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Salute e Benessere

Dengue, Oms Europa: “In Italia oltre 100 casi da...

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Dengue, Oms Europa: “In Italia oltre 100 casi da inizio anno”

Il direttore regionale Hans Kluge all'Adnkronos Salute: "Il cambiamento climatico aiuta il virus"

Disinfestazione da Dengue (Afp)

"Dall'inizio del secolo, il numero di casi segnalati di Dengue è aumentato di 8 volte". E il virus ora colpisce "oltre 130 Paesi, inclusa l'Italia, che ha segnalato oltre 100 casi dall'inizio di quest'anno". La visione di Hans Kluge, direttore regionale dell'Organizzazione mondiale della sanità per l'Europa, è che "il più grande ostacolo alla lotta al cambiamento climatico è la volontà politica necessaria per apportare i cambiamenti strutturali e sociali necessari a prevenire gli impatti peggiori".

Il ruolo del cambiamento climatico

"Il cambiamento climatico aggrava il peso delle malattie trasmissibili e non trasmissibili nella regione europea". Sta per esempio "portando a cambiamenti nel comportamento, nella distribuzione, nel movimento e nell'intensità di zanzare, uccelli e altri animali che stanno diffondendo malattie infettive come la Dengue e la malaria in nuove aree". Fra gli impatti indiretti c'è anche il crescente peso, spesso ignorato, del climate change sulla salute mentale" come nel caso "dell'ecoansia nei giovani, reazione all'inazione percepita e ai sentimenti di impotenza di fronte alla catastrofe imminente"

"Ci troviamo ora di fronte a un futuro precario - evidenzia all'Adnkronos Salute in occasione della sua visita in Italia per il 20esimo anniversario dell'Ufficio Oms di Venezia - a meno che non intraprendiamo tutti azioni urgenti per correggere la rotta. I Paesi della regione europea avvertono il peso del cambiamento climatico, qui e ora. Stiamo affrontando una tripla crisi: cambiamento climatico, inquinamento ambientale e perdita di biodiversità, che insieme minacciano la nostra stessa esistenza sul pianeta".

"Serve subito un intervento"

Senza un'azione urgente, rischiamo di annullare i progressi compiuti negli ultimi 50 anni nel campo della sanità pubblica", incalza, ricordando che anche "una delle raccomandazioni chiave della Commissione Monti è stata quella di porre maggiore enfasi sul principio 'One Health', che vede il nostro benessere come indissolubilmente legato alla salute del pianeta e dell'ambiente naturale".

Per dare un'idea del peso che ha il fattore clima, Kluge richiama le analisi e il dibattito avvenuto su Covid: "Si ritiene che le attività umane come la deforestazione, il commercio e il consumo di fauna selvatica e i viaggi internazionali abbiano portato alla comparsa di Covid-19 e ne abbiano facilitato la diffusione globale".

Pregliasco: "Rischiamo almeno mille casi importati e 200-300 autoctoni"

Oltre 100 casi di Dengue, segnalati dall'Italia nel 2024. Il dato - riferito dal direttore di Oms Europa Hans Kluge in un'intervista all'Adnkronos Salute - indica che il nostro Paese, in soli 3 mesi, ha registrato già circa un terzo dei 280 casi importati riportati nell'intero 2023, anno in cui il nostro Paese ha avuto anche 82 contagi autoctoni. E anche se "fare previsioni ora è delicato, perché le variabili che potranno pesare sono diverse e numerose", il virologo dell'università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco calcola che "quest'anno di casi importati rischiamo di conteggiarne almeno un migliaio, più del triplo rispetto al 2023, oltre a 200-300 contagi autoctoni".

"Per adesso si tratta sicuramente di casi importati", tiene a puntualizzare l'esperto sentito dall'Adnkronos Salute. Numeri condizionati certamente dall'epidemia record che sta vivendo il Sud America. "Ma l'effetto reale lo vedremo più avanti, più verso l'estate, durante tutto il periodo che è anche quello più turistico per l'Italia", ragiona Pregliasco. "Per allora, quando farà caldo - prospetta - sono prevedibili anche focolai di Dengue autoctona".

