Siamo davanti a un nome che in molti non avrebbero voluto riascoltare. Elia Del Grande, 49 anni, condannato per il triplice omicidio passato alla cronaca come “strage dei fornai”, si è allontanato dalla casa‑lavoro di Castelfranco Emilia e risulta irreperibile. Le ricerche sono in corso, coordinate dalle forze dell’ordine, con un dispositivo che si muove su più fronti del Paese. La priorità è rintracciarlo senza alimentare allarme: di ufficiale c’è che non è al suo posto e che le pattuglie stanno battendo le aree considerate più sensibili.
Nelle carte giudiziarie il suo passato è inciso in maniera indelebile: nel gennaio 1998 a Cadrezzate (Varese) uccise il padre, la madre e il fratello con un’arma da fuoco. Fermato oltre il confine svizzero, confessò. In primo grado arrivò l’ergastolo, poi la pena fu ridotta a trent’anni; dopo venticinque anni trascorsi in carcere, l’uomo era stato sottoposto a misura di sicurezza in una casa‑lavoro perché ritenuto socialmente pericoloso.
La fuga dalla casa‑lavoro
I fatti più recenti sono netti: Del Grande si è allontanato dalla struttura modenese e ha fatto perdere le proprie tracce. Dalla serata in cui non è rientrato, carabinieri e polizia penitenziaria hanno attivato un tracciamento a raggera, che parte da Castelfranco Emilia e si allarga lungo direttrici già note agli investigatori. La dinamica che filtra è essenziale: il perimetro è stato scavalcato e poi il buio. Nulla di più che sia ufficialmente confermato.
Perché si trovava lì? Perché la misura di sicurezza scatta quando un soggetto, pur avendo scontato la pena, viene ritenuto ancora pericoloso. Nel suo caso era previsto un periodo di sei mesi in struttura, con nuova valutazione al termine. È questa la cornice che oggi rende urgente ogni controllo: non un dettaglio burocratico, ma il perno che giustifica l’impegno di queste ore sul territorio.
Un nome che pesa sulla memoria del Varesotto
Quella notte del 1998 ha segnato un piccolo paese tra i laghi e, a distanza di anni, la memoria collettiva continua a reagire quando il caso riaffiora. Il soprannome “strage dei fornai” nasce dal mestiere della famiglia. I nomi – Enea, Alida, Enrico – bastano a riportare a galla i volti, le abitudini, la routine spezzata. Non serve aggiungere altro, se non ricordare il perimetro di un delitto domestico che divenne subito un fatto nazionale.
All’epoca, dopo l’omicidio, Del Grande cercò di allontanarsi verso la Svizzera. Non arrivò lontano: venne fermato oltre confine e riportato in Italia. La giustizia seguì il suo corso: condanna in primo grado, riduzione in appello, lunga detenzione, quindi la fase delle misure post‑pena. Ora la cronaca torna a incrociare quella storia: la scomparsa dalla casa‑lavoro riapre ferite mai del tutto rimarginate.
Dove si concentra la caccia
Le verifiche corrono lungo due assi: Varesotto – il territorio che conosce – e Sardegna, area che in passato è già comparsa nei tragitti ipotizzati dagli inquirenti. Il pattugliamento non si limita a questi punti, ma lì la presenza sul terreno è più visibile. In parallelo, i controlli restano diffusi su scala nazionale, anche su nodi ferroviari e strade principali, come avviene in casi di fughe da strutture detentive o para‑detentive.
Non circolano comunicazioni ufficiali su avvistamenti verificati. È un’informazione importante, perché taglia il rumore di fondo e riporta tutti a un dato solo: le ricerche sono in corso, i contatti istituzionali sono attivi, la qualità delle segnalazioni conta più della quantità. Nel frattempo, gli atti investigativi coprono l’ordinario: analisi delle abitudini note, cerchie frequentate, spostamenti plausibili.
Cosa sappiamo e cosa resta fuori
Ci sono elementi chiari: l’allontanamento dalla casa‑lavoro di Castelfranco Emilia, la valutazione di pericolosità sociale a carico di Del Grande, il focal point delle ricerche tra Varese e Sardegna, il profilo giudiziario definito da trent’anni di pena con venticinque effettivamente trascorsi in cella. Su altri dettagli – l’ora esatta della fuga, eventuali complicità, misure architettoniche della struttura – le versioni non sono uniformi: meglio tenerle fuori finché non saranno fissate in atti o comunicate in modo univoco. È così che si evita confusione, è così che vi offriamo un quadro solido.
In queste ore il punto non è rivivere la cronaca nera di allora, ma capire il presente: un uomo condannato per un fatto gravissimo è irreperibile e la macchina dello Stato si è messa in moto. Noi continuiamo a seguirne gli sviluppi con un criterio semplice: solo ciò che è confermato. Quando arriveranno elementi nuovi e verificati, li troverete qui.
