La piazza ha guardato quel portone chiaro a lungo, come si scruta un orizzonte. Oggi la Basilica di San Benedetto non è più un cantiere: è di nuovo una casa, un respiro, una soglia oltre cui entrare senza caschetti, con gli occhi in alto e i passi lenti. Ci eravamo abituati all’assenza, alla facciata nuda che reggeva da sola la memoria. Ora la chiesa torna al culto e alla città, dopo un percorso ripido e meticoloso che ha rimesso insieme pietra su pietra.
Il ritorno è avvenuto nove anni dopo quella mattina che strappò via l’interno della basilica. Ieri pomeriggio si è celebrata la dedicazione, il rito che “restituisce” un edificio sacro al suo popolo: una liturgia gremita, intensa, nella quale la comunità ha rialzato lo sguardo. Vi chiediamo: cosa significa per voi rimettere piede qui, con la luce che torna a disegnare le navate? Non è solo un traguardo tecnico. È un diario collettivo che riparte dalla stessa piazza.
Il giorno atteso
Alle 16.30 di ieri, l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto la messa di dedicazione: il gesto che suggella in modo solenne la riapertura al culto. Con lui un’assemblea larga di fedeli, pellegrini e nursini rientrati per esserci. Chi era presente ha visto simboli antichi e segni nuovi convivere senza attrito, come accade quando una ferita diventa cicatrice. L’edificio è tornato a essere luogo di preghiera, ma anche di incontro e ascolto.
La celebrazione è stata accompagnata dalla presenza di pastori e autorità: il cardinale Gualtiero Bassetti, l’abate primate dei Benedettini Jeremias Schröder, il commissario per la ricostruzione Guido Castelli, la presidente della Regione Umbria Stefania Proietti, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, il ministro Francesco Lollobrigida, la vicepresidente del Parlamento europeo Antonella Sberna e il sindaco Giuliano Boccanera. Una cornice istituzionale che dice quanto questo luogo parli a tutta l’Italia.
Nove anni di cantiere, pietra su pietra
Il cantiere della basilica è iniziato il 16 dicembre 2021. In meno di quattro anni, la chiesa è stata ricostruita e restaurata, seguendo un programma rigoroso che ha tenuto insieme scienza dei materiali, tutela, sicurezza e tempi di comunità. La data d’avvio e l’arco temporale non sono slogan: sono riscontri verificabili oggi come allora. Ci siamo arrivati con passi misurati, per non perdere nulla di ciò che poteva essere salvato.
Il lavoro è stato diviso in due lotti funzionali: struttura e involucro architettonico, poi apparati decorativi e impianti. Il primo intervento è stato chiuso in anticipo rispetto alla scadenza; il secondo ha accompagnato la ricomposizione di superfici e apparati fino alla vigilia della riapertura. Un percorso che ha richiesto coordinamento, responsabilità e decisioni in cantiere giorno dopo giorno.
Come si è ricostruita: memoria e sicurezza
Il metodo scelto è stato chiaro: recuperare, catalogare, ricollocare. Il materiale originale è stato rimesso al suo posto mattone per mattone, quando possibile; ciò che andava integrato è stato integrato con criteri conservativi e tecnologie attuali. Il risultato è un edificio che riconosciamo perché parla la lingua di sempre, ma lo fa con una struttura resa più affidabile per convivere con un territorio sismico.
La basilica oggi si affida a sistemi di consolidamento e isolamento sismico che non tradiscono la forma, la rispettano. Tiranti, cuciture, soluzioni di rinforzo delle murature, impianti ridisegnati: sono dettagli tecnici che hanno un unico fine, proteggere persone e opere senza stravolgere il volto della chiesa. La sicurezza non è un’aggiunta, è parte del progetto.
Le maestranze, i ruoli, il cantiere
Dietro a quel portone ci sono nomi e responsabilità: Paolo Iannelli come RUP, Vanessa Squadroni alla direzione lavori per la Soprintendenza umbra, Cobar come impresa esecutrice. L’Ufficio del Soprintendente Speciale e la Soprintendenza ABAP Umbria hanno seguito un cantiere complesso con un equilibrio raro tra tutela e operatività. È bene ricordarli, perché la ricostruzione è anche una grammatica di persone.
Quanto alle risorse, l’intervento è stato reso possibile dall’Ordinanza Speciale n. 8/2021 e da un mosaico di finanziamenti pubblici e sponsorizzazione tecnica di Eni: Commissario Sisma 2016, Regione Umbria (POR‑FESR 2014‑2020) e Eni. Il quadro economico complessivo è indicato in circa 15 milioni di euro nelle comunicazioni ufficiali più recenti; la quota di sponsorizzazione Eni è definita dagli atti a 5 milioni di euro. Trasparenza e tracciabilità sono parte della riuscita di questo cantiere.
Cosa troverete adesso
Entrando, si percepiscono luce e continuità. Le superfici parlano di cura; gli impianti sono stati rifatti integralmente; l’accessibilità è stata portata a un livello pieno, con percorsi e dotazioni che permettono a tutti di visitare la basilica e la cripta. Non si tratta di un dettaglio: è la scelta concreta di una chiesa aperta, in cui nessuno resta fuori.
All’esterno, la facciata ritrova il suo dialogo con la piazza, mentre il Portico delle Misure torna a raccontare la storia quotidiana di Norcia. Sono elementi che non appartengono solo al culto, ma al vivere civile della comunità. Ritrovare questi segni significa anche rimettere in moto il centro storico come luogo vissuto, non figurina da cartolina.
Perché conta (qui e oltre)
Lo abbiamo visto nei volti raccolti in piazza: questa riapertura è un atto di fiducia. Per la Valnerina è un passaggio che spinge, accanto a tanti altri cantieri, la traiettoria della ricostruzione. Per chi abita lontano, è un invito a tornare, a sostare, a sostenere un territorio che ha scelto di non arretrare. Ve lo chiediamo: che cosa porterete qui, oltre alla curiosità?
C’è poi una risonanza che supera i confini umbri: San Benedetto è radice profonda della cultura europea. Riavere la sua basilica significa rimettere al centro un’idea di comunità fatta di lavoro, ospitalità, misura. È un messaggio che, oggi, suona nitido. E nasce da un lavoro paziente, condiviso, compiuto con il passo che serve quando si ricostruisce per durare.
