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Sostenibilità

Transizione energetica e clima, le strategie per il Sud del...

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Transizione energetica e clima, le strategie per il Sud del mondo

Un’analisi di S&P Global Commodity Insights

Pianeta verde

Il cambiamento climatico è una delle sfide più urgenti e complesse che il mondo affronta oggi. Richiede un approccio globale e cooperativo che vada oltre i confini nazionali e consideri le diverse realtà economiche e sociali dei vari paesi. In questo contesto, l'analisi condotta da S&P Global Commodity Insights offre un'importante prospettiva sulla transizione energetica e sulle sfide che il Sud del mondo deve affrontare.

Affrontare il cambiamento climatico: il quadro attuale e le sfide globali

Lo stato attuale del cambiamento climatico ci pone di fronte a una sfida senza precedenti, che richiede un impegno collettivo e urgente da parte di tutte le nazioni del mondo. Dalla COP28 emerge un quadro preoccupante: il mondo è significativamente lontano dal raggiungere gli obiettivi stabiliti dall'Accordo di Parigi. Gli impegni nazionali attuali sono ben al di sotto di quanto richiesto per limitare l'aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius entro il 2030, con una prospettiva che prevede solo una modesta riduzione delle emissioni entro quel termine.

L'analisi condotta da S&P Global Commodity Insights conferma questa tendenza allarmante, evidenziando come gli sforzi attuali ridurrebbero le emissioni solo del 10% entro il 2030 anziché il taglio del 43% necessario. Questo divario crescente tra le traiettorie delle emissioni e il percorso verso lo zero netto entro il 2050 sottolinea l'urgenza di un'azione più decisa e coordinata.

Mentre gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno visto un rallentamento delle loro emissioni, le proiezioni indicano che India, Africa e altri mercati emergenti continueranno a registrare aumenti significativi nelle emissioni nel prossimo futuro. È cruciale riconoscere, però, che le responsabilità non sono equamente distribuite: molti paesi del Sud del Mondo hanno contribuito in misura minore alle emissioni storiche rispetto ai loro omologhi del Nord. Questo dato dovrebbe smontare l'idea ingiusta che il Sud sia il principale responsabile del fallimento globale nel raggiungere gli obiettivi climatici.

La transizione energetica che si prospetta non può essere affrontata con una soluzione unica per tutti. S&P Global Commodity Insights sottolinea come essa sarà multidimensionale, richiedendo un approccio flessibile e adattabile a diverse realtà nazionali. È fondamentale coinvolgere attivamente i paesi del Sud del Mondo in questo processo, considerando le loro specifiche sfide e priorità.

Le sfide energetiche nel sud del mondo: ostacoli e opportunità

Affrontare le sfide energetiche nel Sud del Mondo è una necessità urgente, considerando il divario significativo nel reddito pro capite tra le regioni del Nord e del Sud del pianeta. Mentre il reddito pro capite nell'India si aggira intorno ai 2.900 dollari statunitensi e nell'Africa subsahariana è inferiore a 1.800 dollari statunitensi, nel Nord America supera i 63.000 dollari statunitensi e nell'Europa occidentale supera i 51.000 dollari statunitensi. Questa marcata disparità sottolinea l'importanza critica dell'accessibilità all'energia.

Le soluzioni energetiche adottate nel mondo occidentale, come i veicoli elettrici e la cattura e stoccaggio del carbonio, potrebbero essere finanziariamente fuori portata nel Sud del Mondo. Mentre i governi dei paesi sviluppati possono offrire incentivi e sovvenzioni per facilitare la transizione energetica, quelli nel Sud del Mondo spesso non hanno la flessibilità finanziaria necessaria per implementare tali iniziative su larga scala. Inoltre, la priorità per molti di questi paesi è garantire l'accessibilità a un'energia economica, spesso proveniente da fonti di idrocarburi, che viene sussidiata per garantire un accesso diffuso.

La crescita economica emerge come soluzione primaria per superare questo divario, consentendo ai paesi del Sud del Mondo di offrire incentivi e sovvenzioni simili a quelli dei paesi sviluppati per la transizione energetica. Tuttavia, per raggiungere tale crescita economica, è fondamentale garantire l'accesso a un'energia economica e accessibile, lasciando molte nazioni in una situazione di stallo.

Inoltre, la dipendenza economica e politica dalla dotazione nazionale di combustibili fossili rappresenta un'altra sfida significativa. Il carbone, il petrolio e il gas svolgono un ruolo critico nella sicurezza dell'approvvigionamento e sono fonti primarie di entrate per molti paesi del Sud del Mondo. Queste risorse sono vitali per finanziare i bilanci nazionali e sostenere i programmi sociali. La transizione rapida da queste fonti di energia potrebbe comportare disoccupazione diffusa, agitazioni politiche e destabilizzazione, minando gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico.

