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Usa, Stefanini: ”Biden farà tutto il possibile per...

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Usa, Stefanini: ”Biden farà tutto il possibile per Zelensky, con Netanyahu braccio di ferro”

''La missione del leader ucraino a Washington è stata un buco nell'acqua e Putin potrebbe trarne vantaggio. Difficile essere ottimisti in Medioriente rispetto alla soluzione a due Stati, ma Israele dipende dagli Stati Uniti per non essere isolata'', spiega il senior advisor dell'Ispi ed ex ambasciatore italiano alla Nato.

Usa, Stefanini: ''Biden farà tutto il possibile per Zelensky, con Netanyahu braccio di ferro''

Il presidente degli Stati Uniti Joe ''Biden farà tutto quanto è nelle sue possibilità per aiutare Zelensky'', ma la missione del leader ucraino a Washington è stata ''un buco nell'acqua'' e la posizione dell'Ucraina è ora ''su un piano di relativa debolezza che potrebbe avvantaggiare Putin sul piano politico''. Lo ha spiegato ad Adnkronos Stefano Stefanini, senior advisor dell'Ispi ed ex ambasciatore italiano alla Nato, affermando che ''il problema dell'Ucraina sarà tirare avanti tutto il 2024 senza che la Russia di rinvigorisca troppo e con gli aiuti americani che si sono inariditi''.

All'indomani della visita di Zelensky negli Stati Uniti, dove il leader ucraino ha fatto ''il possibile e l'impossibile recandosi in persona a Washington'', si può dire che ''i rapporti tra Biden e Zelensky non sono cambiati''. Perché ''l'opposizione all'ultimo pacchetto di aiuti all'Ucraina non dipende da Biden, che cercherà di recuperare tutto quanto sarà possibile nelle pieghe del bilancio del Pentagono. Ma a quanto mi dicono gli esperti non c'è molto''. Il blocco, ha proseguito Stefanini, ''dipende dai repubblicani al Congresso che ne fanno una questione di politica interna e pretendono in cambio la chiusura del confine con il Messico e si servono di questa questione per mettere in difficoltà Biden''. D'altonde ''gli Stati Uniti sono già in campagna elettorale''.

Quella del Congresso Usa è ''una visione che dire miope è dire poco'', prosegue Stefanini, ma ''Biden è il presidente e in un Paese democratico i cordoni della borsa li tiene il Parlamento. E se il Parlamento taglia i finanziamenti non dipende da Biden''. Bisognerà vedere poi chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, ma Stefanini ricorda che ''si vota anche per un terzo del Senato e per il rinnovo della Camera dei rappresentanti, quindi bisognerà vedere quale sarà la maggioranza''.

In questo momento, comunque, ''il problema per l'Ucraina è tirare avanti per tutto il 2024 senza che la Russia si rinvigorisca troppo'', sottolinea Stefanini, riflettere sulla ''capacità ucraina di tener duro con il grosso canale degli aiuti americani, che sul piano militare sono stati i più importanti, che rischia se non di prosciugarsi almeno di inaridirsi''. In questo contesto ''Putin può avvantaggiarsene sul piano militare se la mancanza di aiuti diminuisce la capacità della resistenza ucraina, ma vedendo come hanno combattuto gli ucraini finora probabilmente no''. Ma Putin ''può avvantaggiarsene molto sul piano politico perché gli ucraini sono su una posizione di maggiore debolezza'' dopo che ''in questi anni di guerra hanno avuto una grande boccata di ossigeno politico dal sostegno americano ed europeo''. Quello dell'Europa tiene, ''ma se si indebolisce la sponda americana è fonte di preoccupazione'' oltre che di ''difficoltà di tenuta psicologica e politica per Zelensky'' e gli ucraini.

