Il Giappone è considerato un riferimento mondiale nella qualità della raccolta: regole chiare, servizio capillare, conferimento disciplinato e intercettazione record dei materiali più preziosi. Non è uno slogan: nel 2024 le lattine in alluminio hanno toccato un recupero del 99,8% e le lattine d’acciaio il 94,4%, mentre la discarica è ridotta al minimo grazie a un’ampia rete di impianti con recupero energetico. Sono indicatori che contano quando si parla di raccolta e funzionamento del sistema, e spiegano perché diciamo che il Giappone è “in testa” sul terreno della raccolta e della qualità del conferimento.
C’è un altro dato che racconta la solidità del meccanismo a monte: gli scarti urbani generati pro capite risultano contenuti e in calo, con 851 grammi per persona al giorno nel FY2023, su volumi complessivi in diminuzione. In parallelo, l’OCSE sottolinea che il Paese ha quasi azzerato il ricorso alla discarica preferendo l’incenerimento con recupero di energia: il che non alza la percentuale di “riciclo materiale”, ma rende la raccolta affidabile e continua, senza arretrati né rifiuti per strada.
Raccolta giapponese: come funziona davvero
La chiave è la separazione spinta alla fonte e la prevedibilità del servizio. I comuni pubblicano calendari, schede e liste merceologiche dettagliate: a Tokyo Arakawa ha esteso la raccolta separata della plastica a tutto il territorio da ottobre 2025, con pagine dedicate a giorni e modalità, e con elenchi alfabetici che sciolgono ogni dubbio sul “dove va cosa”. L’idea è semplice: se vi rendiamo chiara la regola, la raccolta funziona e i materiali arrivano puliti.
Un altro tassello è la tariffazione puntuale di fatto tramite sacchi comunali dedicati: si comprano in negozio, costano poco singolarmente ma rendono visibile il prezzo del rifiuto residuo, spingendo a differenziare meglio. Due esempi aggiornati: Nagoya ha un sistema di “sacchi designati” per indifferenziato, non combustibile e risorse; Kumamoto pubblica anche i prezzi (45 L a 35 ¥; 30 L a 23 ¥; 15 L a 12 ¥; 5 L a 4 ¥). Non è l’unico modello, ma è diffusissimo e coerente: meno residuo, più qualità in raccolta.
I materiali più intercettati: lattine e PET
Sul fronte lattine, il Paese lavora da anni su due binari: rete capillare di conferimento e filiere industriali mature. Nel 2024 l’alluminio è arrivato al 99,8% di riciclo, con un CAN‑to‑CAN (lattina in nuova lattina) al 75,7%; l’acciaio ha toccato il 94,4%, massimo storico. Numeri comunicati dalle associazioni di settore e confermati da più testate specializzate. Sono tassi senza equivalenti tra i grandi mercati, e spiegano perché qui la raccolta delle frazioni metalliche funziona.
Sulle bottiglie in PET, la PET Bottle Recycling Annual Report 2024 certifica per il FY2023 un tasso di riciclo dell’85,0% e una quota bottle‑to‑bottle oltre il 33%. La filiera sta spingendo anche sul riciclo chimico per aumentare la qualità del granulo e chiudere il cerchio su usi “food‑grade”. Come sempre, distinguere aiuta: sono ottimi dati di raccolta e recupero del flusso PET, non una classifica “assoluta” del riciclo di tutti i rifiuti urbani.
Servizio capillare, discariche quasi azzerate
Quando il servizio passa tutti i giorni e le regole sono uniformi, la città rende. L’OCSE lo rimarca: rifiuti pro capite sotto i due terzi della media OCSE e quasi nulla discarica grazie al recupero energetico. Il rovescio della medaglia esiste (lo vedremo tra poco), ma in termini di raccolta il risultato è un sistema regolare, pulito, con poche impurità negli imballaggi perché i cittadini preparano il rifiuto come richiesto (risciacquo, rimozione dei tappi, sacchi giusti). I dati nazionali sul FY2023 consolidano il quadro.
Alla macchina operativa si sommano strumenti “di prossimità”: app comunali che ricordano i giorni di esposizione e spiegano il conferimento voce per voce; aggiornamenti continui per i rifiuti più critici, come le batterie ricaricabili (nuove istruzioni a Kawasaki pubblicate a fine ottobre 2025). Sono dettagli che tengono alta la qualità prima che il mezzo passi sotto casa.
Cosa manca ancora
Se guardiamo al riciclo materiale complessivo dei rifiuti urbani, l’OCSE ricorda che il valore giapponese è intorno al 20%: molto spazio per crescere, soprattutto sulle plastiche non‑bottiglia e sull’organico urbano. È proprio per questo che Tokyo ha aggiornato la “Quinta pianificazione per la società circolare” con obiettivi al 2030: più prevenzione, più riuso, più qualità del riciclo. In parallelo, i ministeri spingono la domanda di riciclato e gli standard per aumentarla. La raccolta è in testa, il riciclo deve recuperare.
La lezione pratica sta in pochi punti concreti: calendari semplici, linguaggio visivo coerente, sacchi dedicati a costo unitario visibile, focalizzazione sui flussi ad alto valore (lattine e PET) e assistenza digitale per ridurre gli errori di conferimento. Non serve copiare tutto; basta scegliere cosa accelerare qui e ora – dove ogni dettaglio della raccolta incide sulla qualità della filiera a valle.
Il quadro: perché diciamo che il Giappone è in testa
Quando parliamo di “in testa” ci riferiamo alla qualità della raccolta: regole condivise, disciplina dei conferimenti, intercettazione quasi totale di lattine (alluminio 99,8%, acciaio 94,4%) e PET (85,0%), servizio continuo e discarica residuale. Se vi chiedete perché le strade appaiano ordinate, la risposta è tutta qui: la raccolta funziona. Il passo successivo – aumentare il riciclo materiale dei rifiuti misti – è già aperto nell’agenda pubblica.
E voi, che cosa cambiereste domani nel vostro quartiere per alzare la qualità del conferimento? Regole più chiare nei condomìni? Un promemoria sul telefono? Siamo qui: raccontateci cosa vedete sotto casa, partiamo da lì.
