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Cronaca

Chiara Ferragni ‘Joker’ in copertina...

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Chiara Ferragni ‘Joker’ in copertina sull’Espresso: il web si spacca

Il giornale domani in edicola con un'inchiesta sulla 'Ferragni Spa'. Lei annuncia azioni legali, Fedez attacca sui social

La copertina dell'Espresso dedicata a Chiara Ferragni diventata virale sui social

Un primo piano col trucco che cola, rosso e blu, come quello di un pagliaccio. E' il 'ritratto' di Chiara Ferragni che campeggia sulla nuova copertina de L'Espresso, che annuncia un'inchiesta giornalistica e titola 'Ferragni Spa: Il lato oscuro di Chiara'. La copertina fa arrabbiare Fedez. Il rapper, dal proprio profilo Instagram, prende le difese della moglie in pubblico 'invitando' L'Espresso a condurre un'inchiesta sul proprietario della testata.

Chiara Ferragni valuta azione legale

Dal canto suo Chiara Ferragni ha dato mandato ai propri legali di valutare ogni tipo di azione legale, incluso quella per il risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali, nei confronti della società editrice del settimanale L’Espresso.

I legali dell'influencer hanno diffidato l’editore de L’Espresso dalla pubblicazione del numero, riservandosi ogni ulteriore azione anche all’esito delle verifiche sul contenuto dell’articolo. E contestano inoltre la portata "gravemente diffamatoria e lesiva" dell’uso fatto in copertina dell’immagine della propria assistita "palesemente denigrata e svilita proprio nel giorno in cui la donna dovrebbe essere celebrata".

Fedez attacca su Instagram

Nonostante la crisi coniugale, Fedez dimostra di essere al fianco della moglie. In una storia su Instragram, sulle note del brano suo e di J-Ax 'Pieno di stronzi', il rapper si scaglia contro la copertina 'incriminata e lancia la provocazione menzionando l’attuale proprietario de L'Espresso, Donato Ammaturo, noto imprenditore nel settore petrolifero.

E così nelle storie del rapper si vede una foto di Ammaturo con lo stesso trucco da clown utilizzato per coprire il volto di Chiara Ferragni e la scritta: "A quando una bella inchiesta sul vostro proprietario petroliere? Aspetto con ansia". E ancora: "Ma delle intercettazioni di esponenti della mafia in cui si parla del proprietario de L'Espresso ne parlerete mai? Ah no, da quando vi ha comprato stranamente non ne parlate più" scrive il rapper per poi 'scusarsi' di un errore: "Mi sono sbagliato. Chiedo scusa: le intercettazioni non sono di esponenti mafiosi ma di esponenti della 'ndrangheta".

Infine, il rapper rivolgendosi sempre al settimanale ironicamente domanda: "Che dite? A Carnevale venite a fare un giro con noi vestiti da Ronald McDonald? Che con le 4 copie che venderete in più mi sa che ci scappano anche i coriandoli". L'intervento di Fedez rappresenta la sua prima difesa pubblica della moglie dopo la notizia dell'annuncio della crisi della coppia.

Il web si divide

Il settimanale uscirà in edicola domani, 8 marzo, ma l’immagine di Ferragni come 'Joker' è ormai virale sui social, dove gli utenti si dividono e le opinioni sono molto discordanti. C'è infatti chi considera eccessiva e di cattivo gusto la scelta del settimanale. "Una copertina che non c’entra niente con il giornalismo ma che è pregna di una violenza inaudita", scrive qualcuno. "Menateje pure già che ce semo", scrive in romanesco un altro. E un'altra aggiunge: "Da donna, mi sento sfregiata. L’Espresso è una rivista di attualità e mi disgusta pensare che il racconto dell’attualità debba passare attraverso lo scherno feroce".

Ma sono molti anche i commenti di chi mostra di condividere - o di non condannare - la scelta dell'Espresso. "Copertina azzeccata che rende decisamente l’idea di chi sia realmente Chiara Ferragni", scrive qualcuno. "Qui stanno trattando Chiara Ferragni semplicemente come un’adulta di potere. Lo so che il suo aspetto delicato confonde molto. Ma è un’adulta di potere. Nel bene e nel male", aggiunge un'altra. C'è chi punta sul fatto che non sia un 'trattamento' esclusivo riservato all'influencer: "Che poi L’Espresso di copertine così ne ha fatte, ma guai a toccare Chiaretta eh", si ironizza. A commentare la cover anche Selvaggia Lucarelli: "Gente che non ha mai letto un giornale pensa che non sia mai esistita una copertina simile. E si concentra sulla foto, mica su quello che c'è scritto sotto la foto", scrive nelle sue stories di Instagram.