"Le previsioni fatte oggi potranno avere una 'forbice' notevole", precisa il virologo, perché "tante sono le variabili in grado di impattare sui numeri effettivi. Moltissimo - spiega Pregliasco - dipenderà da quanto sarà calda la stagione estiva, ma anche da quanti temporali avremo, scrosci violenti con pozzanghere persistenti". E "tutto dipenderà dalla consapevolezza dei singoli", avverte. Ognuno di noi può giocare un ruolo cruciale nel salvare l'estate italiana, insiste Pregliasco: "Il sottovaso sul balcone in una zona urbana, la vaschetta di condensa del condizionatore, lo pneumatico abbandonato a terra, il verde non sfalciato", elenca il medico, "sono tutti fattori determinanti sui quali tutti possiamo agire" per contenere la zanzara tigre in grado di trasmettere l'infezione. Riteniamoci in una "situazione di 'pre-occupazione' - ripete l'esperto - intesa in senso letterale, come 'occuparci prima'" che l'allerta diventi emergenza.

Clementi: "Stagione problematica, dipende da come ci difendiamo"

La zanzara tigre, vettore competente per la Dengue nel nostro Paese, non si è ancora risvegliata, ovunque, per esempio al Nord, ma si avvicina alla sua stagione. A che punto siamo? "Ci siamo già dentro, sostanzialmente", ammette all'Adnkronos Salute il virologo Massimo Clementi, commentando i numeri diffusi da Hans Kluge, direttore regionale dell'Organizzazione mondiale della sanità per l'Europa, che all'Adnkronos Salute ha fatto notare come l'area europea stia già pagando un primo prezzo al climate change.

"Quelle registrate" in Italia al momento "sono state forme poco sintomatiche - puntualizza l'esperto che per anni ha diretto il Laboratorio di microbiologia e virologia dell'ospedale San Raffaele di Milano -, mentre per ora non ci sono state forme molto gravi, il che vuol dire che non ci sono state doppie infezioni", che complicano il quadro e rischiano di far degenerare la patologia. "Ma vuol dire anche che siamo avviati a stagione in cui il problema Dengue si porrà". E si porrà, precisa Clementi, "in misura proporzionale al modo in cui sapremo limitare la proliferazione degli insetti che permettono la circolazione del virus. L'esito dipenderà da noi, da come ci difenderemo da questi casi e da questi vettori che stanno trasportando l'infezione. Può sembrare di fare la guerra ai mulini a vento se si dice che dobbiamo difenderci dalla zanzara tigre, ma in realtà ci sono dei modi chimici per farlo".

Certamente, sottolinea Clementi, "il cambiamento climatico si sta facendo sentire in relazione alla colonizzazione delle nostre aree da parte dei vettori e, conseguentemente, si farà sentire in relazione al fatto che la Dengue arriverà. Noi stiamo diventando un Paese più affine agli altri che si affacciano sul Mediterraneo dall'Africa, Paesi che potrebbero avere lo stesso clima che fra poco avrà l'Italia. E questi vettori ne approfittano". "Se ci vuole volontà politica di affrontare la questione? Certo, questo sarà un problema per il futuro. Ma un problema non affrontabile con il Green pass - sorride -. Potremmo chiederlo alla zanzara, ma dubito funzioni".

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Droga, proposta choc sindaca Amsterdam: “Venderla in...

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"Sarebbe l'unico modo per combattere il traffico di stupefacenti"

Cocaina ed ecstasy (Fotogramma)

"L'unico modo per combattere il traffico di droga e le sue conseguenze disastrose sull'economia e la sicurezza" di Amsterdam "è la vendita della cocaina e dell'ecstasy nelle farmacie o attraverso un canale medico-sanitario". E' la proposta shock che arriva dalla sindaca di Amsterdam, Femke Halsema.

Durante un'intervista la prima cittadina, 57 anni, in carica dal 2018, ha inquadrato il problema della lotta al traffico di droga che vede Amsterdam e l'Olanda come crocevia internazionale lamentando la mancanza nel Paese di una discussione "più pragmatica o economica e non solo moralista" sulle droghe.

"Penso che alcune droghe siano pericolose e penso anche che sia saggio ridurne l'uso. Ma noto anche - ha precisato - che il modo in cui lo facciamo non aiuta. Dobbiamo pensare a modi migliori per regolamentarle".

Farmacie: "Idea sindaca olandese originale ma sbagliata"

"La proposta della sindaca di Amsterdam" sulla vendita delle droghe in farmacia "è quantomeno originale ma soprattutto sbagliata". E' quanto dice all'Adnkronos Salute Roberto Tobia, segretario di Federfarma nazionale. "E non tutto quello che arriva dall'Europa è corretto. Le farmacie fanno altro, ad esempio con la cannabis terapeutica si occupano di terapie del dolore per alleviare le sofferenze dei pazienti con patologie molto pesanti".

