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Salute e Benessere

Il drone-defibrillatore salva dall’infarto, nuovo...

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Il drone-defibrillatore salva dall’infarto, nuovo successo per il progetto Sis118

Ad Altomonte il terzo volo per il device trasportato dal dispositivo in anticipo rispetto all'ambulanza

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Un arresto cardiaco improvviso, una persona in codice rosso e la partenza dei soccorsi via terra e via cielo con il drone 'Prometheus' dotato di defibrillatore. E' la simulazione, siamo al terzo volo, del progetto sperimentale Seuam (Sanitary Emergency Urban Air Mobility) di Sis118, la Società italiana sistema 118. La sperimentazione del volo del drone si è tenuta ad Altomonte (Cosenza). Il drone è stato messo a disposizione dal consorzio aerospaziale campano Caltec, partner tecnico della sperimentazione. "Partiti affiancati dalla distanza di 12 chilometri rispetto alla scena dell'evento, il drone è arrivato sulla piazza, direttamente presso il paziente, con l'abissale anticipo di 12 minuti rispetto all'ambulanza (tempo di arrivo del drone: 3 minuti e 18 secondi; tempo di arrivo dell'ambulanza: 13 minuti e 23 secondi)", riferisce la Sis118.

"La scarica del defibrillatore è stata così erogata, tenendo conto del tempo impiegato da soccorritori occasionali per prendere l'apparecchio dal drone, per collegarlo al paziente e per utilizzarlo sotto la costante guida telefonica simulata da parte di un infermiere operatore della Centrale operativa 118, ben 9 minuti e 29 secondi prima dell'arrivo del mezzo di soccorso del 118", precisa la Sis118.

"Per ogni minuto che passa dall'esordio di un arresto cardiaco improvviso si perdono il 10% circa di possibilità di salvezza laddove il paziente non venga defibrillato", dichiara Mario Balzanelli, presidente nazionale Sis118 e leader project di Seuam. "Le probabilità di salvezza diventano quasi pari a zero se il paziente non viene defibrillato dopo i primi 10 minuti. Quando invece la scarica del defibrillatore viene erogata nei primi 4 minuti dall'insorgenza dell'arresto, come nel dato finale cronometrato della simulazione di oggi - sottolinea - le possibilità di salvezza sono estremamente alte, anche superiori al 70%. E' quindi indispensabile varare al più presto, intanto su base normativa, strategie 'dinamiche' innovative di cardioprotezione della comunità che in caso di arresto cardiaco improvviso rendano immediatamente disponibile, nei vari ambienti di vita e di lavoro del Paese, il defibrillatore sulla scena dell'evento".

"Con i risultati del terzo test di volo del progetto sperimentale Seuam di Sis118 - prosegue Balzanelli - documentiamo proprio oggi che l'utilizzo dell'aerospazio da parte delle Centrali operative 118, laddove implementato in un prossimo futuro come nuova dimensione operativa del Sistema di emergenza territoriale, renderà possibile mediante l'opportuno utilizzo strategico di droni iperveloci, con margini di probabilità prossimi alla certezza, l'abbattimento drastico delle tempistiche di arrivo del defibrillatore su questi scenari di altissima criticità rispetto all'impiego dei mezzi ordinari del soccorso. E quindi, consentirà, di fatto, l'erogazione della scarica elettrica numerosi minuti prima di quanto accade con gli standard di risposta attuali".

"I primi test del progetto sperimentale Seuam stanno dimostrando in modo inequivocabile - rimarca Balzanelli - che l'impiego della cardioprotezione aerea quale strategia rivoluzionaria di contrasto alla impietosa strage permanente dell'arresto cardiaco improvviso si pone già nell'immediato quale strumento gestionale innovatore del soccorso sanitario in emergenza di potenziale elevatissima efficacia, in grado di determinare un aumento assai significativo delle concrete possibilità di salvezza di diverse decine di migliaia di persone all'anno le quali, gestite in modalità ordinaria, come diversamente riscontrato di decennio in decennio, purtroppo non sopravvivono (sono almeno 60mila le morti improvvise all'anno in Italia)".

