusioni? C’è chi parla di un episodio di antisemitismo. Certo di questo grave scandalo si dovrà discutere a fondo”, conclude l'azzurro.

“La commissione di Vigilanza Rai si esprima unanimemente per stigmatizzare quanto accaduto questa mattina nella trasmissione Radio Anch’io. Piena solidarietà a Ester Mieli”, ha chiesto la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, vicepresidente della commissione di vigilanza Rai, in merito alla domanda 'Lei è ebrea?'r ivolta alla senatrice di Fratelli d’Italia. “Un parlamentare della Repubblica giudica le proteste nelle università e nelle piazze sulla base della politica e della legge, nulla c’entra la religione che si professa. Stupisce pertanto la richiesta del giornalista di esplicitare la propria confessione prima di commentare i fatti di questi giorni”, conclude.

Secondo il presidente del Senato, Ignazio La Russa "è davvero grave e inquietante quanto avvenuto stamattina alla senatrice di Fratelli d’Italia Ester Mieli, ospite di un programma radiofonico della Rai. Da settimane si susseguono in tutta Italia manifestazioni di intolleranza nei confronti di Israele e degli ebrei e una domanda come quella posta dal conduttore è del tutto inaccettabile. L’opinione di una persona non può in alcun modo essere collegata alla religione professata. All’amica Ester Mieli e alla comunità ebraica giunga la mia sincera solidarietà e affettuosa vicinanza".

Sulla stessa linea il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano: " Chiedere alla senatrice Mieli se fosse di religione ebraica rimanda a pagine tragiche e oscure della storia del Novecento, quando ai fratelli ebrei si imponeva la stella gialla. Quello che è accaduto in Rai si inserisce in una cornice inquietante perché assistiamo in Italia e in Europa a un pericoloso riemergere dell’antisemitismo e di sentimenti di odio che pensavamo finiti. La domanda fatta dal conduttore è inaccettabile e inopportuna. Conosco e apprezzo da tempo la senatrice Mieli, persona colta e gentile, insieme abbiamo lavorato e lavoreremo per il museo della Shoah. Abbiamo realizzato con la senatrice Mieli sia il totem al binario 21 della stazione di Milano lo scorso anno, alla cui inaugurazione partecipò anche la senatrice Liliana Segre, sia quello alla stazione Tiburtina nelle scorse settimane".

"Tutta la mia solidarietà alla senatrice di Fratelli d'Italia Ester Mieli per quanto accaduto questa mattina. Un episodio inaccettabile che appare ancor più grave dato il momento delicato e complesso a cui stiamo assistendo. A lei e alla sua famiglia giunga la mia più sincera vicinanza", dichiara il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

“Se sei una donna senatrice di Fratelli d’Italia e per di più ebrea tutto è lecito. Quanto accaduto oggi alla senatrice Mieli nel corso della trasmissione radiofonica, che non nomino per non dare ulteriore visibilità, non solo è agghiacciante ma soprattutto deprimente. Un brutto episodio da condannare, senza se e senza ma, frutto di un clima d’odio sempre più inquietante che la sinistra contribuisce ad esasperare giorno dopo giorno. Massima solidarietà e vicinanza ad Ester Mieli”. Così il ministro del Turismo Daniela Santanchè.

La reazione della comunità ebraica

"Chiedere a una senatrice o a chiunque se è ebreo, buddista o musulmano è una cosa terribile", afferma il presidente della Comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, commentando all'Adnkronos l'episodio avvenuto questa mattina durante la trasmissione 'Radio Anch'io', in cui è stato chiesto alla senatrice di Fdi Ester Mieli se fosse ebrea.

"Una persona può essere di qualsiasi religione e rispettare qualsiasi religione. Cosa ne ricava a chiedere se è ebrea o buddista? Non cambia niente, questa è un'offesa gravissima", evidenzia il presidente della comunità ebraica milanese.

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Europee, Salvini conferma candidatura generale Vannacci:...

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"Tra 44 giorni si sceglierà tra Ue o colonia sino-islamica", ha detto il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini alla presentazione del suo libro a Milano

Il generale Vannacci  - (Fotogramma)

“Sono contento che il generale Vannacci abbia deciso di portare avanti le sue battaglie di libertà insieme alla Lega alle prossime elezioni europee”. Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini intervenendo alla presentazione del suo libro ‘Controvento. L’Italia che non si arrende’, a Milano, ufficializzando la candidatura di Roberto Vannacci alle elezioni europee.

“Tra 44 giorni c’è un referendum sul futuro dell’Europa; si sceglierà se l’Europa esisterà ancora o se quella che lasceremo ai nostri figli sarà una colonia sino-islamica”, ha aggiunto il vicepremier.

