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Salute e Benessere

Ail, prende il largo la velaterapia ‘Sognando Itaca’ per pazienti ematologici

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Dal 10 al 23 giugno, 9 tappe adriatiche e iniziative su tutto il territorio nazionale

Ail, prende il largo la velaterapia ‘Sognando Itaca’ per pazienti ematologici

In occasione della Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma, torna a spiegare le vele ‘Sognando Itaca’, iniziativa che, nata come un’attività di riabilitazione psicologica per pazienti ematologici attraverso la pratica della vela, quest’anno allarga i suoi orizzonti aprendosi a tante altre attività volte alla riabilitazione psico-sociale. Il progetto, promosso dall’Associazione italiana lotta contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) è dedicato, in questa edizione, al tema ‘Ambiente e salute’, che lega stile di vita e scelte alimentari del paziente alla riabilitazione psicosociale.

Il percorso previsto dal 10 al 23 giugno lungo l’Adriatico prevede, tra le attività in programma in 9 porti, oltre alla velaterapia, arteterapia, musicoterapia, ginnastica dolce. Altre iniziative sono previste, inoltre, in tutto il territorio nazionale con ‘Sognando Itaca 2.0’: nelle diverse sezioni territoriali Ail sono organizzate infatti attività di riabilitazione psico-sociale, con l’unico obiettivo di essere al fianco del paziente ematologico per ridurre l’impatto psicologico della malattia.

‘Sognando Itaca’ – spiega una nota – vuole ricordare che i pazienti onco-ematologici si trovano, come Ulisse, ad affrontare un mare aperto, sconosciuto e pieno di insidie. Grazie all’esperienza di ‘Sognando Itaca’ scoprono nuovi territori, relazioni, solidarietà e risorse che li aiutano ad affrontare meglio il percorso della malattia e a migliorare la loro qualità di vita. Nel concreto, una barca a vela dell’Ail viaggia lungo la costa adriatica facendo tappa in 9 città italiane. In ogni porto si svolge un Itaca Day: una giornata durante la quale l’equipaggio, formato da pazienti, medici, infermieri, psicologi e skipper professionisti vivono insieme un’esperienza unica, lontani dai luoghi di cura e in un contesto di assoluta reciprocità. Il percorso nell’Adriatico prevede le tappe di: Trieste, 10 giugno, Venezia il 12, quindi Ravenna il 14 giugno e Rimini il 15, il giorno successivo Pesaro, poi Ancona il 17 e Pescara il 19 giugno per arrivare a Pescara Barletta (BAT) il 21 e, infine, a Brindisi il 23 giugno. Informazioni e approfondimenti su ail.it

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Fondazione Onda, visite gratis in 140 ospedali per giornata cuore

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Fondazione Onda, visite gratis in 140 ospedali per giornata cuore

‘(H) Open week’ dedicato alle malattie cardiovascolari per promuovere l’informazione, la prevenzione e la diagnosi precoce delle malattie cardiovascolari, con un particolare focus su aneurisma aortico addominale, infarto cardiaco e patologie valvolari. L’iniziativa, in occasione della Giornata mondiale del cuore, che si celebra il 29 settembre, è organizzata per il terzo anno consecutivo, da Fondazione Onda dal 26 settembre al 2 ottobre. Previste visite gratuite in circa 140 ospedali con il Bollino Rosa di Fondazione Onda.

“Questa iniziativa ha un alto valore sociale – commenta Francesca Merzagora, presidente di Fondazione Onda – sottolinea l’importanza della prevenzione primaria e vuole facilitare l’accesso alla diagnosi precoce, rendendo direttamente fruibili anche prestazioni che in molti casi sono gravate da lunghe liste di attesa. Inoltre, vogliamo aiutare a sfatare l’errata convinzione che le malattie cardiovascolari riguardino soprattutto gli uomini, con la grande maggioranza delle donne che ha una percezione molto bassa dei pericoli correlati a queste patologie”. Si fa particolare riferimento alle patologie focus dell’(H) Open Week, attraverso un poster informativo che è affisso in tutti gli ospedali aderenti all’iniziativa e post e video interviste a specialisti in ambito cardiovascolare e pazienti che vengono pubblicati sui canali social della Fondazione.

