Politica
Rai, Conte dice no al sit-in del Pd
Il leader del Movimento: "No, caro Pd, il 7 febbraio noi non ci saremo"
Giuseppe Conte e il M5S respingono l'invito a partecipare al sit-in che il Pd organizzerà il 7 febbraio per protestare contro una Rai 'al servizio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni'. "No, caro Pd, il 7 febbraio noi non ci saremo. Se davvero si vuole lavorare con noi per costruire una seria alternativa di governo, di cui l'Italia ha dannatamente bisogno, dobbiamo mettere da parte l'ipocrisia su quelle che sono battaglie sicuramente giuste, come quelle su Rai e libertà di informazione", dice Conte in un post su Facebook.
"Abbiamo partecipato ai sit-in per la tutela del giornalismo d'inchiesta, a fianco di Report - ricorda -. Saremo sempre a fianco di chi nel nostro Paese difende la libertà di stampa. Ma non ci sembra risolutivo né credibile un sit-in lanciato da un Pd indignato, che chiama a raccolta le altre forze politiche e finge di non sapere quello che tutti sanno da anni, e cioè che la governance Rai è assoggettata al controllo del Governo oltreché della maggioranza di turno grazie alla riforma imposta dal Pd renziano nel 2015. Ai partiti non serve un sit-in, basta impegnarsi seriamente nelle commissioni parlamentari per una riforma".
"Io stesso, a inizio legislatura - rivendica il leader pentastellato -, ho lanciato l'idea di lavorare, attraverso un ampio confronto in Stati generali, a una organica riforma della Rai, da attuare però nella prossima legislatura, indipendentemente da chi sarà il vincitore. Perché è, ad un tempo, furbo e illusorio imporre un cambiamento normativo al governo di turno, che delle norme attuali si sta avvantaggiando".
"In Commissione di vigilanza la Presidente Floridia sta lavorando proprio a questo progetto - scrive ancora Conte - , con Stati Generali da tenersi subito dopo le elezioni europee, al fine di promuovere un più ampio pluralismo e una maggiore qualità dell'informazione, rendendo la Rai sempre più digitalizzata e sostenibile, accrescendone la competitività rispetto alle ormai predominanti piattaforme digitali".
"Mettere da parte l'ipocrisia significa partecipare costruttivamente a questo progetto per pervenire a una riforma quanto più condivisa, che tenga la Rai al sicuro dall'influenza dei governi e delle maggioranze di turno. Combattiamo questa battaglia senza infingimenti. Lanciare allarmi democratici a giorni alterni e prendere di mira il singolo servizio giornalistico non può essere la soluzione. Perché serve solo ad alimentare la reazione di chi oggi può facilmente opporre che - per quanto siano poco commendevoli servizi adulatori dei politici oggi al potere - non sarà facile eguagliare il record dei servizi accortamente confezionati negli anni per soffiare il vento del consenso a favore del Pd".
"Siamo seri! - scrive ancora Conte - L'amichettismo di destra vale quanto l'amichettismo di sinistra. I cittadini non sono sciocchi. L'allarme democratico lanciato dal Pd per la nomina da parte di Fratelli d'Italia del nuovo direttore del Teatro di Roma è appena rientrato: la figura è stata sdoppiata e Pd e FdI avranno, ciascuno, il proprio direttore di riferimento. Questo non vuol dire che io non sia preoccupato: il duo Meloni-Fazzolari non sta dimostrando verso il mondo dell'informazione un'adeguata cultura democratica. Agiscono maldestramente, in maniera ruvida e arrogante, per esercitare influenza politica su quante più testate giornalistiche possibili e, quando non ci riescono, utilizzano armi non convenzionali persino contro noti siti di informazione".
"Chi davvero vuole cambiare le cose - va avanti l'ex premier - metta da parte l'ipocrisia e lavori ai tavoli istituzionali, dapprima agli Stati Generali e poi nelle commissioni parlamentari. Dimostri lì la voglia di cambiare. Questo vale per la Rai e per gli altri temi che si trascinano da anni e non vanno avanti perché ci mancano i numeri: legge sul conflitto di interessi, regolamentazione delle lobby, riforma della legge elettorale in senso proporzionale con reintroduzione delle preferenze, e così via. Proviamo a cambiare le cose, per davvero. Solo così si batte Giorgia Meloni", conclude Conte.
Politica
Ue, Meloni si sfila da ‘toto-Draghi’:...