Parlando del suo rapporto con Giorgia Meloni, Salvini ha poi ribadito che "più ci conosciamo e più il rapporto diventa personale; non siamo stati quasi mai in guerra, dal momento che i rapporti erano quasi sempre alternativi e competitivi. E da un anno e mezzo, da quando cioè siamo al governo insieme, abbiamo entrambi caratteri tosti, ma sicuramente abbiamo capito che nostro dovere è mantenere la parola con gli italiani e dunque nostro impegno sarà quello di portare a termine la legislatura, il nostro governo durerà 5 anni”. “E poi -aggiunge- il mio successo è il suo successo e viceversa. Fuori da Palazzo Chigi, poi, quando siamo a cena insieme o in viaggio, giochiamo anche lunghe partite a Burraco. Anzi, più che altro sua sorella e la mia compagna, che si ricorda le carte che hai in mano. E allora -conclude- questo per dire che più ci danno per finiti e più ci allungano la vita”.

Salvino ha poi rivelato di fare "sempre più fatica a dire ‘ho piena fiducia in magistratura libera e indipendente’. Detto questo, la cosa peggiore che potrebbe capitarmi è di essere condannato. Mi dispiacerà per i miei figli e per Francesca, spero di riuscire almeno a inaugurare prima il Ponte sullo Stretto o almeno le Olimpiadi di Milano-Cortina. Scherzi a parte, penso che finché non ci sarà una riforma seria e una magistratura libera da correnti politiche, nessun italiano può dirsi tranquillo a casa sua”.

“Per qualche grande ex giudice o pm -afferma Salvini- ci sono solo colpevoli in attesa di essere scoperti, che è una cosa culturalmente folle. Per me invece, chiunque, fino a prova contraria, è un presunto innocente e io lo tratto da persona perbene. Anche perché se parto dal pregiudizio che in questa sala ci sono centinaia di presunti colpevoli e prima o poi li becco, non rendo un buon servizio al mio Paese”.

In ogni caso, riflette, “tornando indietro rifarei la stesa cosa, consapevole che poi un pezzo di Parlamento ha portato a processo una parte politica, che è un precedente pericolosissimo. Perché un domani, chiunque trovi un magistrato consenziente potrà mandare a processo un ministro. Allora -conclude- io dico che la politica deve ritrovare l’orgoglio e l’indipendenza di fare buona politica”.

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25 aprile, Meloni: “Con fine fascismo poste basi...

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La presidente del Consiglio Meloni all'Altare della Patria a Roma con il capo dello Stato: "Con fine fascismo poste basi democrazia. Salvini: "Sempre onorato senza sbandierarlo, questo governo antifascista"

Il presidente Mattarella a Civitella in Val di Chiana - (Quirinale)

"Senza memoria, non c’è futuro". Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 25 aprile, celebrando l'anniversario della Liberazione a Civitella in Val di Chiana, in Toscana, dove nel 1944 i nazisti trucidarono 244 persone. "Aggiungo - utilizzando parole pronunciate da Aldo Moro nel 1975 - che 'intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico'", ha affermato il capo dello Stato.

"All’infamia della strage di Marzabotto, la più grande compiuta in Italia, seguì un corollario altrettanto indegno: la propaganda fascista, sui giornali sottoposti a controlli e censure, negava l’innegabile, provando a smentire l’accaduto, cercando di definire false le notizie dell’eccidio e irridendo i testimoni. Occorre – oggi e in futuro - far memoria di quelle stragi e di quelle vittime e sono preziose le iniziative nazionali e regionali che la sorreggono. Senza memoria, non c’è futuro".

"Con queste barbare uccisioni, nella loro strategia di morte, i nazifascisti cercavano di fare terra bruciata attorno ai partigiani per proteggere la ritirata tedesca, di instaurare un regime di terrore nei confronti dei civili perché non si unissero ai partigiani, di operare vendette nei confronti di un popolo, considerato inferiore da alleato e, dopo l’armistizio, traditore. Si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale e all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità", ha affermato.

"Nessuna ragione, militare o di qualunque altro genere, può infatti essere invocata per giustificare l’uccisione di ostaggi e di prigionieri inermi. I nazifascisti - ha ricordato il capo dello Stato - ne erano ben consapevoli: i corpi dei partigiani combattenti, catturati, torturati, uccisi, dovevano rimanere esposti per giorni, come sinistro monito per la popolazione. Ma le stragi di civili cercavano di tenerle nascoste e occultate, le vittime sepolte o bruciate. Non si sa se per un senso intimo di vergogna e disonore o per evitare d’incorrere nei rigori di una futura giustizia, o, ancora, per non destare ulteriori sentimenti di rivolta tra gli italiani".

