

Cronaca
Avvocati al lavoro in spazi condivisi, eleganti e a costo zero: sbarca a Napoli il coworking di Cassa forense
Lavorare in modo più economico, flessibile e produttivo grazie al coworking, ricevere clienti in spazi eleganti e curati a costo zero. Benvenuti nel futuro della professione forense con il Coworking, che da Roma approda a Napoli. Il progetto di Cassa Forense, che garantisce l’utilizzo gratuito di sale riunioni o spazi di lavoro a tutti gli avvocati e praticanti iscritti alla Cassa, dopo l’esperienza positiva nella Capitale è stato infatti finanziato anche per il Foro di Napoli in considerazione dell’alto numero degli iscritti e del fatto che si tratta di un distretto di Corte d’Appello cui accedono avvocati in trasferta da tutt’Italia. La sede scelta è quella della re.work, nel Centro direzionale del capoluogo campano ed è stata inaugurata ieri dagli avvocati Giulio Pignatiello e Giancarlo Renzetti, rispettivamente vicepresidente e consigliere di Cassa Forense, e dagli avvocati Elena De Rosa e Antonio Tafuri, tesoriere e presidente dell’Ordine di Napoli.
L’uso di spazi in coworking e di sale riunioni, per i vantaggi connessi alla flessibilità e alla riduzione dei costi, è già molto diffusa in altre categorie professionali perché consente di adattare lo spazio ed i servizi aggiuntivi ai volumi di lavoro, senza doversi occupare della gestione e dei costi ad essa connessi. Un modo di lavorare non più legato all’ufficio privato o al telelavoro da casa, si pensi agli avvocati in trasferta, che hanno necessità di incontrare i clienti, che concilia la crescita della rete professionale con il risparmio.
Il servizio, spiega in una nota Cassa Forense “consente di proseguire l’impegno nel solco di una politica di welfare attivo quanto mai necessaria in un momento di crisi come questo. Il successo della sperimentazione romana ha indotto Cassa a programmare l’avvio di un servizio analogo anche nel Foro di Milano, presto operativo”.
Cronaca
“Anni Bui”, in Campidoglio il libro di Lordi che racconta le vittime in divisa del terrorismo

(Adnkronos) – Sono brutali gli anni settanta che Roma vive nella cappa del terrorismo. Quartieri contesi tra rossi e neri. Barriere, in apparenza, senza confini ma con il timore di venirne imbrigliati. “Anni Bui”, il libro di Salvatore Lordi presentato questo pomeriggio in Campidoglio, racconta anche questa Roma, storie di mogli rimasti senza mariti, di figli senza padri e di genitori senza figli. Una Roma che assiste impotente al dolore di quei ragazzi che, indossando una divisa, sono ammazzati dalla violenza politica. Con la testimonianza dei vertici delle Forze dell’Ordine e una prefazione del magistrato Guido Salvini, “Anni Bui” ripercorre 25 anni di storia del terrorismo in Italia, vista da un’angolazione differente: da quella dei familiari vittime del terrorismo.
Alla presentazione, patrocinata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Roma e promossa dall’Accademia della Legalità, sono intervenuti lo storico Francesco Maria Biscione; Paola Vegliantei (presidente dell’Accademia della Legalità); Potito Perruggini Ciotta (presidente dell’Osservatorio per la Verità Storica Anni di Piombo), moderati dal giornalista Gianluca Teodori.
Nel corso dell’incontro è stato letto un messaggio inviato dal presidente del Senato Ignazio La Russa. “E’ con vero piacere che invio il mio saluto in occasione di questo prestigioso appuntamento promosso dall’Associazione Accademia della legalità per la presentazione del libro che Salvatore Lordi ha voluto dedicare a tanti esponenti delle Forze dell’Ordine che hanno perso la vita per mano del terrorismo – ha scritto La Russa – Desidero inoltre congratularmi con la Presidente Paola Vegliantei e l’Accademia della Legalità per la passione civica che contraddistingue il loro importante impegno storico, sociale e culturale rivolto, in particolare, alle più giovani generazioni. Una dedizione che oggi si traduce nella preziosa opportunità di approfondire, attraverso le pagine del volume di Salvatore Lordi, la vita privata, le storie personali, gli affetti e il ritratto umano, spesso sconosciuto, di tanti nostri giovani in divisa, vittime della ferocia armata che ha insanguinato il Paese negli anni bui del terrorismo e dell’eversione armata. Il ricordo del loro coraggio, dell’abnegazione e dello spirito di sacrificio con cui hanno difeso a costo della vita legalità e giustizia ci unisce in un dolore che è parte indelebile della nostra storia. La storia di una Nazione che deve saper rendere onore ai suoi eroi trovando nell’unità e nella coesione la forza per continuare a opporsi, con rigore e determinazione, a ogni forma di terrorismo, di violenza e di illegalità”.
