La giornata dedicata alla Commemorazione di tutti i fedeli defunti ha avuto il suo cuore a Piazza San Pietro, dove Papa Leone XIV ha guidato l’Angelus invitandoci a tenere viva la memoria di chi è scomparso e a trasformarla in attesa del futuro. Parole chiare, anche per chi porta ferite ancora aperte: «Da quell’annuncio sorge la speranza che nessuno andrà perduto»; e l’impegno personale del Pontefice: «pregherò per i morti che nessuno ricorda». Poi l’assicurazione che consola: «il nostro Padre celeste ci conosce e ci ama uno per uno e non dimentica nessuno».
Nel pomeriggio, all’ingresso monumentale del Cimitero del Verano, il Papa ha presieduto la Messa per i defunti, tra lapidi e fiori che raccontano storie. Nell’omelia ha rimesso al centro la promessa pasquale: Cristo «ha aperto un passaggio di vita eterna – cioè facendo Pasqua – nel tunnel della morte». E un tratto che non lascia alibi: «La carità vince la morte». Due frasi che danno forma a un invito concreto: custodire i legami con gesti di bene, perché l’amore, esercitato qui, prepara l’incontro di domani.
L’Angelus: la memoria che salva dall’oblio
Nella riflessione di mezzogiorno il Papa ha legato il ricordo dei defunti alla speranza. Non un ripiegamento nostalgico, ma un movimento che ci apre: visitare un cimitero interrompe la frenesia e ci mette davanti all’essenziale. È lì che – ha spiegato – la voce di Gesù «viene dal futuro» e ci libera dalla sensazione di impotenza che spesso bussa quando la morte sembra cancellare un volto amato. A tutti, il saluto con un augurio che è programma di giornata: vivere un «ricordo cristiano dei nostri defunti».
Il Pontefice ha annunciato anche la propria intenzione di unirsi spiritualmente alla visita alle tombe dei suoi cari e di pregare “per i morti che nessuno ricorda”. Non un inciso, ma una chiave: la memoria ecclesiale non lascia ai margini chi non ha un nome inciso nella pietra o una famiglia attorno. È una chiamata a farsi prossimi proprio di quelle storie mute, certi che Dio non dimentica nessuno. Un linguaggio che parla al cuore e che, in giornate così, riconsegna dignità a chi sembra cancellato dal tempo.
La Messa al Verano: dolore che si apre alla speranza
Nel pomeriggio la celebrazione al Verano ha riportato il Vangelo dentro le strade del lutto. Il Papa ha ricordato la pagina di Isaia che promette un banchetto e l’eliminazione della morte, per dire che la memoria di oggi non si ferma al passato: diventa promessa. Ha insistito: non è ottimismo di maniera, ma fiducia nella vittoria pasquale di Cristo. Per questo, in questo giorno, la preghiera per i defunti non è un atto simbolico: è un modo di tenere insieme la loro vita e la nostra, con uno sguardo che va oltre il confine.
Il Papa ha descritto con realismo la ferita dell’assenza e ha indicato una strada concreta: praticare la carità. «La carità vince la morte», ha detto, perché l’amore costruisce fin d’ora il luogo dove ritrovarci. Non parole a effetto: la liturgia tra le tombe, il silenzio che interrompe la velocità, la comunità che affida nomi e storie – tutto ci ricorda che “ogni persona è un mondo intero”. È lì che la fede si fa compagnia e la memoria diventa, davvero, speranza.
Nelle Grotte Vaticane: preghiera per i Pontefici defunti
Terminata la Messa, Leone XIV è rientrato in Vaticano e si è raccolto nelle Grotte di San Pietro per una preghiera personale per i Papi defunti. Un gesto sobrio, ma eloquente, che intreccia la memoria della Chiesa con quella di ogni famiglia: il filo della comunione non si spezza, neppure quando non vediamo più i volti. È la stessa logica che sostiene la preghiera di questi giorni in tutte le comunità.
Nel calendario di queste ore è prevista anche, in Basilica di San Pietro, una celebrazione in suffragio del defunto Romano Pontefice Francesco insieme ai cardinali e ai vescovi deceduti nell’anno. L’appuntamento – indicato nel programma ufficiale – conferma il ritmo di questi giorni: il ricordo che si fa liturgia, la liturgia che ridice quale speranza abita la fede. Per chi desidera partecipare o seguirla, l’informazione è pubblica nel calendario delle celebrazioni della Santa Sede.
Un invito che riguarda tutti: ricordare chi non ha nessuno
Le parole del Papa hanno un destinatario preciso: voi, noi. Quanti nomi, nelle nostre città, non vengono pronunciati da anni? Quante tombe senza fiori? La proposta è semplice e impegnativa: dedicare oggi un pensiero – e una preghiera – a chi non ha nessuno. È un modo concreto per “allargare” la famiglia, per riconoscere che la dignità non dipende dal ricordo pubblico, ma dall’amore con cui scegliamo di avvicinarci. «Pregherò per i morti che nessuno ricorda», ha detto il Papa. Facciamone una promessa condivisa.
E poi, portate con voi un gesto: una visita, un messaggio, una luce accesa alla finestra la sera, il nome di una persona pronunciato ad alta voce. Non guarisce tutto, non cancella il dolore, ma rimette in moto il cuore. È l’eco della giornata di ieri, è la direzione per le prossime: memoria che genera futuro, legami che non si spezzano, passi di carità che danno respiro alla speranza.