"Una lunga di scia di sangue ha accompagnato il cammino dell’Italia verso la Liberazione - ha sottolineato quindi il capo dello Stato - Il sangue dei martiri che hanno pagato con la loro vita le conseguenze terribili di una guerra ingiusta e sciagurata, combattuta a fianco di Hitler nella convinzione che la grandezza e l’influenza dell’Italia si sarebbero dispiegate in un nuovo ordine mondiale. Un ordine fondato sul dominio della razza, sulla sopraffazione o, addirittura, sullo sterminio di altri popoli. Una aspirazione bruta, ignobile, ma anche vana. Totalmente sottomessa alla Germania imperialista di Hitler, l’Italia fascista, entrata nel conflitto senza alcun rispetto per i soldati mandati a morire cinicamente, non avrebbe comunque avuto scampo. Ebbe a notare, con precisione, Luigi Salvatorelli: 'Con la sconfitta essa avrebbe perduto molto, con la vittoria tutto…'" .

"Generazioni di giovani italiani, educati, fin da bambini, al culto infausto della guerra e dell’obbedienza cieca e assoluta, erano stati mandati, in nome di una pretesa superiorità nazionale, ad aggredire con le armi nazioni vicine: le 'patrie degli altri' come le chiamava don Lorenzo Milani - ha detto ancora Mattarella - Nella disastrosa ritirata di Russia, sui campi di El Alamein, nelle brutali repressioni compiute in Grecia, nei Balcani, in Etiopia, nelle deportazioni degli ebrei verso i campi di sterminio, nel sostegno ai nazisti nella repressione della popolazione civile, si consumò la rottura tra il popolo italiano e il fascismo. Si verificò -scrisse ancora Salvatorelli- 'una crisi morale profonda, una disaffezione completa rispetto al regime, un crollo disastroso dell’idolo Mussolini'. Il fascismo aveva in realtà, da tempo, scoperto il suo volto, svelando i suoi veri tratti brutali e disumani".

In mattinata Mattarella accompagnato dai presidenti del Senato, Ignazio La Russa, della Camera Lorenzo Fontana, del Consiglio Meloni, della Corte costituzionale Augusto Barbera, dal ministro della Difesa Guido Crosetto, e dalle alte cariche militari, ha reso omaggio all'Altare della Patria, deponendo una corona di alloro sulla tomba del Milite ignoto, in occasione della Festa della Liberazione.

Meloni: "Con fine fascismo poste basi democrazia"

"Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari. Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo, e quelli di oggi, che siamo determinati a contrastare con impegno e coraggio". Lo scrive su Instagram la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. "Continueremo a lavorare - aggiunge- per difendere la democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà. Viva la libertà!".

Salvini: "Sempre onorato senza doverlo sbandierare"

“Io ho sempre onorato Il 25 aprile senza doverlo sbandierare e senza politicizzarlo”. Queste le parole del vice premier e ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini arrivando al Sacrario dei Caduti di Milano per la deposizione delle corone di alloro in occasione delle celebrazioni per la giornata della liberazione insieme al sindaco di Milano Giuseppe Sala e al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

“Non ho detto che sarei venuto qui fino all'ultimo per evitare che ci fossero quelli che invece di celebrare il passato perché non ritorni, vanno in giro a creare problemi”, ha spiegato. Del resto “vedevo stamattina da Roma delle immagini vergognose, scandalose di aggressione alla Brigata ebraica. Ecco - ha concluso - io spero che in un giorno troppo lontano, il 25 aprile sarà una giornata di unità nazionale”.

“Questo è un governo scelto dai cittadini. Poi l’antifascismo sì, mi sembra evidente”, ha aggiunto sottolineando: “Ma poi qualcuno ha nostalgia del fascismo? Spero di no”.

Schlein: "Giusto rinnovare impegno lotta per difesa nostra Costituzione"

“Il 25 aprile è la festa della Liberazione e di tutta la Repubblica, la festa in cui si ricorda chi ha dato la vita e con tanto sacrificio ha costruito le basi per la democrazia e per la libertà di questo Paese e per la difesa dei valori della nostra Costituzione”. Così la segretaria del Pd Elly Schlein arrivando al corteo milanese per le celebrazioni del 25 aprile. “Questa - aggiunge Schlein - è una giornata in cui va rinnovato l’impegno della lotta per la difesa della nostra Costituzione e per la sua piena attuazione. Per questo dobbiamo ricordare la Resistenza che ci ha liberato dai nazifascisti".

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Politica

25 aprile, manifestazioni in tutta Italia: tensioni al...

