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Sostenibilità

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8 marzo, uomini che lottano per i diritti delle donne: chi sono i suffragetti

Dalla Men’s League for Woman Suffrage a Nelson Mandela: quando la lotta per la parità di genere non ha un solo colore

Corteo per i diritti delle donne, New York, 1915 - Canva

“Alzate le gonne, ragazze!”. È il 16 maggio 1911 e questa non è l’ennesima offesa alle donne, ma uno scherno rivolto agli uomini che accanto alle donne combattono, convinti che anche loro debbano votare e godere degli stessi diritti.

Quel giorno la storia conosce una delle pagine più belle della convivenza uomo-donna: la parata della Men’s League for Woman Suffrage (Lega degli Uomini per il Suffragio Femminile) a supporto delle suffragette americane.

10.000 spettatori si riversano nella Fifth Avenue per assistere alla seconda parata annuale del New York Suffrage Day. Tra i 3.000 e 5.000 manifestanti marciarono dalla 57esima Strada a un enorme raduno a Union Square. Protagoniste, ovviamente, le donne che alzano cartelli con slogan come “un voto per il suffragio è un voto per la giustizia” e “ti fidi di noi con i bambini, fidati di noi con il voto”.

Tra loro un singolo gruppo di 89 uomini (secondo le testimonianze) che marciano in file di quattro seguendo i passi delle donne e sotto la bandiera della Men’s League for Woman Suffrage. Tra gli slogan, uno molto chiaro: “La sottoveste non fa più le suffragette. Siamo suffragette, suffragette con i pantaloni”.

Cosa è la Men’s League for Woman Suffrage

La Men’s League for Woman Suffrage è stata un’organizzazione americana fondata all’inizio del XX secolo con l’obiettivo di sostenere il movimento per il suffragio femminile. Ispirata alla sua controparte britannica, la Men’s League for Women’s Suffrage inglese, l’organizzazione americana vide la luce grazie agli sforzi di figure di spicco come Oswald Garrison Villard, Anna Howard Shaw, Max Eastman, Stephen S. Wise e James Lees Laidlaw.

Furono in particolare le discussioni tra Oswald Garrison Villard, editore del New York Evening Post, e Anna Howard Shaw, presidente della National American Woman Suffrage Association (Nawsa) a far nascere questo movimento. Villard, infatti, era scettico nel guidare un’organizzazione del genere, ma la conversazione con Shaw stimolò in lui l’interesse per la creazione di una lega maschile a sostegno del suffragio femminile. Max Eastman, cresciuto in una famiglia suffragista, accettò di organizzare la Men’s League for Woman Suffrage all’inizio del 1909. Per una volta i ruoli di spicco riconosciuti agli uomini servivano a combattere la discriminazione di genere, non ad aggravarla.

James Lees Laidlaw, un banchiere di spicco e marito della suffragista Harriet Burton Laidlaw, assunse la presidenza della lega. I membri della lega marciavano spesso alla fine delle parate suffragiste, simboleggiando il loro supporto alla causa. Laidlaw è l’unico uomo elencato sulla targa della League of Women Voters che commemora i leader statali del movimento suffragista, installata nel Capitol Building di New York a Albany.

Cosa ha fatto la Men’s League for Woman Suffrage

Oltre a partecipare alle parate con annesse offese e tentativi di scherno da parte degli altri uomini, la Men’s League for Woman Suffrage si dedicò a organizzare raccolte fondi per sostenere la battaglia delle donne, tenere discorsi pubblici per sensibilizzare sul diritto di voto delle donne, e fare pressing (o, più precisamente, lobbying) presso i funzionari governativi.

La lega creò una rete nazionale di uomini influenti che supportavano il movimento suffragista, tra cui personalità come il socialista Max Eastman, lo storico Charles Beard e il già citato finanziere James Lees Laidlaw.

La Men’s League for Woman Suffrage degli Uomini per il Suffragio Femminile fu particolarmente attiva nel reclutare membri attraverso conferenze e incontri, spesso tenuti in contesti universitari, e lavorò a stretto contatto con la National American Woman Suffrage Association.

