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Sostenibilità

Tre città italiane tra le prime 20 più trafficate al mondo:...

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Tre città italiane tra le prime 20 più trafficate al mondo: la classifica

Con il TomTom Traffic Index è possibile mappare il traffico di oltre 500 Paesi nel mondo

Macchine e traffico - - Canva

Sono tre le città italiane tra le prime venti più trafficate al mondo. A confermarlo è il TomTom Traffic Index che misura, con diversi parametri, quanto una città possa essere congestionata dalle auto, nelle ore di punta, ma non solo.

Dai dati è emerso che il centro di Londra è stato il più lento da attraversare nel 2023. Dublino è la città più congestionata nelle ore di punta del 2023, con 153 ore di perdita a causa del traffico e Toronto chiude il podio.

E subito al quarto posto c’è Milano con le sue circa 137 ore che in media all’anno si perdono nel traffico. Nelle ore di punta, la velocità media è anche di 17 chilometri orari, con un tempo di percorrenza di quasi mezz’ora per attraversare 10 chilometri.

Un risultato che non lascia sperare ad un miglioramento, nonostante l’Italia, come numerosi altri Paesi, sta impiegando delle iniziative volte ad un uso più sostenibile dei mezzi di trasporto, in termini ambientali, ma soprattutto una mobilità dolce, come l’uso di bici o di monopattini. Intanto, però, la velocità media è diminuita in 228 delle 387 città analizzate, rispetto al 2022, dimostrando un rallentamento generalizzato.

I dati di TomTom

Comprendendo 387 città in 55 paesi di 6 continenti, il TomTom Traffic Index valuta le città di tutto il mondo in base al tempo medio di viaggio, ai costi del carburante e alle emissioni di Co2, fornendo accesso gratuito a informazioni utili e di alta qualità.

La classifica, poi, prosegue Lima, in Peru, al quinto posto; Bengalûru, in India, al sesto posto; Pune, sempre in India, al settimo posto; Bucarest in Romania, all’ottavo; Manila nelle Philippine e Bruselles in Belgio, rispettivamente nono e decimo.

Scorrendo la classifica, però, subito dopo Parigi 16esima, non poteva mancare la Capitale italiana. Roma, infatti, al 12esimo posto, ha una percorrenza media di 19 chilometri orari nelle ore di punta, con 107 ore annue trascorse nel traffico della città.

Per concludere il podio italiano, con le tre città nelle prime venti mondiali, c’è Torino al 18esimo posto, con una velocità media di 20 chilometri orari nelle ore di punta e oltre 90 ore annue spese nel traffico.

"Con più della metà della popolazione mondiale che vive in aree urbane, la congestione del traffico e le sue conseguenze economiche, ecologiche e sanitarie sono diventate un problema che deve essere affrontato con urgenza - ha affermato Ralf-Peter Schafer, vicepresidente di TomTom Traffic -. Pianificare il futuro delle aree urbane è essenziale per la gestione continua del traffico. Le grandi aree urbane stanno sfruttando i Big Data per pianificare infrastrutture e sviluppo che allevieranno la congestione del traffico. L’analisi dei dati storici sul traffico può aiutare le città in crescita

Le soluzioni? “Mappare sistemi stradali più efficienti e pianificare una migliore zonizzazione utilizzando la location intelligence. L’attuazione efficace delle misure di pianificazione come l’implementazione delle LEZ per ridurre l’inquinamento atmosferico trarrà vantaggio dai dati delle auto connesse”, ha concluso il vicepresidente.

Il TomTom Index

Il TomTom Traffic Index è diventato nel tempo uno strumento completo per pianificatori urbani, politici e automobilisti, poiché aiuta a comprendere e gestire la congestione del traffico e fornisce approfondimenti sull'impatto della congestione sulle infrastrutture di trasporto e sull'economia di una città. I dati sul traffico in tempo reale possono alimentare gli algoritmi utilizzati dai comuni per gestire gli ingorghi ottimizzando la logistica e i percorsi stradali. Secondo uno studio McKinsey, questo può ridurre i tempi di spostamento nelle città del 15-20%. I dati possono essere utilizzati per prevenire gli ingorghi attraverso la sincronizzazione intelligente dei semafori, limiti di velocità variabili e avvisi in tempo reale che mostrano agli automobilisti i percorsi più veloci.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del...

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del policy-making

Non c’è organizzazione, governo nazionale o locale che negli ultimi anni non abbia promesso di piantare degli alberi per combattere il riscaldamento globale. Gli esperti di The Nature Conservancy, ente non profit con sede ad Arlington, negli Stati Uniti, li mettono in guardia: non tutte queste iniziative contribuiscono al benessere del Pianeta. I progetti che non tengono conto dell’albedo, il potere riflettente di una superficie, rischiano di sovrastimare i loro effetti positivi del 20-80%. Lo riporta Agence France-Presse.

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Contrastare il cambiamento climatico è una priorità per gli...

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I dati del sondaggio Euronews-Ipsos

cambiamento climatico - storyblocks

Si avvicina la data delle elezioni europee, che in Italia si svolgeranno l’8 e il 9 giugno 2024, ma quali sono i temi più sentiti dagli elettori europei? Agire per contrastare il cambiamento climatico è una delle priorità per oltre la metà dei cittadini del Vecchio Continente. Per contro, meno di un terzo di essi ritiene che sinora l’UE abbia avuto un impatto positivo in difesa dell’ambiente. È quanto emerge dal primo sondaggio paneuropeo di questo genere svolto da Euronews e Ipsos su un campione di quasi 26 mila persone di 18 diversi Paesi. Dunque, se da un lato i cittadini sentono forte la necessità di dover fare qualcosa di concreto per limitare i danni degli eventi climatici sempre più disastrosi, dall’altro emergono non poche perplessità circa l’operato dell’UE in difesa dell’ambiente e delle persone.