Sul fronte del Medioriente, invece, ''tra Biden e Netanyahu è in corso un braccio di ferro'', con il presidente degli Stati Uniti che si trova in una ''posizione di forza rispetto al premier israeliano'' al quale chiede di ''farsi carico della soluzione del problema palestinese una volta completata l'operazione militare''. Difficile prevedere l'esito del confronto, ma ''a 30 anni dagli accordi di Oslo è ancor più difficile essere ottimisti sulla soluzione a due Stati'' per israeliani e palestinesi, punto sul quale stanno facendo pressione gli Usa afferma Stefanini. ''Biden fin dalla prima visita in Israele aveva raccomandato di non esagerare nella risposta'' all'attacco sferrato da Hamas e di ''avere riguardo per le vittime civili''.

Inoltre Biden, anche ''tramite il Segretario di Stato'' Antony Blinken, ha più volte sottolineato l'importanza di ''guardare al dopoguerra e farsi carico della soluzione a due Stati una volta esaurito il diritto all'autodifesa ed eliminate le capacità militari di Hamas''. Su questo punto, però, ''Netanyahu traccheggia, non ha dato alcuna indicazione di voler seguire questo percorso'', afferma Stefanini, sottolineando allo stesso tempo che il premier israeliano ''si trova in una posizione di grande difficoltà anche all'interno del suo Paese dove ha un livello di consenso bassissimo''.

Vero è, riflette Stefanini, che ''a volte le soluzioni nascono dalle crisi'', come lo è stato per ''il trattato di pace tra Egitto e Israele che tiene ancora oggi, ci si è arrivati all'indomani della guerra dello Yom Kippur che per alcuni aspetti presenta delle analogie con l'attacco di Hamas del 7 ottobre''. E ''non tanto nelle barbarie perpetrate, ma nel prendere di sorpresa gli israeliani - ricorda l'ex rappresentante alla Nato - La guerra fu durissima per gli israeliani, ma alla fine l'allora premier Golda Meir diede le dimissioni''. Allo stato attuale, però, ''Netanyahu non sembra accennare'' a uno scenario simile, ''poi chissà''.

Di certo è che la posizione di Netanyahu è ''vulnerabile, c'è la questione dei processi a suo carico e poi Golda Meir era in un'altra posizione''. Lei aveva ''accettato che la responsabilità ricadesse sul leader, mentre Netanyahu ha già cercato di svincolarsi dando la colpa ai militari e ai servizi di sicurezza''. In questo contesto, per il premier e per Israele tutta è importante mantenere buoni rapporti con gli Stati Uniti. Sulla scena internazionale, prosegue Stefanini, ''Israele dipende dal sostegno politico degli Stati Uniti per non trovarsi completamente isolato'', del ''flusso di rifornimenti americani'' e beneficia anche del ruolo di ''deterrenza che Washington sta esercitando nei confronti dell'Iran''.

D'altronde, ''gli Stati Uniti hanno tolto le castagne dal fuoco a Israele anche ponendo il veto alla risoluzione per il cessate il fuoco presentata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite'' e quello che stanno chiedendo ora ''non è un cessate il fuoco immediato, ma riconoscono a Israele il diritto a condurre l'operazione militare contro Hamas''. Quello che Washington chiede è che ''queste operazioni si svolgano con una maggiore attenzione alla crisi umanitaria che si è creata a Gaza e che si pensi al futuro di Gaza che non preveda una occupazione israeliana, ma tornando all'obiettivo della soluzione a due Stati''.

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Esteri

Iran, fonti Usa: “improbabile” attacco Israele...

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Lo riferisce AbcNews. I preparativi di un attacco sarebbero stati avviati e sospesi già due volte

Mezzi militari israeliani - Afp

È improbabile che Israele effettui un attacco contro l'Iran prima della fine delle celebrazioni della Pasqua ebraica, che iniziano nella serata di lunedì 22 aprile e si concluderanno nella serata del 30. A riportare la notizia, attribuendola ad un alto funzionario statunitense, è AbcNews. La stessa fonte citata dall'emittente parla di uno stato di massima allerta in Iran per il rischio di un attacco.

Preparati della risposta israeliana avviati e sospesi due volte

Sempre secondo quanto riferito ad AbcNews da tre fonti israeliane, Tel Aviv ha avviato, quindi interrotto i preparativi per l'attacco di rappresaglia contro l'Iran in almeno due occasioni nelle notti della scorsa settimana.

