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Aiuti Ue a Gaza via mare da Cipro, l’annuncio di von der Leyen

La presidente della Commissione Ue sull'apertura del corridoio marittimo con base a Larnaca: "Tempi strettissimi per l'operazione". Ecco chi partecipa al progetto

Ursula von der Leyen - Afp

Un corridoio marittimo dalle coste della Repubblica di Cipro, "faro" dell’Ue nel Mediterraneo Orientale, per portare aiuti via mare nella Striscia di Gaza dove la situazione umanitaria, dopo oltre quattro mesi di guerra condotta dalle forze armate israeliane, è catastrofica. Le Nazioni Unite, riportano diversi media internazionali, hanno avvertito che un quarto della popolazione della Striscia, oltre mezzo milione di persone, è a un passo dalla fame; i pochi convogli umanitari che riescono a entrare vengono assaltati dalle persone nel tentativo di procurarsi cibo, medicine e altri mezzi di sussistenza che mancano.

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, fresca di nomina a Spitzenkandidatin al congresso del Ppe a Bucarest, è volata ieri a Larnaca, sulla costa orientale di Cipro, per incontrare il presidente Nikos Christodoulides e annunciare la prossima apertura di un corridoio umanitario marittimo, con base a Larnaca, per consegnare aiuti a Gaza nel tentativo di alleviare una situazione che si fa sempre più tragica per la popolazione civile. “La situazione umanitaria a Gaza è terribile - ha affermato von der Leyen - con famiglie palestinesi innocenti e bambini disperati. Oggi a Gaza stiamo fronteggiando una catastrofe umanitaria". "Quello che succede in Medio Oriente ci riguarda direttamente come europei - ha detto Christodoulides - la guerra al di là del mare non è una crisi regionale di impatto limitato: un contagio della crisi avrebbe conseguenze catastrofiche e abbiamo la responsabilità di agire".

Chi partecipa all'operazione

All’operazione, i cui dettagli pratici non sono del tutto chiari, partecipano la Commissione Europea, Grecia, Italia, Olanda, Cipro, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Usa, che mirano a consegnare "quantità aggiuntive di aiuti umanitari via mare" alla popolazione, secondo la dichiarazione congiunta diffusa ieri. La costa della Striscia è sabbiosa, e una nave non vi può approdare, perché rimarrebbe incagliata. Gaza non ha porti, eccettuato il porticciolo di Gaza City. Gli Usa hanno ventilato la costruzione di un porto temporaneo a Gaza, ma von der Leyen non ha dato dettagli, né ha previsto domande dalla stampa, limitandosi a delle dichiarazioni.

Axios riporta che la World Central Kitchen, organizzazione fondata dallo chef José Andrés dedita alla preparazione di pasti da consegnare alle popolazioni vittime di catastrofi e citata espressamente da von der Leyen, sta lavorando con gli Emirati Arabi Uniti per consegnare pasti e generi alimentari a Gaza partendo da Larnaca usando piccole imbarcazioni e mezzi anfibi, in grado di approdare sulla costa nord di Gaza.

Tempi stretti per l'apertura del corridoio

La presidente ha annunciato da Cipro tempi strettissimi: “Siamo molto vicini all’apertura del corridoio, sabato o domenica. Sono molto lieta di vedere che un’operazione pilota viene lanciata già oggi: la partnership che è iniziata con la World Central Kitchen, che voglio ringraziare di tutto cuore per il loro instancabile e importante lavoro”. I portavoce della Commissione hanno continuato a rimandare alle autorità cipriote per dettagli, davanti alle numerose domande dei corrispondenti a Bruxelles che chiedevano quando il corridoio umanitario potrà cominciare a consentire la consegna di quantità significative di aiuti umanitari.

La Commissione “è al fianco della popolazione civile in Palestina”, ha detto la portavoce Veerle Nuyts durante il briefing con la stampa a Bruxelles, senza dare obiettivi quantitativi. Il problema è “far arrivare gli aiuti alla popolazione palestinese”.

Aiuti a Gaza, il ruolo dell'Ue

Finora gli aiuti Ue vengono consegnati a Gaza sia attraverso le associazioni che lavorano in Palestina, sia tramite ponte aereo: sono stati effettuati oltre 40 voli, con atterraggio in Egitto e poi via terra attraverso il valico di Rafah. Per questa via sono arrivate nella Striscia circa 1.800 tonnellate di aiuti. “Ma le necessità sono enormi”, ha detto il portavoce Balasz Ujvari, anche perché il numero di camion che passano il valico è molto inferiore rispetto al periodo anteguerra. Per il presidente cipriota, il corridoio marittimo "unidirezionale" da Larnaca alle coste di Gaza mira ad essere "complementare ad altre rotte, che includono il valico di Rafah dall'Egitto e i lanci di aiuti per via aerea dalla Giordania".

