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Israele-Hamas, Netanyahu: “Siamo sulla strada della...
Israele-Hamas, Netanyahu: “Siamo sulla strada della vittoria, non ci fermeremo”
"Quello che è accaduto il 7 ottobre non accadrà di nuovo"
"Siamo sulla strada della vittoria e non ci fermeremo finché non avremo raggiunto la vittoria". E' quanto ha ribadito il premier israeliano Benjamin Netanyahu in una conferenza stampa alla vigilia del centesimo giorno di guerra contro Hamas. "Non faremo compromessi e non ci fermeremo" aggiunge. "Quello che è accaduto il 7 ottobre non accadrà di nuovo", ha assicurato il primo ministro, che poi, parlando della visita dei giorni scorsi del segretario di Stato americano Antony Blinken, ha detto di avergli fatto presente che "questa non è solo la nostra guerra, è anche la vostra guerra".
"Nessuno ci fermerà, né l'Aja né l'Asse del Male" aggiunge, ribadendo che il Paese continuerà a combattere "fino alla vittoria totale" nella guerra contro Hamas. Parlando del procedimento contro Israele con l'accusa di genocidio che si è aperto nei giorni scorsi davanti alla Corte internazionale di giustizia all'Aja, Netanyahu ha denunciato "l'attacco ipocrita, che rappresenta il livello più basso nella storia delle nazioni". "I sostenitori dei nuovi nazisti osano accusarci di genocidio", ha tuonato, scagliandosi contro Pretoria, che ha intentato la causa, mentre Israele sta "combattendo una guerra morale e giusta senza precedenti contro i mostri di Hamas, i nuovi nazisti". "L'antisemitismo è ancora vivo, ma lo status del popolo ebraico è cambiato: abbiamo uno Stato, un esercito e soldati eroici che proteggono il nostro popolo", ha rivendicato Netanyahu.
Israele, annuncia il primo ministro, prevede un “enorme” aumento per il bilancio della difesa come parte di un piano volto a coprire le esigenze per gli anni a venire. Il premier israeliano ha aggiunto che un comitato interministeriale presenterà entro otto settimane i piani per "l'enorme finanziamento aggiuntivo, per creare l'indipendenza di forze e per garantire la nostra sicurezza nei prossimi anni".
"Chiudere il confine tra Egitto e Gaza"
Il confine tra Egitto e Gaza deve essere chiuso prima che la guerra di Israele con Hamas finisca. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Durante una conferenza stampa in occasione del centesimo giorno di guerra di Israele contro Hamas, Netanyahu ha sottolineato che Israele non potrà porre fine alla guerra fino alla chiusura della Philadelphi Route, una striscia di terra di 14 chilometri tra Israele ed Egitto. "Distruggeremo Hamas, smilitarizzeremo Gaza, altrimenti attrezzature militari e altre armi mortali continueranno a entrare in questa apertura meridionale, quindi ovviamente dobbiamo chiuderla", ha detto Netanyahu.
Ci sono diversi modi in cui Israele può prendere il controllo del corridoio, ma i funzionari non hanno deciso esattamente come procedere in tal senso, ha detto Netanyahu, sottolineando inoltre che l'unica decisione che hanno preso è che il passaggio "deve essere chiuso".
"Civili sfollati dal nord di Gaza non potranno tornare durante guerra"
Israele non permetterà agli sfollati del nord di Gaza di ritornare mentre la guerra è in corso. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, spiegando che la decisione è in linea con il diritto internazionale. "Si portano via i civili da una zona di guerra e non li si riporta indietro mentre è ancora pericoloso", ha aggiunto il premier. Secondo le Nazioni Unite, quasi il 90% dei palestinesi di Gaza sono stati sfollati con la forza a causa della guerra di Israele contro Hamas. I leader palestinesi hanno promesso di non permettere che la guerra allontani permanentemente gli abitanti di Gaza dalle loro case nel territorio.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha chiarito al governo israeliano durante una recente visita che deve consentire ai palestinesi di tornare a casa "non appena le condizioni lo consentiranno".
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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...
"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"
"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.
"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.
"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.
"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".
A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".
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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...
L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"
L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.
Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.
Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".
L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".
Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".
Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.
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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...
Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri
"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.