Per la prima volta, l’Italia è vicina a un quadro nazionale per la subacquea: sicurezza, tutela ambientale e turismo del mare confluiscono nel DDL 1624, già approvato dal Senato e al vaglio della Commissione della Camera dei Deputati. Un percorso atteso che promette regole chiare per immersioni ricreative e professionali e per i diving center.
Un quadro che finalmente si definisce
Con il Disegno di Legge n. 1624 l’attività subacquea entra, per la prima volta, nel perimetro nazionale come risorsa ambientale, culturale e turistica da valorizzare e proteggere. Il testo, che disciplina in modo organico immersioni ricreative e professionali e il funzionamento dei diving center, segna ciò che l’avvocato Francesca Zambonin definisce un passaggio storico. Fondatrice dello Studio Legale Zambonin e del brand ScubaLex, da oltre vent’anni assiste diving center, istruttori e operatori: per lei il riconoscimento della dimensione ricreativa come attività ecosostenibile e culturale diffonde consapevolezza sul mare, sul suo patrimonio naturale e archeologico, e attribuisce ai subacquei un ruolo di rappresentanza responsabile.
Alle spalle del settore restano anni di attesa, segnati da normative disomogenee e prassi diverse da territorio a territorio, che hanno complicato la vita di professionisti e appassionati. Per l’avvocato Zambonin, l’assenza di un riferimento nazionale ha frenato crescita e serenità operativa: l’impianto del DDL 1624 colma finalmente quel vuoto, offrendo una cornice chiara alla subacquea ricreativa e al turismo del mare. È un passo che rafforza sicurezza e professionalità, e che restituisce uniformità a un comparto che aspettava una regola unica da anni.
Sicurezza dei subacquei, tutela degli ecosistemi e standard omogenei
Nel merito, il DDL 1624 fissa principi cardine: sicurezza dei subacquei, tutela dell’ambiente marino e lacustre, valorizzazione turistica e culturale dei fondali italiani. Il provvedimento definisce criteri trasparenti per la formazione e la qualificazione professionale degli operatori, prevedendo l’istituzione di registri ufficiali per diving center e imprese iperbariche. Vengono inoltre introdotti obblighi assicurativi e standard tecnici uniformi sull’intero territorio nazionale, così da eliminare incertezze e differenze locali. Obiettivi concreti, per rendere l’immersione più consapevole e responsabile, con regole chiare che parlano la stessa lingua ovunque sul territorio nazionale.
Tra le novità, spicca l’istituzione di una Agenzia nazionale per la sicurezza delle attività subacquee, un organismo con funzioni di coordinamento, vigilanza e promozione delle buone pratiche. Secondo Francesca Zambonin, questo presidio potrà assicurare uniformità e maggiore trasparenza nella regolamentazione delle attività legate al mondo marino, superando interpretazioni locali e sovrapposizioni. L’obiettivo è far dialogare istituzioni e operatori, affinché regole e controlli risultino efficaci, proporzionati e realmente applicabili sul campo, in ogni contesto operativo, in tutte le stagioni e aree del Paese.
Economia blu e responsabilità condivisa
In Italia la subacquea coinvolge migliaia di operatori, centinaia di diving center e una comunità di appassionati che conta centinaia di migliaia di persone, con ricadute importanti sul turismo delle coste. La subacquea ricreativa, spesso sottovalutata, è una delle eccellenze italiane perché intreccia sport, tutela ambientale e promozione del territorio. Regolarla significa proteggere lavoratori e chi si immerge per passione, ma anche valorizzare una filiera che produce ricchezza economica e culturale e che abbraccia dimensioni diverse: attività sportiva, professione, conservazione, ricerca e conoscenza.
Il Disegno di Legge 1624 si presenta come una svolta di civiltà giuridica e culturale. Con oltre 8.000 chilometri di coste e un patrimonio sommerso unico, l’Italia si prepara a dotarsi di uno strumento moderno per valorizzare il mare in modo sostenibile. Resta l’ultima tappa: l’approvazione definitiva. La prova più impegnativa sarà tradurre i principi in prassi, coinvolgendo chi il mare lo vive davvero e mettendo a sistema competenze giuridiche, tecniche e ambientali. Si attende il testo finale per valutarne punti di forza ed eventuali criticità.
