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Sostenibilità, Gruppo Boero: “Generati oltre 115...

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Sostenibilità, Gruppo Boero: “Generati oltre 115 milioni di valore economico nel 2022”

Il gruppo ha presenrtato il primo Bilancio di Sostenibilità, redatto in conformità ai Global Reporting Initiative Sustainability Reporting Standards

Gli SDGs direttamente correlabili alle attività e ai servizi caratteristici di Gruppo Boero

Un valore economico di oltre 115 milioni generato nel 2022 (+23%) e una visione di impresa guidata dal positive impact sulle persone, l’ambiente e i territori: Gruppo Boero, fondato nel 1831 a Genova e attivo nella formulazione e produzione di soluzioni vernicianti per l’edilizia e il mondo yachting, presenta il primo Bilancio di Sostenibilità, redatto in conformità ai Global Reporting Initiative Sustainability Reporting Standards, che descrive le iniziative e i principali risultati in ambito economico, sociale e ambientale raggiunti dal Gruppo nel corso del 2022 e definisce le azioni strategiche che, in maniera progressiva per i prossimi tre anni, verranno realizzate. Un atto volontario che rappresenta, dopo il documento di Smart Report, il primo passo di rendicontazione verso un modello di business in cui i principi di sostenibilità guidano il modo di fare impresa, realizzato con il supporto di Nativa, società B Corp in grado di guidare le aziende che intendono percorrere il cammino verso una maggiore sostenibilità, e anticipatamente rispetto agli obblighi normativi che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2026.

I DATI - Nel 2022 il Gruppo ha generato e distribuito un valore economico pari a 115.148.190 euro a beneficio di dipendenti, finanziatori, pubblica amministrazione, comunità e azionisti. Il risultato, che segna un incremento del 23% rispetto all’esercizio precedente, è stato realizzato grazie ai 400 collaboratori, tra interni ed esterni, che operano ogni giorno per servire 5.000 clienti in circa 50 paesi, con oltre 20 milioni di litri di prodotti vernicianti erogati e un fatturato di 110 milioni di euro per il 2022.

“Oggi riconosciamo davanti a noi la più grande sfida che l’essere umano abbia mai dovuto affrontare: salvaguardare il proprio benessere e massimizzarlo, garantendo alle prossime generazioni lo stesso diritto. Come Gruppo Boero intendiamo partecipare a questa importante trasformazione, pronti a guardare al futuro mettendo al centro la sostenibilità. Il nostro primo Bilancio di sostenibilità racconta i nostri progressi, gli impatti e gli obiettivi che perseguiremo per il mondo e che ci consentirà di monitorare in modo costante le nostre performance, mantenendo un dialogo continuo e costruttivo con tutti i nostri stakeholder su queste tematiche. La nostra visione di impresa è di andare oltre il profitto, generando un impatto positivo sulle persone, l’ambiente ed il territorio in cui viviamo e lavoriamo, portando valore attraverso le nostre azioni concrete”, afferma Giampaolo Iacone, direttore generale e Cfo Gruppo Boero.

Il documento spiega anche come l’azienda si sia allineata all’Agenda per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite individuando 7 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile prioritari, tra i 17 Sdgs, al cui raggiungimento Gruppo Boero intende contribuire grazie alle proprie attività e ai propri servizi: (Obiettivo n. 3 - Salute e benessere; 8 - Lavoro dignitoso e crescita economica; 11 - Città e comunità sostenibili; 12 - Consumo e produzione responsabili; 13 - Agire per il clima; 14 - La vita sott’acqua; 17 - Partnerships for the goals). Di seguito alcuni highlights dell’impegno di Gruppo Boero nello sviluppo di un modello di business più responsabile e rigenerativo.

Salute e benessere - Nel 2022 il Gruppo ha avviato il programma di sviluppo 'Hse&Sustainability Leadership skills' che ha coinvolto parte dell’alta direzione, del management, i supervisori e capi squadra non solo con formazione d’aula, ma anche in campo, responsabilizzando tutti i preposti con il supporto della funzione Hse e il commitment della Direzione. Inoltre, durante l’anno sono state erogate più di 3200 ore di formazione su Salute, Sicurezza, Ambiente e Sostenibilità, che equivalgono a circa 12 ore di formazione su queste tematiche per dipendente. L’attenzione alla salute e al benessere si sviluppa anche nei confronti di chi utilizza i prodotti del Gruppo, per questo Boero edilizia promuove la linea Painting Natural, costituita da prodotti ecosostenibili, tecnologicamente avanzati e con minimo impatto ambientale, con dichiarazione ambientale Epd, conformi al protocollo internazionale Haccp e certificato Iaq di Classe A+, ipoallergenici e certificati Ecolabel.