Non ci sono informazioni su quanti fossero i membri della lega al momento della fondazione, ma c’è un dato certo ed emblematico: entro il 1912, in appena 3 anni di attività, l’organizzazione contava circa 20.000 membri in tutto il Paese.

La Men’s League for Woman Suffrage giocò un ruolo cruciale nel movimento per il suffragio femminile, dimostrando che il sostegno alla causa non era un interesse esclusivo delle donne. La partecipazione attiva degli uomini, sia in termini di sostegno morale che di azione diretta, contribuì a cambiare l’opinione pubblica e a promuovere l’approvazione del 19° emendamento, che garantì alle donne americane il diritto di voto negli Stati Uniti nel 1920.

[In foto: uno degli stemmi utilizzati dalla Men’s League for Woman Suffrage]

Il contesto

Negli Stati Uniti molti dei sostenitori più forti delle suffragiste erano proprio i loro mariti, padri, fratelli, zii e altri uomini che, influenzati dai valori democratici, hanno supportato costantemente la causa delle donne. Più di 50 campagne elettorali videro una grande partecipazione maschile, spesso oltre il 40%, votare a favore del suffragio femminile. In stati come New York e California, la maggioranza degli elettori maschi appoggiò il suffragio femminile. Nel 1920, dopo l’approvazione da parte del Congresso a maggioranza maschile e di 36 legislature statali, il 19° emendamento fu ratificato e celebrato come una vittoria condivisa.

Una lezione per i giorni nostri, in cui si cerca di risolvere i problemi polarizzando le differenze, di qualsiasi tipo esse siano, incluse quelle di genere.

Altri esempi di uomini a sostegno delle donne

Il movimento degli uomini a sostegno delle donne, anche detti i “suffragetti” ha interessato molti Paesi, in maniera più o meno organizzata. Nel Regno Unito, uomini come i membri della famiglia Pankhurst hanno sostenuto il movimento delle suffragette.

Emmeline Pankhurst, fondatrice della Women’s Social and Political Union, aveva marito e figli che partecipavano attivamente alla lotta per il suffragio femminile. In Francia, nonostante il riconoscimento del diritto di voto alle donne sia avvenuto solo nel 1945, vi furono uomini che supportarono la causa femminista durante la Rivoluzione francese e anche quando questa si era conclusa.

In Svizzera, nonostante la resistenza iniziale, negli anni ‘60 le proposte di legge per il suffragio femminile superarono il voto maschile in nove cantoni, grazie anche al supporto di uomini che riconoscevano l’importanza di estendere i diritti democratici alle donne.

In Italia, la lotta per i diritti delle donne ha visto momenti significativi nel corso del XX secolo, con il suffragio femminile ottenuto nel 1945 e l’attivismo femminista che ha preso piede negli anni ‘60 e ‘70, portando a importanti riforme legislative a favore delle donne.

Non c’è prova di organizzazione analoghe al Men’s League for Woman Suffrage in Italia ma nel contesto più ampio del movimento femminista e della lotta per i diritti delle donne, uomini progressisti, intellettuali, politici e attivisti hanno spesso espresso il loro sostegno alle cause femminili. Questo supporto si è manifestato in diversi modi, dall’advocacy politica e legislativa, alla partecipazione a manifestazioni e campagne di sensibilizzazione, fino al sostegno intellettuale e culturale attraverso le arti e la letteratura.

Il supporto della letteratura

Molti uomini hanno usato la penna come arma per sostenere i diritti delle donne. Frederick Douglass, ad esempio, ha sostenuto la Declaration of Sentiments (“Dichiarazione dei Sentimenti”) presentata da Elizabeth Cady Stanton durante la Convenzione dei Diritti delle Donne a Seneca Falls nel 1848, una delle prime convenzioni dei diritti delle donne negli Usa.

La dichiarazione di Stanton è ritenuta un passaggio chiave nel movimento per i diritti delle donne negli Stati Uniti. Per molti la Declaration of Sentiments è stata il punto di partenza del movimento femminista.

