Fermato allo scalo di Linate, a Milano, Mohammad Hannoun ha ricevuto oggi un provvedimento che lo allontana dal capoluogo per dodici mesi. Il questore dispone il divieto di ritorno, firmato e notificato nel pomeriggio del 25 ottobre 2025, con motivazioni legate alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Il divieto e le ragioni ufficiali
Il provvedimento firmato dal Questore di Milano è un allontanamento con divieto di ritorno nel Comune di Milano per dodici mesi. La notifica è avvenuta negli uffici della polizia di frontiera di Linate nel pomeriggio di sabato 25 ottobre 2025, subito dopo l’arrivo del volo da Roma. Secondo il documento visionato da Adnkronos, l’iniziativa nasce da comportamenti ritenuti idonei a turbare l’ordine e la sicurezza pubblica, con una valutazione che inquadra Hannoun come persona “pericolosa” per l’ordine pubblico, da ANSA.
Nelle motivazioni, il testo richiama una “pervicace inclinazione a commettere reati contro l’ordine pubblico” attribuita a Mohammad Hannoun e collega la misura alle parole pronunciate durante il corteo pro-Palestina del 18 ottobre, trasmesso su Facebook. La violazione del divieto costituisce delitto punito con reclusione da 6 a 18 mesi e multa fino a 10mila euro. Sul piano politico, Matteo Salvini ha commentato sui social nel tardo pomeriggio di oggi: “Bene così, nessuno spazio a chi istiga odio e violenza”.
Dichiarazioni contestate e il precedente di dodici mesi fa
Secondo la ricostruzione riportata da Adnkronos, sul palco milanese del 18 ottobre Hannoun avrebbe evocato la “legge del taglione” e invocato la morte di “collaborazionisti” e presunti “criminali”. Parole rilanciate online e considerate capaci di alimentare reazioni di massa difficilmente governabili. Sono quei passaggi, diffusi in diretta, a costituire il cuore della valutazione prefettizia: l’idea che la miccia del linguaggio, in un contesto acceso, potesse travolgere l’ordine pubblico ben oltre la cornice dell’evento, come riportato dagli atti esaminati oggi ufficialmente.
Tra i precedenti indicati figura il foglio di via notificato nel novembre 2024, che per sei mesi vietò a Hannoun di rientrare a Milano dopo l’intervento con l’applauso ai “giovani di Amsterdam” legato ad Ajax-Maccabi Tel Aviv. Nei documenti compaiono anche ipotesi di istigazione a delinquere, violazioni sul soggiorno e falsità ideologica. Rilevanti le designazioni del Dipartimento del Tesoro Usa del 7 ottobre 2024 e del 10 giugno 2025 su reti di finanziamento di Hamas.
Domande in primo piano
Che cosa prevede il provvedimento notificato a Linate? Si tratta di un allontanamento con divieto di ritorno nel territorio del Comune di Milano per un anno. La notifica è stata eseguita dalla polizia di frontiera dello scalo di Linate nel pomeriggio di sabato 25 ottobre 2025, subito dopo l’atterraggio del volo proveniente da Roma. La misura, motivata dall’esigenza di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, vincola Hannoun a non fare rientro nel capoluogo per dodici mesi, come stabilito dal decreto.
Che cosa ha detto Hannoun dopo la notifica? Ha parlato di un “atto di aggressione” e ha accusato il governo italiano di complicità diretta con il “genocidio a Gaza”. In collegamento telefonico con il corteo del pomeriggio, ha rivendicato la coerenza delle sue posizioni; in un altro passaggio ha spiegato: “ho detto: chi la fa, l’aspetti”. Dopo l’arrivo a Linate, come riferito da Sky TG24, è rientrato a Genova insieme al figlio. ANSA segnala una denuncia per istigazione alla violenza.
Tra ordine pubblico e libertà di piazza, uno snodo che ci riguarda
Questa storia interroga la città e chi la vive. Da un lato c’è il diritto a manifestare, dall’altro la necessità di garantire la sicurezza di tutti. Le parole pronunciate in piazza, quando si accendono i sentimenti, diventano materia fragile: possono unire, possono dividere. È in quel crinale che si innesta un provvedimento così incisivo, pensato per prevenire rischi immediati e percepiti. Sta qui il punto: comprendere i fatti senza cedere agli slogan, restando aderenti a ciò che è documentato, sempre.
Il nostro sguardo resta fisso sulle carte e sulle voci ufficiali: questura, agenzie, documenti. È lì che prendono forma decisioni che incidono sulle vite, ed è lì che dobbiamo tornare ogni volta che il dibattito alza i toni. Raccontare significa scegliere rigore e misura, lasciare che i fatti parlino per primi. Nel rumore di questi giorni, lo spazio pubblico merita responsabilità: di chi protesta, di chi governa, di chi informa. Solo così una notizia diventa un campo aperto alla comprensione.