La Commissione Europea intende esplorare “ogni via possibile” per aumentare le consegne di aiuti a Gaza. “A quanto ne so, gli aiuti andranno direttamente a Gaza”, ha detto Balasz Ujvari, quindi non verranno sbarcati in Egitto, ma direttamente sulle coste della Striscia. Come l’operazione verrà attuata in pratica, se con piccoli natanti, mezzi anfibi o altro, non è stato chiarito dalla Commissione: “Naturalmente lavoriamo con organizzazioni partner e saranno coinvolte nelle operazioni”, ha detto Ujvari, rimandando alle autorità cipriote per dettagli.

Per von der Leyen, il corridoio marittimo “può davvero fare la differenza per la situazione del popolo palestinese. Ma, in parallelo, i nostri sforzi per fornire assistenza ai palestinesi attraverso tutte le rotte possibili continueranno. Valuteremo tutte le opzioni, incluso il lancio degli aiuti dagli aerei, se i nostri partner umanitari sul terreno valuteranno che potrebbe funzionare”.

"Prospettiva Ue è in soluzione due Stati"

La presidente ha colto l’occasione, a Larnaca, per ribadire che per l’Ue “la prospettiva continua a consistere nella soluzione a due Stati. Ciò richiede una pausa umanitaria immediata, che porti ad un cessate il fuoco sostenibile. E’ chiaro che non ci può essere alcuno spostamento forzato dei palestinesi e nessun blocco di Gaza. Ma è ugualmente chiaro che Gaza non può essere un porto sicuro per i terroristi. E che continueremo a chiedere il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas. L’Europa - ha concluso - continuerà ad aiutare a costruire la spinta per questo orizzonte politico”.

Un porto temporaneo per Gaza? "Due mesi per essere operativi"

Per la costruzione e la piena operatività di un porto temporaneo a Gaza come ipotizzato dagli Usa, con un molo galleggiante e una strada rialzata utilizzati per fornire aiuti umanitari cruciali, ci vorrà "almeno un mese o forse due" ha detto intanto ieri il segretario stampa del Pentagono, il maggiore generale Patrick Ryder. Ryder ha anche affermato che la costruzione richiederà probabilmente fino a 1.000 militari statunitensi per essere completata.

Come funzionerà? Secondo quanto riporta la Cnn, il corridoio marittimo sarà utilizzato da più nazioni, ma il molo galleggiante al largo della costa di Gaza sarà gestito dal governo degli Stati Uniti e sarà costruito dalle forze armate statunitensi, compreso il personale della Marina e dell'Esercito. Il molo consentirà alle navi di scaricare gli aiuti, che saranno poi trasportati attraverso una strada rialzata verso Gaza costruita anch'essa dall'esercito americano. Gli Stati Uniti - spiegano funzionari interpellati dalla Cnn - stanno ancora cercando di determinare chi potrà esserci dall'altra parte della strada rialzata per ricevere gli aiuti e distribuirli all'interno della Striscia.

Come è stato sviluppato? Secondo una fonte sentita dalla Cnn che ha "familiarità" con la pianificazione, il piano del porto temporaneo è stato sviluppato in parte da un'organizzazione chiamata Fogbow, che è un gruppo consultivo composto da ex militari, personale delle Nazioni Unite, Usaid e Cia.

Intanto, nel suo discorso di giovedì, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso che "nessun agente statunitense sarà sul terreno". E quando venerdì i giornalisti hanno insistito nel chiedere chi avrebbe garantito la sicurezza del porto, Biden ha detto che sarebbero stati gli israeliani.

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Esteri

Iran, fonti Usa: “improbabile” attacco Israele...

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Lo riferisce AbcNews. I preparativi di un attacco sarebbero stati avviati e sospesi già due volte

Mezzi militari israeliani - Afp

È improbabile che Israele effettui un attacco contro l'Iran prima della fine delle celebrazioni della Pasqua ebraica, che iniziano nella serata di lunedì 22 aprile e si concluderanno nella serata del 30. A riportare la notizia, attribuendola ad un alto funzionario statunitense, è AbcNews. La stessa fonte citata dall'emittente parla di uno stato di massima allerta in Iran per il rischio di un attacco.