Altri, come il noto abolizionista William Lloyd Garrison, hanno scritto a favore del movimento, contribuendo a diffondere le idee femministe e a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Garrison aveva sostenuto la parità dei diritti per le donne nel suo giornale “The Liberator” e partecipò alla Convenzione di Seneca Falls del 1848. Tuttavia, il suo coinvolgimento non fu privo di critiche. Mentre alcuni sottolineavano il suo supporto ai movimenti femministi, altri ritenevano che il suo atteggiamento paternalistico potesse mettere in ombra il contributo delle donne. Altri misero addirittura in dubbio il suo reale interesse verso i diritti delle donne, sostenendo che avesse tralasciato la lotta per la parità di genere per concentrare le sue forze sull’abolizione della schiavitù.

La storia dell’umanità ha visto anche altri uomini spendersi per la parità dei diritti, quando questa sembrava, agli occhi della società, una pretesa assurda e priva di fondamento.

Impossibile dimenticare Nelson Mandela: “Le donne sono i veri custodi della pace e della stabilità del mondo”, ma anche Kofi Annan, che ha sottolineato: “L’empowerment delle donne è la chiave per il progresso e la giustizia sociale”, facendo eco alle parole di Gandhi: “Le donne sono la forza motrice della società e la loro partecipazione è cruciale per il benessere di tutti”.

Cosa si può fare oggi per le donne

L’impegno di donne e uomini per abbattere le discriminazioni di genere ha avuto i suoi risultati nel corso della storia. Diversi studi mostrano che oggi il gender gap si è attenuato rispetto ai decenni e secoli precedenti, ma anche che c’è ancora molta strada da fare.

Il World Bank Report ha evidenziato che nessun Paese al mondo ha raggiunto la parità di genere, con le donne che vengono discriminate negli ambiti più disparati: al lavoro, dove il gender gap salariale segna ancora un solco profondo tra uomini e donne, in famiglia sotto forma di violenza fisiche e verbali e tramite una distribuzione dei compiti domestici squilibrata e anche sotto il profilo dell’imprenditoria e degli appalti pubblici.

Molti sono gli sforzi da fare, ma è anche necessario cambiare l’approccio: occorre smontare la logica che vede uomini e donne in un eterno conflitto. Uomini e donne devono lottare insieme, vivere insieme e aiutarsi a vicenda, parafrasando quanto detto all’Adnkronos da Elisa Di Francisca.

I singoli uomini e i 20.000 membri della Men’s League for Woman Suffrage hanno la forza per diventare l’emblema di una nuova, congiunta, fase nella lotta alla discriminazione di genere senza farsi scoraggiare dalle ingiustizie ancora presenti, ma caricandoci sulle spalle la responsabilità e la giustizia del cambiamento. Perché, insegna Paola Cortellesi, "C'è ancora domani".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Lionello (Unisalento): “Continente europeo più...

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Il professore spiega le tendenze climatiche a margine del rapporto Copernicus

Europa sulla cartina - Canva

In Europa le temperature medie sono aumentate più che in ogni altro continente ma, pur restando allarmanti, i risultati del rapporto Copernicus sono anche la conseguenza di “tendenze intrinseche al cambiamento climatico”.

Lo spiega all’Adnkronos Piero Lionello, professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento e presidente del network MedCLIVAR (Mediterranean CLImate Variability).

“La considerazione più importante ed essenziale da fare – esordisce Lionello – è che i gas serra si distribuiscono in modo approssimativamente uniforme su scala globale. In pratica, le emissioni dell’Italia non interessano solo il territorio italiano, lo stesso dicasi per quelle europee e così via. Un andamento completamente diverso rispetto, per esempio, alle emissioni di aerosol che tendono ad avere una persistenza breve in atmosfera e quindi un effetto più regionale e più limitato alle zone di emissione”.

Per questo occorre interessarsi non solo alle decisioni di casa propria: “Questo andamento dimostra una volta per tutte come il problema del cambiamento climatico sia una questione globale”.