"Sono un centinaio le farmacie in grado di lavorare la cannabis terapeutica per la terapia del dolore - spiega Tobia -. Ma negli ultimi anni è cambiata la normativa per la distribuzione. Nel 2017 gli esercizi che si occupano di questo settore potevano somministrare la cannabis terapeutica attraverso il sistema dei rimborsi con il Ssn. Nel 2018 la normativa è cambiata e si sono scelte solo alcune indicazioni terapeutiche, dalla Sclerosi multipla alle lesioni del midollo. C'è però un grosso problema - avverte Tobia - relativo alla disponibilità in Italia della materia prima. Ogni anno la richiesta è di circa 2.900 chili, dell'importazione se ne occupa lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze anche attraverso l'Olanda, tanto per tornare sul tema. Ma - continua - ogni anno rimane un 'gap' tra quello che arriva e le richieste, a cui si è riusciti a ottemperare grazie all'autorizzazione del ministero della Salute che si è rivolto ad altri paesi come il Canada. Ma non basta".

Il 26 maggio si celebra la XXIII Giornata nazionale del sollievo, le farmacie "partecipano attivamente e sono pronte a fare la nostra parte, a dare supporto per colmare questo gap e collaborare - conclude Tobia - nell'aiutare i pazienti che hanno necessità della cannabis terapeutica".

Gatti: "Basta annunci, ma approccio va cambiato"

"Oggi abbiamo norme relative all'uso di droghe che sono state varate in tempi passati, in un mondo diverso da quello attuale" commenta all'Adnkronos Salute Riccardo Gatti, medico specialista in psichiatria e psicoterapeuta. "I Paesi si trovano con dei provvedimenti che forse nemmeno ottengono l'effetto che volevano ottenere all'inizio, quindi cercano in qualche modo - chi più, chi meno - di cambiarle. Ma la mia sensazione è che spesso si resti su un piano astratto. Sento fare delle affermazioni che possono andare bene per un talk o per un social".

Nel caso della proposta del sindaco di Amsterdam "immagino ci sia dietro un pensiero preciso, ma è chiaro che è difficile interpretare da una sintesi mediatica. Se sono scettico? Sì, perché questa al momento non appare ancora una proposta concreta, ma un'affermazione di principio", commenta all'Adnkronos Salute da Riccardo Gatti, medico specialista in psichiatria e psicoterapeuta.

L'esperto, da anni al lavoro sul tema delle sostanze psicoattive, delle dipendenze e delle dinamiche che portano al consumo, attualmente coordina il Tavolo tecnico sulle dipendenze della Regione Lombardia. E analizza la situazione attuale in un rapido giro del mondo: "Negli Usa alcuni Stati hanno legalizzato la cannabis, altri no. In Canada qualcuno ha depenalizzato tutto, poi magari adesso sta un po' tornando indietro. La Germania sta tentando una strada molto cauta di legalizzazione della cannabis, la Spagna aveva fatto qualcosa di simile. In Olanda è tollerato il possesso di piccoli quantitativi di cannabis, ma il fatto che sia tollerato non significa che sia legale, anche se stanno facendo degli esperimenti. Insomma, tutti stanno chiedendosi: quello che abbiamo fatto finora va bene per gli obiettivi che si vogliono raggiungere oppure no? Il primo problema è ovviamente quali sono gli obiettivi: si va dal contrasto alla criminalità organizzata al garantire le persone che usano sostanze, però forse non è facile ottenere tutto contemporaneamente", ragiona.

Anche su quest'ultima proposta finita sotto i riflettori, continua Gatti, "scenderei sul concreto, perché poi bisogna decidere con quali regole un principio si realizza. Io posso entrare in farmacia e comprare un chilo di cocaina? Chi potrà farlo? I medici, con tutto quello che hanno da fare, devono mettersi pure a dare la cocaina? E, ancora: è un qualcosa che viene inteso a scopo terapeutico?". Il sindaco di Amsterdam parla di contrasto del traffico di droga e sicurezza. "Io - riflette l'esperto italiano - credo che gli scenari geopolitici siano cambiati in questi anni. Anche la questione delle droghe è cambiata: arriveranno sempre nuove sostanze e nuove sostanze anche di sintesi. La posizione di dire che le mettiamo a disposizione può essere abbastanza impossibile. Sarebbe dunque necessario che tecnici e politici, nel modo più laico possibile, dichiarando gli obiettivi che vogliono raggiungere, cercassero di ragionare sulle norme che ci sono adesso e nell'interesse dei cittadini vedere che tipo di cambiamenti sono attuabili. Ma smetterei di fare affermazioni di principio che sembrerebbero risolutive, ma non lo sono".

