Ultima ora
Cina, condannato a morte il killer del miliardario che ha...
Cina, condannato a morte il killer del miliardario che ha portato in tv ‘Il problema dei 3 corpi’
La vittima, Lin Qi, era il dirigente della sua società che era riuscito a ottenere i diritti della trilogia di fantascienza
L'assassino di Lin Qi, il miliardario cinese che ha avuto l'idea di portare sugli schermi la saga di fantascienza cinese "Il problema dei tre corpi" di Liu Cixin, è stato condannato a morte il 22 marzo, proprio il giorno prima del debutto dell'attesa serie su Netflix. Il caso, racconta la Cnn, ha attirato un'enorme attenzione in Cina, data la notorietà della vittima - giovane imprenditore diventato ricchissimo quando la sua società di video giochi è stata quotata in borsa nel 2014 - e la dinamica, degna appunto di una serie tv alla Breaking Bad, dell'omicidio.
Lin, che figura nei titoli come produttore esecutivo della serie, è stato avvelenato a 39 anni, mesi dopo che Netflix ha annunciato il piano di produrre la serie nel 2020. Ad ucciderlo è stato uno dei principali dirigenti della sua società, l'avvocato Xu Yao che aveva aiutato la Yoozoo Games di Lin ad ottenere i diritti della trilogia.
Xu aveva regalato a Lin una bottiglia di quello che aveva presentato come un probiotico, ma conteneva tossine letale acquistate sul 'dark web', attraverso un sistema di 160 diversi cellulari ed una trading company in Giappone, riferiscono media cinesi. Secondo queste ricostruzioni, l'assassino ha mixato e testato un centinaio di sostanze letali in un laboratorio improvvisato, proprio come quello del protagonista della serie americana "Breaking Bad" di cui Xu è un grande fan.
Dopo l'avvelenamento, nell'inverno del 2020, Lin è stato ricoverato in un ospedale di Shangai dove è morto 10 giorni dopo, con i medici che hanno riscontrato la presenza nel suo corpo di cinque tossine diverse. Xu è stato subito identificato come principale sospetto ed arrestato.
Secondo la sentenza di condanna, il movente era una disputa sulla gestione della società. I media specificano che la disputa sarebbe stata legata proprio ai diritti della trilogia, per trasformarla in una sorta di franchise culturale. I diritti però erano stati acquistati nel 2009 da una coppia di imprenditori cinesi, con cui Lin tentò negli anni scorsi senza successo di collaborare per l'adattamento cinematografico.
Nel 2017 si rivolse a Xu, un avvocato famoso che ha studiato in Francia e Stati Uniti, con un decennio di esperienza come legale delle corporation cinese, che riuscì ad ottenere i diritti e l'anno seguente fu nominato a capo di una società sussidiaria di Yoozoo, chiamata appunto The Three-Body Universe, con il compito di sviluppare il Three-Body IP.
Ma a questo punto i rapporti tra i due si incrinano, e Lin, scontento dei risultati di Xu, comincia a marginalizzare l'avvocato affidando i progetti più importanti ad un altro dirigente, Zhao Jilong, che anche sarebbe stato vittima di un avvelenamento da parte di Xu, che aveva iniettato mercurio nelle bottigliette di acqua, di whiskey e nelle capsule del caffè dell'ufficio di Zhao che è sopravvissuto ma con una concentrazione del mercurio nel suo corpo 10 volte superiore ai livelli di sicurezza.
Xu si vede anche ridotto lo stipendio da 20 milioni di yuan (2,7 milioni di dollari) all'anno a 5 milioni, e quando Netflix annuncia il progetto per la serie, nel settembre 2020, il suo nome non compare tra quello dei produttori esecutivi, mentre Lin fa mettere quello di Zhao accanto al suo. E forse questo è lo strappo finale che ha spinto Xu a mettere in atto il suo piano omicida.
Esteri
Usa, morto uomo che si è dato fuoco fuori da tribunale...
Prima di darsi fuoco, cospargendosi di un liquido infiammabile, l'uomo aveva lanciato alcuni opuscoli infarciti di teorie cospirazioniste
E' morto l'uomo che ieri si è dato fuoco fuori dal tribunale di New York dove è in corso da lunedì il processo contro Donald Trump. Lo ha reso noto la Nbc, a cui fonti della polizia hanno riferito che Maxwell Azzarello, un trentenne della Florida, "è stato dichiarato morto dai medici dell'ospedale". Prima di darsi fuoco, cospargendosi di un liquido infiammabile, l'uomo aveva lanciato alcuni opuscoli infarciti di teorie cospirazioniste.