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Cronaca

Rogo Primavalle, il 16 aprile 1973 la morte dei fratelli...

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Stefano e Virgilio, 10 e 22 anni, bruciati vivi in pochi minuti. 51 anni dopo, il rogo resta ancora impunito

Stefano e Virgilio Mattei - Fotogramma

Stefano e Virgilio Mattei hanno 10 e 22 anni quando uno scoppio violentissimo preannuncia l'incendio che avrebbe bruciato da lì a pochi istanti l'intero appartamento al 33 di via Bernardo di Bibbiena, nel quartiere Primavalle, portandosi via le loro giovanissime vite. E' il 16 aprile 1973. Alle 3.20 un gruppo di giovani di Potere Operaio sale fin su al terzo piano del lotto 15, scala D, per lasciare davanti alla porta di un appartamento una tanica di benzina con un innesco artigianale. Attivano la miccia e fuggono via. Qualche secondo ed è storia.

L'appartamento è quello di un ex netturbino, Mario Mattei, segretario della sezione 'Giarabub' del Msi, Movimento sociale italiano, in via Svampa. Ha sei figli: quando si accorge dell'incendio, si getta giù da un balcone. La moglie Anna e i due figli più piccoli, Antonella di 9 anni e Giampaolo di soli 3 anni, riescono a fuggire dalla porta principale quando il fuoco comincia a diffondersi. Lucia, di 15 anni, grazie al padre si cala nel balconcino del secondo piano e da lì si butta, presa al volo da Mattei già a terra nonostante le ustioni sul corpo. Silvia, 19 anni, si getta dalla veranda della cucina e finisce sul marciapiede del cortile riportando la frattura di due costole e tre vertebre. Gli altri due figli, Virgilio di 22 anni, militante missino dei Volontari Nazionali, e il fratellino Stefano di 10 anni, invece, non riescono a gettarsi dalla finestra per scampare alle fiamme. Intrappolati, riescono ad affacciarsi e provano a chiedere aiuto. Alcune foto dell'epoca ritraggono Virgilio proprio mentre, completamente annerito e con il volto già devastato dalle fiamme, cerca di gridare. Muoiono bruciati vivi nel giro di pochi minuti. I vigili del fuoco li trovano carbonizzati e abbracciati vicino alla finestra che non erano riusciti a scavalcare.

Le indagini, affidate nell'aprile del 1973 al sostituto procuratore Domenico Sica, si indirizzano subito verso piste collegate all'area della sinistra extraparlamentare e, in particolare, verso gli esponenti dell'ala considerata più movimentista di Potere Operaio. Il 18 aprile vengono spiccati tre mandati di arresto per i presunti responsabili: Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo. Mentre Lollo viene catturato quello stesso giorno, Clavo e Grillo riescono a sfuggire all'arresto e si danno alla latitanza, riparando in Svizzera. Il 7 maggio, a sole tre settimane dall'attentato, l'inchiesta giudiziaria viene chiusa. Il giudice istruttore Amato formalizza le accuse nei confronti di Achille Lollo (in carcere), Marino Clavo e Manlio Grillo (ancora latitanti).

In favore dei tre esponenti di Potere Operaio parte una campagna innocentista alla quale contribuiscono anche alcuni autorevoli personaggi della sinistra, tra cui Dario Fo e Franca Rame, che organizza una raccolta fondi per Achille Lollo. Una controinchiesta del collettivo Potere operaio, poi rivelatasi un depistaggio a tutti gli effetti, tenta di attribuire la responsabilità della tragedia a una faida interna tra esponenti di destra.