Balzanelli ringrazia "Enac per il supporto istituzionale, il consorzio areospaziale Caltec da cui attendiamo a breve il rivoluzionario drone iperveloce denominato 'Apteron', il Comune di Altomonte, il Coni di Campania e Calabria e la Federazione Cronometristi - Asd Cosenza di cui ci si è avvalsi per la certificazione ufficiale delle tempistiche registrate durante il test".

"Abbiamo quest'oggi assistito al sorgere di una nuova era del soccorso sanitario in emergenza - afferma Giampietro Coppola, sindaco di Altomonte - e in virtù delle importanti risultanze emerse da questa credibile e preziosa anticipazione del futuro saremo sempre di più in prima linea nell'impegno, sociale, civile e di politica sanitaria che vede la tutela e la salvezza della vita umana quali priorità assolute e inviolabili da perseguire e da rilanciare".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Psoriasi, dopo 4 anni di bimekizumab pazienti con skin...

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Dati su efficacia anticorpo monoclonale Ucb presentati al Congresso di dermatologia Usa

Psoriasi, dopo 4 anni di bimekizumab pazienti con skin clearance completa

Ucb, azienda multinazionale biofarmaceutica, nel corso del meeting annuale dell'American Academy of Dermatology, ha presentato i primi dati di efficacia e sicurezza dell'anticorpo monoclonale bimekizumab a 4 anni, nel trattamento di adulti con psoriasi a placche da moderata a grave. "Siamo orgogliosi di presentare al più importante congresso di dermatologia del mondo i dati a 4 anni di bimekizumab sulla psoriasi - afferma Emmanuel Caeymaex, Executive Vice President, Immunology Solutions e Head of U.S. di Ucb - dimostrando che la maggior parte dei pazienti adulti trattati con questo farmaco ha ottenuto una risposta clinica profonda e duratura fino a 4 anni, con un profilo di tollerabilità coerente con i precedenti studi. Questi risultati, provenienti dal più ampio pool di dati di fase 3, seguono a poca distanza il lancio negli Stati Uniti e rafforzano la nostra convinzione che bimekizumab abbia il potenziale per migliorare la vita delle persone affette da psoriasi a placche da moderata a grave".

La psoriasi a placche da moderata a grave è una "condizione cronica con manifestazioni cutanee che possono pesare negativamente in modo significativo sulla qualità di vita del paziente - spiega Bruce Strober, professore clinico di Dermatologia presso l'Università di Yale e Central Connecticut Dermatology - L'analisi mostra che, in 4 anni di trattamento con bimekizumab, più di 6 pazienti su 10 hanno raggiunto e mantenuto la completa 'skin clearance', un endpoint clinicamente significativo e un ottimo risultato per i pazienti. Questi dati a lungo termine saranno accolti con grande favore dalla comunità dermatologica, poiché forniscono importanti considerazioni per la pratica clinica".

La presentazione late breaking - riporta la nota - ha condiviso i dati di bimekizumab raccolti dall'inizio del trattamento fino a 4 anni - riporta una nota di Ucb - dimostrando che sono state raggiunte rapidamente alte percentuali di risposta clinica e di qualità di vita correlata alla salute, mantenute nel lungo termine. I risultati hanno mostrato che circa 9 pazienti su 10 trattati con bimekizumab hanno ottenuto un miglioramento superiore al 90% rispetto al basale nell'indice di gravità della psoriasi (Pasi90) e più di 7 pazienti su 10 hanno ottenuto la completa clereance (Pasi100) alla settimana 16. Risposte che hanno poi mantenuto fino al quarto anno. L'analisi dei dati raccolti da 5 studi di fase 3/3b ha mostrato che bimekizumab ha dimostrato un profilo di sicurezza coerente con gli studi precedenti, senza nuovi dati di sicurezza identificati fino a 4 anni, in pazienti con psoriasi a placche da moderata a grave.

Bimekizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato, studiato per inibire selettivamente sia l'interleuchina 17A (IL-17A) che l'interleuchina 17F (IL-17F), due citochine chiave alla base dei processi infiammatori. Negli Usa è approvato per il trattamento della psoriasi a placche da moderata a grave negli adulti candidati alla terapia sistemica o alla fototerapia. Le indicazioni approvate per bimekizumab nell'Unione europea sono: psoriasi a placche da moderata a grave negli adulti candidati alla terapia sistemica; artrite psoriasica attiva (da solo o in associazione a metotrexato per il trattamento della malattia negli adulti che hanno avuto una risposta inadeguata o intolleranti a uno o più farmaci antireumatici modificanti la malattia Dmard); spondiloartrite assiale attiva non radiografica, con segni oggettivi di infiammazione, che hanno risposto in modo inadeguato o sono intolleranti ai farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans); trattamento di adulti con spondilite anchilosante attiva, che hanno risposto in modo inadeguato o sono intolleranti alla terapia standard.

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Se l’Ai fa l’oculista, ‘batte i medici...

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Se l'Ai fa l'oculista, 'batte i medici sui disturbi degli occhi'

L'intelligenza artificiale passa l'esame da oculista. Nell'inquadrare un problema agli occhi, stilando una diagnosi e prospettando possibili terapie, "l'Ai batte i medici". O almeno i dottori non specialisti. E' la conclusione di uno studio che ha messo alla prova il maxi-modello linguistico Gpt-4, un upgrade di ChatGpt, confrontandolo con medici in diversi step di carriera: dal generalista all'oculista tirocinante, fino all'oftalmologo più esperto. Il lavoro è pubblicato su 'Plos Digital Health'.

Ecco l'esperimento. Ai camici bianchi in carne e ossa sono stati sottoposti 87 casi-scenario, relativi a pazienti con uno specifico problema oculare, ed è stato chiesto loro di inquadrare il disturbo fornendo una diagnosi o un consiglio terapeutico scegliendo fra 4 opzioni. Nel test "Gpt-4 ha prodotto risultati significativamente migliori rispetto ai giovani medici non specializzati, che avevano una conoscenza dell'occhio paragonabile a quella dei medici di base". Ha incassato invece "punteggi simili a quelli degli oculisti tirocinanti ed esperti, anche se i medici" veri "che hanno ottenuto i risultati migliori si sono guadagnati punteggi più alti". Ipersensibilità alla luce, calo della vista, lesioni oculari, prurito o dolore agli occhi: le domande vertevano su un'ampia gamma di problemi ed erano tratte da un testo utilizzato per valutare oculisti in tirocinio, non disponibile su Internet e quindi difficilmente già 'letto' dall'Ai in fase di addestramento.

"I modelli linguistici di grandi dimensioni probabilmente non sostituiranno gli operatori sanitari", tengono a precisare gli autori guidati da Arun Thirunavukarasu, in forze presso la School of Clinical Medicine dell'università di Cambridge (Uk) ai tempi della ricerca, oggi all'Oxford University Hospitals - Nhs Foundation Trust. Però "potrebbero essere utili per proporre diagnosi e offrire suggerimenti in contesti ben controllati come il triage dei pazienti, oppure dove le possibilità di accedere a operatori sanitari specializzati sono limitate".

"Potremmo realisticamente utilizzare l'intelligenza artificiale per valutare i pazienti con problemi agli occhi - spiega Thirunavukarasu - per decidere quali casi sono emergenze", cioè pazienti "che devono essere visitati immediatamente da uno specialista, quali possono essere visti da un medico di famiglia e quali non necessitano di cure". Inoltre, "con un ulteriore sviluppo - aggiunge l'autore principale dello studio - modelli linguistici di grandi dimensioni potrebbero anche consigliare i medici di base che hanno difficoltà a ottenere suggerimenti tempestivi dagli oculisti".

Gli scienziati ritengono la nuova ricerca superiore a quelle analoghe condotte finora, perché l'Ai si è misurata direttamente con i medici. Gli studiosi hanno testato anche altri modelli (Gpt-3.5, PaLM2 e LLaMA), ponendo loro le stesse domande, ma Gpt-4 è quello che ha dato le risposte più accurate.