Lavoro dignitoso e crescita economica - Per mantenere la propria crescita, Gruppo Boero garantisce le migliori condizioni di lavoro per le proprie persone, stimolandole a crescere e a contribuire positivamente verso la società e l’ambiente: a sostegno di questo obiettivo, nel 2022 ha offerto più di 18 ore medie di formazione per ciascun dipendente.

Città e comunità sostenibili - La partecipazione alla vita del territorio è da sempre molto attiva attraverso progetti di rigenerazione urbana, investimenti e il sostegno ad eventi culturali e sportivi, oltre ad essere parte di Associazioni locali che promuovono il territorio in diversi ambiti: sono oltre 20 le iniziative promosse nel corso del 2022 verso la comunità e il territorio, non solo locali, oltre 1000 i litri di prodotto donato e 2000 mq le strutture pitturate.

Consumo e produzione responsabili; Agire per il clima; La vita sott’acqua - Per quanto riguarda il consumo di energia elettrica, l’azienda ha avviato un intervento di relamping che porterà ad un risparmio complessivo del 15% e per cui si impegna ad aumentare la quota di approvvigionamento di energia derivante da fonti rinnovabili ad almeno il 75% attraverso la creazione di un impianto fotovoltaico di circa 1840 kWp presso l’area dello Stabilimento produttivo di Rivalta Scrivia (stima energia annua prodotta 2.400.000 Kwh e 1.274.400 kg/anno di emissioni di CO2 evitate), di cui è stato avviato lo studio per la progettazione. Sul fronte dei consumi idrici derivanti dal proprio ciclo produttivo e dalle proprie strutture amministrative, sono stati avviati dei lavori per valutarne la riduzione di circa il 10%, grazie a nuove apparecchiature dotate di timer di utilizzo. Per i consumi di combustibili, in particolare del metano utilizzato per il riscaldamento degli uffici, si è registrato un decremento di circa il 25% rispetto all’anno precedente ed è in corso di valutazione l’istallazione di un impianto di regolazione della temperatura che porterebbe ad un ulteriore risparmio di circa il 15%. E ancora: le attività di miglioramento attuate con i fornitori di riferimento, per quanto riguarda l’attività di gestione rifiuti, hanno portato ad un incremento del recupero dei rifiuti pericolosi di circa il 50%. Circa gli sviluppi su plastica seconda vita, Gruppo Boero continua nelle attività di analisi delle fasi di progettazione e dei materiali dei prodotti e del packaging, al fine di identificare opportunità di ottimizzazione per ridurre il proprio impatto ambientale. In questa logica è nato il progetto relativo all’utilizzo di plastica riciclata per alcune linee di prodotti, con un’entrata a regime a partire dal 2023 e negli anni a seguire.

Partnerships for the goals - L’azienda ha intrapreso con Water Revolution Foundation uno studio Lca (Analisi del Ciclo di Vita) su alcuni prodotti destinati al mercato della nautica, per cogliere l’opportunità di sfruttare nuovi strumenti, che insieme alle conoscenze e alle buone pratiche, possano facilitare la transizione verso soluzioni a minor impatto ambientale e che non arrechino danni agli oceani. Allo stesso modo il Gruppo è diventato socio di Gbc (Green Building Council Italia).

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Smart Agrifood, tra carbon farming e digitalizzazione: a...

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La ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood fornisce una panoramica sullo stato del carbon farming e della tracciabilità

AgriFood - - Canva

Innovazione digitale e agroalimentare italiano. Queste le tematiche al centro dell’evento di presentazione della Ricerca condotta dall’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano. Tenutosi negli scorsi giorni, il 15 marzo, presso l’Aula Magna della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Brescia, l’evento intitolato “Smart Agrifood: il dado e tratto! Ora la sfida è la maturità digitale” è stata un’occasione per riflettere sul ruolo che hanno i principali attori del settore nell’impiego delle tecnologie digitali nel settore del carbon farming.