“Quello che viene presentato oggi è un libro che affronta la pagina degli anni della lotta armata e del terrorismo – comprendendovi anche quelli degli attacchi degli attivisti sudtirolesi in Alto Adige negli anni ’50 e ’60 – dal lato delle vittime in divisa, ossia di tutti coloro che morirono trasformati in bersagli e di cui spesso non si sa nulla più che il nome e il numero complessivo; statistiche e non visi, caratteri, passioni, difetti, doti – ha scritto in un messaggio Miguel Gotor, assessore alla Cultura di Roma Capitale – A rievocare queste figure sono in prima fila coloro che sono rimasti, i parenti dei morti: mogli, figli, fratelli di poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari dell’Esercito che ne raccontano la vita, gli interessi, i sogni, quelle cose, piccole, intime, normali che fanno un’esistenza. Tutte cose spazzate via in un attimo e rimaste sospese nel tempo. Non è un’opera che parla di Storia ma di Memoria, che è certo una cosa differente dalla prima ma che è quel che resta dopo che il rullo compressore dei fatti è passato ed è andato oltre. E che merita sempre di essere conosciuta. Anche per questo ringrazio l’autore e tutti voi per essere qui oggi”.
“Dopo i difficili anni della pandemia e la guerra in corso abbiamo più che mai l’esigenza di richiamare ad una memoria condivisa reale che, superando tutte le ideologie, ci faccia andare oltre gli anni di piombo che tantissimo dolore hanno generato a tutti gli italiani e non solo ai familiari delle vittime – ha detto Perruggini, nipote del brigadiere Giuseppe Ciotta, ucciso nel 1977 da Prima Linea – Non possiamo più consentire a nessuno di continuare a soffiare sul fuoco dell’anarchia e dell’eversione. Non ci servono e non vogliamo altri provocatori come Cospito o moribondi da curare a spese della collettività Messina Denaro. Lo stato deve continuare a non cedere ai compromessi. Deve continuare a chiedere a chi ancora sopravvive di parlare e rendere onore al paese e alle sue vittime rivelando le verità ancora nascoste. Per questo è importante che i terroristi ancora ospitati in Francia vengano estradati in Italia (udienza a fine mese di marzo) altrimenti ci avranno ucciso due volte e in questo caso con l’appoggio esplicito di una nazione che dovrebbe essere nostra alleata. Proprio per questo bisogno di verità condivise, riscatto collettivo e riconciliazione nazionale, nasce l’idea di istituire a Roma il Museo delle vittime del terrorismo e del dovere, che il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha accolto subito dimostrando grande sensibilità anche su questo tema”, ha aggiunto.
Cronaca
Cri a Castelvetrano: “Il nostro impegno per il cambiamento”

(Adnkronos) –
Creare il cambiamento in un territorio, Castelvetrano, sotto i riflettori della cronaca, soprattutto negli ultimi tempi, per aver dato i natali all’ex primula rossa Matteo Messina Denaro, catturato lo scorso 16 gennaio dai carabinieri del Ros nella vicina Campobello di Mazara. E’ l’obiettivo di chi, come i volontari della Croce rossa italiana di Castelvetrano e delle altre realtà associative, ha deciso di fare del bene e del volontariato uno stile di vita e di incidere in positivo nel proprio territorio. Uomini, donne e giovani che giorno dopo giorno costruiscono belle notizie con piccoli cambiamenti. In passato e in questo luogo molti progetti sono stati realizzati come, a esempio, ‘L’olio dei sapori e dei sorrisi Cri’. Un’idea nata dal presidente del Comitato Cri di Castelvetrano, Giuseppe Cardinale, che ha permesso la produzione di circa 200 chili di olio extravergine di oliva distribuiti alle famiglie indigenti segnalate dai servizi sociali del Comune di Castelvetrano. “Un esempio di come l’economia circolare solidale possa migliorare la resilienza e l’efficacia del volontariato”, dice Luigi Corsaro, presidente del Comitato regionale Cri Sicilia.