Attiva anche la campagna di sensibilizzazione #Trisdicuore vince la prevenzione’ per promuovere la corretta informazione sulle malattie cardiovascolari più comuni in collaborazione con alcune Società scientifiche come Gise, Società italiana di cardiologia interventistica; Sicch, Società italiana di chirurgia cardiaca; Sicve, Società italiana di cardiologia vascolare ed endovascolare e Siprec, Società italiana per la prevenzione cardiovascolare e con la media partnership di Adnkronos, Baby Magazine, Panorama della Sanità, Salutare e Tecnica Ospedaliera

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Covid oggi Italia, 36.102 contagi e 117 morti: bollettino ultima settimana

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Decessi in aumento del 18,2%. Cresce anche il tasso di positività

Sono 36.102 i nuovi casi di Covid registrati in Italia dal 14 al 20 settembre, il 17,3% in più rispetto alla settimana precedente. Aumentano anche i morti 117 contro i 99 della settimana prima (+18,2%). Questo il bollettino aggiornato del ministero della Salute.

Cresce il tasso di positività che è del 15,5%, con una variazione di +0,6% rispetto alla settimana precedente (14,9%). Aumentano anche i tamponi. La scorsa settimana ne sono stati effettuati 232.664 (+12,5%).

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Coronavirus

Cancro, BioNTech lavora a vaccino: “Primo ok possibile entro 2030”

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Le parole all'Adnkronos Salute di Özlem Türeci, co-fondatrice e Chief Medical Officer dell'azienda: "Studi clinici ancora in corso, con 5 studi già in fase di sviluppo clinico avanzato"

Vaccino - Afp

Obiettivo 2030 per i vaccini anti cancro a mRna di BioNTech. A dirlo all’Adnkronos Salute è Özlem Türeci, co-fondatrice e Chief Medical Officer dell’azienda. “Stiamo lavorando su candidati vaccini anti-cancro a mRna che codificano neoantigeni specifici del paziente o consistono in una combinazione fissa di antigeni condivisi tumore-associati. Gli studi clinici con questi candidati sono ancora in corso, con 5 studi già in fase di sviluppo clinico avanzato. Ci aspettiamo che questi trial possano fornire risultati a supporto della presentazione di una domanda di autorizzazione per il primo candidato della nostra pipeline di vaccini anti-cancro a mRna personalizzati prima del 2030”, ha infatti spiegato Türeci oggi a Milano a margine di Cicon23, l’International Cancer Immunotherapy Conference, parlando dell’orizzonte temporale previsto per il potenziale arrivo dei primi vaccini a mRna contro il cancro, dopo l’autorizzazione regolatoria. Per alcuni pazienti oncologici potrebbero essere dunque disponibili entro la fine del decennio.

Arrivare a utilizzare l’mRna sui tumori è un obiettivo al quale Türeci e il marito Uğur Şahin, co-fondatore e Ceo di BioNTech, entrambi ricercatori e medici immunologi, lavorano da decenni. Dall’inizio degli anni 2000 erano focalizzati sullo studio e sullo sviluppo di questa tecnologia. Tecnologia che nella pandemia di Covid-19 ha avuto una conferma di fattibilità e validità, grazie all’avvento dei vaccini mirati al coronavirus Sars-CoV-2, sviluppati congiuntamente con Pfizer. La tecnologia inizialmente sviluppata da Türeci e Sahin per affrontare il cancro ha permesso di reagire rapidamente alla pandemia di Covid-19. Ora queste intuizioni ed esperienze stanno a loro volta favorendo e accelerando lo sviluppo nel campo del cancro.

Nel mirino ci sono diverse neoplasie. “Abbiamo studi clinici in corso con i nostri candidati vaccini a mRna basati su neoantigeni individualizzati per varie indicazioni di cancro, tra cui il melanoma, il cancro del colon-retto, e il cancro del pancreas – elenca Türeci – e un ampio studio di fase 1 su carcinomi multipli che è appena stato completato. I nostri candidati vaccini a mRna personalizzati tumore-associati anche vengono valutati per varie indicazioni, tra cui il cancro della testa e del collo, il melanoma, il tumore del polmone e un paio di altri tipi di cancro. Abbiamo trattato diverse centinaia di pazienti in totale in tutto il mondo con candidati vaccini a mRna neoantigenici o tumore-associati negli studi clinici di fase 1 e 2. Il nostro obiettivo è far avanzare la nostra pipeline oncologica verso l’ultima fase di sviluppo e prepararci per le sperimentazioni con potenziale di registrazione nei prossimi mesi”.

