Un voto che incide sul cuore delle regole. È il passaggio in cui la Costituzione incontra direttamente i cittadini, chiamati a dire sì o no a una riforma che ridefinisce l’architettura della giustizia. Un appuntamento che non misura governi, ma orienta il futuro del sistema giudiziario, in continuità con un percorso iniziato in Parlamento e approdato al giudizio popolare.
Date e scadenze essenziali
Il conto alla rovescia è partito il 30 ottobre 2025, quando la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il testo di legge costituzionale “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”, approvato in seconda deliberazione da entrambe le Camere con maggioranza assoluta ma sotto la soglia dei due terzi. Da quel giorno decorrono i tre mesi entro i quali si può chiedere il referendum confermativo, come prevede l’articolo 138 della Costituzione e la normativa attuativa. La pubblicazione è avvenuta sulla Serie Generale n. 253, che rende formale l’avvio della fase referendaria.
La richiesta di referendum può provenire da un quinto dei membri di una Camera, da 500.000 elettori o da cinque Consigli regionali. L’istanza si deposita presso l’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione, che verifica la regolarità della domanda e proclama l’ammissibilità formale. A differenza del referendum abrogativo, non è previsto un vaglio di ammissibilità della Corte costituzionale sul merito del quesito; la Consulta interviene solo in ipotesi specifiche e indirette, mentre il perno procedurale resta la Cassazione.
Scheda, quesito e regole del voto: cosa troveremo in cabina
La scheda propone un quesito secco: “Approvate il testo della legge costituzionale … approvato dal Parlamento e pubblicato in Gazzetta Ufficiale …?”. Il cittadino esprime un sì o un no. Non è un voto per abrogare norme ordinarie, ma per confermare o respingere una revisione costituzionale già licenziata dalle Camere. È la formula fissata dalla legge n. 352/1970 e già vista nel 2020 sul taglio dei parlamentari, quando il quesito riportava la struttura standard prevista dall’articolo 16 della legge.
Conta la maggioranza dei voti validamente espressi: per i referendum costituzionali non c’è quorum di partecipazione. Vota l’intero corpo elettorale, inclusi gli italiani all’estero attraverso la Circoscrizione Estero e il voto per corrispondenza, disciplinati dalla legge n. 459/2001. È una consultazione che vale indipendentemente dall’affluenza, come chiarito dal portale istituzionale sulle riforme e dalla prassi delle ultime consultazioni.
Chi sostiene il sì e chi il no
La maggioranza che ha portato la riforma in Aula — Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e alleati — si muove compatta per la conferma. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha invitato a una campagna “non politicizzata”, annunciando la disponibilità a impegnarsi in prima persona. Nelle ore del via libera definitivo al Senato, i toni in Aula si sono accesi, ma la linea di governo è rimasta su un terreno istituzionale: l’ultima parola spetta agli elettori.
Tra le opposizioni prevale il no, con Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra schierati contro; lo testimoniano i passaggi parlamentari e le dichiarazioni nelle ultime settimane. Nel campo riformista, però, si registrano posizioni favorevoli alla separazione delle carriere, come quelle espresse da figure di Libertà Eguale tra cui Enrico Morando e dal costituzionalista Stefano Ceccanti. Diversa la traiettoria del cosiddetto “terzo polo”: in Aula Italia Viva si è spesso astenuta, mentre Carlo Calenda (Azione) ha annunciato il voto favorevole in Senato.
Il calendario possibile: dalla Cassazione al giorno del voto
Dopo il deposito delle richieste e le verifiche dell’Ufficio centrale della Cassazione, il referendum è indetto con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei ministri. La legge n. 352/1970 prevede che la consultazione si svolga in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto. Un binario temporale preciso, utile a calibrare campagna e organizzazione dei seggi.
Nelle scorse ore, diverse testate hanno riportato l’indicazione temporale del Guardasigilli: una finestra tra marzo e aprile. Si tratta di una stima politica compatibile con i tempi tecnici, tenendo conto dell’avvio delle raccolte firme in Parlamento e della scansione degli adempimenti. Primavera, dunque, se i passaggi si chiuderanno senza intoppi, come hanno raccontato cronache di agenzia e quotidiani nazionali.
Quattro precedenti che pesano
Il prossimo appuntamento sarebbe il quinto referendum costituzionale nella storia repubblicana. Finora si è votato nel 2001 sulla riforma del Titolo V (confermata con il 64,21% di sì) e nel 2006 sulla riforma allora voluta dal centrodestra (respinta con il 61,29% di no). Due esiti opposti che hanno tracciato le prime coordinate dell’istituto confermativo, senza alcun quorum di partecipazione.
