Nella notte la Striscia ha vissuto nuove ore di paura. La Protezione civile di Gaza parla di almeno cinquanta morti dopo i raid, mentre Israele accusa Hamas di aver violato la tregua. Da Washington arrivano rassicurazioni: per Donald Trump il cessate il fuoco non è in pericolo. Ma il terreno racconta una quiete a intermittenza.
Il bilancio della notte e le versioni che si scontrano
Secondo la Protezione civile di Gaza, decine di bombardamenti hanno colpito diverse aree uccidendo almeno 50 persone. Fonti sanitarie locali hanno intanto diffuso un conteggio parziale di 26 vittime, tra cui civili, con colpi segnalati nei pressi di Bureij, del quartiere Sabra a Gaza City e di un’auto a Khan Yunis. Il quadro resta in evoluzione, con cifre che cambiano man mano che i soccorsi raggiungono le macerie. Lo riferiscono corrispondenze di agenzia e testate internazionali che citano fonti mediche e di emergenza sul posto.
Dalla parte opposta, Hamas nega qualsiasi coinvolgimento nella sparatoria contro soldati israeliani a Rafah e annuncia il rinvio della consegna dei resti di un ostaggio, motivandolo con presunte violazioni israeliane del cessate il fuoco. In parallelo, media e fonti diplomatiche riferiscono delle accuse israeliane su un precedente “scambio” di resti giudicato irregolare, fattore che ha contributo ad alzare la tensione. Le smentite e i rinvii del braccio armato, le Brigate al-Qassam, sono stati diffusi su canali ufficiali e ripresi da più agenzie.
La voce di Washington e l’asse politico-militare
Durante il viaggio presidenziale, Donald Trump ha sostenuto che “nulla comprometterà” la tregua e che Israele “ha il diritto di reagire” se i suoi soldati vengono colpiti. Parole pronunciate a bordo dell’aereo presidenziale e rimbalzate sui media statunitensi e israeliani, mentre il vicepresidente JD Vance ha definito prevedibili alcune “scaramucce”, ribadendo l’obiettivo di tenere in piedi l’intesa. Il messaggio politico è chiaro: difesa del cessate il fuoco sul piano diplomatico, tolleranza zero verso nuovi attacchi sul campo.
A rafforzare gli sforzi di mediazione figurano gli emissari americani Steve Witkoff e Jared Kushner, impegnati in colloqui con la leadership israeliana. Intanto, fonti militari e media israeliani hanno identificato nel riservista Yona Efraim Feldbaum, 37 anni, dell’area di Neria, il soldato ucciso nella Striscia: un episodio che, secondo il racconto di Israele, ha innescato la successiva risposta aerea. La cornice è di dialogo teso, dove diplomazia e operazioni militari si alimentano a vicenda nel giro di poche ore.
Domande chiave, risposte rapide
Il cessate il fuoco è ancora valido? Formalmente sì: l’accordo è entrato in vigore il 10 ottobre e rimane attivo nelle dichiarazioni ufficiali. Washington lo rivendica e lo difende, mentre Israele e Hamas si accusano a vicenda di forzarne i limiti. La realtà sul terreno, però, è segnata da episodi che mettono alla prova la tregua e costringono i mediatori a intervenire di continuo per evitare che la spirale riparta senza freni.
Quante sono le vittime e perché i numeri divergono? La notte ha lasciato conteggi differenti: la Protezione civile di Gaza indica almeno 50 morti, mentre fonti sanitarie locali hanno parlato di 26 vittime in attacchi distinti. In altre ricostruzioni internazionali, il totale dei decessi legati alle ultime ondate di raid supera le sessanta unità. Le discrepanze derivano da tempi diversi di raccolta, aree non ancora raggiunte e verifiche ospedaliere che arrivano a scaglioni.
L’istante sospeso della tregua
In queste ore ogni parola pesa. Le famiglie di Gaza cercano notizie, gli ospedali rincorrono l’urgenza, i negoziatori contano minuti e margini. Una tregua non vive soltanto nei documenti: ha bisogno di gesti coerenti, di canali aperti, di coraggio politico. Tenere insieme il dolore di chi piange e il dovere di evitare nuove sirene è la prova più dura per tutti gli attori in campo, a partire da chi guida i dossier nella capitale americana e a Gerusalemme.
La nostra bussola resta il dovere di raccontare, con equilibrio e responsabilità, ciò che accade e ciò che viene detto. Quando i numeri non coincidono e le versioni si oppongono, il compito è verificare, contestualizzare, pretendere chiarezza. Solo così il cessate il fuoco potrà diventare qualcosa di più di una formula ripetuta: un patto reale, capace di reggere agli scossoni del presente e di lasciare uno spazio, minimo ma concreto, alla vita che vuole ricominciare.