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Diabete e adolescenti, torna nelle scuole il programma ‘Unstoppable’

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Diabete e adolescenti, torna nelle scuole il programma ‘Unstoppable’

Dopo il successo della prima edizione, torna “Unstoppable”, il programma digitale di educazione civica per la sensibilizzazione sul diabete e l’inclusione, promosso da Medtronic, al fianco di Civicamente. Quest’anno l’iniziativa si allarga e, oltre a coinvolgere docenti e studenti delle scuole secondarie, punta anche agli istituti primari. Il programma – si legge in una nota – intende sensibilizzare sui temi dell’inclusione, con particolare focus sulle cronicità e, nello specifico, sul diabete, nell’ottica di favorire l’integrazione e il superamento degli stereotipi, sensibilizzando ad un approccio verso gli altri più aperto, orientato all’ascolto e alla condivisione.

Secondo i dati della Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siedp) sono 18mila i bambini e gli adolescenti colpiti in Italia dal diabete di tipo 1, che rappresenta la malattia endocrino-metabolica più frequente dell’età pediatrica, in cui tipicamente esordisce. La patologia solitamente insorge tra i 6 mesi e i 30 anni di età, con due picchi, attorno ai 5 anni e tra i 10 e i 12 anni, che rappresentano momenti critici per l’individuazione della malattia. Per questo motivo è abbastanza normale incontrare nelle classi uno o più alunni/compagni con diabete. Quindi – prosegue la nota – è importante che il personale scolastico abbia informazioni corrette sulla malattia, sulle esigenze alimentari, terapeutiche e su come affrontare con serenità ed efficacia possibili situazioni d’emergenza e che i compagni di scuola siano sensibilizzati sulla patologia, senza pregiudizi, e comprendano come dalle difficoltà quotidiane si possano apprendere competenze e risorse da condividere con gli altri.

Attraverso la piattaforma www.educazionedigitale.it/unstoppable sarà possibile accedere a materiale studiato appositamente per i docenti, che potrà essere utilizzato nelle ore di Educazione civica per diffondere una corretta informazione e l’inclusione dei ragazzi con diabete, abbattendo stigma e pregiudizi. Il percorso, attraverso efficaci strumenti di formazione e coinvolgenti risorse didattiche, permetterà di acquisire nozioni tecnico-scientifiche fondamentali per poter approcciare e approfondire gli argomenti, ma consentirà anche di allenare, attraverso laboratori di gruppo, la comunicazione aperta, l’immedesimazione e l’empatia: un vero e proprio strumento di liberazione e superamento dello stigma.

Grazie a consigli veicolati da pillole cartoon e coinvolgenti fumetti per i più piccoli oltre ai casi, al gioco interattivo situazionale e attività laboratoriali per i più grandi, best practice, approfondimenti contenutistici e spunti laboratoriali, sarà possibile avvicinarsi progressivamente al diabete, così da comprenderlo, per favorire l’inclusione di persone che ne abbiano esperienza diretta.

Durante l’anno scolastico 2022-2023 – conclude la nota – sebbene fosse rivolto alle scuole secondarie di primo e secondo livello, Unstoppable ha ottenuto risultati inaspettati: coinvolti 1.071 i docenti, 991 scuole secondarie, quasi 50mila studenti raggiunti e il premio come “miglior progetto Csr: Diversità, equità, inclusione, socialità”: ai Digital Awards 10 edizione. Il progetto gratuito Unstoppable è disponibile per tutti i docenti delle scuole primarie e secondarie italiane dal 20 settembre. Rimarrà a disposizione sulla piattaforma www.educazionedigitale.it anche nei prossimi anni.

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Salute e Benessere

Salute, Barbuto (Uici): “Su ipovisione e cecità abbattere i limiti all’inclusione”

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All’Expo Aid, laboratori Braille, addestramento cani guida e controlli gratuiti della vista

Mario Barbuto

“In Italia il rischio di cecità cresce perché le malattie che minacciano la vista sono collegate all’invecchiamento. La prevenzione e la diagnosi precoce sono gli strumenti più efficaci per preservare la vista ma, spesso, le persone fragili che avrebbero più bisogno di visite regolari o dei servizi riabilitativi dopo aver perso la vista, sono anche quelle che hanno più difficoltà ad accedervi. Questo succede perché nell’orizzonte della salute visiva, dell’ipovisione e della cecità, il piano sanitario non è mai distinto da quello sociale e gli interventi per la salute non possono essere distinti da quelli per l’inclusione. Le prime barriere da superare sono quelle che limitano l’inclusione”. Così Mario Barbuto, presidente nazionale dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici)-Ets, all’Expo Aid 2023, la prima edizione dell’evento nazionale dedicato al mondo del Terzo settore e dell’associazionismo italiano, in corso a Rimini.

