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Covid, memoria immunitaria scudo contro nuove varianti: lo...
Covid, memoria immunitaria scudo contro nuove varianti: lo studio italiano
La dimostrazione dagli scienziati del San Raffaele di Milano: "I linfociti T proteggono dalla malattia anche in assenza di anticorpi"
I linfociti T, le cellule custodi della memoria del nostro sistema immunitario, bastano a proteggerci dalle nuove varianti Covid anche in assenza di anticorpi specifici diretti contro i mutanti emergenti di Sars-CoV-2. Lo dimostra uno studio del San Raffaele di Milano, condotto in modelli sperimentali di topo e pubblicato su 'Nature Immunology'. Il lavoro suggerisce dunque che un'infezione precedente e la vaccinazione imprimono nelle nostre difese naturali un 'ricordo' che resta e che rappresenta uno scudo efficace in caso di incontri successivi con il virus.
Lo studio e i risultati
"I risultati del nostro studio - afferma il coordinatore della ricerca Matteo Iannacone, direttore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell'Irccs ospedale San Raffaele e professore di Patologia generale all'università Vita-Salute San Raffaele - modificano la comprensione tradizionale dell'immunità e dimostrano l'importanza di includere la risposta immunitaria mediata dai linfociti T nel monitoraggio delle risposte alle vaccinazioni e nelle strategie di sviluppo di nuovi vaccini".
"L'indicazione alla vaccinazione - precisa lo scienziato - rimane il tassello fondamentale per proteggere la popolazione da malattia grave, e la nostra ricerca dimostra l'efficacia di questo approccio anche per la protezione contro reinfezioni causate da varianti virali".
I vaccini - spiegano dal San Raffaele - hanno svolto un ruolo cruciale nella riduzione della morbilità e della mortalità causate da Sars-CoV-2. Tuttavia, l'emergere di nuove varianti del virus in grado di eludere la risposta anticorpale solleva interrogativi sull'efficacia a lungo termine di questa strategia. Domande alle quali ha cercato di rispondere lo studio guidato da Iannacone e svolto in collaborazione con Luca Guidotti, vice direttore scientifico dell'Irccs milanese e professore di Patologia generale all'ateneo Vita-Salute; Marco Bianchi, responsabile dell'Unità dinamica della cromatina al San Raffaele e professore di Biologia molecolare all'università Vita-Salute, e Raffaele De Francesco, responsabile del Laboratorio di Virologia presso l'Istituto nazionale di genetica molecolare e professore di Microbiologia all'università Statale di Milano.
"Quando il nostro sistema immunitario viene colpito da un'infezione - ricordano gli esperti - mette in atto diversi meccanismi di difesa tra i quali l'attivazione dei linfociti B, deputati a produrre anticorpi, e l'attivazione dei linfociti T che coordinano l'intero sistema immunitario, sconfiggendo le cellule identificate come estranee e quindi potenzialmente dannose". Se finora la ricerca su Covid "ha enfatizzato principalmente la risposta anticorpale presupponendo che la risposta mediata da anticorpi fosse il principale, se non il solo, meccanismo di protezione dopo la vaccinazione o l'entrata in contatto con il virus", questo lavoro "apre nuove prospettive sulla comprensione della risposta immunitaria contro il virus" Sars-CoV-2, descrivendo "il ruolo fondamentale dei linfociti T come arma di difesa duratura presente nel nostro organismo, al di là della risposta mediata da anticorpi".
Gli autori hanno utilizzato diversi modelli murini, inclusi topi privi di anticorpi, ma con funzionalità linfocitaria intatta, e un innovativo modello che esprime un recettore ibrido Ace2 umano/topo. "La nostra ricerca - riferisce Iannacone - ha rivelato che i linfociti T, grazie alla loro memoria storica, sono in grado di fornire protezione contro il virus Sars-CoV-2 anche quando gli anticorpi non sono presenti. Questa forma di difesa, indipendente dagli anticorpi, sottolinea il significato cruciale della risposta cellulare mediata dai linfociti T nella lotta contro il virus".
Nel dettaglio, aggiunge la prima autrice dello studio Valeria Fumagalli, ricercatrice nel laboratorio di Iannacone e beneficiaria di un finanziamento specifico da parte della Fondazione Prossimo Mio di Milano, "abbiamo osservato come un certo sottogruppo di linfociti T, detti Cd8+, siano cruciali nel contrastare infezioni gravi, mentre i linfociti T cosiddetti Cd4+ giocano un ruolo complementare nelle infezioni più lievi, con un ruolo significativo giocato dall'interferone-gamma (Ifn-γ)".
