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Finanza

Bper colloca con successo emissione obbligazionaria...

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Bper colloca con successo emissione obbligazionaria additional Tier 1 per 500 mln

Ordini per oltre euro 3,2 mld pari a 6 volte l’offerta

Bper colloca con successo emissione obbligazionaria additional Tier 1 per 500 mln

Bper Banca comunica che, facendo seguito alla conclusione dell’attività di book-building, ha completato con successo una emissione obbligazionaria Additional Tier 1 con durata perpetua e richiamabile “callable” a partire dal quinto anno, per un ammontare pari a 500 milioni di euro (i “Titoli”). I Titoli, destinati a investitori istituzionali, sono stati collocati alla pari con cedola fissa dell’8,375% fino al 16 luglio 2029, pagabile semestralmente; qualora la Banca decidesse di non esercitare l’opzione di rimborso anticipato, la cedola verrebbe rideterminata sulla base del tasso swap in euro a 5 anni, rilevato al momento della data di ricalcolo, aumentato di uno spread di 595 bps e resterebbe fissa per i successivi 5 anni (fino alla successiva data di ricalcolo). L’emissione obbligazionaria Additional Tier 1 ha registrato nel corso del collocamento ordini superiori a 3,2 miliardi di euro che hanno permesso di ridurre le indicazioni iniziali di rendimento dal 9,00% all’8,375% e di raggiungere la dimensione obiettivo di 500 milioni di euro.

L’allocazione finale è stata principalmente a favore di fondi di investimento (80%) e private banking (15%). La distribuzione geografica vede la presenza di investitori esteri - tra cui Regno Unito con il 50%, Francia con l’11% e Germania con l‘8% - e italiani, con il 18%. Il pagamento della cedola è totalmente discrezionale e soggetto a talune limitazioni. L’emissione obbligazionaria Additional Tier 1 prevede, inoltre, la riduzione a titolo temporaneo del valore nominale qualora il coefficiente CET1 della Banca e/o del Gruppo scendesse al di sotto del 5,125%. Barclays ha agito in qualità di Sole Structuring Advisor, Global Coordinator e Joint Bookrunner mentre Deutsche Bank, IMI-Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Morgan Stanley e UBS hanno agito in qualità di Joint Bookrunner.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Finanza

Belingheri (Bff): ”risiko bancario? Ci interessa...

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Massimiliano Belingheri, Ad di Bff Banking Group

Il risiko bancario continua a tenere alta l'attenzione di mercati e investitori, che si chiedono come finirà la partita delle possibili unioni-acquisizioni-fusioni tra i gruppi bancari italiani. Le pagine dei giornali riportano quotidianamente aggiornamenti, rumors e ipotesi, alla ricerca di possibili indizi su quale potrebbe essere l'esito finale e le conseguenze che ne potrebbero derivare. C'è tuttavia anche chi vive questa 'febbre' da spettatore più o meno disinteressato, pur facendo parte a pieno titolo del settore. Come Bff Banking Group, il più grande operatore di finanza specializzata in Italia, tra i leader in Europa nella gestione e nello smobilizzo pro soluto di crediti commerciali vantati nei confronti delle Pubbliche amministrazioni, e leader in Italia nei securities services e nei servizi di pagamento. Un istituto che nel 2023 ha registrato utili per 183,2 milioni di euro e un payout ratio del 100%.

Unica banca depositaria italiana, Bff fornisce servizi di depositario a big come Fonchim, Bcc Sgr e Fopen. Considerata struttura di riferimento a sostegno dell’industria italiana dei fondi pensione, dove ha una quota di mercato pari al 55% per numero di fondi negoziali ai quali offre il servizio di banca depositaria, opera anche in Croazia, Francia, Grecia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Spagna.

"Noi non siamo una banca retail, come quelle più tradizionali -spiega all'Adnkronos Massimiliano Belingheri, amministratore delegato di Bff- facciamo un mestiere particolare, un po' diverso dagli altri istituti; siamo una banca di secondo livello, ossia una banca che offre e coordina servizi ad altre banche, a imprese e istituzioni finanziarie, su tre aree: factoring pro soluto e lending verso la Pubblica amministrazione e la Sanità, securities services e pagamenti. Abbiamo circa 110 miliardi di euro di assets under custody, di cui circa 60 come banca depositaria, e siamo un pezzo unico dell'infrastruttura del sistema bancario italiano, se si pensa che gestiamo circa tra il 15 il 20% di tutti i bonifici italiani, agendo come fornitore di tutte le banche medio piccole che utilizzano la nostra infrastruttura per non accedere direttamente alle infrastrutture di mercato".

Il risiko bancario interessa quindi in maniera marginale: "La nostra banca opera in nicchie relativamente uniche rispetto alle banche retail tradizionali, nicchie di specialty finance. Nel consolidamento del settore bancario, ci saranno sempre operazioni nel mondo delle banche medio-piccole, le cosiddette LSI - Less Significant Institutions. Ma si tratta di un mondo molto variegato e molto spesso si parla di business model molto specializzati o di banche molto radicate sul territorio, per questo non c'è una reale necessità di fondersi con altre realtà. In questo comparto molti modelli di business funzionano proprio perché sono indipendenti. La sfida, piuttosto, è spesso quella di mantenere internamente solo determinate attività per darne altre in outsourcing. E noi, di fatto, fornitori di queste soluzioni, beneficiamo di questo. Proprio per la nostra specializzazione noi siamo un po' eccentrici un po' fuori dal centro del consolidamento perché a differenza di altre banche non offriamo particolari sinergie.