Il gabinetto di guerra israeliano ha valutato una serie di risposte, dall'attacco ai 'proxy' iraniani nella regione, ma non sul suolo iraniano, a un potenziale attacco informatico, hanno riferito le stesse fonti ad Abc.

Fonti Egitto: "Sì da Usa ad attacco Rafah in cambio di rinuncia ad apio attacco Iran

Intanto secondo quanto scrive la pubblicazione qatarina Al-Araby Al-Jadeed, citato dal Times of Israel, attribuendo la dichiarazione ad un funzionario del Cairo, gli Stati Uniti avrebbero accettato il piano israeliano per un'operazione a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, in cambio della rinuncia da parte dello stato ebraico a sferrare un attacco di ampia portata in Iran per rappresaglia contro l'attacco iraniano a Israele.

"L'amministrazione americana ha mostrato di accettare il piano precedentemente presentato dal governo di occupazione per quanto riguarda l'operazione militare a Rafah, in cambio della rinuncia a un attacco su larga scala contro l'Iran", scrive Al-Araby Al-Jadeed, citato dal Times of Israel, attribuendo la dichiarazione ad un funzionario del Cairo, secondo il quale sarebbero in corso i preparativi per consentire all'Egitto di far fronte a qualsiasi possibile impatto della prevista operazione.

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Esteri

Scholz in Cina, l’esperta tedesca: “Non ottiene...

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Scholz in Cina, l'esperta tedesca:

"Durante la visita del Cancelliere tedesco Olaf Scholz in Cina non sono stati fatti passi avanti in nessuna area sostanziale di interesse europeo, né sull'Ucraina, né sulla pressante questione delle sovraccapacità cinesi che sfidano il mercato dell'Ue. Tuttavia, è emersa una dichiarazione congiunta sul dialogo e la collaborazione nel campo della guida automatizzata e dei veicoli connessi". Lo dice Janka Oertel, direttrice del Programma Asia di Ecfr, European Council on Foreign Relations.

"La dichiarazione congiunta mette a repentaglio gli sforzi in atto nell'UE per raggiungere una posizione collettiva sul nesso tra tecnologie verdi, dati e sicurezza nazionale. Arriva pochi giorni dopo il discorso della vicepresidente esecutiva della Commissione Vestager a Princeton, che ha chiesto una nuova iniziativa del G7 sui criteri di affidabilità per le tecnologie critiche in ambito "green", e sulla scia di intense discussioni oltreoceano. L'Advanced Notice on Proposed Rule-Making (ANPRM) del governo statunitense sull'aspetto della sicurezza nazionale dei veicoli connessi sta definendo il tono del prossimo approccio statunitense al tema", prosegue l'esperta.

"È un segnale irritante che la Germania sembra non essere in sintonia con i suoi partner e alleati quando si tratta dei rischi di cybersicurezza provenienti dalla Cina. La continua dipendenza dall'infrastruttura 5G è solo un esempio: i veicoli connessi sembrano essere il prossimo assolo. La dichiarazione sembra un ritorno di fiamma all'accordo No-Spy dell'era Obama nel 2015, che non ebbe molto successo, per non dire altro. Da allora le cose sono cambiate radicalmente, ma non in meglio. L'industria automobilistica tedesca ha interesse a facilitare il trasferimento dei dati dai veicoli connessi in Cina e c'è un sincero desiderio di trovare un terreno comune. Se questo sia effettivamente possibile è molto discutibile", conclude Oertel.

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Italia-Tunisia, Saied incontra Meloni: “Slancio...

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"Volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici"

L'incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rappresentato "un'occasione attraverso la quale il presidente della Repubblica ha ribadito l'orgoglio della Tunisia per le sue forti relazioni storiche con l'Italia". Lo riferisce una nota della presidenza tunisina diffusa dopo l'incontro di oggi a Tunisi del presidente Kais Saied con la Meloni. Durante l'incontro, Saied ha sottolineato "la volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici".

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