Numeri che obbligano a cambiare sguardo: il Rapporto Strategico 2026 del Centro Economia Digitale, presentato oggi al Ministero dell’Economia e delle Finanze, mostra che 1 dollaro di valore aggiunto nell’alta tecnologia può generare 3,9 dollari di PIL nell’Unione europea, con effetti occupazionali rilevanti. È una chiamata urgente all’azione per l’Italia e per l’Europa.
Numeri che cambiano la prospettiva
Sotto la guida di Rosario Cerra e Francesco Crespi, il rapporto quantifica un moltiplicatore che, in Europa, tocca 3,9; nel campione Ocse si attesta a 3,18, nettamente più alto dei settori a bassa tecnologia (1,28 in Ue e 1,23 nell’Ocse). Non è una fiammata: l’effetto cresce nel tempo nei comparti high-tech, mentre si attenua nei low-tech. La presentazione al Mef, con i saluti istituzionali di Giancarlo Giorgetti, ha dato cornice istituzionale a dati che parlano da soli e che indicano una via concreta alla crescita.
Lo studio smentisce l’idea che “tecnologia uguale meno lavoro”: uno shock positivo da 10 miliardi di dollari nell’high-tech attiva, in media, 161 mila nuovi occupati nell’Ue e 177 mila nei Paesi Ocse nell’arco di tre anni. Il cuore del messaggio è chiaro: conta la velocità con cui adottiamo e integriamo le tecnologie di frontiera, non solo la loro scoperta. È questo “tempo di adozione” a trasformarsi in vantaggio competitivo, lungo filiere industriali e servizi pubblici.
Infrastrutture, regole e imprese: la rotta in Italia
Perché quel moltiplicatore diventi crescita tangibile servono reti e regole all’altezza. In Europa è entrata in vigore l’11 maggio 2024 la Gigabit Infrastructure Act, pienamente applicabile da novembre 2025, con l’obiettivo di accelerare la posa di reti ad altissima capacità. In parallelo, la Commissione europea ha avviato a giugno 2025 la raccolta di contributi per il futuro Digital Networks Act, atteso entro fine anno, mentre dal fronte industriale si moltiplicano le richieste di una riforma capace di sbloccare investimenti.
La modernizzazione passa anche dallo switch-off del rame: iniziative come “100% Fibra Vera” di Open Fiber hanno avviato lo spegnimento in comuni pilota, mentre Tim ha programmato la dismissione di migliaia di centrali interamente in rame entro il 2028. Secondo analisi indipendenti, tuttavia, ai ritmi attuali la migrazione totale alla FTTH slitterebbe ben oltre il decennio, confermando che servono scelte rapide e coordinate. Intanto il mercato digitale nazionale cresce più del PIL, sospinto da AI, cloud e cybersecurity.
Le nostre domande rapide per orientarsi
Cosa significa davvero il “3,9” per l’economia europea? Che ogni dollaro di valore aggiunto creato nei comparti ad alta tecnologia genera, in tre anni, 3,9 dollari di PIL nell’Ue: un effetto moltiplicatore superiore fino a tre volte rispetto ai settori a bassa tecnologia. È un dato costruito su analisi econometriche e confermato nella presentazione istituzionale di oggi, insieme agli impatti su produttività e occupazione, che risultano positivi e crescenti se l’adozione è rapida e capillare.
Quali scelte servono subito per trasformare quei numeri in crescita? Accelerare cantieri e autorizzazioni per le reti gigabit, applicando la nuova normativa europea, e definire una cornice regolatoria semplice e prevedibile con il Digital Networks Act. In Italia, va governato lo spegnimento del rame e spinta la domanda di tecnologie nelle imprese e nella PA. Solo così l’impatto dell’high-tech – su PIL e lavoro – potrà dispiegarsi davvero lungo le filiere.