L’Uici – dettaglia una nota – sarà presente allo stand 31, mentre agli stand 51 e 52 si troveranno le aree dedicata ai laboratori Braille, a cura della Federazione delle istituzioni pro ciechi, e le dimostrazioni di addestramento di cani guida a cura della Scuola regionale e polo per l’autonomia ‘Helen Keller’. All’evento è presente – all’ingresso A – anche l’unità mobile dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (Iapb) Italia Onlus che offrirà controlli oftalmologici gratuiti per individuare le condizioni che possono rivelarsi lesive della vista e necessitano di ulteriori controlli diagnostici. Uno spazio è inoltre dedicato a ‘Lenti smart’, il progetto di ‘bastone intelligente per ciechi e ipovedenti’.

Nell’intervento alla sessione plenaria di questa mattina, sul tema della ‘vita indipendente e inclusione nella società’, Barbuto ha ricordato che “la perdita totale o parziale della vista è un grandissimo dolore personale e un altissimo costo sociale sia per l’assistenza necessaria che per la perdita di lavoro e ricchezza che comporta. Quando una persona perde la vista, infatti, perde anche una parte importante della sua autonomia e libertà. La persona che non vede – aggiunge – può riconquistare la sua libertà e creare ricchezza e valore per la società esattamente come chiunque altro, a patto che si riescono a creare le condizioni per farla accedere ai servizi, alla riabilitazione e alle attività di tutti i giorni; un obiettivo di salute pubblica, di giustizia sociale e di civiltà”. All’evento, cui aderiscono sia la presidenza della Repubblica che quella del Consiglio, vuole essere un’occasione per parlare di piena attuazione della Convenzione dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) sui diritti delle persone con disabilità, della partecipazione alla vita sociale, politica e civile di ogni persona con la valorizzazione dei propri talenti e competenze. Tutte le informazioni sull’evento al link: expoaid.it/evento/

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Covid, varianti Eris e Pirola non provocano malattia più grave

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Anziani e fragili restano a rischio

Una dose di vaccino covid


Le nuove varianti del covid, in particolare Pirola e Eris, non sembrano provocare sintomi diversi da quelli già conosciuti: mal di gola e febbre, raffreddore e spossatezza, mal di testa e eventuale assenza di olfatto e gusto. L’aumento dei contagi legato alle mutazioni più recenti, quindi, non dovrebbe produrre una malattia più grave.

“Per ora non vi è assolutamente alcuna indicazione che l’infezione” con le nuove varianti di Sars-CoV-2 “possa causare malattie più gravi, o rendere i vaccini meno efficaci contro la malattia grave rispetto alle varianti precedentemente circolate”, dice Andrea Ammon, direttrice dell’Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, in una conferenza stampa tenuta insieme al direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema, Emer Cooke. “Tuttavia – puntualizza – le persone più anziane e quelle con patologie preesistenti corrono comunque un rischio più elevato di andare incontro a esiti gravi se vengono infettate” e colpite da Covid-19.

“A inizio settembre -riporta la direttrice dell’Ecdc – è stata segnalata una trasmissione di Sars-CoV-2 in crescita in più della metà dei Paesi dell’Ue/Spazio economico europeo. Fortunatamente il livello di malattie gravi e di morte era ancora relativamente basso. E’ importante riservare un’attenzione particolare al Covid-19 nelle fasce d’età più avanzate. E vediamo che 9 su 16 Paesi che riportano i conteggi dei casi divisi per età hanno visto aumentare i numeri negli over 80, e 12 su 16 hanno osservato una crescita nelle persone dai 65 anni in su” per più settimane. “I decessi Covid in termini assoluti rimangono bassi rispetto ai livelli riportati in precedenza durante la pandemia, tuttavia – ha aggiunto Ammon – 4 su 12 Paesi con dati specifici hanno segnalato di recente dei piccoli aumenti nei morti fra gli over 65”.