E ancora, grazie al finanziamento dell’assessorato regionale Famiglia -Ufficio speciale Immigrazione – dal 3 ottobre scorso per quattro mesi, con il progetto multi fondi Su.pre.me, la Croce Rossa – Comitato regionale Sicilia e il Comitato di Castelvetrano – ha fornito accoglienza e supporto a oltre 400 migranti lavoratori stagionali presenti nel territorio per la raccolta delle olive, nel campo allestito a Campobello di Mazara e gestito dalla Croce Rossa per garantire a tutti assistenza socio-sanitaria e una permanenza dignitosa. Il Comitato Cri di Castelvetrano può contare su 127 volontari perché l’obiettivo è “incoraggiare un cambio di mentalità che favorisca la scelta di soluzioni, tecnologie e metodi innovativi importanti per la nostra offerta di servizi sanitari, tenendo conto in primo luogo delle esigenze delle persone”. Sono 73 donne e 54 uomini, che giorno dopo giorno e alla luce delle sfide umanitarie affrontano le difficoltà che si presentano.
“Il nostro impegno sarà ancora maggiore e di lungo termine per risolvere e affrontare problemi sociali complessi e in continua evoluzione – spiegano -. Inoltre, grazie anche all’impegno continuo dei giovani, per la Cri sarà sempre necessario intensificare la collaborazione con tutti i soggetti pubblici, del privato sociale, delle istituzioni nazionali, per promuovere attività di innovazione sociale, coinvolgere e mobilitare le popolazioni interessate e per migliorare il loro accesso alle risorse e alle decisioni”.
Cronaca
Bologna, maturità negata a studentessa con sindrome di down

(Adnkronos) – Nina Rosa Sorrentino è una ragazza down di 19 anni che a giugno avrebbe voluto sostenere l’esame di maturità nel Liceo Sabin di Bologna, indirizzo Scienze Umane, da lei frequentato. Invece, non lo farà: da una settimana si è ritirata dalla classe quinta. Unica soluzione, anche se “tosta e dolorosa”, che la famiglia ha trovato per non far perdere alla figlia la possibilità di riprovarci l’anno prossimo a essere ammessa all’esame di Stato, dopo che la scuola le ha negato questa possibilità.
A raccontare la sua storia il Corriere di Bologna, che spiega come per gli alunni con disabilità, il consiglio di classe alle superiori può optare per tre programmi: ordinario, personalizzato con obiettivi minimi (equipollenti) che porta all’ammissione all’esame di Stato vero e proprio (ma con prove rimodulate) e differenziato, che al termine del quinquennio fa conseguire un attestato di competenze senza alcuna validità. “Quest’ultimo – spiega il quotidiano – è quello che gli insegnanti di Nina, già nelle prime settimane della prima liceo, hanno ritenuto più adatto. I genitori lo hanno accettato”.
All’inizio del terzo anno la famiglia capisce che per lei si potrebbe fare di più e decidono di parlarne con l’insegnante di sostegno: “Abbiamo chiesto alla scuola di poter mettere in campo una progettualità didattica che portasse a lungo termine nostra figlia al raggiungimento di quegli obiettivi minimi necessari per poter essere ammessa in quinta all’esame di maturità”. Il definitivo diniego del consiglio di classe ai primi di marzo. Se la ragazza non fosse stata ritirata da scuola entro il 15 marzo, a fine anno avrebbe ricevuto l’attestato di competenze e per cimentarsi nell’esame di Maturità avrebbe dovuto ricominciare daccapo, a settembre, dalla prima superiore.