Inoltre, i vincoli infrastrutturali complicano ulteriormente la transizione energetica. La costruzione di infrastrutture energetiche su larga scala richiede procedure di acquisizione terreni e processi di permessi che possono incontrare ritardi prolungati, specialmente quando devono navigare attraverso giurisdizioni multiple e attraversare linee di contea e statali.

La mancanza di accesso alla tecnologia e alla forza lavoro qualificata rappresenta un'altra sfida. Molti paesi non dispongono dell'infrastruttura tecnologica e dell'esperienza necessarie per implementare e mantenere nuovi sistemi energetici, ostacolando il progresso verso la sostenibilità. Superare questo divario tecnologico attraverso la collaborazione globale e investire nello sviluppo della forza lavoro è essenziale per facilitare una transizione di successo.

Infine, il finanziamento e il costo del capitale rappresentano sfide sostanziali per gli investimenti energetici nel Sud del Mondo. L'accesso limitato ai mercati finanziari e i costi elevati del prestito scoraggiano gli investitori, mentre la mancanza di ambienti normativi stabili mina ulteriormente la fiducia degli investitori. Attraendo capitali e garantendo condizioni di finanziamento favorevoli sono fondamentali per avanzare nell'infrastruttura energetica e la transizione verso fonti di energia sostenibili.

Strategie per la transizione energetica nel sud del mondo

L'analisi condotta da S&P Global Commodity Insights evidenzia diverse strategie fondamentali per i decisori politici, l'industria e gli investitori impegnati nella transizione energetica nel Sud del Mondo. Questa transizione richiede un approccio flessibile e adattabile, in linea con le esigenze e le peculiarità di ciascun paese. La diversità delle opportunità e delle sfide implica la necessità di un approccio che permetta di considerare una vasta gamma di soluzioni.

Le vie energetiche regionali dovrebbero concentrarsi innanzitutto sui bisogni fondamentali di accesso all'energia e convenienza, prima di avanzare verso obiettivi climatici più ambiziosi. In questo contesto, molte nazioni del Sud del Mondo vedono nei combustibili fossili convenzionali, come il gas, un'opportunità per sostenere la crescita economica e ridurre la dipendenza da fonti più inquinanti. Tuttavia, si riconosce la necessità di un graduale "salto tecnologico" verso energie rinnovabili, sebbene questo possa risultare impegnativo per economie a basso reddito.

Per rendere i progetti di tecnologie pulite meno rischiosi e più attraenti per gli investitori, è cruciale sviluppare capacità nella logistica, nei contratti, nel finanziamento e nei regolamenti. Inoltre, la collaborazione tra settori pubblico e privato può contribuire a sviluppare le competenze locali necessarie per gestire, mantenere e investire in progetti di energie rinnovabili, garantendo così una sostenibilità a lungo termine.

Le banche multilaterali di sviluppo svolgono un ruolo chiave nel finanziamento di progetti climatici nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, per massimizzare il loro impatto, è necessaria una maggiore collaborazione e coordinamento tra le varie istituzioni. L'impegno finanziario annunciato alla COP28 è un passo positivo, ma occorre un impegno continuo e crescente per affrontare le sfide climatiche in modo efficace.

La collaborazione Nord-Sud, sia tra governi che tra aziende, è essenziale per accelerare la transizione energetica. L'apprendimento e lo scambio di tecnologie e pratiche migliori possono favorire un progresso più rapido verso obiettivi comuni. La cooperazione internazionale e il supporto sono fondamentali per sbloccare il pieno potenziale dei paesi in via di sviluppo nel raggiungere gli obiettivi climatici globali e l'Accordo di Parigi.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Clima ed energia: obiettivi 2030 ancora alla portata...

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A che punto siamo secondo quanto rilevato da Italy for Climate