La crescita del contagio da Sars-CoV-2,continua la numero uno dell’Ecdc, “coincide anche con l’avvento e il predominio di un gruppo di sottovarianti Omicron denominate ‘XBB.1.5-like'”, varianti simili a Kraken, “portatrici della mutazione F456L. Inoltre ad agosto è stato rilevato sporadicamente un nuovo sottolignaggio Omicron, BA.2.86”, battezzato sui social Pirola, “all’interno dell’Ue/See e fuori. E sebbene siano stati confermati solo pochi casi a livello globale, possiamo sospettare, dal momento che questi casi sono abbastanza dispersi, che vi sia una trasmissione comunitaria a basso livello di questa variante in più Paesi. Si tratta di una variante abbastanza divergente da quelle attualmente in circolazione, il che potrebbe portare a un aumento delle reinfezioni”.

“I nostri modelli hanno mostrato che una campagna vaccinale anti-Covid con un’elevata adesione, rivolta a persone di età dai 60 anni in su, potrebbe prevenire circa il 21-32% di tutti i ricoveri correlati a Covid nell’Ue/Spazio economico europeo fino al 24 febbraio”, è la stima diffusa da Ammon.

“Covid-19, influenza e virus respiratorio sinciziale” Rsv “rimangono sfide significative per la salute pubblica. Insieme chiediamo a tutti i cittadini dell’Unione europea che appartengono alle categorie a rischio e sono candidabili alla vaccinazione: per favore, fate i vaccini che le autorità sanitarie pubbliche Ue rendono disponibili per voi”, l’appello lanciato da Cooke.

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Medici esausti, per oltre 8 su 10 sempre più difficile lavorare nel Ssn

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Indagine Univadis Medscape: "Si guarda all’estero per nuove opportunità professionali"

Medico con viso tra le mani -

Stanchi, stressati e insoddisfatti. Oltre 8 medici su 10 considerano sempre più difficile lavorare nel Servizio sanitario nazionale: colpa di turni di lavoro lunghissimi, carenza di personale, scarsa sicurezza negli ospedali, compensi considerati troppo bassi. E per quanto i camici bianchi apprezzino ancora il loro lavoro solo il 60% sceglierebbe nuovamente questa professione ed è sempre più diffusa la tendenza a cercare opportunità lavorative all’estero, soprattutto tra i giovani medici. E’ il quadro che emerge dalla nuova indagine Univadis Medscape Italia, il portale di informazione per i professionisti della salute, svolta su un campione di 1.169 operatori sanitari impiegati a tempo pieno, ovvero che lavorano in media 44 ore settimanali e una media di 56 pazienti a settimana.

Il 57% del campione afferma che carico di lavoro è aumentato negli ospedali ma solo nel 27% dei casi è stato assunto nuovo personale all’interno della struttura. Inoltre, se la precedente indagine 2020, la burocrazia era considerata come l’ostacolo principale per i medici (ora viene citata solo dal 17% del campione), nel 2022 è la mancanza di personale ad affliggere chi lavora nel 35% dei casi. Il malessere è comunque peggiorato dal fatto che l’89% dei medici ritiene di non essere pagato abbastanza. “I medici italiani guadagnano in media 60.000 euro l’anno, ma esiste una grande differenza tra gli ospedalieri e chi opera soprattutto in ambulatorio, inclusi i medici di medicina generale: se per i primi si arriva in media a 56.000 euro l’anno, chi riceve pazienti in ambulatorio ne guadagna fino a 79.000 euro ben 23.000 euro in più”, spiega Daniela Ovadia, direttrice di Univadis Medscape Italia e autrice del report.

“Le donne – continua – poi sono una categoria che viene ulteriormente penalizzata: in media guadagnano circa 20.000 euro all’anno in meno dei colleghi uomini, con l’aggravante di pagare spesso anche il conto più salato in termini di equilibrio tra vita privata e professionale”. Lo scenario è quindi quello di un’insoddisfazione per la propria situazione economica, destinata a crescere anche in considerazione di ulteriori fattori. Da una parte, infatti, risultano scarse le opportunità di guadagno integrativo, inclusi bonus e incentivi ai quali solo un medico su due riesce ad aver accesso. Dall’altra, si è registrato un aumento dell’inflazione – per il 77% del campione il potere d’acquisto è diminuito rispetto al 2021, e per il 75% la situazione non migliorerà nei prossimi due anni – così come un aumento delle spese generali, incluse quelle relative alla sottoscrizione di contratti di assicurazione integrativa che il 73% dei medici dipendenti paga di tasca propria.