Economia
Tesla richiama quasi 4.000 Cybertruck: problema a pedale...
Potrebbe aumentare il rischio di incidenti
Tesla sta richiamando 3.878 dei suoi Cybertruck a causa di un problema al pedale dell'acceleratore che potrebbe aumentare il rischio di incidenti, ha detto il regolatore federale della sicurezza. "Il pedale dell'acceleratore intrappolato può far accelerare involontariamente il veicolo, aumentando il rischio di incidente", ha affermato la National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa) in un avviso di richiamo relativo al Cybertruck, il nuovo veicolo elettrico di Tesla, lanciato sul mercato nel novembre 2023.
"Una modifica non approvata ha introdotto del lubrificante per facilitare l'assemblaggio dei componenti della pastiglia sul pedale dell'acceleratore. Il lubrificante residuo ha ridotto la ritenzione del pad sul pedale''. L'Nhtsa ha affermato che il richiamo riguarda ''tutti i veicoli Cybertruck Model Year ('MY') 2024 fabbricati dal 13 novembre 2023 al 4 aprile 2024".
All’inizio di questo mese, Tesla ha detto ai suoi dipendenti che avrebbe licenziato “più del 10%” della sua forza lavoro globale. I licenziamenti potrebbero avere un impatto su più di 14.000 persone e arrivare due settimane dopo che la casa automobilistica elettrica ha riportato il suo primo calo delle vendite anno su anno dal 2020. La società ha inoltre avvertito che la crescita delle vendite potrebbe essere “notevolmente inferiore” nel 2024 rispetto all’obiettivo dichiarato di una crescita del 50% ogni anno.
Ultima ora
Caso Zuncheddu, “assolto per ragionevole dubbio su...
Le motivazioni della sentenza del processo di revisione: l’ex allevatore tornato libero dopo 33 anni di carcere
Il processo di revisione "non ha condotto alla dimostrazione della certa ed indiscutibile estraneità di Beniamino Zuncheddu" alla strage di Sinnai (Cagliari) dell'8 gennaio del 1991 in cui furono uccisi tre pastori “ma ha semplicemente fatto emergere un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza”. E’ quanto scrivono i giudici della quarta sezione della Corte di Appello di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 26 gennaio l'ex allevatore di Burcei è stato assolto. Zuncheddu, proclamatosi sempre innocente, è tornato in libertà dopo 33 anni di carcere.
“Zuncheddu “fu condannato perché il teste oculare dichiarò di averlo riconosciuto come l'aggressore, nonché per aver fornito un alibi falso – si legge – tuttavia oggi va mandato assolto dai delitti a lui ascritti ai sensi del comma 2 dell'articolo 530 c.p.p. (insufficienza di prove, ndr.) e quindi non con assoluzione piena, perché all'esito dell'istruttoria residuano delle perplessità sulla sua effettiva estraneità all'eccidio, commesso verosimilmente da più di un soggetto, uno dei quali, diversamente da quanto opinato nell'istanza di revisione, non era un cecchino provetto, non riuscendo nell'intento omicidiario nemmeno dopo aver sparato due colpi a distanza ravvicinata in un luogo talmente stretto che ‘non occorreva prendere la mira’”.
Per i giudici di Roma, “è chiaro che una volta venuta meno la prova-cardine di un teste oculare che, sopravvissuto al massacro, asserisce di avere riconosciuto almeno uno degli aggressori, di fronte alla quale, giustamente, nel corso del procedimento del 1991, non si poteva che pervenire ad una sentenza di condanna, oggi la residua scorta indiziaria non può ritenersi sufficiente per pervenire alla conferma della condanna di Zuncheddu, oltre ogni ragionevole dubbio. Non v'è però prova piena della sua innocenza – si legge nelle motivazioni - e ciò perché egli fornì un alibi fallito che poi fu sostenuto da due testi pacificamente falsi”.
"La già esile speranza di poter pervenire ad una ricostruzione veritiera ed attendibile dello svolgimento dei fatti dopo trent'anni – sottolineano i giudici - è stata gravemente pregiudicata dalla forte attenzione mediatica riservata a questa vicenda, tale per cui sono state divulgate disinvolte ricostruzioni dei fatti arricchite da discutibili commenti, giudizi personali, congetture, valutazioni unilaterali prive del dovuto contraddittorio (e quindi lacunose e parziali) che hanno inciso sulla genuinità dei testi, che invece avrebbero forse potuto offrire qualche spiraglio di verità se fosse stato lasciato libero il campo alla memoria di ciascuno di essi, non influenzata da narrazioni preconfezionate”.