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A Porta San Paolo insulti e grida tra manifestanti pro Palestina e rappresentanti della Brigata ebraica e della comunità ebraica. Sassi contro i cronisti

Manifestanti a Porta San Paolo  a Roma - (Adnkronos)

Tensione tra grida, insulti e petardi a piazza di porta San Paolo a Roma in occasione del 25 aprile, Festa della Liberazione. Da un lato i manifestanti pro Palestina, circa 300 persone tra movimento degli studenti palestinesi, antagonisti e collettivi universitari, dall'altro rappresentanti della Brigata ebraica e della comunità ebraica. I due schieramenti erano separati dai blindati della polizia e dagli agenti in tenuta anti sommossa.

Poco prima delle 11 il presidio della Brigata ebraica si è sciolto. I manifestanti sono stati scortati dalle forze dell'ordine fino a piazza Vittorio Bottego dove si sono poi allontanati. Nel frattempo da Porta San Paolo è partito il corteo dei pro Palestina.

Alcuni manifestanti della Brigata Ebraica, mentre stavano lasciando il presidio, sono tornati indietro, tentando più volte di superare il cordone delle forze dell'ordine per raggiungere i manifestanti pro Palestina. "Fino a che loro non se ne vanno noi restiamo qui", è il grido dei manifestanti pro Palestina dall'altro lato della piazza.

Dalle fila della Brigata ebraica sono stati inoltre lanciati alcuni sassi verso il gruppo di cronisti presenti. Durante il lancio dei sassi sono stati colpiti un cronista di un sito di informazione online, raggiunto al naso, e un operatore della tv alla testa. Entrambi non hanno riportato conseguenze e hanno continuato a svolgere il loro lavoro.

"Fuori i genocidi dalla storia, con la resistenza sempre", è lo slogan sullo striscione esposto dai manifestanti pro Palestina in piazza. "Non tolleriamo che in questa giornata vengano sventolati i simboli di uno Stato oppressore", gridano i manifestanti. A poche decine di metri sotto le lapidi dei caduti per la resistenza la Brigata ebraica che grida "Israel, Israel", cantando l'inno d'Italia.

Roma blindata, in campo oltre 600 agenti

Sono oltre 600 gli operatori delle forze dell'ordine, tra polizia, carabinieri e guardia di finanza in campo oggi a Roma per la gestione dell'ordine pubblico oggi nella Capitale che già da ieri si è blindata facendo scattare controlli e le bonifiche nella zona di Porta San Paolo. Qui la comunità ebraica depone una corona d'alloro e alcuni movimenti di sinistra, tra cui gli antagonisti, il movimento studenti palestinesi e i collettivi universitari si sono dati appuntamento per una manifestazione dal titolo 'Antifascismo e antisionismo'. E su questa concomitanza sarà massima l'attenzione delle forze dell'ordine.

Presidente Mattarella e premier Meloni all'Altare della Patria

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dai presidenti del Senato Ignazio La Russa, della Camera Lorenzo Fontana, del Consiglio Giorgia Meloni, della Corte costituzionale Augusto Barbera, dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dalle alte cariche militari, ha reso omaggio all'Altare della Patria, deponendo una corona di alloro sulla tomba del Milite ignoto.

Il capo dello Stato, che non rinunciò all'omaggio al Vittoriano neanche durante il lockdown, quando si recò da solo a piazza Venezia, si sposterà ora a Civitella in Val di Chiana, in Toscana, scelta quest'anno per la celebrazione del 25 aprile, dove nel 1944 i nazisti trucidarono 244 persone. La giornata si concluderà nel pomeriggio al Quirinale con l'udienza ai rappresentanti delle Associazioni d'Arma.

Tensioni a Torino

Qualche momento di tensione alla partenza della fiaccolata per il 25 aprile si è verificata ieri sera a Torino. Prima ancora che il corteo iniziasse a sfilare, militanti dei centri sociali e del fronte della gioventù comunista hanno protestato contro l’arrivo in piazza Arbarello di esponenti dell’associazione radicale Adelaide Aglietta che si sono presentati con bandiere dell’Ucraina, dell’Iran e della Ue. Tra loro anche un cartello della brigata ebraica con la stella di David. Sono partiti cori ‘fuori la Nato dal corteo’ e ‘il 25 aprile non è una ricorrenza ora e sempre resistenza’ mentre alcuni esponenti dei centri sociali hanno strappato alcune bandiere ucraine. Sono volati spintoni e pugni. A riportare la calma personale della Digos.

Sulle note dell’Inno alla Gioia e dell’Inno d’Italia si è conclusa in piazza Castello a Torino la manifestazione. Quando le autorità hanno lasciato il palco, i componenti dello spezzone dei centri sociali che durante gli interventi avevano accesso fumogeni, scandito slogan a sostegno della causa palestinese e contro le forze dell’ordine e chiesto ripetutamente di poter intervenire, hanno aperto le transenne poste a protezione del palco e sono saliti srotolando striscioni contro la guerra e per la libertà della Palestina. La manifestazione si è chiusa senza ulteriori tensioni.

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