La scuola non ha cambiato idea, preoccupata che per Nina fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione nella ragazza”, scrive la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo. “È una possibilità che le è stata negata — commenta Giovanni Lacoppola, referente scuola per CoorDown — è mancata una visione. Sono tanti i casi. Si dovrebbe lavorare di più tutti insieme per un’inclusione vera che deve proprio partire dalla scuola. Senza un diploma questi ragazzi fanno fatica a essere poi inseriti a livello lavorativo”.
Non è così che si protegge e si fa crescere Nina, ne sono convinti la mamma e il papà. “Se un ragazzino senza disabilità nella vita ha qualche possibilità in più di nostra figlia — osserva Alessandro — allora Nina deve avere un pezzo di carta in più non per stare al passo, ma per avere davvero un’opportunità”. Adesso? “Siamo nella nebbia— ammettono i genitori — Cercheremo un’altra scuola da settembre disposta a sostenere nostra figlia in una programmazione personalizzata verso l’esame di Maturità. Per noi è importante che su queste tematiche si faccia un passo avanti, non solo per Nina, ma per tutta la società”.
Cronaca
Droga ‘marchiata’ Messina Denaro e Riina, un arresto nel Trapanese

(Adnkronos) –
Droga ‘marchiata’ Messina Denaro e Riina. I carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Marsala, coordinati dalla locale Procura, hanno scoperto un vero e proprio deposito all’ingrosso di sostanze stupefacenti che fungeva anche da laboratorio per il taglio e il confezionamento delle dosi. Da giorni i militari controllavano l’ingresso di un magazzino della periferia marsalese, fino a quando hanno fermato un incensurato 28enne del posto, che, dopo aver aperto con le chiavi il deposito, vi era entrato. Una volta uscito i carabinieri lo hanno bloccato a bordo della propria auto trovandolo con 50 grammi di cocaina pura.
Nel magazzino c’era, invece, un vero e proprio stock di stupefacenti di vario tipo, tra cui anche panetti di hashish con le foto di Totò Riina, Matteo Messina Denaro e del personaggio del film Il padrino. Complessivamente sono stati sequestrati 13 chili di hashish, 700 grammi di cocaina pura e 700 grammi di marijuana, contenuta in diversi sacchetti di plastica. Nel magazzino è stata trovata anche una macchina per il confezionamento sottovuoto, due bilancini elettronici e diverso materiale utile per il taglio della sostanza. La droga, se immessa sul mercato, avrebbe fruttato oltre 200mila euro. Nelle auto e nelle abitazioni nella disponibilità dell’indagato sono stati trovati appunti e contabilità al vaglio degli investigatori dell’Arma. Dopo la convalida dell’arresto il gip ha disposto per il 28enne la custodia cautelare in carcere.
Cronaca
Operazione ‘Fake cars’, 9 misure cautelari a Caltanissetta

(Adnkronos) – Vendevano a ignari acquirenti automobili rubate o indebitamente appropriate ai danni di società leasing. Ma sono stati scoperti. E’ accaduto a Caltanissetta dove la Squadra mobile, diretta dal vicequestore aggiunto Antonino Ciavola, ha eseguito, nel corso delle indagini preliminari, nove misure cautelari emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica Distrettuale di Caltanissetta. Cinque dei nove indagati attinti dal provvedimento cautelare sono indiziati, a vario titolo, “di aver promosso, costituito e partecipato a un’associazione per delinquere allo scopo di reperire autoveicoli – acquisiti illecitamente attraverso truffe realizzate ai danni di società finanziarie e comportanti l’utilizzo di documenti falsi ovvero provenienti dai reati di furto o appropriazione indebita commessi in territorio campano e siciliano – da rivendere a terzi ignari per ottenerne un profitto, gli addebiti temporanei, pertanto, sono quelli di: falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, truffa, ricettazione e riciclaggio”.
Gli altri quattro indagati interessati dal provvedimento cautelare sono indiziati di aver commesso alcuni dei reati scopo dell’associazione. L’indagine ha avuto origine da alcuni controlli effettuati dalla Sezione Polizia Stradale di Caltanissetta nel 2020, in quanto “vi era il fondato sospetto che sul territorio della provincia nissena operasse un gruppo di soggetti dedito all’acquisto di veicoli di origine illecita”. Fondamentale la segnalazione da parte di alcuni cittadini vittime di truffe.