Il processo di primo grado inizia il 24 febbraio 1975, a quasi due anni dal rogo, con due degli imputati, Manlio Grillo e Marino Clavo, ancora latitanti, e il solo Achille Lollo in carcere. Si conclude in Corte d'Assise il 15 giugno 1975 con l'assoluzione per insufficienza di prove degli imputati dalle accuse di incendio doloso e omicidio colposo. Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo vengono condannati solo nel processo di appello bis. Ma, rilasciato in attesa di processo d'appello, Lollo fugge in Brasile e si sottrae alla cattura come già Manlio Grillo, rifugiatosi in Nicaragua, e Marino Clavo, tuttora non rintracciabile. La conferma della condanna in Cassazione arriva il 13 ottobre 1987. Tuttavia, la pena viene dichiarata estinta dalla Corte d'assise d'appello di Roma per intervenuta prescrizione, su istanza del difensore di Marino Clavo.

Nel 2005 alcune interviste clamorose portano a una riapertura dei fascicoli. In una di queste Achille Lollo ammette la colpevolezza propria e degli altri due condannati, aggiungendo che a partecipare all'attentato furono in sei, i tre condannati più Paolo Gaeta, Diana Perrone (figlia dell'editore Ferdinando) e Elisabetta Lecco, ammettendo inoltre di aver ricevuto aiuti dall'organizzazione per fuggire. Come lui, il 17 febbraio anche Manlio Grillo ammette per la prima volta la propria responsabilità e di aver ricevuto aiuti dall'organizzazione per fuggire.

La procura di Roma riapre quindi il caso: parte un procedimento contro Gaeta, Perrone, Lecco (Primavalle-bis), e un'inchiesta contro Lanfranco Pace, Valerio Morucci e Franco Piperno (Primavalle-ter) sulla base di una denuncia della famiglia Mattei che li indica quali mandanti dell'attentato. Il procedimento Primavalle-bis, già chiuso nel 2010 per impossibilità di procedere, viene definitivamente archiviato nel 2011 a causa dell'assenza di trattati per rogatorie internazionali con il Nicaragua e il Brasile (Lollo, morto nel 2021, rientra in Italia solo nel 2011, dopo la prescrizione e l'archiviazione). Il Primavalle-ter viene invece sospeso, a causa dell'anomalia giuridica delle precedenti condanne per omicidio colposo e incendio. Ad oggi, 51 anni dopo, il rogo di Primavalle resta ancora impunito.

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Cronaca

Palou de Comasema (Merck Italia): “Importante dialogo...

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‘Secondo i senior è solo fisica, per i giovani è anche mentale’

Palou de Comasema (Merck Italia):

“In un progetto di questo tipo è fondamentale la presenza di tutte le generazioni: prima di tutto dobbiamo capire la differente prospettiva delle diverse generazioni circa il concetto di salute. Secondo la percezione della generazione senior, la salute è solamente fisica, mentre per le nuove generazioni la salute è anche mentale. Questa percezione deve aiutare l'industria farmaceutica Merck a sviluppare le innovazioni. Noi abbiamo quattro diverse generazioni da integrare, ma prima dobbiamo capirne le diverse prospettive”. Così Ramon Palou de Comasema, presidente e amministratore delegato healthcare di Merck Italia, ieri a Roma, nel corso di del convegno ‘Emerging healthcare trends. A closer look across generations’ che ha visto la presentazione della ricerca realizzata dalla Luiss in collaborazione con Merck Italia che ha fotografato l’evoluzione del concetto di salute nelle generazioni italiane.

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Cronaca

Costabile (Luiss X.Ite): “Cambia il concetto di...

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‘Fondamentale la diffusione della tecnologia’

 - FOTOGRAMMA

"L'età incide sulle diverse dimensioni della salute. Le generazioni più avanti negli anni sono maggiormente sensibili alla salute fisica, relativamente meno le nuove generazioni. La salute mentale è sempre più sociale, relazionale, strettamente interconnessa con concetti come il benessere familiare e professionale. La sensibilità tra le generazioni cambia, così come cambia il mix tra cura e attenzione. Su tutto questo gioca un ruolo fondamentale la diffusione delle tecnologie, non tanto quelle legate al mondo della scienza, quanto quelle di consumo, che aiutano i singoli a prendersi più cura di se stessi”. Lo ha detto Michele Costabile, direttore Centro di ricerca Luiss X.Ite, ieri a Roma, in occasione del convegno ‘Emerging healthcare trends. A closer look across generations', nel corso del quale sono stati presentati i dati della ricerca realizzata dalla Luiss (Centro di Ricerca Luiss – X.ite su tecnologie e comportamenti di mercato), in collaborazione con Merck Italia.

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