"Sono i cittadini che decidono le maggioranze, non partecipo a dibattito"
Non apre e non chiude, semplicemente si sfila. Perché sul futuro di Mario Draghi ai vertici dell'Europa -quella che verrà dopo il voto del 9 giugno- per Giorgia Meloni si fa mera "filosofia". I giochi si decideranno soltanto poi, quando i voti saranno nero su bianco e i rapporti di forza ben definiti. Tutto questo dibattere attorno all'ex premier e numero uno della Bce sembra quasi infastidirla. Lasciando l'Europa Building dopo un Consiglio europeo che si è protratto ben oltre ogni più fosca aspettativa -tanto che al 'fischio' di fine vertice un applauso spontaneo si leva dalla sala stampa-, la premier si ferma per un punto stampa alla lanterna, rispondendo a ogni singola domanda come fosse su un ring.
Aborto, par condicio, carcere per i giornalisti, discesa in campo di Ilaria Salis, vendita dell'Agi: ribatte domanda su domanda parlando spesso -per ben 4 volte- di fake news. E anche su Draghi, lascia intendere, è la stampa ad aver 'ricamato'. "Io sono contenta che si parli di un italiano - premette - ma questo dibattito è filosofia. La tendenza di decidere prima che i cittadini votano non mi troverà mai d'accordo. Sono i cittadini che decidono le maggioranze, per questo non parteciperò al dibattito" su Draghi sì, Draghi no, Draghi forse.
"Questo dibattito è buono per i titoli dei giornali e fare campagna elettorale - aggiunge poi - ma non è così che funziona. Questa tendenza a tentare di decidere chi fa cosa prima che i cittadini votino è una tendenza sulla quale non mi troverete mai". E pazienza se le parole pronunciate da 'Super Mario' alla vigilia del vertice siano suonate alle orecchie di molti come un discorso programmatico, la rotta che punta a un ruolo di peso nei futuri assetti europei.
"A giugno spero l'Europa sia diversa, capace di rispondere alle sfide"
I giochi si fanno poi, torna a ribadire Meloni, che inizia la sua giornata arrivando all’Europa Building mezz’ora prima dell’avvio del summit per incontrare la presidente uscente Ursula Von Der Leyen, candidata del Ppe in corsa per il bis ma con un certo affanno, complice il ‘fuoco amico’ del Partito popolare europeo. Con lei, dirà poi Meloni incontrando i giornalisti, ha parlato di migranti, con i flussi “in significativo calo”, rivendica, prova che la strategia messa in piedi “sta dando risultati”. Ma è comunque un’Europa “diversa” quella che la premier italiana vede dopo il voto, “capace di rispondere alle grandi sfide” che l’attendono.
Perché un cambio di passo va impresso, e il rapporto di Enrico Letta -su cui oggi si sono ‘accapigliati’ i leader- e il cambiamento “radicale” chiesto da Draghi dimostrano, rimarca, che le critiche mosse in passato da chi certo non vantava l’etichetta dell’europeista convinto un fondamento l’avevano: “fino a ieri ci dicevano che andava tutto bene - rivendica Meloni, ricordando il ‘pedigree’ di Letta e Draghi - oggi fanno i conti con il fatto che le priorità sono altre".
E lei sente di avere l’opinione pubblica dalla sua parte: “Potete continuare a ripetere che sono una pericolosa fascista e mi aiutate anche, visto che penso che la gente che vede il lavoro di questo governo si renda conto che gli estremisti stanno da un'altra parte", dice. Come stanno dall’altra parte, per l’esattezza “a sinistra” -accusa- quelli che vorrebbero cambiare la Legge 194, ma che a suo dire non hanno il coraggio di dirlo, di intestarsi la battaglia.
Meloni difende a spada tratta l’emendamento della discordia al dl Pnrr quater sui movimenti pro-vita nei consultori: “ricalca esattamente il testo della 194”, che è una “legge equilibrata”. Anche sul ‘balletto’ andato in scena in vigilanza sulle regole della par condicio, “non c’è nessuna TeleMeloni, non accetto lezioni di democrazia da nessuno”, tuona.
Mentre il carcere per i giornalisti - altra notizia che ha infiammato il dibattito - “c’è già, è una legge di Fdi che lo sta togliendo”. Lei, assicura, difende “la libertà di stampa”, e infatti assicura non ci sia la sua ‘manina’ -“ho letto tante falsità e ricostruzioni surreali”- dietro la vendita dell’Agi, al centro della trattativa Eni-Angelucci: “non so se chi ispira queste letture fosse abituato a usare le partecipate dello Stato per risolvere i problemi privati degli amici o per stiparci i parenti, può essere che sia stato così ma non è la mia lettura su a cosa servano le partecipate”.
