Da una tastiera posata sulle gambe di un bambino al pubblico nazionale: la parabola di Frenci racconta come la musica possa diventare linguaggio. Pianista e poeta, nato con tetraplegia, ha trasformato il limite in espressione, portando la sua voce tra le strade e sul palco televisivo, con un messaggio che invita a credere nei propri orizzonti.
Origini e scelta
A tre anni il padre gli appoggiò una tastiera sulle gambe. Quell’istante, semplice e decisivo, ha aperto un varco che non si è più richiuso. Oggi Francesco Sicilia Gelsomino, in arte Frenci, ha 25 anni: scrive poesie, compone brani originali e suona tra la gente. La sua storia ha toccato il cuore di chi l’ha incrociata, fino a conquistare gli schermi di Rai 1 nel programma “Dalla strada al palco”, accanto a Nek e Bianca Guaccero. La notorietà, però, è arrivata inseguendo un’esigenza più profonda: trovare una lingua per dialogare con il mondo.
Nato con una forma di tetraplegia e costretto su una sedia a rotelle, non ha cercato compassione, privilegi o pietà. Ha scelto il pianoforte come vocabolario personale e lo ha ripensato da zero, piegando la tecnica alle proprie possibilità. Il corpo si muove a scatti, quasi meccanico; le mani lavorano con poche dita alla volta; il suono privilegia energia e registri gravi. In tutto questo, ciò che domina è l’anima: ha trasformato un vincolo fisico in una firma stilistica riconoscibile, facendo della necessità una poetica.
Reinventare la tecnica per dare voce al silenzio
Frenci ha studiato come suonare con quello che aveva a disposizione: alcune dita controllabili, una muscolatura tesa, una volontà che non arretra. S’ispira anche ai monaci del Settecento che affrontavano il fortepiano con tre dita, trovando soluzioni essenziali e potenti. Così ha costruito un linguaggio ibrido, istintivo e pop, in cui ogni nota è gesto e racconto. Il suo brano più rappresentativo, “Voice in Space”, nasce dall’idea di un respiro che manca: nello spazio non c’è suono, eppure la musica – nella sua visione – riesce a farci sentire meno soli.
Accanto alla musica cammina la poesia. Tra i testi più noti spicca “Fiorire”, che lui descrive come motivazionale e autoironica: una meditazione sulla diversità condotta con maturità disarmante. L’immagine semplice dell’aprirsi di un fiore diventa emblema di un desiderio universale. Nelle sue composizioni, musicali e poetiche, affiora una lucidità partecipe, mai rabbiosa o vittimistica, capace di trasformare la fragilità in energia creativa. Ogni verso e ogni accordo cercano una presenza che non si esaurisce nel gesto tecnico, ma assume il valore di testimonianza e libertà.
Un lutto, una strada
Prima di approdare a un palcoscenico televisivo, è arrivata la prova più dura: la scomparsa improvvisa del padre, il primo a credere nella sua musica. Lo smarrimento ha sfiorato la resa, ma la memoria di quell’incoraggiamento l’ha spinto a reagire. Ha caricato il suo pianoforte e ha scelto la strada, iniziando a suonare a Bologna, come avevano sognato insieme. In quelle esibizioni all’aperto, con il pubblico a pochi passi, ha rimesso in circolo coraggio e senso, ritrovando respiro attraverso i tasti.
L’estate da busker non è stata una parentesi, ma un passaggio di crescita reale: suonare tra i passanti ha plasmato l’attenzione al dettaglio, l’ascolto reciproco, la misura del silenzio tra una nota e l’altra. Proprio quando non se lo aspettava, è arrivata la telefonata che avrebbe cambiato rotta al suo percorso: una redattrice di Rai 1 lo ha invitato ai provini per “Dalla strada al palco”. Lì, la sua storia ha trovato un varco per proseguire il viaggio oltre le piazze, senza tradirne l’origine.
Dalla città allo schermo nazionale, passando per un provino
Scelto dal programma, Frenci ha affidato i propri brani alle cure di un maestro d’eccezione: Luca Chiaravalli ne ha firmato gli arrangiamenti. Le sue poesie sono state interpretate da Beppe Fiorello e Luca Argentero, mentre lui ha condiviso il palco con Nek davanti a milioni di spettatori, con la presenza di Bianca Guaccero. “Dalla strada al palco” ha reso letterale un tragitto già scritto nel cuore del suo nome d’arte: portare in scena ciò che nasce tra la gente, con la stessa verità e lo stesso calore.
La ribalta televisiva ha ribaltato anche un pudore antico: per anni aveva nascosto le mani, oggi sono lo strumento di una dichiarazione pubblica di libertà. Il riscontro è stato travolgente. Persone che lo fermano per strada, messaggi che lo raggiungono da ogni parte, ascolti che non si limitano alla curiosità ma chiedono senso e continuità. È l’abbraccio di un pubblico che ha riconosciuto un talento autentico e, insieme, la forza di un percorso vissuto senza scorciatoie.
Parole, musica, visione
Al centro di tutto c’è un principio semplice: essere trattato come chiunque, oppure poter rivendicare la libertà di essere diverso. In questa misura, Frenci orienta ogni scelta: scrive, suona, compone, riflette e, soprattutto, vive. La sua arte non indulge in vittimismo e non cede alla rabbia; preferisce la nitidezza del pensiero e la perseveranza del gesto. Anche il suo motto, divenuto virale, spinge a guardare i propri sogni senza lasciarsi intrappolare dagli incubi altrui, come una bussola interiore che riporta sempre all’essenziale.
Le sue frasi hanno preso la strada delle citazioni condivise. Ricorda che la “Z”, ultima lettera dell’alfabeto, è comunque indispensabile a dargli completezza. Dice che l’arte appartiene a chi non sa rimandare la propria passione, perché senza di essa non riesce a vedere il domani. E trasforma perfino una paura concreta – il timore di cadere all’indietro – in una postura mentale: basta guardare avanti. Piccoli lampi che uniscono visione, autoironia e determinazione.
Oggi e domani tra piazze e nuovi progetti
La strada resta il suo laboratorio. Frenci continua a esibirsi davanti alle persone, lì dove lo sguardo degli altri restituisce subito la misura di un’emozione. Intanto lavora a un progetto che intreccia in modo organico le sue due anime, quella del pianista e quella del poeta: musica e parole che procedono insieme, senza che l’una sovrasti l’altra. In ogni performance ritornano presenza, messaggio, testimonianza e libertà: i quattro cardini di un linguaggio costruito giorno per giorno, senza sconti a se stesso.
Non ama definirsi esempio o simbolo. Eppure, ogni volta che si siede al pianoforte o affida un verso alla pagina, ricorda a chi ascolta che la fragilità non è un difetto, ma un’altra forma di forza. Quando la diversità viene accolta e vissuta con libertà, può diventare una delle spinte creative e sociali più significative del nostro tempo. È in quell’incrocio tra limite e desiderio che la sua musica continua a incontrare la vita.
