Dopo un decennio di battaglie digitali, il virologo Roberto Burioni archivia i social e sposta la sua divulgazione su Substack. Decisione netta, annunciata in un post pieno di motivazioni: tutela dei contenuti dall’uso per l’intelligenza artificiale, opacità degli algoritmi e la stanchezza, umanissima, per insulti e minacce che colpiscono anche chi prova a parlare di salute con rigore.
Dieci anni e un cambio di rotta
La sua avventura digitale inizia, racconta, dieci anni fa: dagli Stati Uniti, a La Jolla, dove insegnava con la famiglia, comincia a scrivere su Facebook dei vaccini dell’infanzia. Da allora Burioni, professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita‑Salute San Raffaele, ha difeso con costanza i vaccini e la medicina basata sulle prove, prendendo di petto bufale e paure per informare i cittadini con chiarezza e senza scorciatoie retoriche.
Il contesto, però, è cambiato. Una pandemia è arrivata e poi si è ritirata; la scienza ha accelerato, mentre disinformazione e ostilità non si sono fermate. L’esempio evocato è l’attuale guida della sanità statunitense, Robert F. Kennedy Jr, figura al centro di forti contestazioni per le posizioni sui vaccini, oggi segretario alla Salute nel governo Trump. In parallelo, il virologo continuerà a intervenire in tv a Che Tempo Che Fa sul Nove e a firmare interventi per la Repubblica, strade che negli ultimi anni non ha mai abbandonato.
Algoritmi, intelligenza artificiale e l’uscita dalla piazza digitale
Le ragioni della svolta sono tre. Primo: ciò che pubblica sui social può essere usato gratuitamente per addestrare piattaforme di intelligenza artificiale; lui è disposto a donare tempo e competenze ai lettori, non ad alimentare profitti altrui. Secondo: la diffusione dei post è diseguale e opaca, segno di un’agenda che non controlla. Terzo: dieci anni di ingiurie e minacce logorano chiunque. Il tema del potere delle piattaforme è attuale anche per i regolatori, come mostra l’istruttoria dell’Antitrust italiano su Meta e l’integrazione di “Meta AI” su WhatsApp.
La risposta sarà Substack, con accesso a pagamento minimo: una sorta di filtro, non un modello per arricchirsi. “La quota mensile sarà irrisoria, meno di due euro”, spiega, chiarendo che la sua pagina Facebook resterà una semplice “vetrina” per segnalare i nuovi contenuti. Si dà sei mesi di prova e fissa una soglia minima di abbonati: se non sarà raggiunta prima dell’estate, chiuderà l’esperimento. Per cautela, invita a scegliere l’abbonamento mensile, evitando piani annuali non rimborsabili.
Domande secche, risposte sincere
Perché lasciare adesso i social? Perché non accetto più che i miei testi diventino materia prima gratuita per sistemi di IA; perché l’algoritmo decide chi vede cosa senza trasparenza; e perché non voglio continuare a essere bersaglio di insulti. A differenza di chi consiglia di “passare oltre”, so che quelle parole restano negli occhi di studenti, colleghi, amici e di una figlia adolescente. A un certo punto, si dice basta: la dignità precede l’ego.
Quanto costerà e come funzionerà la nuova piattaforma? L’accesso sarà economico, meno di due euro al mese, anche per coprire i costi fissi delle transazioni. Non è un paywall per fare cassa: serve a tenere lontani i provocatori. La pagina Facebook diventerà un pannello informativo; i contenuti integrali vivranno su Substack. Il test durerà sei mesi con un obiettivo minimo di abbonati. Se non verrà raggiunto, l’esperimento si chiuderà senza rinnovi annuali da rimborsare.
Guardare avanti senza voltarsi troppo
Cambiare strada non è una resa: è una scelta di responsabilità che sposta il baricentro dalla rissa alla lettura attenta. Chi ha seguito Burioni sa che continuerà a portare la scienza dove il pubblico c’è davvero, tra televisione e carta, con la stessa puntualità che lo ha reso una voce riconoscibile durante e dopo l’emergenza. La scommessa dei prossimi mesi dirà se una comunità disposta a investire poco ma sul serio può far crescere un progetto più libero.
Nel suo messaggio c’è anche una puntualizzazione che pesa: negli ultimi quattro anni non ha ricevuto un euro né dai lettori della pagina né da “soggetti portatori d’interesse in campo sanitario”; offerte “allettanti” sono arrivate, ma le ha giudicate incompatibili con la divulgazione che voleva fare. Guadagno bene facendo il professore, e mi basta, scrive. È un addio ai social che suona come una promessa: tornare a parlare di salute in spazi dove contano i fatti e la responsabilità di chi li firma.