"Questo lavoro - conclude Iannacone - mette in luce l'importanza di un approccio all'immunità contro Sars-CoV-2 che consideri sia la risposta anticorpale che quella cellulare. La nostra ricerca apre la via a nuove strategie vaccinali e terapeutiche per una protezione efficace e duratura contro il virus" di Covid "e le sue varianti emergenti".
"Lo studio - rimarca Guidotti - è stato possibile grazie al continuo supporto di Fondazione Same, ente filantropico del gruppo Same Deutz Fahr, di Treviglio" in provincia di Bergamo. Fondazione Same ha permesso infatti la realizzazione e l'allestimento presso l'Irccs San Raffaele di ambienti di biosicurezza Bsl3 definiti "unici nel loro genere in Italia". Laboratori-bunker che, "grazie alle diverse tecnologie avanzate dedicate allo studio di virus respiratori ad alta pericolosità in modelli murini - puntualizza Guidotti - hanno consentito e continuano a consentire la conduzione di ricerche di alta precisione su Sars-CoV-2".
Tra gli strumenti di ricerca innovativi impiegati in questo progetto, grazie alle donazioni, l'istituto di via Olgettina segnala anche una torre inalatoria che permette di esporre i modelli murini a particelle virali, infettandoli in modo fisiologico, mediante esposizione a Sars-CoV-2 aerosolizzato a pressione, temperatura e umidità. "Il sostegno di Fondazione Same - chiosa Guidotti - è l'ennesimo esempio di quanto la ricerca scientifica in Italia benefici enormemente da attività filantropiche di grande impatto".
Burioni
"Finalmente sappiamo perché il vaccino" anti-Covid, "anche se gli anticorpi svaniscono, protegge a lungo contro l'infezione grave", commenta Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano che parla di un "lavoro importantissimo: oltre a spiegarci perché il vaccino funziona meglio del previsto - spiega via social - può costituire la base per capire meglio la protezione che il sistema immunitario ci fornisce contro i virus e per mettere a punto vaccini più efficaci. Non solo contro il Covid, ma anche contro tante altre malattie".
"Da sempre - ricorda Burioni - valutiamo la protezione esistente contro un virus dosando gli anticorpi specifici. Gli anticorpi indotti dalla vaccinazione contro il Covid spariscono entro qualche mese, facendo pensare che la protezione offerta da questo vaccino sia di breve durata. Eppure i dati clinici ci dicono che, anche se la protezione contro l'infezione si attenua, quella contro la malattia grave rimane ed è di lunga durata. Il perché, fino a stamattina, potevamo immaginarlo, ma non lo sapevamo". Poi è arrivato lo studio del San Raffaele: "Utilizzando dei topi che non riescono a produrre gli anticorpi", la ricerca "ci ha dimostrato come la vaccinazione contro il Covid (e probabilmente anche l'infezione naturale) riesca a stimolare in maniera molto efficace un'altra parte del nostro sistema immunitario, delle cellule che si chiamano T e che rimangono attive decisamente più a lungo".
"Il lavoro - rimarca il virologo - viene dalla mia università e quindi sono particolarmente orgoglioso di questo. Di uno degli autori, Luca Guidotti, sono amico sin da quando eravamo insieme, giovanissimi ricercatori, a La Jolla all'inizio degli anni '90. E mentre ci dividevamo una casa in Carmel Valley Road e facevamo l'alba a feste californiane molto divertenti, sicuramente non pensavamo che saremmo stati colleghi al San Raffaele di Milano oltre 30 anni dopo".
"Infine, una particolarità di questa ricerca - evidenzia Burioni - è che è stata finanziata completamente da fondi privati. La Fondazione Same (Same i trattori) fin dai primi giorni della pandemia ha donato con grande generosità e tempestività i fondi ingenti che hanno consentito di fare compiere alla scienza questo importantissimo passo in avanti, del quale beneficeremo tutti. Ritengo che un grazie a questi benefattori sia doveroso da parte di ognuno di noi".
"Per il resto", lo studio "conferma che anche nuove varianti dovrebbero trovare una solida barriera alla diffusione e alla capacità di causare malattie gravi in questa parte meno misurabile del nostro sistema immune. Insomma, un moderato ottimismo riguardo al futuro non è ingiustificato".
Economia
Astronomia, arriva l’Equinozio di Primavera e torna...