C’è poi un altro aspetto da considerare: “Durante una transizione, le alte latitudini tendono a scaldarsi di più delle zone tropicali. Allo stesso tempo, a livello superficiale, le masse continentali si scaldano di più delle masse oceaniche. Anche quando ci sono stati eventi caldi interglaciali in passato e le glaciazioni, il cambiamento climatico è stato molto più ampio in queste zone.

Si tratta di tendenze intrinseche al sistema climatico, quindi mi sorprenderei nel vedere il contrario in questa fase di riscaldamento che ha sicuramente una importante componente antropogenica”, spiega il professore che ha contribuito alla redazione del sesto rapporto Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), pubblicato lo scorso anno.

L’Unione europea si sta muovendo nella direzione e alla velocità giusta o le resistenze di alcune parti politiche rischiano di compromettere il cammino green dell’Ue?

“Quello che si può osservare è una progressiva attenzione a livello normativo e tecnologico da parte dell'Unione Europea nei confronti del cambiamento climatico che ha portato effettivamente a una riduzione delle emissioni. Le emissioni negli ultimi venti, trenta anni nel complesso stanno diminuendo anche negli Stati Uniti”.

Si tratta di un miglioramento sufficiente in prospettiva?

“No. Infatti, nonostante l’impegno di Ue e Usa, le emissioni su scala globale stanno aumentando”. Ancora una volta, quindi, il passaggio cruciale sta nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a una sfida comune: “La consapevolezza che il clima sia una questione globale è fondamentale. Il contrasto al cambiamento climatico – prosegue il professor Lionello – non può che passare attraverso strategie condivise a livello internazionale almeno dai principali emettitori che in questo momento sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Al tempo stesso però è importante essere consapevoli delle differenze tra i problemi ambientali e l’inquinamento”, sottolinea.

Dunque, se è vero che per contrastare il cambiamento climatico serve una sinergia internazionale, bisogna osservare che i singoli interventi dei Paesi sono fondamentali per i cittadini che vivono quei territori: “Da un punto di vista decisionale, è difficile che chi dà priorità al contrasto del cambiamento climatico non dia anche priorità alla lotta all’inquinamento e alla tutela degli ecosistemi. È vero che queste misure devono essere condivise a livello internazionale per contrastare l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera. È anche vero, però, che le strategie e le decisioni anti inquinamento prese dalle istituzioni hanno effetti molto positivi sull’ambiente e sui servizi ecosistemici che riguardano i cittadini europei”.

Siccità, rischio desertificazione ed eventi atmosferici estremi: ci sono alcune zone dell’Italia a rischio nel prossimo futuro?

“Eviterei catastrofismi privi di fondamento scientifico. Sicuramente i dati testimoniano aumenti delle temperature medie importanti per gli ecosistemi e per l’ambiente in cui viviamo, ma non al punto da rendere inabitabili alcune zone d’Italia almeno nel medio termine. C’è una alterazione del ciclo idrologico, ma non tale da compromettere la sostenibilità delle risorse idriche, soprattutto se gestite in modo opportuno”.

Non ci sono e non ci saranno mai più le mezze stagioni?

“Tendiamo ad attribuire qualsiasi evento meteorologico al cambiamento climatico senza un'opportuna interfaccia scientifica. Spesso ci basiamo sui nostri ricordi, ma i nostri ricordi sono dei fallaci indicatori dei cambiamenti perché tendono a trascurare la variabilità e ricostruire dei paradigmi del nostro passato. Il fatto che questa interruzione della ciclicità delle stagioni venga concepita descritta ormai come ‘evidente’ non ha alcun riscontro nelle evidenze scientifiche”.