Seguendo le dichiarazioni di Halsema, continua il ragionamento di Gatti, "si parla di canale medico sanitario. Ma l'ambito sanitario fa pensare alla cura, a un percorso terapeutico. Al limite si può arrivare a un ragionamento di riduzione del danno - osserva Gatti - Mi chiedo dunque", nell'ambito della proposta in questione, "cosa c'entrano i medici. E mi chiedo, in parte, anche cosa farebbe il farmacista. Se l'obiettivo è mettere in difficoltà le organizzazioni criminali, questa cosa va valutata attentamente. Perché dubito che i narcos smettano di fare i narcos perché la cocaina viene venduta in farmacia. Magari si mettono a fare un'altra cosa, mettendo sul mercato qualcos'altro. Quindi il discorso è più complesso di quello che si immagina".

Volendo pensare sempre a un'attuazione concreta della proposta, Gatti immagina: "Io faccio il medico, un mio paziente viene da me e mi dice: io tutti i giorni consumo un tot di coca. Che faccio? Gli dico che va bene, però di stare attento, e finisce lì? Il mio ruolo di sanitario quale dovrebbe essere?". Diversa, per Gatti, "è la sperimentazione che viene fatta in Svizzera, con la distribuzione controllata di eroina: in una situazione in cui le persone non sono curabili in altro modo, si cerca di ridurre un po' il danno. Il senso dei terapeuti è di cercare di portare la situazione verso una maggior stabilità, ma la modalità scelta dalla Svizzera può essere applicata per un numero di persone ridotto, non è certo il contrasto alla criminalità organizzata".

"Io - incalza l'esperto - sono un po' stanco non tanto del fatto che ci siano delle posizioni contrapposte sul problema della droga che vanno dal fortemente proibizionista al fortemente pro legalizzazione. Dal punto di vista di operatore che tutta la vita si è occupato di persone che dalle droghe hanno dei problemi, sono stanco di vedere affermazioni che vengono poste in un modo 'glamour' e poche proposte concrete che ragionino su come poi attuare quanto si prospetta. Le cose più concrete che ho visto in realtà al massimo hanno riguardato la cannabis, in alcuni Stati e in modo diverso, oppure dall'altra parte delle sperimentazioni molto ristrette. Mi piacerebbe veramente - conclude - che anche nel nostro Paese si riuscisse a mettersi attorno a un tavolo a ragionare, pur tenendo presente che questo è un discorso che va fatto almeno a livello europeo. Mi piacerebbe che si ragionasse togliendosi un attimo di dosso le preclusioni, gli ideali, e parlando di quali sono gli obiettivi, come li perseguiamo e cosa facciamo di conseguenza nell'interesse dei cittadini. Questa cosa ancora non la vedo".

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Aviaria, i timori dell’Oms: “Preoccupa rischio...

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L'allarme di Jeremy Farrar, Chief Scientist dell'Organizzazione mondiale della sanità

Controlli in un allevamento (Fotogramma/Ipa)

La variante A/H5N1 dell'influenza aviaria è diventata "una pandemia animale zoonotica globale". Il mese scorso mucche e capre si sono aggiunte all'elenco delle specie colpite, un'evoluzione ritenuta dagli esperti sorprendente per gli esperti perché non si riteneva fossero suscettibili a questo tipo di influenza. E ora il rischio che questo virus possa propagarsi fino all'uomo "resta una grande preoccupazione". Lo ha dichiarato Jeremy Farrar, Chief Scientist dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Ad oggi non è stata registrata trasmissione interumana (da uomo a uomo) del virus, è la premessa, ma l'H5N1 ha avuto un tasso di mortalità "estremamente alto" tra le persone che sono state contagiate fino al oggi. Questa "è un'infezione influenzale iniziata prevalentemente nel pollame e nelle anatre, e si è diffusa efficacemente nel corso degli ultimi uno o due anni fino a diventare una pandemia zoonotica - animale - globale. La grande preoccupazione, ovviamente, è che così facendo, e infettando anatre e pollame - ma ora sempre più mammiferi - il virus si evolva e sviluppi la capacità di infettare gli esseri umani. E, poi, aspetto critico, sviluppi la capacità di passare attraverso una trasmissione da uomo a uomo", ha evidenziato Farrar. Le sue parole sono rimbalzate su diversi media internazionali.

L'esperto ha commentato l'epidemia di H5N1 registrata tra le mucche da latte negli Stati Uniti e ha sollecitato un ulteriore attento monitoraggio e attività di indagine da parte delle autorità sanitarie pubbliche, "perché potrebbe evolversi e trasmettersi in modi diversi". "Dobbiamo assicurarci che, se l'H5N1 dovesse arrivare agli esseri umani con una trasmissione da uomo a uomo, saremo nella posizione di rispondere immediatamente con un accesso equo ai vaccini, alle terapie e alla diagnostica".