Il Carbon Farming

I fattori di contesto manifestatisi negli ultimi tre anni hanno messo alla prova tutti i comparti industriali, compreso quello agroalimentare. Proprio in questo settore nel 2023, a fronte di una graduale mitigazione di alcune criticità, si è assistito a un significativo impatto degli effetti del cambiamento climatico e degli eventi meteorologici (in alcuni casi estremi). In questo contesto, si è confermata la sostanziale fiducia degli operatori della filiera agroalimentare nei confronti delle soluzioni tecnologiche. Particolare attenzione è stata destinata a quella che è una rivoluzione nel settore: il carbon farming.

Dall’analisi di 214 progetti di carbon farming identificati all’interno del comparto agroalimentare internazionale, è emerso che più dell’80% dei progetti si concentra in Nord America ed Europa. Considerando il numero di crediti erogati, è invece la Cina a detenere il primato, seguita dagli Stati Uniti. Il digitale ha assunto un ruolo rilevante all’interno della “filiera” del carbon farming, potendo supportarne ogni fase: per questo, gli attori dell’offerta di soluzioni digitali dell’Agricoltura 4.0 sono sempre più interessati ad entrare in questo settore.

Un ruolo rilevante viene giocato dalle startup, spesso coinvolte nelle progettualità legate a questo settore, in particolare in Nord America ed Europa: i due continenti ospitano il 78% delle startup mondiali specializzate nell’offerta digitale per il carbon farming. Tra le soluzioni maggiormente proposte, oltre ai software e ai gestionali (78%), ci sono le soluzioni per l’analisi di dati e Big Data (61%), i sistemi di mappatura basati su immagini e dati satellitari (40%) e le soluzioni basate sull’intelligenza artificiale e il machine learning (39%).

Nonostante la forte rilevanza del tema, l’adozione di pratiche di carbon farming risulta ostacolata da diverse criticità. In primis, la diffusa mancanza di conoscenza: secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio, in Italia, solo il 22% delle aziende agricole del campione dichiara di conoscere le pratiche di carbon farming e il 9% anche di adottarle. A seguire, ci sono i limiti delle risorse finanziarie e tecnologiche (45%), l’assenza di supporto tecnico e di una consulenza specializzata (43%) e gli alti costi per la realizzazione dei progetti (38%).

Con il termine carbon farming si fa riferimento all’insieme di pratiche, metodi agricoli, che mirano a immagazzinare carbonio nel suolo, nelle radici delle colture, nel legno e nelle foglie. Il termine tecnico per questo è “sequestro del carbonio”. L’obiettivo generale dell’agricoltura del carbonio è creare una perdita netta di carbonio dall’atmosfera, obiettivo imposto per la salvaguardia dell’ambiente, anche tra i goal europei.

Tracciabilità

In Italia, il 2023 ha segnato un nuovo aumento nell’offerta di soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare: 225, +22% rispetto al 2022. Il primo motivo che spinge le aziende a implementare soluzioni digitali per la tracciabilità di filiera è la necessità di garantire in maniera diretta al consumatore finale la qualità, l’origine e i metodi produttivi. Diventa sempre più forte, inoltre, il legame tra tracciabilità e sostenibilità.

La tracciabilità ha il ruolo di ridurre la distanza con il consumatore e valorizzare le produzioni. Queste soluzioni consentono di digitalizzare le varie fasi del processo di tracciabilità e sono abilitate da diverse tecnologie: Internet of Things (23%), Mobile App (23%), Cloud (20%) e tecnologie Blockchain & Distributed Ledger (17%). La maggior parte delle soluzioni (57%) è trasversale a più settori, ma cresce la quota di soluzioni specificatamente dedicate al mondo agricolo. Queste includono anche una componente orientata alla valorizzazione dei dati dal campo, dalle pratiche agricole e dai macchinari ai fini della tracciabilità, cercando, quindi, di rispondere al bisogno crescente di reale integrazione dei dati dal campo alla tavola.

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Greenwashing, ok del Parlamento Ue alla Direttiva Green...

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La posizione sarà vincolante anche per la prossima legislatura

Greenwashing - Canva

Con la direttiva Green Claims, l’Ue fa un ulteriore passo verso un’informazione trasparente e veritiera nell’ambito delle comunicazioni sostenibili.

Il voto favorevole dell’Europarlamento alla Direttiva Green Claims (“Dichiarazioni ambientali”) contro il greenwashing è avvenuto martedì 12 marzo con un ampio margine di consenso (467 favorevoli, 65 contrari e 74 astensioni).

La nuova posizione mira a porre fine alla diffusione di dichiarazioni ecologiche fuorvianti e a promuovere pratiche di sostenibilità autentiche. Con questo voto, l’Europarlamento invia un chiaro segnale alle imprese affinché assumano un approccio più responsabile e trasparente nei confronti dei consumatori, in modo che la transizione verso un’economia verde e sostenibile non sia solo di facciata.