D'altra parte, "siamo una banca quotata con un float quasi totale e siamo di fatto una public company, ma non rientriamo nel processo di consolidamento delle banche commerciali più generaliste dove la spinta è legata anche alla necessità di controllare i costi di una crescente complessità. Le banche tradizionali costituiscono una realtà alla quale non guardiamo perché operano su un business model molto diverso dal nostro. Parte della nostra forza è proprio quella di essere una banca non in competizione con i suoi clienti".

Detto questo, osserva Belingheri, "sarebbe necessario avere una maggiore uniformità della regolamentazione in Europa perché in Italia abbiamo un regolatore molto attento, ma all'estero non tutti i regolatori lo sono. Certamente bisogna stare attenti a non omologare tutto perché questo potrebbe creare problemi di natura diversa, ma sicuramente una maggiore omogeneità aiuterebbe. Il nostro sviluppo di business a livello internazionale ha beneficiato delle regole esistenti perché abbiamo semplicemente aperto delle 'branch' in altri Paesi, cosa che nell'Ue è piuttosto semplice. Ma l'idea di arrivare ad una unione bancaria europea credo sia positiva. L'Italia poi ha una regolamentazione tra le più complete quindi una maggiore omogeneità non potrebbe che favorire le banche italiane (di Cristina Livoli)

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Finanza

Dani Alves scarcerato, paga cauzione da un milione di euro

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Dopo 14 mesi di prigione, il brasiliano libero in attesa della sentenza per il processo per stupro

Dani Alves

L'ex capitano del Brasile Dani Alves dopo oltre 14 mesi di prigione può essere scarcerato, in attesa della sentenza definitiva per le accuse di stupro, sotto pagamento di una cauzione da un milione di euro. Lo ha deciso il Tribunale di Barcellona in seguito ai ricorsi presentati dal legale del quarantenne brasiliano.

Sia la Procura che l'accusa avevano chiesto che l'ex giocatore di Barcellona, Siviglia, Psg e Juventus restasse in carcere dopo la condanna a quattro anni e mezzo di carcere per lo stupro di una ragazza avvenuto nel bagno della discoteca 'Sutton', a Barcellona, nel dicembre 2022.

Nelle scorse settimane, si era diffusa la notizia - totalmente falsa - del suicidio dell'ex calciatore. A smentirla aveva provveduto il fratello con un messaggio su Instagram.

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Finanza

Investimenti ESG, la qualità dei dati è prioritaria

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I risultati dell’European ESG Data Survey di Bloomberg

Unsplash - - Carlos Muza

Tra le principali criticità che riguardano gli investimenti ESG c’è la qualità dei dati della sostenibilità delle aziende, specie considerando l’enorme quantità di informazioni che scaturisce dai nuovi requisiti di rendicontazione ai quali le imprese sono tenute a conformarsi. Criticità che emergono in maniera evidente anche dal recente studio European ESG Data Trends Survey 2024 effettuato da Bloomberg, su un campione di oltre 200 operatori dei principali mercati finanziari in Europa e Regno Unito. Tra i risultati emersi dall’indagine, il rispetto dei requisiti normativi è la principale priorità a cui dovrebbero rispondere i dati ESG, un fattore indicato dal 35% del campione. In ordine di importanza, la seconda priorità legata ai dati ESG trasmessi dalle aziende riguarda il raggiungimento degli obiettivi legati al rischio climatico e al traguardo delle emissioni zero, indicato dal 18% degli interpellati. Priorità che per due intervistati su tre sono a rischio a causa della discutibile qualità e copertura dei dati ESG forniti dalle aziende.

Le nuove sfide nei dati ESG

Per il 41% degli investitori contattati dallo studio sopra citato, la principale sfida nel controllo dei dati ESG trasmessi dalle aziende riguarda la gestione dei contenuti. Inoltre, circa un quarto degli operatori riscontra criticità nel riuscire a collegare i dati ESG a quelli esistenti all’interno dell’azienda. Il terzo fattore di crisi è il rispetto dei requisiti di rendicontazione indicato dal 18% del campione. Il 16%, inoltre, sottolinea la difficoltà di integrazione dei dati ricevuti da diversi data provider. Con l’introduzione del Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) si prevede un ulteriore aumento della quantità dei dati trasmessi dalle aziende, ma parallelamente crescerà la quantità di dati. Un incremento massivo che necessita di una migliore integrazione e gestione dei dati stessi per evitare di rallentare gli investimenti. Come le aziende stanno pensando di gestire il crescente volume di dati ESG? Lo studio risponde con questi numeri: il 38% sceglie di centralizzare la gestione dei dati, il 32% preferisce invece fare gestire i dati da ogni singola business unit aziendale, il 20% sta ancora valutando la strategia da attuare, infine il 10% ha deciso di dare in outsourcing la gestione dei dati.

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