Le indagini avviate dalla Squadra Mobile e dalla Sezione della Polizia Stradale, coordinate dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, sostanzialmente, hanno permesso di ricostruire il modus operandi messo in atto dagli odierni indagati.
In particolare, gli indagati avrebbero rivenduto automobili oggetto di furti o di appropriazioni indebite ai danni di società di leasing e i cui segni di riconoscimento, in alcuni casi, risultavano manomessi, così da poterne occultare la provenienza delittuosa. “L’attività illecita destava particolare preoccupazione stante la pluralità e l’elevato numero delle persone offese, individuabili tanto nei soggetti vittime dei furti e delle appropriazioni indebite, quanto negli ignari acquirenti di autovetture di origine illecita, peraltro di elevato significativo commerciale – dicono gli inquirenti – La lunga e complessa attività d’indagine della Polizia di Stato ha permesso di individuare 54 veicoli di provenienza illecita rivenduti ad ignari cittadini, per un valore complessivo di oltre un milione di euro; gli ignari acquirenti hanno subito anche il sequestro delle vetture non ottenendo il dovuto ristoro delle somme pagate quale corrispettivo”.
Secondo i gravi indizi ritenuti dal Gip gli indagati avrebbero agito secondo schemi più o meno complessi escogitati al fine di dissimulare l’origine illecita degli autoveicoli commercializzati, tra cui la sostituzione delle targhe a seguito della presentazione di false denunce di smarrimento, la formazione di atti notarili falsi o, ancora, l’utilizzo di autoveicoli con la numerazione del telaio ribattuta simulandone la provenienza estera. In questo ultimo caso sarebbe stata prodotta documentazione falsa attestante la titolarità del veicolo, così da consentirne la circolazione nel mercato lecito. I nuovi dati identificativi inseriti erano quelli di autovetture effettivamente esistenti e circolanti in uno Stato estero, che, in tal modo, venivano “clonate”. Successivamente, le medesime autovetture sarebbero state “ri-nazionalizzate”, così simulandone – documentalmente – la loro importazione dall’estero (ove in realtà continuava a circolare l’originale veicolo “clonato” in Italia utilizzando mezzi oggetto di illecita sottrazione). Gli indagati nell’ambito dell’operazione sarebbero entrati in gioco proprio in questa seconda fase occupandosi, dopo aver ricevuto le autovetture falsamente importate dall’estero, di trasferirle rapidamente ad ignari acquirenti ad un prezzo lievemente inferiore a quello di mercato.
I 54 veicoli individuati durante le indagini sono tutti circolanti in diverse regioni italiane ed in quasi tutte le province siciliane. “Sussistendo un fondato motivo di ritenere che gli indagati fossero ancora in piena operatività, i Pubblici Ministeri titolari delle indagini, oltre a richiedere l’applicazione delle misure cautelari personali, hanno richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari di disporre il sequestro preventivo di nove autovetture, del valore complessivo di 200.000 euro”. I veicoli sono stati sequestrati questa mattina nelle città di San Cataldo, Agrigento, Catania, Avellino e Reggio Calabria. Si allegano le fotografie di due degli indagati: Amico Eugenio e Giarratana Michele al fine di individuare ulteriori persone offese vittime di truffa, considerato che i due indagati hanno più volte utilizzato documenti falsi per stipulare contratti.
Cronaca
Migranti, Open Arms: “26mila morti nel Mediterraneo dal 2014 per inazione Ue”

(Adnkronos) – “Dal 2014 sono 26.000 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale a causa dell’inazione dell’Europa, della mancanza di operazioni di ricerca e soccorso governative strutturate, di accordi criminali fatti con paesi illiberali e instabili dove i diritti umani e la vita sono violati sistematicamente”. E’ l’atto d’accusa di Open Arms a pochi giorni dalla nuova udienza del processo a Palermo a carico dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.