"Salis candidata? Non so quanto aiuti..."
Sul caso Salis - mentre la candidatura per Avs viene prima smentita e poi annunciata - Meloni assicura che il Governo continuerà a fare il suo lavoro: “non cambia nulla” riguardo alla detenzione della maestra 39enne, "verrà garantita comunque come è giusto". "La politicizzazione della vicenda, come ho già detto in passato, non so quanto possa aiutare il caso in sé", ma "le scelte personali di Salis non mi permetto di giudicarle".
Politica
Ilaria Salis, Mimmo Lucano: “Candidata alle Europee?...
"Sta pagando per la difesa dei diritti umani"
''Sono contento della candidatura di Ilaria Salis". Lo dice all'Adnkronos, Mimmo Lucano, candidato alle Europee di Avs, commentando la discesa in campo per la sfida di Bruxelles anche di Ilaria Salis. "Lei è un'attivista, la sua candidatura nasce dalla condivisione di un ideale, non da opportunismi o altro, visto quello che sta pagando per il suo impegno politico, perché si schiera a difesa del rispetto dei diritti umani ed è una antifascista''.
Politica
Fine vita, governo presenta ricorso a Tar contro delibere...
Per l'esecutivo, le delibere sul suicidio assistito non hanno fondamento
Il governo ha presentato ricorso al Tar dell'Emilia Romagna il 12 aprile scorso contro la Regione, in particolare, contro la direzione sanitaria Salute della persona, per chiedere l'annullamento delle delibere di Giunta che davano attuazione al suicidio medicalmente assistito in Emilia Romagna.
Ad annunciarlo è la consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini, che pure aveva depositato un ricorso analogo nel marzo scorso, insieme a un gruppo di associazioni. ''A marzo io, insieme ad alcune associazioni, avevo presentato un analogo ricorso al Tar: il testo è di oltre 50 pagine", dice all'Adnkronos l'esponente azzurra che esprime soddisfazione per il provvedimento del governo che rafforza il lavoro di questi mesi''.
Il ricorso del governo
La Regione Emilia Romagna "ha previsto un articolato procedimento amministrativo che conduce alla erogazione della prestazione 'suicidio medicalmente assistito" e ha agito "in evidente carenza di potere per assenza di copertura legislativa e violazione, tra gli altri, del principio di uguaglianza e di riserva al legislatore statale della materia dell’ordinamento civile e penale", si legge nel ricorso che il governo ha presentato al Tar dell'Emilia Romagna.
Con le delibere la Regione Emilia-Romagna, spiega il ricorso, "nel dichiarato intento 'di consentire da subito ai cittadini l’effettivo accesso a tale diritto' (il suicidio medicalmente assistito, n.d.r.), riconosciuto, ad avviso della Regione stessa, dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, ha illegittimamente disciplinato in via amministrativa quali siano gli organismi competenti a valutare gli stringenti requisiti indicati dalla stessa Corte per scriminare il reato di aiuto al suicidio" previsto dall’articolo 580 codice penale.
Dunque, argomenta ancora il ricorso "in assenza di qualunque previsione normativa statale, in palese violazione del principio di legalità, la Regione Emilia Romagna ha disciplinato una pretesa a carico del Ssn senza che tale pretesa sia stata in qualche modo riconosciuta dall’ordinamento, e ciò sulla base di un procedimento destinato, oltretutto, ad operare al di fuori di un quadro ordinamentale omogeneo". Le delibere sono dunque state assunte "in palese violazione del principio di legalità del potere amministrativo" che "prescrive che la Pubblica Amministrazione possa agire solo nei limiti di quanto prevede una norma di legge e per il perseguimento dei fini indicati nella norma stessa" e hanno "nella sostanza, riconosciuto e disciplinato le modalità di esercizio di un diritto 'al suicidio assistito”' diritto che non è previsto dalla legge e che la stessa Corte costituzionale ha escluso".
"Appare evidente che non vi è alcun diritto al 'suicidio assistito' che possa legittimare un intervento attuativo dell’autorità amministrativa, come invece accaduto nel caso di specie", denuncia ancora il ricorso. "L’organo di governo della Regione Emilia Romagna è dunque intervenuto, non solo e non già in assenza di disciplina legislativa o regolamentare sul punto, ma ponendosi in frontale contrasto con la relativa disciplina normativa statale, la quale ha delineato le specifiche modalità ed i percorsi procedimentali per pervenire alla implementazione degli ambiti di operatività del Ssn, tutti impostati nel segno del coinvolgimento delle amministrazioni regionali, e della concertazione con le stesse".