jonny-clow-unsplash

Il 22 aprile 2024 si è celebrata la Giornata Internazionale della Terra. Tra le tante iniziative ed eventi organizzati in ogni angolo del Mondo, è stato anche il momento di condividere bilanci e analisi sullo stato attuale in tema di clima ed energia. Con riguardo al nostro Paese, in occasione della Giornata della Terra, Italy for Climate ha pubblicato la quinta edizione del rapporto “10 Key trend sul clima” che analizza le principali tendenze registrate nel 2023 in Italia con riferimento alla lotta al cambiamento climatico e alla transizione energetica. Tra i dati principali, emerge che nell'ultimo anno il nostro Paese ha prodotto uno sforzo davvero considerevole nel tagliare le emissioni di gas serra con una diminuzione del 6,5% rispetto all'anno precedente, percentuale che corrisponde a una diminuzione di circa 27 milioni di tonnellate di gas serra prodotti. Il dato, qualora confermato, significherebbe che il nostro Paese si trova nella condizione di raggiungere ancora gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030. Tra i principali fattori che hanno influito sulla diminuzione registrata nel 2023 vi sono il minore utilizzo di carbone per produrre energia, i consumi energetici ridotti anche dovuti a un inverno piuttosto mite, un calo della produzione industriale, ma anche un'accelerazione nelle rinnovabili.

I principali trend sul clima in Italia

Oltre al primo trend che, come detto, riguarda la drastica riduzione delle emissioni, le altre principali tendenze in tema di clima ed energia segnalate da Italy for Climate non sono tutte esattamente positive. A cominciare dal numero di eventi climatici, drammaticamente aumentato nel 2023, che secondo le stime di Ispra risulta essere stato il secondo anno più caldo mai registrato in Italia. Non solo, l'anno passato, sul nostro territorio sono stati registrati 3.400 eventi climatici estremi. In quanto all'energia, secondo le stime Enea è calata del 3% l'intensità energetica del Pil ovvero del fabbisogno energetico necessario a produrre una unità di Pil. In calo, nel valore assoluto, anche i consumi di energia negli edifici (-2,3 Mtep) e nell'industria (-1,2% Mtep). Sempre secondo Enea, il calo delle emissioni globali di cui sopra è dovuto principalmente all'evoluzione del settore elettrico che sempre più si basa sulle fonti rinnovabili (+15 Twh) e meno su quelle fossili (-33 Twh). In particolare, la quota complessiva di energia prodotta da eolico e fotovoltaico è pari al 20%, mentre la quota di tutte le rinnovabili sfiora il 44% della produzione, il tetto massimo mai raggiunto. Meno bene invece gli indicatori sulla dipendenza energetica che vedono l'Italia tra i Paesi europei a più elevata dipendenza, seppur in lieve calo rispetto al 2022. Parlando di riqualificazione degli edifici, una questione di grande portata visto l'impatto che il parco immobiliare ha sul clima, nel 2023 sono state riqualificate oltre 700 mila abitazioni grazie agli incentivi introdotti dal Superbonus, il triplo in più rispetto alla media degli anni precedenti. Inoltre, a fine anno risultano installati 1,3 milioni di impianti fotovoltaici nel settore residenziale. Il mercato dell'auto elettrica seppur lentamente appare in crescita e ad oggi rappresenta il 4,2% del totale immatricolazioni. Dati comunque molto contenuti rispetto alla media europea del 14,6% con punte del 18,4% in Germania. Da segnalare infine il deficit medio nazionale del 60% sulle scorte di acqua nevosa nei principali bacini del Paese, con punte fino a -70% nel bacino dell'Adige e -67% in quello del Po. Proprio la crisi idrica rappresenta uno dei temi che andranno affrontati con maggiore attenzione, rapidità ed efficacia.

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Sostenibilità

“Recycle me”, lo spot di Coca-Cola per la...

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Lo scopo del nuovo spot sostenibile è l’invito all’azione: “Riciclami” è la scritta sulle lattine che ricorderà al consumatore di gettarla correttamente

Lattine di Coca-Cola

Recycle Me” è il nome della campagna pubblicitaria di Coca-Cola Company. Al centro dello spot: la sostenibilità e il riciclo. Lanciata in America Latina, i pubblicitari della campagna hanno pensato di usare il potere del logo, riconosciuto in tutto il mondo, e di modificarlo. La scritta bianca su sfondo rosso si “accartoccia”: raffigura, cioè, il modo in cui assomiglierebbe il logo se le lattine vuote venissero schiacciate per essere gettate e poi riciclate.

“Come parte dell'impegno della Coca-Cola di riciclare tutti i loro packaging entro il 2030, WPP Open X, guidato da Ogilvy New York, ha usato il potere dell'iconico logo della sceneggiatura del marchio per ispirare le persone a rendere il riciclo parte della loro esperienza quotidiana”, si legge su Instagram.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Ogilvy New York (@ogilvyny)