Nel 2016, il voto ha bocciato la riforma nota come “Renzi-Boschi” con il 59,11% di no; nel 2020, gli italiani hanno invece approvato il taglio dei parlamentari con il 69,96% di sì. Un’alternanza di esiti che racconta quanto, su scelte di struttura, il Paese sappia distinguere il merito dal posizionamento politico. I dati ufficiali sono stati diffusi da testate nazionali e dal portale istituzionale sulle riforme.
Come funziona davvero: passaggi tecnici e garanzie
Il referendum confermativo nasce da un equilibrio: le Camere approvano in doppia lettura a distanza di tre mesi; se manca la maggioranza dei due terzi nella seconda votazione, si apre la possibilità di chiamare gli elettori al giudizio finale. La Cassazione verifica la regolarità delle richieste, quindi il governo propone l’indizione e il Capo dello Stato firma il decreto con la data del voto. Un itinerario scandito dalla legge per assicurare certezza e trasparenza.
È utile distinguere: nel confermativo dell’articolo 138 non opera il giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale tipico dell’abrogativo. Il controllo centrale è della Cassazione (Ufficio centrale per il referendum), che cura l’intero fascio di atti preliminari e comunica gli esiti ai vertici istituzionali. Il perimetro delle tutele c’è, ma è calibrato sulla natura “confermativa” del quesito.
Domande in poche mosse
Serve il quorum? No. Nei referendum costituzionali decide la maggioranza dei voti validi, senza soglia minima di partecipazione. È una regola diversa dal meccanismo abrogativo, e risponde alla logica dell’articolo 138: la Carta può cambiare solo se i sì superano i no. È quanto illustrano i materiali istituzionali dedicati alle riforme e ribadito dalle esperienze del 2001, 2006, 2016 e 2020.
Chi può chiedere il referendum? Tre strade: un quinto dei membri di una Camera; 500.000 elettori; cinque Consigli regionali. La richiesta va depositata in Cassazione, all’Ufficio centrale, che ne verifica la legittimità formale. Questa cornice, definita dall’articolo 138 e dalla legge n. 352/1970, è stata attivata dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 30 ottobre 2025, con maggioranza e opposizioni che hanno avviato raccolte firme distinte.
Cosa c’è scritto sulla scheda? Il quesito segue una formula standard: “Approvate il testo della legge costituzionale…” con rinvio alla pubblicazione in Gazzetta. Non è la riproduzione integrale della riforma, ma un testo sintetico che consente di esprimere un sì o un no. La struttura è fissata dall’articolo 16 della legge n. 352/1970 ed è la stessa adottata nel 2020 sul taglio dei parlamentari.
Chi vota e come votano gli italiani all’estero? Vota l’intero corpo elettorale. I cittadini iscritti all’AIRE partecipano nella Circoscrizione Estero e votano per corrispondenza: la disciplina è nella legge n. 459/2001, applicabile anche ai referendum costituzionali. Chi risiede fuori dall’Italia può optare per il voto in patria, ma deve comunicarlo nei tempi e con le modalità previste.
Quando si terrà la consultazione? Dopo l’ordinanza favorevole della Cassazione, il Consiglio dei ministri delibera e il Presidente della Repubblica fissa la data. La legge stabilisce una domenica tra il 50° e il 70° giorno dal decreto. Il Guardasigilli ha indicato come finestra possibile la primavera, fra marzo e aprile, compatibilmente con i tempi tecnici.
Un passaggio che parla al Paese
Ogni scelta costituzionale lascia un segno lungo. Questo voto non determina la sorte di un esecutivo — lo hanno ricordato anche i protagonisti del confronto — ma definisce l’assetto della giustizia per gli anni a venire, includendo la separazione delle carriere, l’assetto dei Consigli e l’Alta Corte disciplinare previsti dalla riforma. È un itinerario iniziato in Parlamento e condotto alla sua naturale verifica davanti agli elettori, come confermato dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e dall’imminente attivazione delle procedure referendarie.
Dal 2001 al 2020, i referendum costituzionali hanno mostrato un elettorato capace di premiare o respingere riforme anche molto diverse tra loro. È la prova più concreta di una democrazia matura: discutere, informarsi, scegliere. Qui sta la cifra del nostro lavoro giornalistico: raccontare con chiarezza i passaggi, dare voce ai dati e alle fonti — dalle cronache ANSA alle analisi istituzionali, dalle parole del ministro Nordio alle risultanze ufficiali — perché, al momento del voto, ognuno possa decidere con consapevolezza.