Delle prove scientifiche dell’alterazione non mancano, ma vanno trattate nella loro specificità: “Il riscaldamento è evidente; il cambiamento delle precipitazioni in alcuni territori è evidente; gli aumenti delle statistiche delle ondate di calore sono evidenti”, spiega il prof. Lionello, che aggiunge: “Anche l’alterazione del ciclo della stagionalità è evidente: l'inverno arriva un po’ dopo e finisce un po’ prima, l'estate comincia un po’ prima e finisce un po’ dopo. Ma non possiamo farne una deduzione scientifica perché abbiamo ancora pochissimi cicli stagionali su cui basare le nostre osservazioni”.

Il professore ci tiene però a sottolineare: “Molti effetti del cambiamento climatico sono evidenti e hanno natura antropogenica. Nel caso delle stagioni, la statistica è ancora insufficiente per dire che c'è un cambiamento definitivo del ciclo”.

Le variazioni nel Mediterraneo

A margine del rapporto sullo stato europeo del clima 2023 del Copernicus Climate Change Service e dell’Organizzazione meteorologica mondiale, l’appello del professore a valutare con rigore i fenomeni climatici è ancora più utile se si parla del Mediterraneo. La causa è scientifica: “Il Mediterraneo è una zona di transizione tra il clima subtropicale a sud, in gran parte del Nord Africa, e un clima oceanico umido o continentale-temperato a Nord”.

In cosa si traduce questa particolare condizione?

“Nel fatto che ogni piccolo spostamento di questa linea di transizione genera una variabilità. In particolare la variabilità della precipitazione è sempre stata una caratteristica della regione mediterranea, quindi della parte dell'Italia centro meridionale. Ci sono sempre stati lunghi periodi di scarse precipitazioni e lunghi periodi di intense precipitazioni.

Sicuramente stiamo alterando il clima rendendolo più caldo e meno piovoso su gran parte dell'Italia, le evidenze del riscaldamento ci sono tutte e da molti anni.

Le evidenze delle alterazioni dei regimi di precipitazione – conclude il professor Lionello – sono più sottili anche se cominciano a emergere e vanno nella direzione di una diminuzione delle precipitazioni su gran parte dell'Italia e di un aumento degli eventi estremi sul Nord Italia vanno in questa direzione”.

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Sostenibilità

Green jobs, in Italia è divario tra domanda e offerta

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Un datore di lavoro su 4 vuole assumere, ma mancano competenze

Green job - Fotolia

Le politiche e le pratiche di sostenibilità rappresentano un pilastro fondamentale per il futuro del nostro Paese, con un consenso quasi unanime tra datori di lavoro e lavoratori. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza diffusa, emerge una disparità significativa quando si parla di green jobs in Italia.

Un recente studio condotto da Indeed rivela che, nonostante l'interesse diffuso, c'è ancora uno sbilanciamento tra la domanda e l'offerta di posizioni legate alla sostenibilità in Italia.

Il rapporto evidenzia che il 25% dei datori di lavoro prevede di aprire nuove posizioni nel settore della sostenibilità e degli ESG entro il 2024. Tuttavia, assumere personale qualificato per queste posizioni rimane una sfida significativa. Le difficoltà sono molteplici: dal budget limitato (seguito dal 28% dei datori di lavoro) alla mancanza di candidati con le giuste competenze (problema citato dal 27%).

Dall'altra parte, anche tra i lavoratori persistono incertezze riguardo alle opportunità di carriera legate alla sostenibilità. Alcuni si sentono impreparati (32%) o ritengono di non possedere le competenze necessarie (30%). Altri, invece, non riescono a visualizzare chiaramente i vantaggi di intraprendere una carriera in questo settore (20%) o temono che i salari offerti non siano adeguati (14%).

Mismatch domanda-offerta

Il panorama dell'occupazione nel settore della sostenibilità sta vivendo una crescita significativa, ma è anche caratterizzato da sfide e disallineamenti che richiedono attenzione. Secondo i recenti dati di Indeed, il numero di annunci di lavoro nel settore della sostenibilità online è quasi raddoppiato in cinque anni, evidenziando un aumento del 93% dal febbraio 2019.