I dati dei singoli Paesi

Contrastare il cambiamento climatico non è però sentito come una priorità allo stesso modo dai cittadini dei diversi Stati membri dell’UE. Sono soprattutto danesi (69% degli interpellati) portoghesi (67%) e svedesi (62%) a considerarlo come un tema centrale di cui dovrebbe occuparsi maggiormente il Governo centrale europeo. Al contrario, polacchi, cechi e finlandesi ritengono la questione non prioritaria: nel complesso solo il 34% del totale degli elettori di questi tre Paesi pensano sia un tema fondamentale. In particolare, in Polonia il 35% degli intervistati ritiene che la lotta al cambiamento climatico sia una questione secondaria. A livello di genere e fascia d’età, le donne europee sono più propense a pensare che le questioni inerenti al cambiamento climatico siano prioritarie, il 55% contro il 45% degli uomini. Il sondaggio sottolinea che, invece, l’età non rappresenta un elemento fondamentale nelle scelte dei cittadini europei, infatti, circa la metà di tutte le fasce ritiene la questione del clima prioritaria, circa un terzo la considera “solo” importante.

L’azione dell’UE in difesa dell’ambiente

Se da un lato le nuove direttive europee introdotte negli ultimi anni hanno portato notevoli cambiamenti anche mediante l’applicazione di misure drastiche per cercare di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, dall’altro la percezione dei cittadini sull’impatto di tali norme non è molto positiva. Solo il 32% degli elettori europei ritiene che l’UE abbia avuto effetti favorevoli sulla protezione dell’ambiente. Tra i cittadini che hanno un parere positivo circa l’operato del Governo europeo su tali temi vi sono al primo posto i rumeni (48%), seguiti dai portoghesi (47%) e dai finlandesi (45%). All’opposto, tra i più critici ci sono i francesi: il 39% di loro ritiene che Bruxelles abbia addirittura avuto un impatto negativo sul contrasto al cambiamento climatico. Molto critici anche gli olandesi, solo uno su quattro ha una visione positiva dell’azione ambientale dell’Unione. Proprio in Francia e Paesi Bassi, infatti, si sono di recente tenute grandi manifestazioni di protesta, specie degli agricoltori, contro il Green Deal che sarebbe la causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti comunitari a discapito di quelli extra UE.

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Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e...

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L’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” prosegue la sua attività di monitoraggio denunciando l’aumento di metano e Co2 nel mare

Mar Mediterraneo - - Canva

L’area del Mediterraneo è sempre più a rischio per l’aumento delle emissioni di Co2 e metano. Questo è quanto è emerso dal Report dell’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” che dal 2005 effettua costanti misure della concentrazione dei gas nel mare.

I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

Quali conseguenze

A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

A contribuire particolarmente a questo fenomeno, oltre i danni derivanti dall’attività umana, vi è El Nino, il fenomeno di surriscaldamento che negli ultimi due anni ha avvolto l’area dell’Europa Occidentale e non solo. Questi cambiamenti, però, non sono stati lenti e graduali, ma hanno visto un’accelerata nell’ultimo decennio. Sono proprio le concentrazioni di gas serra che hanno alimentato l’aumento delle temperature su terra e oceani, con conseguente innalzamento delle acque e scioglimento dei ghiacciai.

In altre parole, quello a cui stiamo assistendo è l’aumento del 50% delle concentrazioni di Co2 che hanno raggiunto 417,9 ppm nel 2022 a causa dell’uso di combustibili fossili, della deforestazione e dei cambiamenti nell’uso del suolo. Questo genera l’aumento delle temperature con eventi estremi come ondate di caldo, siccità, incendi, cicloni tropicali

Cosa fare?

In un panorama climatico destinato a peggiorare, le attività di monitoraggio e prevenzione assumono più che in altre occasioni, ruoli di rilevanza indispensabile. Proprio questo tipo di attività, infatti, consente di gestire tempestivamente catastrofi ambientali e danni a persone e oggetti materiali, come si è verificato nel Centro e Nord Italia nell’ultimo anno. I finanziamenti pubblici e privati, secondo gli scienziati internazionali, dovrebbero aumentare di almeno sette volte entro la fine del decennio per raggiungere gli obiettivi climatici imposti dai tavoli tecnici transnazionali.

Un ruolo cruciale, in tal senso, è giocato dalle energie rinnovabili che potrebbero ridurre di molto la produzione di Co2 e far sì che si possa abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Anche le città e aree urbane offrono significative opportunità di riduzione delle emissioni.

L’importanza della ricerca e del confronto

Per le sue specificità l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 2021 ha conferito all’Osservatorio Enea delle Madonie il riconoscimento ufficiale di stazione regionale, rappresentativa per tutta l’area del Mediterraneo centrale, nell’ambito del Global Atmosphere Watch (GAW), la rete mondiale per lo studio del clima globale.

A settembre 2024, grazie a questi dati e a quelli internazionali, l’Onu si riunirà per il Summit del Futuro per accelerare il rispetto degli impegni internazionali intensificando risorse e mezzi e adottare quindi misure volte a rispondere con tempestività alle sfide e alle opportunità emergenti. Il “Patto per il futuro” è atteso per la fine dell’anno.

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