In Italia scatta alle 4,07, il giorno avrà la stessa durata della notte
Scatta domani, 20 marzo, l'equinozio di primavera del 2024 che accade alle 04,07 ora italiana (alle 03,07 Gmt), un passaggio che apre definitivamente le porte alla bella stagione. Dal punto di vista astronomico questo passaggio fa iniziare ufficialmente la primavera nell'emisfero boreale e rappresenta l'altro momento dell'anno - insieme all'equinozio d'autunno del 22 settembre prossimo - in cui il giorno e la notte hanno la stessa durata. Domani il giorno avrà infatti 12 ore di luce e 12 ore di buio. Gli equinozi accadono quando nessuno dei due emisferi terrestri è inclinato verso il Sole e, per questo, il Sole si trova esattamente perpendicolare all’equatore, evento che vede tutti e due gli emisferi ricevere la stessa quantità di luce solare. Dopo l’equinozio di primavera, uno dei due emisferi - quello boreale a marzo e quello australe a settembre - si inclina verso il Sole, facendo sì che quell’emisfero abbia più ore di luce, grazie al Sole che sorge ogni giorno un po’ prima e tramonta ogni giorno un po’ dopo.
L'Istituto Nazionale di Astrofisica, nella sua pagina EduInaf, ricorda che l'origine etimologica del termine Equinozio viene dal latino aequa-nox, appunto notte uguale, e indica che in un dato giorno la durata del periodo diurno e di quello notturno sono uguali. L'Inaf sottolinea inoltre che dal punto di vista astronomico gli equinozi, così come i solstizi, coincidano con precise posizioni della Terra nel suo moto di rotazione intorno al Sole e questo vuol dire, in termini pratici, che la definizione astronomica degli equinozi ha non solo un giorno, ma anche un orario preciso e quest'anno sarà domani 20 marzo, alle ore 4,07 ora italiana, le 03,07 Gmt.
L'equinozio però non identifica un intero giorno ma solo un istante in cui il Sole attraversa l'equatore celeste, da qui l'esigenza degli astronomi di definire un'orario ben preciso che scandisce il passaggio e l'ingresso della primavera che avviene solo nell'emisfero boreale, mentre nell'emisfero australe accade il contrario: inizia l'autunno. Con il ritorno della primavera anche quest’anno arriva la "Settimana aperta Inaf", sette giorni nei quali l’Istituto nazionale di astrofisica apre le porte dei suoi osservatori e istituti di ricerca in tutta Italia per accogliere il pubblico e condividere le meraviglie dell’universo. L’iniziativa, partita lunedì 18 marzo, va avanti fino a domenica 24 marzo e celebra così anche l’Equinozio di primavera di mercoledì 20 marzo.
L'equinozio di primavera, indica l'Inaf, è legato all’inclinazione di 23°27′ dell’asse terrestre rispetto al piano orbitale del pianeta, e questo è anche il motivo alla base della durata variabile di giorno e notte e dell’alternarsi delle stagioni. Inoltre la diversa inclinazione dei raggi solari crea le condizioni climatiche che caratterizzano ciascuna di esse. Gli astronomi dell'Inaf segnalano che il cielo di marzo è dominato dalla figura del Leone e dall’asterismo del Grande Carro. La Via Lattea invernale si sposta sempre più verso occidente, lasciando il posto ad un’area con bassa densità di stelle. Orione e Cane Maggiore sono sempre più basse sull’orizzonte, sostituite a sud dalla costellazione del Leone, la cui presenza indica l’arrivo prossimo della primavera, e dall’Idra, quest’ultima tanto grande quanto poco appariscente.
Rasente l’orizzonte meridionale, si intravedono alcune stelle appartenenti alla costellazione australe delle Vele, una volta parte della grande costellazione della Nave Argo. Ad est, sono evidenti due stelle luminose: una, dal colore rosso arancio vivo, è Arturo, nella costellazione del Boote; più a sud, Spica, la stella più brillante della Vergine, costellazione in cui è possibile osservare un grandissimo numero di galassie in virtù della presenza entro i suoi confini dell’omonimo ammasso galattico. Queste due stelle, insieme con Denebola (β Leonis), costituiscono l’asterismo del Triangolo di Primavera. A nord, il Grande Carro si mostra a pochi gradi dallo zenit, disposto 'capovolto' alle latitudini italiane; sempre osservabili, basse sull’orizzonte nord, le due figure di Cefeo e Cassiopea. Verso ovest, domina ancora la figura di Orione e dei Gemelli, la stella Sirio e la costellazione del Toro. Osservando il cielo oltre le prime ore della notte, sarà inoltre visibile a nord-est la brillante stella Vega, che sarà dominante nei prossimi mesi estivi e inizio-autunnali.