Preparati della risposta israeliana avviati e sospesi due volte

Sempre secondo quanto riferito ad AbcNews da tre fonti israeliane, Tel Aviv ha avviato, quindi interrotto i preparativi per l'attacco di rappresaglia contro l'Iran in almeno due occasioni nelle notti della scorsa settimana.

Il gabinetto di guerra israeliano ha valutato una serie di risposte, dall'attacco ai 'proxy' iraniani nella regione, ma non sul suolo iraniano, a un potenziale attacco informatico, hanno riferito le stesse fonti ad Abc.

Fonti Egitto: "Sì da Usa ad attacco Rafah in cambio di rinuncia ad apio attacco Iran

Intanto secondo quanto scrive la pubblicazione qatarina Al-Araby Al-Jadeed, citato dal Times of Israel, attribuendo la dichiarazione ad un funzionario del Cairo, gli Stati Uniti avrebbero accettato il piano israeliano per un'operazione a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, in cambio della rinuncia da parte dello stato ebraico a sferrare un attacco di ampia portata in Iran per rappresaglia contro l'attacco iraniano a Israele.

"L'amministrazione americana ha mostrato di accettare il piano precedentemente presentato dal governo di occupazione per quanto riguarda l'operazione militare a Rafah, in cambio della rinuncia a un attacco su larga scala contro l'Iran", scrive Al-Araby Al-Jadeed, citato dal Times of Israel, attribuendo la dichiarazione ad un funzionario del Cairo, secondo il quale sarebbero in corso i preparativi per consentire all'Egitto di far fronte a qualsiasi possibile impatto della prevista operazione.

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Esteri

Scholz in Cina, l’esperta tedesca: “Non ottiene...

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Scholz in Cina, l'esperta tedesca:

"Durante la visita del Cancelliere tedesco Olaf Scholz in Cina non sono stati fatti passi avanti in nessuna area sostanziale di interesse europeo, né sull'Ucraina, né sulla pressante questione delle sovraccapacità cinesi che sfidano il mercato dell'Ue. Tuttavia, è emersa una dichiarazione congiunta sul dialogo e la collaborazione nel campo della guida automatizzata e dei veicoli connessi". Lo dice Janka Oertel, direttrice del Programma Asia di Ecfr, European Council on Foreign Relations.

"La dichiarazione congiunta mette a repentaglio gli sforzi in atto nell'UE per raggiungere una posizione collettiva sul nesso tra tecnologie verdi, dati e sicurezza nazionale. Arriva pochi giorni dopo il discorso della vicepresidente esecutiva della Commissione Vestager a Princeton, che ha chiesto una nuova iniziativa del G7 sui criteri di affidabilità per le tecnologie critiche in ambito "green", e sulla scia di intense discussioni oltreoceano. L'Advanced Notice on Proposed Rule-Making (ANPRM) del governo statunitense sull'aspetto della sicurezza nazionale dei veicoli connessi sta definendo il tono del prossimo approccio statunitense al tema", prosegue l'esperta.

"È un segnale irritante che la Germania sembra non essere in sintonia con i suoi partner e alleati quando si tratta dei rischi di cybersicurezza provenienti dalla Cina. La continua dipendenza dall'infrastruttura 5G è solo un esempio: i veicoli connessi sembrano essere il prossimo assolo. La dichiarazione sembra un ritorno di fiamma all'accordo No-Spy dell'era Obama nel 2015, che non ebbe molto successo, per non dire altro. Da allora le cose sono cambiate radicalmente, ma non in meglio. L'industria automobilistica tedesca ha interesse a facilitare il trasferimento dei dati dai veicoli connessi in Cina e c'è un sincero desiderio di trovare un terreno comune. Se questo sia effettivamente possibile è molto discutibile", conclude Oertel.

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Italia-Tunisia, Saied incontra Meloni: “Slancio...

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"Volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici"

L'incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rappresentato "un'occasione attraverso la quale il presidente della Repubblica ha ribadito l'orgoglio della Tunisia per le sue forti relazioni storiche con l'Italia". Lo riferisce una nota della presidenza tunisina diffusa dopo l'incontro di oggi a Tunisi del presidente Kais Saied con la Meloni. Durante l'incontro, Saied ha sottolineato "la volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici".

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