Cosa prevede la direttiva Green Claims

La proposta presentata un anno fa dalla Commissione Europea ha messo in luce un problema diffuso: la presenza di dichiarazioni green fuorvianti da parte di molti operatori economici.

Ecco cosa prevedono le nuove norme approvate dall’Europarlamento:

- Nessuna etichetta senza prova: sicuramente la novità più impattante del testo. Le scritte come “biodegradabile”, “meno inquinante” o “a risparmio idrico” non saranno più ammesse a meno che le aziende non possano fornire prove scientifiche e verificate da enti terzi indipendenti circa la loro veridicità. Non solo: le aziende dovranno fornire queste prove prima di poter commercializzare i propri prodotti con le relative “dichiarazioni green”;

- Tempi certi: le autorità nazionali avranno 30 giorni per valutare le dichiarazioni ambientali e le relative prove, con la possibilità di procedure semplificate per i casi più semplici;

- Limiti al “carbon neutral”: le aziende non potranno fare dichiarazioni ecologiche basate esclusivamente sugli schemi di compensazione delle emissioni di anidride carbonica. Le imprese potranno utilizzare tali schemi solo dopo aver ridotto al minimo le proprie emissioni. In particolare, i crediti di carbonio degli schemi dovranno essere certificati, come già stabilito dal Carbon Removals Certification Framework;

- Sostanze pericolose: le dichiarazioni verdi sui prodotti contenenti sostanze pericolose saranno permesse temporaneamente, ma la Commissione valuterà se debbano essere vietate del tutto.

Sotto il profilo sanzionatorio, le aziende che utilizzano dichiarazioni ambientali non verificate potrebbero essere soggette a multe fino al 4% del fatturato annuale o all’esclusione da appalti pubblici o sussidi per un anno. La direttiva Green Claims prevede che le microimprese (meno di 10 dipendenti e fatturato annuo al di sotto dei 2 milioni di euro) siano esentate dalle nuove norme, mentre le Pmi (meno di 250 dipendenti e fatturato annuo inferiore ai 50 milioni di euro o bilancio inferiore ai 43 milioni di euro) avranno un anno in più per adeguarsi.

Quanto è diffuso il greenwashing

Come riporta economiacircolare.com, già dal 2014 almeno il 75% dei beni sul mercato conteneva dichiarazioni green. Tuttavia, secondo la Commissione Ue, nel 2020 almeno il 53,3% delle informazioni su ambiente e clima presenti in etichetta su un campione esteso di prodotti era ingannevole, il 40% completamente prive di fondamento. Tipica fattispecie di greenwashing.

Nel 2022, sono stati identificati 18 casi di greenwashing che hanno coinvolto importanti brand internazionali.

L’uso di affermazioni ambientali da parte delle aziende per promuovere un’immagine di sostenibilità che non corrisponde alla realtà è cresciuto di pari passo con la maggiore sensibilità dei consumatori verso la sostenibilità dei prodotti e servizi acquistati.

Le dichiarazioni di greenwashing più frequenti riguardano l’uso improprio di termini come “sostenibile”, “eco-friendly”, “verde”, o l’abuso di certificazioni ambientali poco chiare o ingannevoli. Queste affermazioni possono variare dalla presunta neutralità carbonica di un’azienda, all’utilizzo di materiali riciclati o biologici nei loro prodotti, fino a promesse di contributi alla riduzione dell’inquinamento o alla conservazione della biodiversità, che in realtà non trovano riscontro nelle pratiche aziendali.

La consapevolezza dei consumatori riguardo al greenwashing è in crescita, grazie all’aumento dell’attenzione mediatica e alla diffusione di informazioni tramite organizzazioni ambientaliste e piattaforme di divulgazione. Questo ha portato a una maggiore vigilanza da parte dei consumatori, che si mostrano sempre più critici e informati riguardo alle affermazioni ambientali delle aziende.

Il green hushing

La crescente consapevolezza dei consumatori può anche generare un effetto paradossale: il green hushing, quando le aziende non comunicano il proprio impegno sostenibile per paura di cadere nel…greenwashing.

Le aziende possono “optare” per il green hushing per il timore di essere criticati o accusati di greenwashing se le azioni sostenibili non sono sufficienti o coerenti con il settore di appartenenza; l’incertezza sull’efficacia e sulla misurabilità delle proprie politiche ambientali; la scarsa consapevolezza o importanza attribuita al tema della sostenibilità, considerato come un costo e non come un investimento; la volontà di mantenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, evitando di rivelare le proprie strategie e i propri risultati.

