A Roma, il 21 e 22 ottobre, Cybertech Europe 2025 ha riportato al centro del dibattito pubblico la difesa digitale, intrecciando unità transatlantica, sovranità tecnologica e risposta coordinata. Due giorni intensi al Roma Convention Center “La Nuvola” hanno trasformato l’agenda della cybersecurity in una chiamata all’azione concreta per istituzioni e imprese.
Un confronto globale a Roma
Un’edizione in pieno slancio ha riunito leader internazionali, policymaker e realtà industriali nella cornice di La Nuvola. Secondo il resoconto di Adnkronos, l’ottava edizione ha segnato una crescita del 20 per cento rispetto al 2024, confermando l’urgenza di una strategia comune contro l’escalation nel cyberspazio. Qui la tecnologia smette di essere un semplice abilitante e diventa responsabilità politica, economica e sociale, con l’obiettivo di proteggere cittadini e infrastrutture in un contesto in rapido cambiamento.
Tra gli interventi di punta, l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo, già direttore della CIA, ha chiesto un’alleanza salda tra Europa e Stati Uniti, avvertendo che percorsi separati porterebbero a un fallimento clamoroso e ricordando il fondamento valoriale del rapporto. La sua presenza è attestata dal programma ufficiale dell’evento, mentre le sue parole hanno scandito l’apertura dei lavori. Nelle stesse ore, ANGI ha favorito il dialogo tra startup e aziende: il presidente Gabriele Ferrieri ha richiamato investimenti mirati e difesa dell’ecosistema dell’innovazione. Un confronto serrato, perché senza fiducia condivisa non c’è sicurezza possibile.
Minacce in aumento e settori strategici tra cielo, orbite e infrastrutture
Gli addetti ai lavori hanno incrociato due direttrici: la lettura delle sfide globali ed europee, con un’attenzione costante al conflitto in Ucraina, e l’applicazione della sicurezza a comparti ad altissima criticità, dall’aviazione allo spazio, fino alle infrastrutture critiche. Nello scenario 2025 sono state individuate oltre trentamila nuove vulnerabilità, in crescita del 17 per cento: un segnale che pretende processi più rapidi e cooperazione reale. Quando le superfici d’attacco esplodono, la velocità diventa la prima linea di difesa.
A livello nazionale, la rotta è stata fissata dal Dpcm 4 luglio 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 settembre (Serie Generale n. 227), che ripartisce circa 58 milioni di euro per dare attuazione alla Strategia di cybersicurezza 2025–2027, con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale al centro della governance. Analisi specialistiche spiegano che le risorse puntano su interventi strutturali e azioni mirate per resilienza e autonomia tecnologica. Non solo norme: servono cantieri operativi e misurabili.
Domande lampo per orientarsi
Perché l’unità transatlantica è tornata cruciale? Perché, come ha ricordato Mike Pompeo, una strategia europea e statunitense sganciata rischierebbe di indebolire entrambi i fronti proprio mentre le minacce diventano più sofisticate. La cooperazione non annulla il confronto, ma lo incanala in obiettivi comuni: difesa di infrastrutture, protezione dei dati, sviluppo di tecnologie emergenti. È un patto pragmatico, fondato su interessi e valori condivisi, da declinare in progetti verificabili e tempi certi.
Cosa cambia con i 58 milioni previsti dal Dpcm? Significa finanziare, nel triennio 2025–2027, progetti concreti per rafforzare prevenzione, protezione e risposta agli attacchi, con regia affidata all’ACN e una ripartizione definita per le amministrazioni coinvolte. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale garantisce cornice e responsabilità, mentre l’obiettivo è consolidare l’ecosistema nazionale: competenze, processi, tecnologie. La misura non risolve tutto, ma indica una traiettoria operativa che richiede continuità e misurazione dei risultati.
Un epilogo che chiede responsabilità condivisa
Le giornate romane hanno lasciato un’immagine netta: Cybertech Europe 2025 come crocevia di istituzioni, industria e comunità dell’innovazione. Il messaggio emerso è che la sicurezza non è un comparto per addetti ai lavori, ma un patto civile che riguarda la vita quotidiana: servizi pubblici, pagamenti, trasporti, sanità. Servono investimenti, certo, ma anche disciplina esecutiva, test continui e una cultura della collaborazione che non conosca bandiere.
Noi abbiamo visto un clima di concretezza: parole misurate, richieste precise, poche scorciatoie. La difesa digitale non è una gara di slogan. È lavoro paziente tra governi, imprese e ricerca, capace di difendere libertà economiche e diritti. L’Europa e gli Stati Uniti hanno la responsabilità di camminare insieme: non per somigliarsi, ma per costruire standard, fiducia e strumenti che mettano al sicuro ciò che conta davvero.