Anche guardando a un futuro in cui i sistemi di intelligenza artificiale saranno ancora più sofisticati, "penso che i medici continueranno ad essere responsabili della cura dei pazienti", è convinto Thirunavukarasu. "La cosa più importante - conclude - è dare ai pazienti la possibilità di decidere se vogliono che i sistemi informatici siano coinvolti nel loro processo di cura o meno. Sarà una decisione individuale che ciascun paziente prenderà".

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European Cancer Organisation, ‘in Italia serve...

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DOTTORE OSSERVA LE LASTRE A RAGGI X ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA CON LA SUA PAZIENTE (Mantero, MILANO - 1993-07-30) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

Prima si scopre un cancro, migliore è la possibilità di cura. Ma in Italia sugli screening per la diagnosi precoce i dati sono allarmanti e le differenze regionali elevate. Per il tumore al collo dell'utero, per esempio, meno del 40% della popolazione target in Italia è sottoposta a screening, rispetto a una media Ue del 56%. Nel nostro Paese non ci sono programmi per il cancro al polmone e alla prostata nonostante i recenti investimenti. Sul tumore al seno il divario tra Nord e Sud Italia è ampio, con un tasso del 23% della copertura per la popolazione target in meridione, contro il 63% al Nord. Infine, per il colon-retto solo il 77% della popolazione viene invitata allo screening e in regioni come la Sicilia meno del 20% si avvale di questa opportunità. Sono i dati del nuovo 'Report nazionale per l'Italia' dell'European Cancer Organisation (Eco), redatto in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi e presentato oggi in un evento a Roma al Senato.

Nel corso dell'incontro si è parlato dello sviluppo di metodi innovativi per migliorare, promuovere e rendere accessibile a tutti i cittadini la diagnosi precoce del cancro. Secondo gli esperti, le ragioni alla base della scarsa diffusione degli screening sono molteplici, "ma queste lacune contribuiscono a spiegare perché in Italia i pazienti vengono diagnosticati quando sono già in stadi più avanzati del tumore, rispetto al resto d'Europa. Ciò ha un impatto diretto sugli esiti e sulle possibilità di sopravvivenza dei pazienti".

L'Eco ha dunque illustrato una serie di raccomandazioni specifiche, tratte dal suo 'Manifesto europeo contro il cancro per il 2024', evidenziando le migliori pratiche che possono essere utilizzate a livello nazionale. Queste proposte riflettono le esperienze e le prospettive raccolte negli ultimi 5 anni rispetto alle politiche per la lotta contro il cancro promosse dall'Unione europea.

Le raccomandazioni sottolineano la necessità di migliorare la consapevolezza nel pubblico, condividendo più informazioni sui sintomi e gli allarmi precoci causati dal cancro. Necessario poi promuovere un migliore accesso ai servizi sanitari e ai programmi di screening, compreso il potenziamento delle capacità nell'assistenza primaria, per un'attenzione medica tempestiva. Utile, inoltre, pubblicare resoconti periodici sui progressi compiuti nell'attuazione delle Raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea sullo screening dei tumori, per supportare l'implementazione a livello regionale e nazionale. Fondamentale monitorare i gruppi ad alto rischio, come le persone affette dai virus dell'epatite B ed epatite C, capaci di causare cancri.

E ancora: serve fornire solide infrastrutture di dati per i programmi di screening e standard comuni per consentire una comparabilità efficace. Infine, è necessario stimolare l'innovazione tecnologica per sostenere migliori pratiche e prestazioni di screening (ad esempio attraverso l'uso dell'auto-campionamento).

Durante l'incontro di oggi si è anche parlato di altri elementi critici per la prevenzione, come la crisi del personale italiano in oncologia e l'importanza della vaccinazione contro il Papillomavirus umano (Hpv) come metodo efficace contro il cancro del collo dell'utero e del pene, e altri tipi di tumore, sia nelle donne sia negli uomini.

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