Gli ultimi due casi, ricorda la Ong, sono la “strage drammatica a pochi metri dalle coste italiane, sulla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria, e un naufragio annunciato in acque internazionali, nella zona Sar libica: 86 morti di cui 35 minori e bambini e un numero imprecisato di dispersi nel primo caso, 30 dispersi e 17 persone recuperate dal mare nel secondo, è questo il tragico bilancio di questi ultimi 20 giorni. Un bilancio che pesa come un macigno sulla coscienza dei governi europei, che anziché soccorrere persone in evidente pericolo di vita, hanno preferito attendere ore preziose, attivare operazioni di polizia anziché di soccorso, provare ad allertare la cosiddetta guardia costiera libica, insomma guardarli morire”.
“Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l’ultima”, afferma la Ong. Da 7 anni Open Arms è in mare e denuncia “le omissioni di soccorso, i respingimenti per procura, i naufragi, la mancanza di coordinamento in mare, il silenzio delle autorità alla richiesta di informazioni”.
“Per questo siamo stati criminalizzati, fermati, ispezionati, indagati e ogni volta assolti”, dicono da Open Arms, sottolineando che “le navi umanitarie sono state in questi anni l’unico presidio di legalità e rispetto delle Convenzioni internazionali, l’unica tutela contro le derive violente dell’esternalizzazione delle frontiere, di una politica insufficiente che non è stata in grado di trovare soluzioni dignitose per chi fuggendo da situazioni di pericolo, chiedeva di essere accolto in Europa”.
Cronaca
Ultimo naufragio di migranti, l’accusa di Sea Watch: “Roma sapeva tutto”

(Adnkronos) – Una ricostruzione minuziosa delle ore che hanno preceduto l’ennesimo naufragio a largo delle coste libiche con 30 dispersi. A fornirla è Sea Watch che ha reso pubbliche le immagini girate dal suo velivolo di ricognizione Seabird e le registrazioni audio delle chiamate tra l’equipaggio, la nave mercantile vicina al barchino con 47 persone a bordo e i Centri di coordinamento dei soccorsi libico e italiano.
In questo video vedete una barca con a bordo 47 persone in pericolo. A causa del ritardo nei soccorsi solo 17 di loro sono sopravvissute. Ecco la ricostruzione dei fatti.
Sabato 11 marzo ore 01:28 a.m. – Alarm Phone informa le autorità sulla situazione della barca in pericolo. Seabird avvista l’imbarcazione e lancia la chiamata d’emergenza. Poco dopo il mercantile BASILIS L risponde e si dirige verso la scena.
Ore 10.31 a.m. – Seabird richiama via radio il mercantile BASILIS che risponde di essere stato istruito da MRCC Rome nel seguire le istruzioni della cosiddetta guardia costiera libica. Quest’ultima ha ordinato di raggiungere il caso e poi richiamarli.
Ore 11:10 a.m. – L’equipaggio di terra di Sea-Watch chiama quindi il “Joint Rescue Coordination Center” di Tripoli che risponde di essere a conoscenza del caso e di aver contattato Benghazi, che però non ha motodette e non può soccorrere.
Ore 04.06 p.m. – L’equipaggio di terra di Sea-Watch chiama il centro di coordinamento italiano per comunicare che il centro Libico non è in grado di inviare una motovedetta per soccorrere. Quando viene chiesto chi può coordinare i soccorsi, visto che la Libia non è in grado, l’ufficiale italia riaggancia il telefono.
Domenica 12 marzo. Dopo una notte in balia delle onde il barchino viene soccorso da un mercantile. Le onde sono troppo alte e la barca si ribalta. Solo 17 persone vengono tratte in salvo. Le altre 30 sono annegate.
Chi è Stato?
Ci sono due cose da chiarire, ha spiegato all’Adnkronos Sea Watch Italia. La prima: quando si parla di zona Sar libica non ci si riferisce alle acque territoriali libiche ma a un’area di responsabilità libica. Dal momento che la cosiddetta Guardia costiera libica non era in grado di soccorrere il barchino secondo la Convenzione di Amburgo gli italiani o maltesi potevano andare e salvare la vita delle persone a bordo. La seconda: “A Roma sapevano benissimo cosa stesse succedendo”.