“La pandemia da Covid-19 – aggiunge Ovadia – ha portato a vari cambiamenti negli orari e nei salari, ma non è più la principale fonte di problemi all’interno degli ospedali. Le cause sono più strutturali e organizzative: c’è carenza di personale, bassa sicurezza per i medici, aumento delle aggressioni, diminuzione dei benefici, mentre gli stipendi restano sempre uguali. La conseguenza è che sempre più medici, soprattutto i più giovani, sono spinti ad andare a lavorare all’estero, verso Paesi come Svizzera e Inghilterra. Oppure, per ovviare alle difficoltà, si guarda alla sanità privata, un settore che attira sempre maggiore attenzione (per il 32% del campione), cosi come per la prima volta, abbiamo registrato una consistente percentuale di medici che pensa di mettersi in proprio (17%)”.

A compensare almeno in parte il sentiment negativo, rimane la centralità e l’importanza della relazione con i pazienti, che per il 31% del campione resta uno degli aspetti più gratificanti del proprio lavoro (nell’indagine 2020 il dato era del 33%). Altri motivi di soddisfazione personale sono la consapevolezza della propria bravura (26%), l’aver contribuito a rendere il mondo un posto migliore (12%) e l’orgoglio di essere medico (9%).

Inoltre, rispetto all’indagine del 2020, un aspetto degno di nota è quello relativo alla telemedicina: nel precedente report si era registrato scetticismo rispetto all’utilizzo dei nuovi strumenti digitali nell’ambito della salute, mentre adesso risulta in netta crescita chi utilizza strumenti di telemedicina (36%) e ne è soddisfatto (il 71% degli intervistati), tanto che il 20% prevede di estendere la telemedicina alla teleconsultazione (e il 38% ci sta pensando).

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Salute e Benessere

De Gregorio (Gsk): “Entro un anno anti-meningococco 5 in 1”

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'In fase II quello di seconda generazione con sierotipi ABCWY, che copre quasi al 100%'

De Gregorio (Gsk):

“Stiamo aspettando il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, che dovrebbe arrivare nel giro di un anno al massimo. Il candidato vaccino combinato MenABCWY”, noto come l’anti-meningococco ‘5 in 1’, “ha raggiunto tutti gli 11 endpoint primari dello studio clinico ed è stato ben tollerato, con un profilo di sicurezza coerente con il vaccino MenB e il MenACWY. I dati dimostrano che il nuovo vaccino non è inferiore al vaccino ACWY né a quello singolo del meningococco B, quindi ci aspettiamo che quanto prima arrivi il via libera all’immissione in commercio”. Lo ha detto Ennio De Gregorio, amministratore delegato Gsk Vaccini Italia, all’Adnkronos Salute, commentando i risultati positivi dello studio clinico pivotale di fase III per il candidato vaccino meningococcico 5 in 1 ABCWY, che continente i 5 sierogruppi di Neisseria meningitides (A, B, C, W e Y) responsabili di quasi tutti i casi di meningite nella maggior parte del mondo: a oggi, nessun vaccino combinato autorizzato offre protezione contro questi 5 sierogruppi in un unico prodotto.

“Inoltre – continua De Gregorio – stiamo già lavorando a un vaccino ABCWY di seconda generazione che dovrebbe avere una copertura ancora più ampia rispetto al precedente e vicina quasi al 100%, ma siamo ancora in fase II”.

Il centro Gsk dove è stato sviluppato il vaccino è quello di Siena: dedicato alla Ricerca e Sviluppo, è vicino al sito produttivo di Rosia. Insieme rappresentano da oltre 100 anni un’eccellenza nel panorama della vaccinologia internazionale. “E’ uno dei pochi siti al mondo – sottolinea l’Ad Gsk – che si occupa di tutta la vita dei vaccini, dalla ricerca e sviluppo, a tutta la parte regolatoria, di produzione e confezionamento dei vaccini. Principalmente – precisa – ci occupiamo di vaccini per prevenire infezioni batteriche. Siamo diventati un centro di attrazione importante per talenti nel mondo: vogliono venire a lavorare da noi perché sanno che questo è un centro di eccellenza”.