Tornando infine al momento dell'Equinozio l'asse terrestre è inclinato di 23°27′ rispetto alla perpendicolare al piano orbitale e anche l'equatore celeste, cioè la proiezione dell'equatore terrestre nella sfera celeste, è inclinato di 23°27′ rispetto al piano orbitale. Questo significa che il Sole, man mano che la Terra si muove lungo la sua orbita, si trova sopra o sotto l'equatore celeste. I due equinozi - di primavera e di autunno - rappresentano i momenti in cui il Sole attraversa l'equatore celeste nel suo moto apparente durante l'anno, nei due equinozi il Sole raggiunge lo zenit all'equatore. Ai due Tropici i raggi solari raggiungono un'altezza di 66°33′ rispetto all'orizzonte, e ai Circoli Polari di 23°27′.
Starwalks.space riferisce che nell’emisfero boreale, l’equinozio di primavera cade solitamente tra il 19 ed il 21 marzo e che in questo secolo 78 equinozi saranno il 20 di marzo, mentre solo due di essi cadranno il 21 del mese: i restanti 20 equinozi si verificheranno il 19 marzo. Nell’emisfero australe, invece, le date dell’equinozio di primavera variano dal 21 al 24 settembre. Nel ventunesimo secolo, avremo 76 equinozi che cadranno il 22 settembre, mentre il prossimo equinozio che si verificherà il 24 del mese sarà nel 2303.
Nell'emisfero Nord gli Equinozi sono così scanditi: il 2024 il 20 marzo alle 03:07 Gmt; nel 2025 il 20 marzo alle 09:02 Gmt; nel 2026 il 20 marzo alle 14:46 Gmt; nel 2027 il 20 marzo alle 20:25 Gmt; nel 2028 il 20 marzo alle 02:17 Gmt. Le date nell'emisfero sud saranno: 2024: 22 settembre alle 12:44 Gmt; 2025: 22 settembre alle 18:20 Gmt; 2026: 23 settembre alle 00:06 Gmt; 2027: 23 settembre alle 06:02; Gmt 2028: 22 settembre alle 11:45 Gmt.
Economia
Manageritalia, industria e servizi integrati per vincere la...
'Terziario e manifattura - Insieme per la sfida della doppia transizione' incontro organizzato da Manageritalia e Intesa Sanpaolo per presentare il Report prodotto congiuntamente sul tema della crescente integrazione tra servizi e industria.
Come la terziarizzazione sta cambiando le strategie delle aziende? Come cambiano i profili dei lavoratori e dei manager impiegati nell’industria? Quali aspetti necessitano di interventi di policy? A queste e molte altre domande ha risposto 'Terziario e manifattura - Insieme per la sfida della doppia transizione', l’incontro organizzato da Manageritalia e Intesa Sanpaolo per presentare il Report prodotto congiuntamente sul tema della crescente integrazione tra servizi e industria.
A confrontarsi oggi, durante un dibattito presso gli spazi di Intesa Sanpaolo in P.zza Belgioioso a Milano, sono stati: Gregorio De Felice - chief economist e responsabile Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, Mario Mantovani - presidente Manageritalia, Emilio Rossi - responsabile Osservatorio del Terziario Manageritalia, Carlo Alberto Carnevale Maffè - professore di Strategia e Imprenditorialità SDA Bocconi school of management, Azzurra Rinaldi - direttrice School of Gender Economics e Stefano Venturi - presidente Cefriel, oltre a Ilaria Sangalli, senior economist, Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo e Adelaide Fabbi, Osservatorio del Terziario Manageritalia, che hanno curato la ricerca.
“Aumenta da tempo l’interrelazione e la sinergia tra manifattura e servizi, nelle catene del valore globali. E’ un fenomeno di cui i policy maker, le istituzioni, gli economisti, i finanziatori, gli imprenditori e i manager devono tener conto per far evolvere i modelli di business e le politiche industriali”, così commenta Mario Mantovani presidente Manageritalia che prosegue: “Una terziarizzazione sempre più protagonista dell’economia, un fattore chiave per le transizioni digitale e ambientale, con la necessità di individuare policy in grado di far crescere il valore aggiunto e la produttività, grazie soprattutto a investimenti nel capitale umano, manageriale e tecnico”.