Tuttavia, nonostante questa crescita, la domanda per queste posizioni è leggermente diminuita, con un calo del 7% nelle ricerche per tali ruoli nello stesso periodo. Questo può essere attribuito a percezioni di salari più bassi, barriere di reclutamento e lacune nelle competenze da parte dei cercatori di lavoro.

Un dato significativo è che il 72% dei datori di lavoro intervistati ha attualmente un dipartimento o un responsabile dedicato alla sostenibilità o alla Governance Sociale Ambientale (ESG) nella propria organizzazione e vedono nei lavori legati alla sostenibilità un'opportunità per contribuire alla transizione verde (39%), soddisfare i requisiti ESG (36%) e attrarre investitori (31%).

Tuttavia, nonostante questi benefici, esiste ancora un'ampia disparità tra la domanda e l'offerta di competenze nel settore.

Tra i lavoratori, persistono incertezze riguardo alla considerazione di carriere legate alla sostenibilità. Molti si sentono impreparati e non vedono chiaramente i vantaggi di intraprendere un percorso professionale in questo settore.

Tuttavia, non tutto è perduto. Il desiderio di migliorare la propria carriera (46%) e l'aumento di stipendio (30%) rappresentano spinte significative per coloro che sono disposti a intraprendere percorsi di reskilling. Inoltre, quasi la metà dei datori di lavoro (il 48%) ritiene che maggiori incentivi governativi per l'assunzione di personale dedicato potrebbero contribuire a risolvere le sfide attuali.

Allo stesso modo, la possibilità di contare su percorsi di formazione istituzionali (33%) potrebbe essere una risorsa preziosa per colmare il gap tra la domanda e l'offerta di competenze nel settore della sostenibilità.

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Sostenibilità

Il futuro verde e inclusivo di Avezzano

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Il progetto "Green & Social HUB" offre opportunità di lavoro e sostenibilità a giovani e comunità

Avezzano

Avezzano, un piccolo angolo d'Abruzzo in provincia dell’Aquila, si prepara a fare un grande passo verso un futuro più verde e inclusivo grazie al sostegno finanziario dell'Unione Europea. Con quasi 70 mila euro di finanziamenti destinati al progetto "Green & Social HUB", il Comune apre le porte ai giovani in cerca di lavoro, promuovendo al contempo politiche di sostenibilità e inclusione sociale.

Green & Social HUB

Il progetto, ideato in collaborazione con ALI (Autonomie Locali Italiane) e la Rete nazionale dei Comuni Sostenibili, mira a combattere le diseguaglianze sociali, specialmente nell'ambito della transizione verde e digitale. Questo obiettivo si traduce in politiche locali mirate a ridurre le disparità economiche, energetiche ed educative, aprendo nuove opportunità per i giovani NEET, coloro che non sono né occupati né inseriti in un percorso formativo.

Avezzano si distingue come una delle tre sole municipalità italiane selezionate (insieme a Bassiano, in provincia di Latina, e Crispiano, in provincia di Taranto) per l'implementazione pratica del progetto, finanziato con il Fondo sociale 2021-27 dell'UE. Il cuore del progetto è l'apertura di un "hub" dedicato, sia fisico che virtuale, che offrirà servizi di consulenza per i cittadini in povertà energetica e di informazione per le imprese e le organizzazioni locali. Dodici giovani inoccupati avranno l'opportunità di essere selezionati e preparati per lavorare presso questo hub, guadagnando competenze nel settore energetico e aprendo le porte a una possibile inclusione nel mercato del lavoro.

Il coinvolgimento di otto partner, tra cui ALI, Leganet Srl, Studio COME e Federconsumatori Lazio, testimonia l'ampiezza e l'importanza del progetto su scala nazionale.

Con la pubblicazione dell'avviso sul sito del Comune, si apre ufficialmente la finestra per la presentazione delle domande, dando ai giovani interessati l'opportunità di unirsi a questa iniziativa. Fino al 7 maggio, i futuri lavoratori dell'hub potranno rispondere all'appello, pronti a diventare attori chiave nella promozione della sostenibilità e dell'inclusione sociale nella loro comunità.

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