Nello spirito di aumentare la cooperazione internazionale in caso di nuova pandemia, l'Oms ha anche annunciato un linguaggio aggiornato per descrivere gli agenti patogeni presenti nell'aria. L'iniziativa, ha spiegato Farrar, è stata originariamente innescata dall'emergenza Covid e dal riconoscimento di una mancanza di termini comunemente concordati tra medici e scienziati per descrivere la modalità di trasmissione del coronavirus, il che ha aumentato la sfida rappresentata da quella crisi.

Per evitare situazioni simili, l'Oms ha condotto consultazioni con quattro importanti agenzie di sanità pubblica di Africa, Cina, Europa e Stati Uniti, prima di annunciare un accordo su una serie di nuovi termini concordati. Per esempio la definizione 'particelle respiratorie infettive' o Irp, dovrebbe essere utilizzata al posto di 'aerosol' e 'droplet' (goccioline), per evitare qualsiasi confusione riguardo alla dimensione delle particelle coinvolte. Al di là della nuova terminologia, l'iniziativa consolida comunque l'impegno della comunità internazionale ad affrontare "epidemie e pandemie sempre più complesse e frequenti", ha infine evidenziato Farrar ai giornalisti a Ginevra.

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Abuso di alcol aumenta rischio Alzheimer e Parkinson, lo...

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Giovani e anziani i più vulnerabili ai danni di un consumo eccessivo

Un uomo davanti a una bottiglia di vino - FOTOGRAMMA

"L'abuso di alcol, insieme a diabete e biossido d'azoto (un indice dell'inquinamento atmosferico da traffico), costituisce anche una delle principali cause di aumento del rischio di malattia di Alzheimer e di Parkinson, secondo uno studio anglo-canadese appena pubblicato su 'Nature Communications'". Lo sottolinea il presidente della Società italiana di neurologia (Sin) Alessandro Padovani, dell'Università di Brescia, per l'Alcohol Prevention Day, la giornata mondiale di prevenzione dell'abuso di alcol, proclamata il Collaborating Centre on Alcohol and Public Health Policy Research dell'Oms per il 18 aprile, con l'obiettivo di fornire informazioni aggiornate sugli effetti negativi dell'abuso di alcol per la salute e la società.

Nel nostro Paese aderiscono l'Istituto superiore di sanità, la Società italiana di alcologia Sia e l'Associazione italiana dei Club alcologici territoriali Aicat per promuovere sul territorio la cultura della prevenzione, della consapevolezza e della responsabilità individuale e sociale, anche in funzione della piaga, in continua crescita, degli incidenti stradali per abuso di alcol soprattutto fra i neopatentati.

"Come abbiamo indicato nel Manifesto One Brain One Health che riassume la strategia italiana per la salute del cervello 2023-2031, oggi siamo esposti a diversi fattori di rischio cumulativi che impongono un approccio olistico che li consideri tutti - rimarca Padovani - Quindi non solo i già noti ipertensione, diabete e obesità, ma anche fattori legati allo stile di vita come l'esercizio fisico e il consumo di alcol". Particolarmente vulnerabili ai danni dell'abuso sono i giovani: negli Usa prima dei 21 anni d'età, questa è una delle principali cause di morte prevenibili per incidenti stradali, omicidi, binge drinking (overdose di alcol), cadute, ustioni, annegamenti e suicidi. La situazione non cambia molto in Italia: il Rapporto Itisan 2023 dell'Iss indica che l'alcol è il terzo fattore per rischio di malattia e morte prematura dopo fumo e ipertensione arteriosa. Un'altra indagine Iss (Passi 21-22) indica che tra i 18 e i 21 anni, nonostante in questa fascia d'età la soglia di alcolemia consentita sia pari a zero, il 4% dei guidatori si mette al volante dopo aver bevuto.

Sul versante opposto - evidenziano ancora i neurologi - si trova l'eccessivo consumo di alcolici da parte degli anziani, segnalato fra gli altri dagli American Addiction Centers secondo cui l'alcol è la sostanza d'abuso più usata dopo i 65 anni. Per la Samhsa (Substance Abuse and Mental Health Services Administration) l'11% degli over 65 è affetto da binge drinking, beve tanto da avere una concentrazione plasmatica pari o superiore a 0.08 g/dl.

Nell'anziano - avvertono gli esperti - questo può comportare disidratazione, interazioni con i vari farmaci che spesso assume per le comorbidità di cui spesso soffre, come diabete, ipertensione, miocardiopatie, epatopatie, osteoporosi, disturbi della memoria e dell'umore.

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