“La crescita degli investimenti italiani, +20,4% nel quadriennio 2019-22, è ampiamente sostenuta dagli investimenti digitali, che giocano un ruolo determinante nell’influenzare la crescita economica del paese” spiega Gregorio De Felice, chief economist e responsabile Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo che conclude: “Gli investimenti in proprietà intellettuale, in particolare, rappresentano la componente più dinamica della spesa, con una crescita del 36,3% in un’ottica di lungo periodo 2008-22. Dietro questo dinamismo c’è l’effetto dell’adozione del pacchetto incentivante Transizione 4.0, più volte rimodellato e rifinanziato, che ha rivitalizzato l’industria ma anche gli annessi comparti dei servizi di mercato che sono a traino di questo processo di upgrading tecnologico. Agli incentivi per l’acquisto di beni e software si affiancherà ora Transizione 5.0, per spingere l’acceleratore sulla doppia transizione digitale e ambientale”.
Dall’analisi condotta dall’Osservatorio del Terziario Manageritalia e dalla direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo si evince come negli ultimi decenni si sia assistito a un crescente utilizzo di servizi nei processi industriali. Una terziarizzazione che riguarda tutte le fasi, dalla progettazione alla produzione, alla commercializzazione dei beni. L’Italia appare ben posizionata in questo percorso di integrazione tra terziario e processi produttivi, con un peso dei servizi di mercato sul valore dell’output manifatturiero che superava il 24% già nella fase pre-Covid, prima dell’accelerazione avviata dalla pandemia. Un dato secondo solo alla Francia (27,2%), tra i grandi paesi europei.
Determinante il contributo delle Attività professionali, tecniche e scientifiche (Apts), che giocano un ruolo chiave nell’affiancare le imprese industriali nell’R&D sperimentale, di fronte a una competizione globale che impone di spingere sull’offerta di beni innovativi. In Italia, è la filiera automotive a esercitare il principale effetto traino sulle Apts, seguita dai settori a medio-alto contenuto tecnologico come farmaceutica, elettronica e meccanica, ma anche da settori più tradizionali del Made in Italy, come il tessile-abbigliamento.
I servizi Ict, tra i grandi protagonisti della transizione digitale, sono in crescita in termini di supporto ai processi industriali, con una penetrazione che in Italia è più forte, ancora una volta, nell’automotive, che distanzia la meccanica. Tra i competitor europei, l’Italia è la nazione che fa registrare, per provenienza geografica dei servizi di mercato a supporto dei processi manifatturieri, il contributo domestico più alto, il 50,2%; superate Germania 43%, Spagna 39,5% e Francia 38,2%.
Determinante anche il contributo dei servizi di matrice estera, con un ruolo chiave giocato dai partner dell’Europa Occidentale, e una crescita dei paesi asiatici (con un contributo dell’8,6% alla catena manifatturiera italiana), guidata dalla Cina. Il contributo cinese è ancora molto sbilanciato verso i servizi di logistica, complementari alla vendita di input manifatturieri, pur includendo anche l’offerta di Apts e di servizi IT (insieme a India e Giappone). Gli Stati Uniti mantengono comunque una solida presenza, specialmente come fornitori di Apts.
Guardando all’export, l’integrazione tra manifattura e servizi risulta ancor più forte ed evidente: in Italia, il valore aggiunto dei servizi di mercato assorbito nei beni manifatturieri destinati all’esportazione era il 38,2% già nella fase pre-Covid, un dato superiore alla media Ue e Ocse. In tutti i settori manifatturieri, il contributo dei servizi all’export supera il 30%.
La terziarizzazione del comparto industriale porta con sé anche un radicale cambiamento e riorganizzazione del capitale umano all’interno delle imprese manifatturiere, dove cresce l’importanza delle figure professionali dedicate allo svolgimento delle attività di servizio. In Italia, i colletti bianchi sono cresciuti del 3% tra il 2011 e il 2022 in rapporto all’occupazione totale (dati Eurostat), soprattutto con riferimento ad alcune professionalità rilevanti per la fase di transizione digitale e ambientale. Spicca nella manifattura italiana una quota significativa di tecnici delle scienze (28%), superiore alla media europea.
