Si è chiusa la Festa del Cinema di Roma 2025: luci spente e cancelli serrati, resta il sapore amaro di un’edizione definita da molti surreale. Programmazione fragile, organizzazione zoppicante e pubblico deluso, con sale spesso semivuote, mentre i dati ufficiali disegnano uno scenario diverso. Il contrasto è netto, e inevitabilmente fa discutere.
Una chiusura che pesa
Quando il sipario è calato sulla kermesse romana, le impressioni si sono fatte pesanti. L’edizione 2025 ha consegnato un bilancio che divide: è stata evocata una selezione giudicata debole e una macchina organizzativa che, agli occhi di molti, non ha retto l’urto delle aspettative. A Roma, dove il cinema viene raccontato come il fiore all’occhiello dell’amministrazione capitolina, questa frattura brucia di più. Il sentimento dominante è quello di una promessa non mantenuta, un patto implicito con il pubblico che si è incrinato proprio sul terreno più delicato: l’esperienza concreta in sala.
Questa percezione, sedimentata giorno dopo giorno, ha generato un senso di spaesamento. Le testimonianze parlano di platee talvolta diradate e di un coinvolgimento che non è esploso come ci si sarebbe attesi. Eppure, i numeri ufficiali raccontano un cammino diverso e più solido. È qui che si apre la crepa più profonda: fra l’emozione di chi esce dalla sala e l’aritmetica dei report. Due piani che non sempre coincidono, ma che insieme compongono il quadro reale di questa edizione.
I numeri ufficiali dell’edizione 2025
Le cifre restituiscono un’immagine di crescita. L’affluenza complessiva si attesta a 116.503 presenze, con un incremento del +6% rispetto all’anno precedente. I biglietti venduti sono stati 82.000, a cui si aggiungono 4.337 accrediti e 29.007 ingressi per gli eventi gratuiti. Nelle sale della città, fuori dall’Auditorium, sono stati staccati 5.496 biglietti. Il tasso di occupazione delle sale è stato indicato all’85%, dato che stride con la sensazione di sale spesso svuotate, ma che fotografa una partecipazione comunque significativa nel computo generale.
Sul fronte dell’offerta, il programma ha contato 436 proiezioni e 198 film, provenienti da 38 Paesi. L’apparato delle sedi ha compreso 3 sale all’interno dell’Auditorium e altre 13 sale disseminate a Roma, a conferma di una rete cittadina ampia e articolata. A sostenere l’impianto della manifestazione, 92 partner. Questi dati, presi nel loro insieme, delineano un’architettura quantitativamente robusta, capace di reggere il confronto con edizioni consolidate sul piano della pura dimensione numerica.
Risonanza mediatica e digitale
La copertura informativa ha avuto una portata ampia. Il conteggio complessivo tra stampa nazionale, web e media internazionali raggiunge 12.423 uscite. Nello specifico, i report e le recensioni sui media nazionali sono stati 1.401, mentre gli articoli online hanno toccato quota 10.088. Sul versante estero, i contributi internazionali sono stati 717. Il presidio di TV e radio ha generato 934 passaggi complessivi, a testimonianza di un’attenzione trasversale che ha attraversato più piattaforme e linguaggi.
Nell’ecosistema digitale, i volumi sono stati ancora più imponenti. Le visualizzazioni complessive hanno raggiunto 12.382.450. Il sito ufficiale ha totalizzato 1.310.000 visite. Su Facebook, la pagina conta 184.000 follower e 2.140.000 visualizzazioni; su Instagram i follower sono 130.600 con 9.250.000 visualizzazioni. Sul canale YouTube i video hanno ottenuto 442.450 view, mentre su TikTok si registrano 550.000 visualizzazioni. Una platea virtuale vasta, che non sempre si è tradotta nella stessa intensità di partecipazione in sala.
Tra aspettative e realtà in sala
La dissonanza più evidente riguarda l’esperienza del pubblico. Da un lato, si parla di sale quasi vuote e di un pubblico non soddisfatto; dall’altro, gli indicatori ufficiali esibiscono un 85% di occupazione media. È il paradosso di questa edizione: dati confortanti contro una percezione di freddezza. Forse il nodo sta nella qualità del coinvolgimento, nella capacità del programma di accendere curiosità e affezione, più che nella mera presenza. Ed è su questo crinale che si misura la differenza tra evento e esperienza.
Nell’immaginario collettivo, la Festa del Cinema di Roma è chiamata a rappresentare un’identità culturale forte della città. Proprio per questo, un programma giudicato debole e un’organizzazione ritenuta poco all’altezza pesano come zavorre. Il matrimonio fra ambizione e risultato, quest’anno, non ha convinto chi ha varcato le sale della capitale. Resta un interrogativo scomodo: come riallineare numeri e sensazioni, perché il racconto ufficiale non viaggi separato dalla vita reale del festival?
Voci e sguardi dietro le quinte
La chiusura è stata accompagnata da una conferenza stampa e da contenuti dedicati. Spiccano una video intervista esclusiva della giornalista Gaia Serena Simionati e un’audio intervista alla Principessa Anna Betti Mancuso, Ambasciatrice Nazioni Unite. Due tasselli che arricchiscono il mosaico conclusivo dell’edizione, aggiungendo sguardi e testimonianze che aiutano a fissare, a caldo, ciò che questa Festa ha rappresentato e ciò che ha mancato. Sono voci che attraversano i numeri e tornano alle persone.
Questi materiali restituiscono il clima di una chiusura carica di chiaroscuri. Non aggiungono trionfalismi, non rincorrono giustificazioni: si limitano a registrare stati d’animo e impressioni, l’eco di giorni intensi e complicati. In un’edizione che ha diviso tra percezione e statistiche, la parola a chi c’era completa il quadro. Perché, alla fine, restano gli sguardi, i silenzi in sala, gli applausi mancati o arrivati in ritardo. È lì che il senso di un festival si compie davvero, o svanisce.