I due siti toscani – con oltre 2.500 collaboratori da tutto il mondo e investimenti medi superiori ai 60 milioni all’anno in impianti, macchinari e nuove tecnologie – costituiscono un’unica entità che copre tutte le fasi della messa a punto di un vaccino. “Il centro di Siena – rimarca De Gregorio – ha una grande competenza scientifica soprattutto per i vaccini per la prevenzione di infezioni batteriche. Abbiamo una lunga tradizione con molti vaccini che sono stati sviluppati qui soprattutto per la prevenzione delle meningiti, ma lavoriamo alla prevenzione di molte infezioni batteriche, in particolare che sono resistenti agli antibiotici. Questa è una sfida molto importante per il futuro, perché i batteri causano nel mondo più di 7 milioni di morti e questo numero aumenterà poiché i batteri acquisiscono molto velocemente resistenza agli antibiotici, in modo molto più rapido della capacità dell’industria di produrre antibiotici. Pensiamo che la prevenzione delle malattie attraverso questi vaccini può avere un ruolo importantissimo, quindi stiamo lavorando molto proprio su questo aspetto”.

Tra i tanti vaccini sviluppati nel centro di Siena, ha un’importanza particolare il vaccino contro il meningococco B: è formulato con 4 antigeni altamente immunogenici che, considerati nel loro insieme, hanno il potenziale di proteggere da un’ampia gamma di ceppi patogeni. Gsk Vaccines ha identificato queste componenti grazie a un approccio pionieristico, la ‘vaccinologia inversa’ (reverse vaccinology). Diversamente dai metodi convenzionali di sviluppo dei vaccini, la vaccinologia inversa ha permesso a Gsk di decodificare la mappa genetica (cioè la sequenza genomica) del meningococco B e di selezionare le proteine con la maggiore probabilità di generare un’ampia copertura contro il meningococco B.

“Lo sviluppo del vaccino contro l’infezione da meningococco B è stato un viaggio lungo e complesso – osserva l’Ad – perché mentre per altri vaccini per la prevenzione della meningite abbiamo potuto utilizzare la capsula, ossia la parte esterna del batterio come antigene, per il meningococco B questo non è stato possibile. Lo zucchero (polisaccaride) presente sulla capsula esterna del batterio – illustra – è infatti identico a un componente del corpo umano e quindi non è riconosciuto come estraneo dal sistema immunitario, di conseguenza l’eventuale risposta al vaccino risultava molto scarsa e pertanto il vaccino non funzionava. Quindi per il meningococco B è stato necessario utilizzare l’innovazione della genomica e l’informazione genetica del batterio per trovare i componenti giusti del vaccino che potessero proteggere non solo da alcuni ceppi di meningococco B, ma dalla maggior parte dei ceppi circolanti. Costruire un vaccino e dimostrare che è efficace per la protezione di tutti i ceppi circolanti – conclude De Gregorio – è stata la sfida più grande per i ricercatori. Una sfida che però abbiamo vinto. Il meningococco B ha un impatto sulla salute pubblica molto importante: laddove il vaccino viene utilizzato, i casi di meningite si sono ridotti in modo importante, più del 75%”.

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Picozza (Andea), ‘dermatite atopica in aumento fra adulti sotto stress’

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'Importantissimo avere un sostegno farmacologico e sociale'

“La dermatite atopica è una malattia che colpisce fin da piccoli. Tuttavia, ultimamente sono sempre di più gli adulti e i giovani adulti che ne sono affetti. In quest’ultimo caso, l’avvento della malattia può coincidere con un periodo di particolare stress, dettato magari dall’ingresso nella cosiddetta ‘vita adulta’, con gli impegni e le responsabilità del lavoro. Le persone che hanno sofferto di dermatite atopica quando erano bambine corrono infatti il rischio che questa si ripresenti in condizioni di stress durante l’età adulta. La possibilità di avere un sostegno e un aiuto farmacologico, oltre che sociale, è importantissimo per chi soffre di questa patologia”. Così Mario Picozza, presidente dell’Associazione nazionale dermatite atopica (Andrea), a margine della conferenza stampa ‘Dermatite atopica ed alopecia areata, due patologie, un solo farmaco. Via libera alla rimborsabilità’, organizzata oggi da Eli Lilly a Milano in occasione dell’approvazione al rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale di baricitinib, un inibitore orale delle Janus chinasi (Jak), indicato anche per l’alopecia areata.