Nonostante la crescita di personale sempre più qualificato, c’è ancora un gap da colmare con i concorrenti europei sul fronte degli specialisti Ict (3,8% in Italia, media Ue 4,5%, dati Eurostat 2022), anche in termini prospettici, di formazione di figure professionali che possano accompagnare il percorso di digitalizzazione. L’Italia soffre ancora di modesti tassi di laureati nel settore Ict (1,5%, media Ue 4,2%) e di un numero esiguo di imprese che offre formazione su questi temi ai propri dipendenti (19%, media Ue 22%).
Le carenze sul fronte del capitale umano si traducono oggi in una diffusione ancora limitata di tecnologie avanzate, come i big data (adottati dall’8,6% delle imprese in Italia, contro una media Ue del 14,2%) e l’intelligenza artificiale (6,2% - dove però la strada è ancora lunga anche a livello di Ue27 nel suo complesso, 7,9%), fondamentali per il successo dei processi di digitalizzazione e per realizzare un salto di produttività, sia a livello di singole imprese che di sistema Paese.
Esteri
Russia, 2mila mercenari dal Nepal in guerra:...
Spinti a combattere dalla povertà, ora cercano disperatamente di tornare
Circa 2mila nepalesi sono stati reclutati dalla Russia per combattere nella guerra in Ucraina. Alcuni di loro, spinti dalla povertà e dalla promessa di stipendi da favola per i loro standard, hanno denunciato di aver subito un trattamento pessimo al fronte e ora cercano disperatamente di tornare a casa. Ganesh, 35 anni, è uno dei pochi ad esserci riuscito.
In un'intervista a Sky News ha dichiarato di aver combattuto quattro mesi e mezzo nel Donetsk e ha sostenuto che i nepalesi venissero "trattati come cani". Nel periodo al fronte, ha detto da Kathmandu, "siamo stati attaccati dai droni ed è stato terrificante".
L'uomo, che si dice sollevato ma traumatizzato dalla sua esperienza in prima linea, ha raccontato che all'inizio è stato portato nel centro di addestramento Avangard, un'accademia militare fuori Mosca, dove è rimasto per due settimane. Ganesh aveva già un'esperienza di 10 anni nell'esercito indiano, ma molti altri al suo fianco erano giovani e inesperti. Alcuni non avevano mai impugnato un'arma prima.
Finito l'addestramento, ha proseguito, c'è stato un cambiamento netto nel modo in cui venivano trattati i mercenari stranieri, che sono stati improvvisamente gettati nel conflitto. "Durante le prime due settimane di addestramento, la vita andava bene - ha affermato - Ma una volta mandati in Ucraina, non avevamo abbastanza cibo e siamo stati picchiati dai russi. È stato davvero brutto".
Il destino dei mercenari
Secondo Ganesh, i nepalesi erano considerati carne da cannone. "I soldati russi erano dietro di noi. In prima linea c'erano i mercenari", ha aggiunto, descrivendo come al fronte ci fossero criminali russi, nepalesi e indiani davanti all'esercito. Il mercenario ha visto tre nepalesi uccisi sul campo di battaglia, ma ha sentito parlare di molte altre vittime.
Ganesh ha quindi spiegato come è finito a combattere in Ucraina, dicendo che faceva fatica a trovare lavoro e quando è andato da un agente per un posto in Lussemburgo, quello gli ha suggerito di andare invece in Russia perché era "piena di opportunità".
Ganesh ha quindi dovuto chiedere un prestito e pagarsi un milione di rupie nepalesi (quasi 7mila euro) per viaggiare fino a Mosca via Dubai con un visto turistico. Lo stipendio medio mensile nepalese equivale a meno di 175 euro. Ma l'agente gli aveva promesso che ne avrebbe potuti guadagnare quasi 2mila se si fosse unito alla campagna del Cremlino. Una volta in Russia ha dovuto pagare un altro agente quasi mille euro solo per essere portato al campo di addestramento.
Sky precisa che la cifra di 2mila nepalesi reclutati dall'esercito russo si basa sulle testimonianze dei soldati di ritorno, nonché sui dati dell'immigrazione russa. Molti nepalesi hanno riferito di aver ricevuto visti per studenti o turisti per raggiungere la Russia e il governo di Kathmandu è stato costretto a intervenire dato che per i cittadini del Paese himalayano è illegale combattere per gli eserciti stranieri.
A gennaio il governo ha vietato ai suoi cittadini di recarsi in Russia o Ucraina per lavoro e ha chiesto a Mosca di rimpatriare tutti i nepalesi reclutati. Inoltre ha dichiarato 'guerra' agli agenti che favoriscono il reclutamento e l'ingresso in Russia, con la polizia che ha già arrestato 22 sospetti.