Il boato della La Défense Arena ci rimbomba ancora addosso: Jannik Sinner ha alzato il trofeo di Parigi e, con lui, si è rialzata l’asticella del tennis mondiale. Finale secca, pulita, senza sbavature: 6‑4 7‑6(4) su Félix Auger‑Aliassime. Il risultato è molto più di un punteggio: è la porta che si riapre sulla vetta del ranking, pronta a riaccogliere l’azzurro nell’aggiornamento ufficiale del lunedì. Non ha ceduto nemmeno un set in tutta la settimana; la sua striscia sull’indoor si allunga fino a 26 vittorie consecutive.
Il trionfo ha un peso storico e insieme pratico. Storico, perché Sinner diventa il primo italiano a conquistare il Masters 1000 parigino, in un’edizione speciale: la prima nella nuova casa di Nanterre, con il trasferimento del torneo alla Paris La Défense Arena. Pratico, perché il successo gli consegna di nuovo la posizione numero 1 e gli permette di atterrare alle Finals di Torino con la consapevolezza del leader. L’ultimo punto, un rovescio che ha spaccato il tie‑break, sembra fatto apposta per sigillare il tutto.
La vetta, di nuovo
C’è un momento, in ogni stagione, in cui il ranking smette di essere un’astrazione e diventa carne, ossa, nervi. Qui e ora, quella soglia l’ha varcata Sinner: con Parigi ha sorpassato Carlos Alcaraz e l’aggiornamento del lunedì lo riporta ufficialmente al comando. Torino, però, non è una passerella: decide tutto, anche l’onore di chiudere l’anno da numero 1. È lì che i due si ritroveranno, uno di fronte all’altro, con i conti da saldare.
La partita di Parigi è stata la chiave che girava nella serratura. Non solo per l’aritmetica, anche per il modo: concentrazione feroce, gestione dei turni di battuta, scelte rapide nei momenti caldi. Lo si è visto nel tie‑break del secondo set, dove la mano non ha tremato. E lo si era visto prima, lungo un cammino senza scosse: dal debutto fino al titolo, ogni passaggio ha avuto il ritmo di un metronomo.
Come l’ha vinta
L’avvio è stato chirurgico: break in apertura, primo set messo in ghiaccio controllando il servizio con autorità. Nel secondo, Auger‑Aliassime ha alzato il livello e la finale si è fatta partita vera. Il tie‑break ha raccontato il resto: mini‑break, lucidità, ultimo affondo. 6‑4 7‑6(4) e coppa in bacheca. Il dettaglio che resta: in tutta la settimana nessun set perso. È un marchio.
La corsa fino all’ultimo atto parla da sola: Zizou Bergs e Francisco Cerúndolo piegati in due set, Ben Shelton fermato ai quarti con un doppio 6‑3, quindi la semifinale travolgente contro Alexander Zverev: 6‑0 6‑1 in meno di un’ora e mezza. È in giornate così che si capisce quanto sia cambiato il suo modo di prendersi il campo: anticipo, linee strette, la palla che viaggia senza rumore.
L’altra faccia della finale
Auger‑Aliassime è arrivato a Parigi in rincorsa, si è guadagnato la finale battendo Alexander Bublik e si è presentato davanti a Sinner con il servizio appuntito e la mente libera. Non è bastato. Resta in ballo per l’ultimo pass di Torino e questa settimana dirà molto del suo destino. Stasera, però, il racconto è un altro: la partita l’ha presa Sinner, dal primo all’ultimo scambio che contava.
C’è anche un quadro più ampio: la volata verso le Finals innescata dal torneo parigino tiene con il fiato sospeso tanti, Lorenzo Musetti compreso. Gli equilibri cambiano di ora in ora, la porta resta aperta e le combinazioni sono sottili. A noi interessa una cosa: l’Italia ci arriva con un leader che ha di nuovo in mano il volante della stagione.
Parigi, nuova casa e vecchie emozioni
Il Rolex Paris Masters ha cambiato pelle e indirizzo: dal cuore di Bercy alla La Défense Arena, il palazzetto più grande d’Europa per il tennis indoor. Più spazio, più campi, un respiro diverso. L’atmosfera è rimasta quella di sempre: luci, rimbombi, l’eco dei cori. E nel mezzo, una finale che ha già qualcosa di iconico.
Dentro questa cornice, il tricolore ha sventolato come non era mai successo prima: prima vittoria italiana nell’albo d’oro del Masters 1000 parigino. Un tassello che si aggiunge a una collezione ricca e ancora in costruzione. Sono simboli, certo, ma contano: raccontano quanto sia cambiata la geografia del tennis e quanto spazio ci sia, oggi, per restare in cima.
Che stagione è stata (fin qui)
Il titolo di Parigi è il quinto del 2025 e porta il totale a 23 trofei in carriera. Dentro ci sono due Major (Australian Open e Wimbledon), il successo a Beijing, la rimonta in Vienna, più questa coppa. E poi la cifra che restituisce più di mille parole: 26 successi di fila sull’indoor. Non c’è nulla di casuale, solo lavoro che si sedimenta.
Il resto lo dirà Torino. Arriviamo lì con un giocatore che ha imparato a stare dentro i momenti caldi, che ha allargato il repertorio senza perdere la sua semplicità, che in questi mesi ci ha dato l’idea di una squadra che funziona. Vi ritroverete a contare i punti insieme a noi, con il fiato sospeso e un pensiero fisso: quando il tennis diventa così pulito, il tempo si ferma davvero.