Lo spot pubblicitario

Coca-Cola crede che un futuro migliore si raggiunga attraverso pratiche sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale. Nell'ambito dei suoi obiettivi di sostenibilità, si impegna a riciclare tutti i suoi imballaggi entro il 2030. Volevamo sfruttare il potere dell'iconico logo del marchio per ispirare le persone a rendere il riciclo parte della loro esperienza quotidiana con Coca-Cola – scrive Laurent Ezekiel, WPP Chief Marketing Officer & CEO -. Abbiamo iniziato con l'intramontabile abitudine di schiacciare una lattina prima di riciclarla. Quindi abbiamo creato un'immagine estremamente telegrafica e potente con l'invito all'azione RECYCLE ME preso direttamente dal lato della lattina. Naturalmente, non esistono due lattine riciclate esattamente uguali, e nemmeno le nostre stampe e i nostri poster. Sviluppate da WPP Open X, sotto la guida di Ogilvy New York, le pubblicità creative saranno presenti a Buenos Aires, in Argentina, Brasile e Messico, oltre che sui canali sociali”.

Islam ElDessouky, vicepresidente globale per la strategia creativa e i contenuti di Coca-Cola, ha commentato: “Noi di Coca-Cola puntiamo ad avere un mondo senza rifiuti. Stiamo lavorando per innovare i nostri prodotti verso il nostro obiettivo globale di rendere riciclabile il 100% delle nostre confezioni entro il 2025. Inoltre, puntiamo a raccogliere e riciclare una bottiglia o una lattina per ogni bottiglia venduta entro il 2030 e abbiamo l’opportunità unica di utilizzare il nostro marketing per inviare un messaggio potente. ‘Riciclami’ invita tutti noi a riciclare ovunque sia possibile”.

Le iniziative Coca-Cola

Non è la prima volta che l’azienda lancia un’iniziativa del genere. Per l’obiettivo "World Waste Free", missione lanciata da Coca-Cola nel 2018 per contribuire alla lotta contro i rifiuti di plastica, si propose: imballaggi senza etichetta, tappo attaccato alla bottiglia come già avviene per la maggior parte delle bottiglie in plastica oggi e progetto di packaging completamente riciclabile. Nell’ultimo report di sostenibilità, la Company ha precisato di aver raggiunto il 90% dell’obiettivo. Il nuovo è raccogliere e riciclare una bottiglia o lattina per ogni bottiglia o lattina venduta entro il 2030.

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Sostenibilità

Lionello (Unisalento): “Continente europeo più...

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Il professore spiega le tendenze climatiche a margine del rapporto Copernicus

Europa sulla cartina - Canva

In Europa le temperature medie sono aumentate più che in ogni altro continente ma, pur restando allarmanti, i risultati del rapporto Copernicus sono anche la conseguenza di “tendenze intrinseche al cambiamento climatico”.

Lo spiega all’Adnkronos Piero Lionello, professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento e presidente del network MedCLIVAR (Mediterranean CLImate Variability).

“La considerazione più importante ed essenziale da fare – esordisce Lionello – è che i gas serra si distribuiscono in modo approssimativamente uniforme su scala globale. In pratica, le emissioni dell’Italia non interessano solo il territorio italiano, lo stesso dicasi per quelle europee e così via. Un andamento completamente diverso rispetto, per esempio, alle emissioni di aerosol che tendono ad avere una persistenza breve in atmosfera e quindi un effetto più regionale e più limitato alle zone di emissione”.

Per questo occorre interessarsi non solo alle decisioni di casa propria: “Questo andamento dimostra una volta per tutte come il problema del cambiamento climatico sia una questione globale”.

C’è poi un altro aspetto da considerare: “Durante una transizione, le alte latitudini tendono a scaldarsi di più delle zone tropicali. Allo stesso tempo, a livello superficiale, le masse continentali si scaldano di più delle masse oceaniche. Anche quando ci sono stati eventi caldi interglaciali in passato e le glaciazioni, il cambiamento climatico è stato molto più ampio in queste zone.

Si tratta di tendenze intrinseche al sistema climatico, quindi mi sorprenderei nel vedere il contrario in questa fase di riscaldamento che ha sicuramente una importante componente antropogenica”, spiega il professore che ha contribuito alla redazione del sesto rapporto Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), pubblicato lo scorso anno.

L’Unione europea si sta muovendo nella direzione e alla velocità giusta o le resistenze di alcune parti politiche rischiano di compromettere il cammino green dell’Ue?

“Quello che si può osservare è una progressiva attenzione a livello normativo e tecnologico da parte dell'Unione Europea nei confronti del cambiamento climatico che ha portato effettivamente a una riduzione delle emissioni. Le emissioni negli ultimi venti, trenta anni nel complesso stanno diminuendo anche negli Stati Uniti”.

Si tratta di un miglioramento sufficiente in prospettiva?