“Le persone con dermatite atopica – spiega Picozza – sono persone che tendono a isolarsi, perché non solo è una malattia visibile che comporta problematiche che riguardano la socialità, la possibilità di lavorare, di essere utili agli altri, ma è anche una malattia dolorosa, che non consente, ad esempio, di fare sport. Le ripercussioni della dermatite atopica coinvolgono quindi tutte le sfere della vita del paziente, anche quella relazionale ed economica, poiché i pazienti devono sostenere spese ingenti per la continua cura della pelle”.

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Intossicazioni da funghi, in Italia 10mila casi l’anno: quali i rischi e come evitarli

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Nausea, dolori addominali e allucinazioni tra sintomi, ma amanita falloide può portare a trapianto fegato o alla morte

Cesti di funghi - (Fotogramma)

Con l’inizio dell’autunno e l’arrivo delle prime piogge, parte la stagione della raccolta dei funghi. E con essa le segnalazioni di intossicazioni, da parte delle Asl, da Sud a Nord in tutta Italia: 9 casi a Catania lo scorso fine settimana, causate dal Chlorophyllum molybdites, la cosiddetta ‘falsa mazza di tamburo’, mentre numeri già importanti si registrano al Centro antiveleni Maugeri di Pavia, per citarne alcuni. Non a caso, nel trimestre settembre-ottobre-novembre si verifica il 90% dei casi di intossicazione da funghi, che portano in pronto soccorso circa 10mila italiani l’anno, tra casi lievi e più gravi, con sintomi che vanno da problemi gastrointestinali a complicanze neurologiche, fino alla morte. Quali precauzioni adottare per scongiurare rischi? E quali i sintomi ‘spia’ di un’intossicazione?

La prima regola da adottare in caso di dubbio sulle varietà raccolte è separare i funghi sospetti da quelli commestibili, in modo che le spore dei primi non contaminino anche gli altri funghi. Molte specie ‘buone’, purtroppo, hanno dei sosia ‘cattivi’ che possono confondere il raccoglitore non troppo esperto. E ancora: non raccogliere mai i funghi quando sono troppo piccoli o ancora chiusi. Oltre che vietato dalla legge, è il modo migliore per incappare in specie non commestibili. In ogni caso, i funghi devono essere sottoposti a una cottura di almeno 30-45 minuti che nella maggior parte dei casi neutralizza buona parte delle tossine. Ma per essere sempre certi di quel che si porta a casa, la regola d’oro è quella di far controllare i funghi dagli ispettori del Servizio di riconoscimento micrologico attivi nell Asl italiane: il servizio è gratuito e un elenco esaustivo degli ispettorati è disponibile nel sito del ministero della Salute.

Dunque, massima attenzione alle specie mortali: l’amanita falloide, ad esempio, contiene una potente sostanza in grado di danneggiare in modo irreversibile fegato e reni; nelle situazioni più gravi l’unica possibilità di sopravvivenza è legata al trapianto di fegato. Questo fungo è particolarmente insidioso perché può essere facilmente scambiato per altri funghi non tossici. Cuocerlo non riduce la pericolosità: le tossine epato-tossiche dell’amanita phalloides resistono infatti alle alte temperature, e quindi la cottura non protegge dall’intossicazione. Solo un micologo è in grado di distinguere le diverse specie, e spesso solo attraverso analisi sofisticate.

Ma come si manifesta l’intossicazione da funghi? Nella quasi totalità dei casi i primi sintomi sono gastroenterici come nausea, vomito, dolori addominali, diarrea profusa, tachicardia, confusione e allucinazioni. L’intervallo di tempo tra ingestione e comparsa dei sintomi è variabile e dipende dalla specie; tempi superiori alle 6-8 ore sono particolarmente sospetti e allarmanti. Nei casi più gravi, possono verificarsi danni agli organi vitali come il fegato e il rene, mettendo a rischio la vita.

In caso di intossicazione è opportuno chiamare il Centro antiveleni, riferire nei dettagli cosa è accaduto e seguire accuratamente le indicazioni che vengono date. Anche bambini e donne in gravidanza possono consumare funghi, purché vengano adottate tutte le precauzioni igieniche comuni alla maggior parte degli alimenti. Considerata la scarsa digeribilità – consigliano gli esperti – è buona norma non eccedere sia in quantità che in frequenza.

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