Guarda il video su Evanews.eu
Cronaca
Ancora veloci temporali, poi scoppia la primavera: previsioni meteo

(Adnkronos) – Ancora qualche veloce pioggia poi in Italia scoppia la primavera. Nel corso della settimana appena iniziata lo scacchiere europeo sul fronte del meteo si troverà ancora una volta diviso in due. Le profonde depressioni e le grandi piogge continueranno a viaggiare a latitudini più settentrionali rispetto al nostro Paese, ma riusciranno comunque a portare qualche insidia. Nel contempo però ecco che il bacino del Mediterraneo comincerà a essere influenzato dal flusso caldo tropicale che, giorno dopo giorno, cercherà di guadagnare spazio verso il nostro Paese.
Insomma, dopo un equinozio con veloci temporali portati da un vortice in transito sull’Italia, scoppierà la primavera, intesa proprio come un periodo non del tutto stabile e soleggiato, ma a tratti piuttosto pazzo, con diversi episodi instabili alternati a fasi soleggiate, il tutto in un contesto termico davvero mite per la stagione, a tratti anche caldo.
Antonio Sanò, fondatore de iLMeteo.it comunica che nella giornata odierna potranno verificarsi delle piogge e dei temporali anche di moderata intensità sulle regioni centrali, specie su Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, ma anche sulla Romagna; si tratta degli ultimi strascichi di un vortice ciclonico che ha attraversato l’Italia nel corso del weekend. Martedì 21 poi toccherà alle regioni del Sud vedersela con veloci piogge e temporali, mentre al Nord tornerà qualche nebbia sulla Pianura Padana, soprattutto al mattino. I giorni immediatamente successivi trascorreranno all’insegna di un caldo tipicamente primaverile, con temperature piuttosto miti per il periodo e un contesto meteorologico dunque votato alla stabilità atmosferica soprattutto al Centro-Sud.
Il caldo si farà sentire già da martedì 21, sulle pianure del Nord e sulle regioni tirreniche con punte fin verso i 20°-22°C. Prima fiammata anche sulle due Isole Maggiori dove i valori termici si porteranno diffusamente oltre i 24/25°C durante le ore pomeridiane. Tuttavia, le aree in prossimità delle coste potranno essere interessate da un clima più fresco (a causa del mare ancora piuttosto freddo ed il rischio anche della formazione di nubi basse marittimo costiere (o addirittura nebbie marittime) sia sul settore dell’alto adriatico sia sull’alto Tirreno e Mar Ligure.
Dopo metà settimana poi il nostro Paese risulterà diviso in due: il Sud sarà pronto a godere di un discreto soleggiamento, mentre il Centro e il Nord dovranno fare i conti con i classici alti e bassi di inizio primavera caratterizzati da improvvisi annuvolamenti, piovaschi sparsi, qualche temporale, il tutto condito da un contesto climatico via via sempre più mite.
Oggi, lunedì 20 marzo – Al nord: piovaschi sulla Liguria e sul Triveneto; sole altrove. Al Centro: diffusa instabilità su tutte le regioni, forti temporali sul Lazio. Al sud: piovaschi sparsi.
Domani, martedì 21 marzo – Al nord: bel tempo e clima mite salvo nebbie al mattino. Al centro: residue piogge su Abruzzo e Molise; soleggiato e asciutto altrove. Al sud: instabile su Puglia, Basilicata e Calabria.
Mercoledì 22 marzo – Al nord: locali nebbie, ma cielo poco nuvoloso, clima primaverile. Centro: cielo a tratti nuvoloso. Sud: nubi irregolari.
Tendenza: clima primaverile, rare piogge.
Attualità
Cuba, eroi messi a tacere da una dittatura

La dittatura cubana è stata impegnata e preoccupata di affermare la sua ideologia e la sua politica, usando metodi diversi per più di 60 anni per perpetuarsi al potere. Senza dubbio la disinformazione è stata una di queste.
È la dittatura che detiene il monopolio di tutti i mezzi di comunicazione (televisione, radio, stampa, ecc.) e attraverso di essi diffonde solo ciò che la favorisce e vende l’apparenza illusoria di una società prospera, sicura, giusta ed equa.