“No. Infatti, nonostante l’impegno di Ue e Usa, le emissioni su scala globale stanno aumentando”. Ancora una volta, quindi, il passaggio cruciale sta nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a una sfida comune: “La consapevolezza che il clima sia una questione globale è fondamentale. Il contrasto al cambiamento climatico – prosegue il professor Lionello – non può che passare attraverso strategie condivise a livello internazionale almeno dai principali emettitori che in questo momento sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Al tempo stesso però è importante essere consapevoli delle differenze tra i problemi ambientali e l’inquinamento”, sottolinea.

Dunque, se è vero che per contrastare il cambiamento climatico serve una sinergia internazionale, bisogna osservare che i singoli interventi dei Paesi sono fondamentali per i cittadini che vivono quei territori: “Da un punto di vista decisionale, è difficile che chi dà priorità al contrasto del cambiamento climatico non dia anche priorità alla lotta all’inquinamento e alla tutela degli ecosistemi. È vero che queste misure devono essere condivise a livello internazionale per contrastare l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera. È anche vero, però, che le strategie e le decisioni anti inquinamento prese dalle istituzioni hanno effetti molto positivi sull’ambiente e sui servizi ecosistemici che riguardano i cittadini europei”.

Siccità, rischio desertificazione ed eventi atmosferici estremi: ci sono alcune zone dell’Italia a rischio nel prossimo futuro?

“Eviterei catastrofismi privi di fondamento scientifico. Sicuramente i dati testimoniano aumenti delle temperature medie importanti per gli ecosistemi e per l’ambiente in cui viviamo, ma non al punto da rendere inabitabili alcune zone d’Italia almeno nel medio termine. C’è una alterazione del ciclo idrologico, ma non tale da compromettere la sostenibilità delle risorse idriche, soprattutto se gestite in modo opportuno”.

Non ci sono e non ci saranno mai più le mezze stagioni?

“Tendiamo ad attribuire qualsiasi evento meteorologico al cambiamento climatico senza un'opportuna interfaccia scientifica. Spesso ci basiamo sui nostri ricordi, ma i nostri ricordi sono dei fallaci indicatori dei cambiamenti perché tendono a trascurare la variabilità e ricostruire dei paradigmi del nostro passato. Il fatto che questa interruzione della ciclicità delle stagioni venga concepita descritta ormai come ‘evidente’ non ha alcun riscontro nelle evidenze scientifiche”.

Delle prove scientifiche dell’alterazione non mancano, ma vanno trattate nella loro specificità: “Il riscaldamento è evidente; il cambiamento delle precipitazioni in alcuni territori è evidente; gli aumenti delle statistiche delle ondate di calore sono evidenti”, spiega il prof. Lionello, che aggiunge: “Anche l’alterazione del ciclo della stagionalità è evidente: l'inverno arriva un po’ dopo e finisce un po’ prima, l'estate comincia un po’ prima e finisce un po’ dopo. Ma non possiamo farne una deduzione scientifica perché abbiamo ancora pochissimi cicli stagionali su cui basare le nostre osservazioni”.

Il professore ci tiene però a sottolineare: “Molti effetti del cambiamento climatico sono evidenti e hanno natura antropogenica. Nel caso delle stagioni, la statistica è ancora insufficiente per dire che c'è un cambiamento definitivo del ciclo”.

Le variazioni nel Mediterraneo

A margine del rapporto sullo stato europeo del clima 2023 del Copernicus Climate Change Service e dell’Organizzazione meteorologica mondiale, l’appello del professore a valutare con rigore i fenomeni climatici è ancora più utile se si parla del Mediterraneo. La causa è scientifica: “Il Mediterraneo è una zona di transizione tra il clima subtropicale a sud, in gran parte del Nord Africa, e un clima oceanico umido o continentale-temperato a Nord”.

In cosa si traduce questa particolare condizione?

“Nel fatto che ogni piccolo spostamento di questa linea di transizione genera una variabilità. In particolare la variabilità della precipitazione è sempre stata una caratteristica della regione mediterranea, quindi della parte dell'Italia centro meridionale. Ci sono sempre stati lunghi periodi di scarse precipitazioni e lunghi periodi di intense precipitazioni.

Sicuramente stiamo alterando il clima rendendolo più caldo e meno piovoso su gran parte dell'Italia, le evidenze del riscaldamento ci sono tutte e da molti anni.

Le evidenze delle alterazioni dei regimi di precipitazione – conclude il professor Lionello – sono più sottili anche se cominciano a emergere e vanno nella direzione di una diminuzione delle precipitazioni su gran parte dell'Italia e di un aumento degli eventi estremi sul Nord Italia vanno in questa direzione”.

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