Eppure, il green hushing è una (non) scelta che non fa bene a nessuno: le aziende perdono l’opportunità di migliorare la reputazione e la fiducia dei consumatori, mentre le buone pratiche e i benefici che la sostenibilità può portare in termini di efficienza, risparmio, qualità e differenziazione restano celati. È innegabile, infatti, che le politiche responsabili adottati da aziende più o meno grandi, spesso diventino un modello da seguire per le altre imprese del settore, contribuendo così a creare uno standard migliore per la sostenibilità.

Competitività leale e prossimi step

Il focus della Direttiva Green Claim è, chiaramente, la protezione dei consumatori, perché mira a fornire informazioni più accurate e affidabili per permettere agli utenti di effettuare scelte consapevoli.

Il provvedimento, però, non mira solo a proteggere i consumatori da affermazioni ingannevoli, ma anche a realizzare una competizione leale tra le imprese che adottano effettivamente pratiche sostenibili.

Con l’evolversi del contesto normativo e sociale, adottare pratiche ambientali trasparenti e verificabili non solo è in linea con le richieste dell’Ue, ma potenzia anche la fiducia dei consumatori nell’autenticità delle dichiarazioni di sostenibilità.

L’iter della Direttiva Green Claim non è ancora concluso, ma il voto dello scorso 12 marzo sarà legalmente vincolante anche per la prossima legislatura. Dopo l’elezione degli eurodeputati del 6-9 giugno, i nuovi rappresentanti riprenderanno il testo da questo punto per passare al trilogo con Consiglio e Commissione, dopo che anche i rappresentanti dei governi nazionali avranno approvato la propria posizione negoziale presso il Consiglio.

Nel frattempo, il relatore della commissione Ambiente dell’europarlamento Cyrus Engerer (S&D) ha evidenziato la natura del provvedimento: “La nostra posizione – ha spiegato a margine del voto – pone fine alla proliferazione di dichiarazioni ecologiche fuorvianti che hanno ingannato i consumatori per troppo tempo. Faremo in modo che le aziende dispongano degli strumenti giusti per adottare pratiche di sostenibilità autentiche. I consumatori europei vogliono fare scelte sostenibili. Tutti coloro che offrono prodotti o servizi devono garantire che le loro dichiarazioni siano verificate scientificamente”.

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Volvo corre con la EX30, il Suv elettrico che combina...

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Ha l'impronta di carbonio più bassa del brand, alluminio e acciaio riciclati e si potrà riutilizzare al 95%. Ottima accoglienza a livello globale, in Italia è fra le bestseller aspettando gli incentivi

Volvo corre con la EX30, il Suv elettrico che combina performance e sostenibilità

Dalla casa più ambiziosa in termini di sostenibilità (con il target di essere climate neutral per il 2040) arriva la vettura più riciclabile del mercato: Volvo ha infatti annunciato le prime consegne in Italia della EX30, l’auto più compatta e sostenibile mai realizzata dal marchio svedese. A fine vita (che si annuncia lunga, come da tradizione Volvo), infatti, questo Suv compatto sarà riciclabile al 95%, in pratica senza lasciare dietro di se' scarti pericolosi o ingombranti. La percentuale di materiali riciclati nell'EX30 è la più alta di tutte le Volvo prodotte fino ad oggi: circa un quarto dell'alluminio e quasi un quinto dell'acciaio sono costituiti da materiale riciclato. Inoltre, circa il 17% di tutte le plastiche presenti nell'auto, dai componenti interni ai paraurti, proviene da fonti riciclate.

Ma le cose - dal punto di vista ambientale - vanno ancora meglio nel suo ciclo di vita: infatti la EX30 vanta l'impronta di carbonio più bassa di qualsiasi altra Volvo completamente elettrica prodotta finora, pari a 23 tonnellate per 200.000 km, ovvero circa il 60% in meno rispetto alla XC40 con motore termico (a benzina). La valutazione dell' 'impronta' - che per la EX30 include ricariche effettuate grazie a energia elettrica di origine eolica- identifica i principali materiali e processi che contribuiscono alle emissioni dell'auto.