L’uso di Internet è stato negato al popolo cubano fino all’anno 2009 circa e l’accesso è disponibile esclusivamente attraverso l’unica compagnia di telecomunicazioni esistente sull’isola (ETECSA, Empresa de Telecomunicaciones de Cuba SA.) che, ovviamente, appartiene al governo dittatoriale. È forse l’accesso a Internet più costoso al mondo e la sua efficacia è messa in discussione quotidianamente dalla popolazione.
D’altra parte, quando succede qualcosa a Cuba e il governo non vuole che il mondo lo sappia, blocca la connessione ad Internet, come è successo, ad esempio, l’11 giugno 2021 quando il Popolo è sceso spontaneamente in piazza per protestare contro la situazione insopportabile e le carenze di ogni tipo. Manifestazioni che furono brutalmente represse.
Tuttavia, è emersa una generazione di giovani YouTuber. Giovani che quotidianamente denunciano le sofferenze e i disagi della gente sulle reti, giovani che, per riflettere la triste realtà cubana, sono perseguitati e ugualmente repressi, alcuni costretti a emigrare e tanti altri ad essere detenuti, sottoposti a minacce, multati e espropriati dei mezzi con cui svolgono il loro lavoro. Il caso più recente è quello della giovane Hildina, una YouTuber che vive nella parte orientale del Paese, madre di un minore, arrestata in un’operazione di polizia con più di 30 agenti che hanno circondato la sua abitazione, portata in un commissariato, minacciata e multata. Le hanno anche sequestrato telefoni e computer con i quali ha esposto la dura realtà.
Solo le pressioni esercitate dai suoi giovani colleghi le hanno impedito mali maggiori e dopo poche ore è stata rilasciata. Questi giovani YouTuber sono quelli che stanno conducendo la battaglia dell’informazione, quelli che corrono rischi ogni giorno per mostrare al mondo la vera realtà di Cuba, sono i nuovi EROI, che sostengono PATRIA Y VIDA.
Cronaca
Bullismo, multa ai genitori: le regole del sindaco di Cento

(Adnkronos) – Multa ai genitori in caso di episodi di bullismo che coinvolgono minorenni. “Come amministrazione non vogliamo girarci dall’altra parte. Il bullismo, nelle sue varie forme, è un problema serio. Siamo determinati nel contrastarlo con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione”, dice Edoardo Accorsi, sindaco di Cento, in provincia di Ferrara, sottolineando che il Comune da lui guidato approverà “in questa settimana, grazie all’impegno dell’Assessore Pedaci, in consiglio comunale un regolamento che introduce nuovi strumenti pratici per combattere il fenomeno, intervenendo anche con sanzioni economiche sulle famiglie. Consapevoli, ovviamente, che il primo lavoro deve essere quello educativo, formativo e di sensibilizzazione”.
Si tratta del nuovo regolamento di polizia urbana del Comune in cui è stato introdotto l’articolo 7 bis, suddiviso in sei commi, che sostanzialmente introduce la possibilità per l’Amministrazione di contestare una sanzione amministrativa, da 100 a 300 euro, a chi ha la patria potestà dei ragazzini che dovessero tenere in ambito scolastico e fuori atteggiamenti che possono “costituire pregiudizio per la sicurezza urbana e nocumento per la civile convivenza”.
La misura piace al Codacons, che chiede l’adozione del provvedimento da tutte le amministrazioni comunali. “Spesso il bullismo da parte dei minori è legato ad una disattenzione e indifferenza da parte dei genitori che hanno responsabilità dirette nelle violenze commesse dai propri figli – spiega il presidente Carlo Rienzi – Non educare correttamente i ragazzi, e non vigilare sui loro comportamenti alimenta il fenomeno del bullismo e rappresenta un vero e proprio concorso negli illeciti commessi dai minori, e pertanto crediamo sia corretto sanzionare coloro che hanno per legge la patria potestà”.
“Per tale motivo chiediamo ora agli altri comuni italiani di adottare provvedimenti analoghi a quello di Cento, estendendo in tutta Italia le sanzioni verso i genitori”, conclude Rienzi.
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