Concentrandosi esclusivamente sulle emissioni di gas a effetto serra, il rapporto analizza il ciclo di vita dell'auto, a partire dall'estrazione e dalla raffinazione delle materie prime fino al termine del suo utilizzo. E - dopo avere prodotto la sua auto più 'pulita' - Volvo non si ferma, visto che ha in programma un'ulteriore riduzione dell'impatto di CO2 dell'EX30 attraverso un'ampia collaborazione con i fornitori dell'intera catena del valore. Ad esempio, entro il 2025 i suo fornitori di batterie si impegnano a ridurre del 20% le emissioni derivanti dalla produzione della batteria LFP e del 46% nel caso della batteria NMC.

Potenza di 272 cv già nella versione 'base' ma in gamma è disponibile una Dual Motor da 0-100 in 3,6 secondi

Ma i dati di sostenibilità non devono naturalmente far perdere di vista le qualità 'funzionali' del Suv Volvo, che traduce in pratica ed evolve la filosofia del marchio svedese.La EX30 resta infatti una vettura gradevole da vivere - con un bagagliaio di 320 litri e interni spaziosi, nonostante una lunghezza di 4,23 metri, ed eleganti nel minimalismo di stile scandinavo - e da guidare, con una estrema stabilità in marcia e una progressione interessante, anche nella versione di partenza.

In gamma la prima ad arrivare (e chiaramente la best seller) è infatti la versione a motore unico, trazione posteriore e autonomia normale oppure Extended Range: con i suoi 200 kW (272 CV) e una coppia di 343 Nm assicura una accelerazione 0-100 km/h in 5,3 secondi, ma con velocità massima autolimitata a 180 km/h. L'autonomia stimata può andare da 350 fino a 480 km ( nel ciclo WLTP) ma si sa che il dato è fortemente condizionato dalle condizioni di utilizzo e dallo stile di guida. Per gli intenditori, invece la versione Twin Motor Performance, a trazione integrale: la batteria NMC da 69kWh accoppiata a una potenza di 315 kW (428 CV) e una coppia esuberante di 543 Nm le permette uno 0-100 da 3,6 secondi, mai visto su una Volvo stradale.

Sul fronte ricarica servono dalle 6 a 8 ore a casa (con AC da 11 kW) mentre il tempo necessario per passare dal 10 all'80% oggi è poco sotto i 30 minuti in DC fast charging a 175kW ma si aspettano i frutti delle partnership su batterie e sistemi ricariche: cruciale, ad esempio, l'accordo con Breathe, che permette al brand svedese di utilizzare l'ultima versione del software di ricarica brevettato, che sulle Volvo completamente elettriche di nuova generazione, potrà abbattere ridurre fino al 30% il tempo necessario per passare dal 10 all'80%.

Ottima accoglienza livello globale, in Italia è fra le bestseller aspettando gli incentivi

L'arrivo della EX30 - che è stata finalista al Car of the Year e ha già raccolto una serie di riconoscimenti internazionali - cade in un momento in cui a parità di vendite (più di 50 mila gli esemplari venduti a livello globale a febbraio) la quota di modelli elettrificati è, proprio grazie al Suv compatto, la più alta di sempre, il 44%, mentre le BEV sono il 22 % del totale (con un balzo in Europa del +31%).

Nei primi due mesi dell'anno sono state vendute 5.863 unità di EX30, ma con consegne ai clienti iniziate solo in Europa, Giappone e Brasile. Facile prevedere che questo Suv possa entrare nella top tre dei modelli Volvo più venduti a livello globale, come già avvenuto nel nostro Paese: dopo le 2.050 unità di prevendità del 2023 sono già più di 600 gli ordini ricevuti da inizio 2024 con la previsione di 4.550 consegne a pieno anno, il 20% del totale.

Al momento gli esemplari venduti sul nostro mercato sono prodotti da un impianto cinese ma - come ha spiegato l'ad di Volvo Jim Rowan - "vista la forte domanda nei confronti di questo modello" dal prossimo anno la EX30 inizierà ad essere prodotta anche in Europa, per l'esattezza nell'impianto belga di Gent, da cui già escono XC40 e C40. L'origine cinese - con una qualità, inutile dirlo, inconfondibile rispetto ai modelli 'continentali' - ha comunque permesso di mantere il listino a livelli competitivi per il settore. Si parte da 35.900 euro, ma l'obiettivo - quando finalmente gli incentivi 2024 saranno ufficializzati - di potere offrire il Suv a meno di 25 mila euro. E a questi prezzi, e con queste qualità, l'elettrico per molti automobilisti cominciare a diventare una certezza e non solo una possibilità.

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